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29 maggio 2004 0:00 - Simonetta Norscia - AIB
Aceto balsamico: “così” si tutela il consumatore!

San Prospero (Modena), 28 maggio 2004

Gentilissimo dottor Mastrantonio,
in qualità di coordinatrice dell’associazione AIB _ Assaggiatori Italiani Balsamico, desidero intervenire con alcune precisazioni in risposta al Suo Comunicato Stampa.
Premesso che:
- l’Aceto Balsamico di Modena ha origini antichissime e che lo stesso Conte Gallesio nei suoi manoscritti parla di due modi di fare l’aceto balsamico: il primo partendo solo da mosto cotto invecchiato per lunghissimo tempo e l’altro invece utilizzando mosto cotto con l’aggiunta di aceto di vino e anch’esso invecchiato per lunghi anni,
- e che sin dal 1933 un’apposita circolare del Ministero ufficializza l’esistenza del prodotto “Aceto Balsamico di Modena” e che nel 1965 un decreto ministeriale ne detta le regole produttive,

mi chiedo se il consumatore sia veramente così confuso davanti alle due denominazioni “Aceto Balsamico di Modena” e “Aceto Balsamico Tradizionale di Modena” … o se siamo noi che a tutti i costi vogliamo vederlo irrimediabilmente così.
Come si può pensare che un prodotto che costa 50 euro al litro sia la stessa cosa di un altro che ne costa 1000?
Da circa tre anni la nostra associazione è impegnata da un lato nel miglioramento qualitativo del prodotto e dall’altro nella ricerca di una crescente chiarezza e trasparenza da parte dei produttori del comparto.
Da circa un anno, inoltre, in collaborazione con AgriFarm, ente organizzatore della ricerca riconosciuto dalla Regione Emilia Romagna, stiamo realizzando un’indagine di mercato a livello internazionale proprio per capire come si posiziona l’aceto balsamico di Modena anche in relazione al nobile Aceto Balsamico Tradizionale di Modena . Ebbene nel campione europeo il 45% degli intervistati ha risposto che conosce la differenza tra i due prodotti (e a livello Italiano il dato raggiunge il 60 % del campione). Dati certamente significativi, considerando che stiamo confrontando un prodotto di nicchia con un prodotto da Voi definito “industriale”. E dati che potrebbero crescere rapidamente se i due Consorzi di Tutela decidessero di condurre assieme un’adeguata campagna di comunicazione. D’altra parte il consumatore di Aceto Balsamico di Modena non è uno sprovveduto: il 70% degli intervistati sceglie al momento dell’acquisto in modo autonomo (individuando, cioè, il marchio di qualità o affidandosi alle proprie capacità), e sempre il 70% decide l’acquisto in base alla qualità del prodotto e solo il 20% sceglie in base al prezzo.
L’aceto balsamico di Modena è un prodotto diverso dal nobile cugino Tradizionale e viene utilizzato in modo differente, ma ciò non toglie che nell’immaginario collettivo abbia comunque un grande valore. L’80% degli intervistati, infatti, percepisce l’Aceto Balsamico di Modena come un prodotto con una valenza elevata ed anche il concetto di tipicità del prodotto a livello europeo è molto sentito: il 75% del campione ritiene importante la zona di produzione tipica dell'aceto balsamico di Modena ed il 71 % vorrebbe conoscere l'origine delle materie prime utilizzate per la sua produzione.
Nel campione USA i risultati non sono molto diversi ed anzi mi preme sottolineare come il 76% degli intervistati ritenga importante la zona di produzione tipica dell'aceto balsamico di Modena ed il 76% del campione vorrebbe conoscere l'origine delle materie prime utilizzate. Dato molto interessante, considerando che negli Stati Uniti il “made in Italy” è spesso imitato e/o contraffatto.
In conclusione, senza nulla togliere al prodotto principe, il Tradizionale di Modena, che è e deve restare il prodotto d’elite, ritengo che sarebbe un grave errore non solo da un punto di vista del marketing, ma anche sotto il profilo economico cambiare la denominazione Aceto Balsamico di Modena perché si perderebbe un valore aggiunto importante per la Regione Emilia Romagna e per l’agroalimentare italiano in genere. E mi permetto di dire che l’eventuale confusione nel consumatore non è generata dall’esistenza delle due denominazioni, ma bensì dall’elevata variabilità qualitativa dei prodotti oggi commercializzati, compresi quei condimenti balsamici, che in assenza dell’IGP, vengono prodotti in tutto il mondo e immessi sul mercato a prezzi stracciati.
Dal nostro punto di vista continueremo con le nostre campagne di comunicazione affinché sia fatta sempre più chiarezza e tutti i consumatori abbiano la certezza delle differenze esistenti tra i due prodotti.
Resto a disposizione per ogni dettaglio e spero che Lei possa condividere queste riflessioni, appoggiando la nostra posizione.
Con stima e cordialità

Simonetta Norscia
Coordinatrice AIB
Docente a Contratto di Economia e Marketing, Università degli Studi i Teramo
27 maggio 2004 0:00 - Cesare Mazzetti
Gent.mo dottor Mastrantoni,
leggo il Suo comunicato stampa relativo all'aceto balsamico di Modena, e mi preme intervenire in qualità di produttore di entrambi i prodotti.
Innanzitutto,noto che l'articolo vorrebbe affermare la possibilità di 'confusione' tra l' aceto balsamico tradizionale di Modena e l'aceto balsamico di Modena, anche e sopratutto in difesa di un asserito patrimonio alimentare locale.
Questo è estremamente sbagliato, e lo dimostro.
Innanzitutto la storia: non esiste a Modena un vero 'aceto balsamico tradizionale' fino al 1983, anzi fino al 1987, quando un apposito disciplinare ne ha dettato la ricetta attuale. Fino ad allora, infatti, le ricette che si sono reperite (centenarie, davvero) parlavano di un aceto balsamico fatto localmente con mosto d'uva bollito, ma con moltissime aggiunte di sapori e quasi sempre con l'aggiunta di 'asè fort', o aceto di vino.
Infatti, il Gallesio (enologo del tempo) divide nei suoi scritti due tipi di aceto balsamico: uno, piu' pregiato e concentrato, fatto solo di mosto puro e di lunghi invecchiamenti, l'altro ottenuto 'allungando' il primo con aceto di vino, e poi fermentando e invecchiando il tutto.
E' solo nel 1800 che un certo avvocato Aggazzotti scrisse una famosa lettera, che costituiva la prima vera 'ricetta' per quello che oggi è chiamato Aceto Balsamico Tradizionale (e ciononostante, anche dopo di questa per moltissimi anni vi fu chi non la seguiva).
Alcuni negozianti locali iniziarono in quei tempi a mettere in commercio, con il nome di Aceto Balsamico di Modena (memorabile è quello della salsamenteria Giuseppe Giusti, aperta a Modena nel 1596 e dal 1605 fino ad oggi produttrice di aceto balsamico), il prodotto meno ricco, quello ottenuto con mosto e aceto di vino, che già da allora veniva addizionato con caramello (zucchero bruciato) per renderlo più scuro, e quindi consono ai parametri di gradimento consolidatisi a Modena per l'aceto locale.

Veniamo ai tempi nostri: nel 1933 una apposita circolare del Ministro Acerbo conferma che l'aceto balsamico di Modena puo' contenere caramello, e allo stesso tempo ufficializza l'esistenza di questo prodotto.
Nel 1965 un decreto ministeriale ne detta le regole produttive e le caratteristiche: tale disciplinare è vigente ancor oggi.
Nel 1967 nasce la Consorteria dell'Aceto Balsamico NATURALE di Modena, con lo scopo di difendere il prodotto e di esaltarne le differenze da quello che il DM del 1965 aveva sancito, e che possedeva caratteristiche e tempi produttivi ben inferiori a quelli consolidatisi per il prodotto piu' prezioso, che la Consorteria voleva preservare e tramandare nella sua individualità.
L'appellativo 'Naturale' si tramuto' nel 1983 in 'TRADIZIONALE', e un apposito decreto ministeriale (6/5/1983) sancì che tale appellativo era necessario e ben sufficiente a differenziare i due prodotti.

Nel frattempo, i due prodotti hanno avuto vite economiche molto diverse, anche se entrambe positive: l'Aceto Balsamico di Modena dal 1965 ha avuto incredibili successi di vendita, tanto da essere divenuto uno dei piu' noti ambasciatori del cibo italiano all'estero: piace moltissimo in tutti i Paesi, che riconoscono la tipicità e la bontà del prodotto, e che lo pongono alla pari, per notorietà, al Crudo di Parma e al Parmigiano Reggiano.
I consumi sono davvero importanti: vengono infatti prodotti ogni anno a Modena oltre 45 milioni di litri, che sono esportati e consumati nella maggior parte dei Paesi stranieri.
Uno studio recentissimo di Nomisma ha mostrato che l'Aceto Balsamico di Modena, se ottenesse la protezione IGP che ha da tempo richiesta, si porrebbe ben al decimo posto nel paniere di tutti i prodotti a DOP e IGP italiani, subito dopo la bresaola della Valtellina, e ben prima di altri blasonati prodotti...!!

Un grande successo è stato anche riscosso dal Tradizionale, di Modena, che nel periodo di proprio massimo fulgore (2002) ha raggiunto i 10.000 litri (sì, diecimila litri) di produzione.
E' certamente un numero importante, se si pensa che occorrono almeno 12 anni in botte per avere del Tradizionale: tuttavia, un tale volume non sarebbe stato sufficiente a imporre la notorietà del prodotto della quale oggi godono entrambi i 'balsamici' nel mondo, grazie alla diffusione del Di Modena e al prestigio del Tradizionale di Modena.
Occorre poi che tale prestigio sia sempre mantenuto alto: infatti, la notizia del maxi-sequestro di quasi 100.000 bottiglie di aceto balsamico tradizionale di Modena (pari a 10.000 litri, cioè ad un intero anno di produzione) avvenuto nel 2003 perchè il prodotto non dimostrava il rispetto delle caratteristiche produttive non ha certo giovato all'immagine di tale condimento....(E' vero che i 57 produttori incriminati si sono dati prontamente da fare, ed hanno seguito le prescrizioni del giudice per 'purificare' le proprie bottiglie sequestrate, ma resta sempre una macchia indelebile, una pagina nera nella secolare storia del prodotto)

Non vedo quindi, con una storia come quella qui sopra citata ( e interamente documentabile sulla base di leggi dello Stato), come si possa sostenere che l'aceto balsamico di Modena debba cambiare denominazione, in ossequio ad un non meglio spiegato principio di non- confondibilità con il Tradizionale.

Si vorrebbe forse ignorare che la stragrande maggioranza dei consumatori conosce e consuma SOLO ed UNICAMENTE Aceto Balsamico di Modena? Non ocorre molto per dimostrarlo, basta pensare al prezzo, che per un Tradizionale va dai 400 agli 800 euro AL LITRO (sì, proprio così), mentre un Aceto Balsamico di Modena si trova su tutti gli scaffali a un prezzo che varia dai 4 ai 20 euro al litro, a seconda della qualità.

Inoltre, il Tradizionale per legge viene imbottigliato solo in una piccola boccetta da 100ml (un decimo di litro) dalla forma sferica e depositata, mentre le bottiglie in cui obbligatoriamente deve essere venduto il balsamico di Modena sono da minimo un quarto di litro, e normalmente mezzo litro.

In merito al caramello e al conservante, non capisco davvero la Sua posizione: il primo è un colorante naturale ottenuto dallo zucchero che come sopra ho detto è ammesso dalla legge fin dal 1933 (e il disciplinare per la IGP ne stabilisce ora rigorosamente anche un massimo d'uso), il secondo non è altro che la anidride solforosa, un elemento che è presente in TUTTI i vini -in quantità elevate specie in quelli bianchi - senza neppure avere l'obbligo di indicarlo in etichetta!! (e si badi bene che le quantità massime ammesse per i vini sono addirittura superiori a quelle ammesse per gli aceti).
Si tratta di elementi normalissimi e non rischiosi, certamente meno rischiosi di tanti conservanti ed enzimi che sono oggi ammessi in molte IGP e DOP nazionali, specie nei formaggi e salumi.

Davvero non comprendo come l'ADUC si sia scagliata contro un prodotto come l'Aceto Balsamico di Modena, che è di grande qualità, di genuinità accertata, e di grande apprezzamento per un vasto pubblico di consumatori (solo i miliardari o pochissimi fini conoscitori possono infatti spendere 80 euro per un decimo di litro di aceto!!), quando nella difesa delle tipicità italiane questo prodotto merita un posto d'onore, come lo hanno lo Champagne, il Cognac e tanti altri prodotti tipici francesi, i cui grandi volumi produttivi non sono sinonimo di scarsa qualità, anzi...!

Su una cosa invece sono d'accordo con Lei: il nome 'Aceto Balsamico Modenese' non ha senso, si tratterebbe di una novità per i consumatori che ne verrebbero danneggiati,e farebbe del male alla notorietà anche del Tradizionale di Modena.
Vi sono DECINE di produttori stranieri che non aspettano altro che un indebolimento delle leggi italiane permetta loro di produrre a casa propria il 'nostro' aceto balsamico di Modena, e di chiamarlo proprio così: se ciò avvenisse, sarebbe un vero disastro per tutti.
Spero nel suo sostegno in questa battaglia, e sarò ben lieto di fornirLe ogni altro possibile dettaglio in merito.

Con molti cordiali saluti,
Cesare Mazzetti

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