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5 dicembre 2018 18:10 - Ebenezer1949
Mi sembra che a tutti quelli che sono a favore dell'accoglimento indiscriminato e che continuamente fanno paragoni con i nostri migranti, sfugga una cosa.
I nostri compaesani emigravano verso Paesi come Svizzera, Stati Uniti ecc. ecc. dove il lavoro c'era...
I migranti che sbarcano sulle nostre spiagge arrivano in un Paese dove il lavoro non c'è neppure per gli italiani.
Inoltri i "nostri" migravano con voglia di lavorare e di darsi da fare.
Lo stesso non si può dire di tanti di quei baldi giovanotti che vediamo bighellonare tutto il giorno, con lo smartphone di ultima generazione in mano....
Con questo non voglio fare di tutta un'erba un fascio, perchè anch'io conosco tanti migranti che sono persone per bene, che sono venuti da noi con voglia di lavorare e di integrarsi, ma è indubbio che la maggioranza di questa povera gente che arriva da noi, non abbia nè arte nè parte e che sia soprattutto funzionale all'arricchimento degli scafisti, dei mercanti di morte e delle coop amiche di certi partiti, quando non va a ingrossare le fila della delinquenza comune.
5 dicembre 2018 17:40 - savpg8801
Concordo con annapaola.
In macchina in Isvizzera anni '60, ma chi ce l'aveva?
Io all'epoca avevo finito il servizio di leva e cercavo finalmente un lavoro (prima nessuno assumeva un 22enne, peggio studente, per via del servizio alla Patria) e ricordo che molti amici andavano chi in Francia, chi in Germania, chi in Svizzera. Molti ci sono rimasti ed hanno anche fatto discreto percorso. Già allora era fatica trovare lavoro, come anche anni prima. Solo col progresso tecnologico ed economico in quegli anni il lavoro crebbe per molti, in Italia. Adesso la faccenda si ripete o si esacerba da parte delle altre Nazioni. Il modo di reagire è comunque molto diversamente sentito.
4 dicembre 2018 17:50 - annapaola
Posso capire la testimonianza di "dariap". Ma credo che il suo caso non sia poi tanto rappresentativo dell'emigrazione italiana in generale.
La fotografia scelta per questo articolo mostra un bastimento pieno di migranti italiani che andavano in America sperando di trovare un posto dove non morire di fame, ma senza sapere che cosa li aspettava in realtà.
Era un rischio che correvano, ma tanta era la fame che pativano nel proprio paese, magari sperduto sui monti del Veneto o della Calabria, la mancanza di prospettive, se non rosee, almeno non del tutto nere, che coi pochi soldi che avevano si compravano un posto in terza classe che pare facesse fare un viaggio da urlo.
Che cosa c'è di diverso con la situazione dei migranti attuali? Che è anzi peggiore, perché questi attraversano prima un deserto e poi, se sopravvivono, si espongono alla traversata non lunga, ma ugualmente molto perigliosa.

Signora dariap non si adonti se la condizione dei migranti attuali viene avvicinata a quella dei nostri migranti di un tempo (anche abbastanza recente).
Lei ha avuto la fortuna, se così si può dire, di andare in Svizzera a viso aperto e sapendo che cosa l'attendeva. I suoi hanno lavorato duro, certamente, ma ve ne siete dovuti andare quando il vostro servizio in quel Paese non era più richiesto. Ma già tutto questo definisce una condizione alquanto diversa da quella degli altri migranti italiani di fine Ottocento, e anche dopo.
4 dicembre 2018 11:16 - dariap
Io e la mia famiglia siamo stati emigranti in Svizzera negli anni '60. Fu il consolato svizzero a chiedere a mio padre di andare e non clandestinamente, ci andammo in auto e non col barcone, dormivamo in una casa di legno e non in un albergo, vivevamo col lavoro dei miei genitori e non con 35 euro al giorno regalati. E soprattutto, quando ci dissero di andarcene, ce ne andammo.
Chi ha scritto questo articolo paragonandoci ai clandestini africani, sta veramente fuori dal mondo.
3 dicembre 2018 14:40 - savpg8801
La faccenda ha sempre due aspetti. Quello umanitario e quello economico. Se si dovesse fare una scelta drastica(per assurdo) o l'una o l'altra delle soluzioni, cosa decideremmo?
Assistenza a tutti o cacciata a tutti? il nostro buon cuore e la nostra educazione ci impediscono di pensare alla cacciata. Ma la nostra economia, la nostra sopravvivenza, il nostro collocamento internazionale ci impediscono di pensare favorevolmente circa il salasso delle nostre finanze, dei nostri patrimoni monetari, del nostro circolante, di mancati investimenti di derivazione.
Importa poco delle commissioni. Non sono certo quelle che frenano le rimesse(o il nero).
Cosa si dice(un servizio che appena ricordo) delle rimesse dei cinesi a Prato; si parlava di cifre ingentissime e da molti decenni.
Ricordo negli anni '60 che osservando l'elenco telefonico di Bologna (solo un esempio) apparivano innumerevoli nomi cinesi, ma tantissimi. Sembra che operassero nella lavorazione del cuoio. E mandavano i soldi a casa.
Che facciamo? stampiamo banconote per sopperire a quelle che ci mandano via? Nella bilancia sono soldi buoni, interi che non trovano compenso contrario. E l'autorità economica come giustifica?
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