Mi sembra che a tutti quelli che sono a favore
dell'accoglimento indiscriminato e che continuamente fanno
paragoni con i nostri migranti, sfugga una cosa.
I nostri compaesani emigravano verso Paesi come Svizzera,
Stati Uniti ecc. ecc. dove il lavoro c'era...
I migranti che sbarcano sulle nostre spiagge arrivano in un
Paese dove il lavoro non c'è neppure per gli italiani.
Inoltri i "nostri" migravano con voglia di lavorare e di
darsi da fare.
Lo stesso non si può dire di tanti di quei baldi giovanotti
che vediamo bighellonare tutto il giorno, con lo smartphone
di ultima generazione in mano....
Con questo non voglio fare di tutta un'erba un fascio,
perchè anch'io conosco tanti migranti che sono persone per
bene, che sono venuti da noi con voglia di lavorare e di
integrarsi, ma è indubbio che la maggioranza di questa
povera gente che arriva da noi, non abbia nè arte nè parte
e che sia soprattutto funzionale all'arricchimento degli
scafisti, dei mercanti di morte e delle coop amiche di certi
partiti, quando non va a ingrossare le fila della
delinquenza comune.
5 dicembre 2018 17:40 - savpg8801
Concordo con annapaola.
In macchina in Isvizzera anni '60, ma chi ce l'aveva?
Io all'epoca avevo finito il servizio di leva e cercavo
finalmente un lavoro (prima nessuno assumeva un 22enne,
peggio studente, per via del servizio alla Patria) e ricordo
che molti amici andavano chi in Francia, chi in Germania,
chi in Svizzera. Molti ci sono rimasti ed hanno anche fatto
discreto percorso. Già allora era fatica trovare lavoro,
come anche anni prima. Solo col progresso tecnologico ed
economico in quegli anni il lavoro crebbe per molti, in
Italia. Adesso la faccenda si ripete o si esacerba da parte
delle altre Nazioni. Il modo di reagire è comunque molto
diversamente sentito.
4 dicembre 2018 17:50 - annapaola
Posso capire la testimonianza di "dariap". Ma credo che il
suo caso non sia poi tanto rappresentativo dell'emigrazione
italiana in generale.
La fotografia scelta per questo articolo mostra un
bastimento pieno di migranti italiani che andavano in
America sperando di trovare un posto dove non morire di
fame, ma senza sapere che cosa li aspettava in realtà.
Era un rischio che correvano, ma tanta era la fame che
pativano nel proprio paese, magari sperduto sui monti del
Veneto o della Calabria, la mancanza di prospettive, se non
rosee, almeno non del tutto nere, che coi pochi soldi che
avevano si compravano un posto in terza classe che pare
facesse fare un viaggio da urlo.
Che cosa c'è di diverso con la situazione dei migranti
attuali? Che è anzi peggiore, perché questi attraversano
prima un deserto e poi, se sopravvivono, si espongono alla
traversata non lunga, ma ugualmente molto perigliosa.
Signora dariap non si adonti se la condizione dei migranti
attuali viene avvicinata a quella dei nostri migranti di un
tempo (anche abbastanza recente).
Lei ha avuto la fortuna, se così si può dire, di andare in
Svizzera a viso aperto e sapendo che cosa l'attendeva. I
suoi hanno lavorato duro, certamente, ma ve ne siete dovuti
andare quando il vostro servizio in quel Paese non era più
richiesto. Ma già tutto questo definisce una condizione
alquanto diversa da quella degli altri migranti italiani di
fine Ottocento, e anche dopo.
4 dicembre 2018 11:16 - dariap
Io e la mia famiglia siamo stati emigranti in Svizzera negli
anni '60. Fu il consolato svizzero a chiedere a mio padre di
andare e non clandestinamente, ci andammo in auto e non col
barcone, dormivamo in una casa di legno e non in un albergo,
vivevamo col lavoro dei miei genitori e non con 35 euro al
giorno regalati. E soprattutto, quando ci dissero di
andarcene, ce ne andammo.
Chi ha scritto questo articolo paragonandoci ai clandestini
africani, sta veramente fuori dal mondo.
3 dicembre 2018 14:40 - savpg8801
La faccenda ha sempre due aspetti. Quello umanitario e
quello economico. Se si dovesse fare una scelta drastica(per
assurdo) o l'una o l'altra delle soluzioni, cosa
decideremmo?
Assistenza a tutti o cacciata a tutti? il nostro buon cuore
e la nostra educazione ci impediscono di pensare alla
cacciata. Ma la nostra economia, la nostra sopravvivenza, il
nostro collocamento internazionale ci impediscono di pensare
favorevolmente circa il salasso delle nostre finanze, dei
nostri patrimoni monetari, del nostro circolante, di mancati
investimenti di derivazione.
Importa poco delle commissioni. Non sono certo quelle che
frenano le rimesse(o il nero).
Cosa si dice(un servizio che appena ricordo) delle rimesse
dei cinesi a Prato; si parlava di cifre ingentissime e da
molti decenni.
Ricordo negli anni '60 che osservando l'elenco telefonico di
Bologna (solo un esempio) apparivano innumerevoli nomi
cinesi, ma tantissimi. Sembra che operassero nella
lavorazione del cuoio. E mandavano i soldi a casa.
Che facciamo? stampiamo banconote per sopperire a quelle che
ci mandano via? Nella bilancia sono soldi buoni, interi che
non trovano compenso contrario. E l'autorità economica come
giustifica?