Stati Uniti d'Europa: basta leggere quello che abbiano
scritto.
Non abbiamo la possibilità di cambiare le normative europee
ma di criticare e sollecitare a cambiarle, si. Cosa ne sa di
quello che abbiamo fatto?
Europeismo significa predisporre quelle norme che ha
criticato.
Ma quale benaltrismo!
24 ottobre 2018 15:23 - dario2013
"i vantaggi di rimanere nell'Unione europea sono di gran
lunga superiori a quelli di uscirne" l'aveva pronosticato
anche un certo Prodi, promettendo ai Cittadini italiani:
"Lavoreremo la metà e guadagneremo il doppio". La realtà
è quella sotto gli occhi di tutti. Tranne che di
Mastrantoni!
24 ottobre 2018 12:31 - ennius1
"Non siamo per l'europeismo ma per l'Europa."
Vabbè , non avendo argomenti, giochiamo con le parole
...
"Tanti anni fa, in una sede europea, a Roma, criticammo
l'eccessiva regolamentazione che ha aspetti ridicoli."
Ah, tanti anni fa . Poi, siete caduti in sonno ?
"Quanto alle sedi, condividiamo la critica, ma ricordiamo
che nella nostra bella Italia, in Calabria, la sede del
governo (giunta regionale) è a Catanzaro, mentre la sede
assembleare (Consiglio regionale) è a Reggio Calabria."
Affermazione figlia del benaltrismo ....
"Noi vorremmo gli Stati Uniti d'Europa."
Bella affermazione frutti di buoni sentimenti .
Ma su quali principi e limiti ?
24 ottobre 2018 10:33 - Primo Mastrantoni
Non siamo per l'europeismo ma per l'Europa.
Tanti anni fa, in una sede europea, a Roma, criticammo
l'eccessiva regolamentazione che ha aspetti ridicoli.
Quanto alle sedi, condividiamo la critica, ma ricordiamo che
nella nostra bella Italia, in Calabria, la sede del governo
(giunta regionale) è a Catanzaro, mentre la sede
assembleare (Consiglio regionale) è a Reggio Calabria.
Noi vorremmo gli Stati Uniti d'Europa.
23 ottobre 2018 17:21 - ennius1
Condivisibile quanto sostenuto da Mastrantoni .
Peccato che citi solo quello che fa comodo per incensare un
europeismo personificato da strutture che una buona parte
degli europei considerano onerose ( pensiamo solo alle sedi
: quella del Parlamento europeo si trova a Strasburgo, la
maggior parte delle attività delle commissioni parlamentari
si svolge a Bruxelles, mentre il segretariato generale
dell’istituzione è a Lussemburgo . Tralasciamo di citarne
i costi per non infierire !!!) , accentratrici e
invadenti per quanto attiene direttive e regolamenti.
Per cui si ha la netta sensazione che tanto impegno serva
solo a moltiplicare nomenclature desiderose di attribuirsi
poteri sempre più vasti per giustificare la loro costosa
esistenza.
Vediamone un esempio solo per quanto riguarda alcune
direttive sui prodotti alimentari.
"Dal 2008 sono spariti i tragicomici regolamenti sui calibri
dei piselli e le curvature dei cetrioli. Ma su mele,
peperoni, pomodori e altri prodotti, i limiti rimangono.
Complicando la vita dei produttori e non sempre aiutando i
consumatori
Poveri cetrioli storti. Che male avranno fatto ai
legislatori di Bruxelles? Fino al 2008, un’ordinanza
varata nel 1988 si prendeva la briga di stabilire di
stabilire dimensioni e caratteristiche di base di questo
ortaggio, andando a sindacare perfino sulla curvatura.
L’ordinanza numero 1677 della Commissione Europea
stabiliva infatti che un cetriolo, per essere
commercializzato, doveva avere una curvatura massima di 10
millimetri su una lunghezza di 10 centimetri. Agricoltori,
commercianti e consumatori, tutto con righello e goniometro
in mano.
La nuova era
La normativa sui cetrioli è diventato il simbolo delle
leggi assurde varate dall’Unione Europea
nell’agroalimentare: molte di queste regole, come quella
sul cetriolo, sono state fortunatamente abolite nel 2008
quando l’allora commissario all’Agricoltura, la danese
Mariann Fischer Boel, annunciò in pompa magna che “è
iniziata una nuova era per i cetrioli storti e le carote
nodose” (sì, ha detto proprio così). Sono tute cadute,
così, quelle regole assurde che riguardavano pesi e
dimensioni di albicocche, carciofi, asparagi, melanzane,
avocado, fagioli, cavoli di Bruxelles, carote, cavolfiori,
ciliegie, zucchine, cetrioli, funghi coltivati, aglio,
nocciole in guscio, cavoli cappuccio, porri, meloni,
cipolle, piselli, prugne, sedani da coste, spinaci, noci in
guscio, cocomeri e cicoria witloof.
Disciplinato il 75% dei prodotti
Tutto a posto, quindi? Non proprio. Perché, per ammissione
della stessa Commissione, rimangono in vigore i limiti per
10 prodotti, “che rappresentano il 75% del valore degli
scambi nell’Unione Europea”: mele, agrumi, kiwi,
lattughe, pesche e pesche noci, pere, fragole, peperoni
dolci, uva da tavola e pomodori. Anche se gli Stati membri
possono comunque decidere di riutilizzare i prodotti “non
a norma” purché provvisti di apposita etichettatura.
Righello alla mano
Ed eccoli, i limiti di Bruxelles, stabiliti dal Regolamento
543 del 2011. Le mele devono avere “3/4 della superficie
totale di colorazione rossa per le mele del gruppo di
colorazione A”, 1/2 per le B e 1/3 per le C. Ma questo
solo per la categoria “extra”, per le altre le
percentuali sono differenti. Quanto alle dimensioni, minimo
servono 60 mm di diametro o 90 di peso. E, quel che è
peggio, si disciplina perfino la “variabilità”. La
natura concepita come una produzione in serie di prodotti
tutti uguali. “Per garantire un calibro omogeneo in
ciascun imballaggio, la differenza di calibro tra i frutti
di uno stesso imballaggio” non deve superare, ad esempio,
i 5 mm per le mele di qualità extra. Guai, poi, ai difetti
della buccia: basta una macchiolina un po’ più grande e
quella mela non è più una più mela.
Da mal di testa
Cambia il frutto, non la musica: 45 mm di diametro minimo
per limoni e mandarini, 35 mm per le clementine, 53 mm per
le arance. Per i kiwi si è invece ricorsi al peso: minimo
90 g per la categoria “extra”, 70 e 65 per quelle
inferiori. Perfino le lattughe non sfuggono al delirio
“misuratorio” di Bruxelles, che pur risparmiandoci dei
“pesi” e dei “calibri” minimi si dilunga in una
serie di criteri per l’omogeneità dei prodotti
nell’imballaggio da far venire il mal di testa. La
questione torna però per pesche e pesche noci, per le quali
è richiesto un calibro minimo di 56 mm per le extra e 51 mm
per le altre; per le pere (60 mm per le extra, 55 per le
altre); le fragole (25 e 18 mm); e l’uva da tavola (minimo
75 g a grappolo). Infine, i peperoni e i pomodori. Vaglielo
a spiegare, ai legislatori europei, che dietro il termine
“pomodoro” si nascondo ciliegini e San Marzano, cuore di
bue e insalatari. “Il calibro è determinato dal diametro
massimo della sezione equatoriale all’asse del frutto, in
funzione del peso oppure del numero di frutti”, si legge
nel Regolamento. Segue una tabella di “codici di
calibro” più da ingegnere meccanico che da agronomo.
Mentre, in caso di prodotti confezionati, “per i pomodori
‘oblunghi’, la lunghezza deve essere sufficientemente
uniforme”.
Chissà perché
Sia chiaro: molte di queste regole hanno come fine la tutela
dei consumatori e l’arrivo sulle nostre tavole di prodotti
di qualità. Ma siamo sicuri che la qualità derivi da
questa montagna di regole asettiche, di misure, di calcoli?
E poi perché il mercato unico viene inteso sempre o solo
nel senso di “standardizzazione” forzata di gusti e
preferenze dei consumatori? Intanto, però, consoliamoci con
l’inversione di rotta del 2008: quando il cetriolo storto
e il pisello oblungo è finalmente tornato nella legalità.
Come natura l’ha fatto."