Gentilissimo dottor Mastrantonio, in qualità di
coordinatrice dell’associazione AIB _ Assaggiatori
Italiani Balsamico, desidero intervenire con alcune
precisazioni in risposta al Suo Comunicato Stampa.
Premesso che: - l’Aceto Balsamico di Modena ha
origini antichissime e che lo stesso Conte Gallesio nei suoi
manoscritti parla di due modi di fare l’aceto balsamico:
il primo partendo solo da mosto cotto invecchiato per
lunghissimo tempo e l’altro invece utilizzando mosto cotto
con l’aggiunta di aceto di vino e anch’esso invecchiato
per lunghi anni, - e che sin dal 1933 un’apposita
circolare del Ministero ufficializza l’esistenza del
prodotto “Aceto Balsamico di Modena” e che nel 1965 un
decreto ministeriale ne detta le regole produttive,
mi chiedo se il consumatore sia veramente così
confuso davanti alle due denominazioni “Aceto Balsamico di
Modena” e “Aceto Balsamico Tradizionale di Modena” …
o se siamo noi che a tutti i costi vogliamo vederlo
irrimediabilmente così. Come si può pensare che un
prodotto che costa 50 euro al litro sia la stessa cosa di un
altro che ne costa 1000? Da circa tre anni la nostra
associazione è impegnata da un lato nel miglioramento
qualitativo del prodotto e dall’altro nella ricerca di
una crescente chiarezza e trasparenza da parte dei
produttori del comparto. Da circa un anno, inoltre, in
collaborazione con AgriFarm, ente organizzatore della
ricerca riconosciuto dalla Regione Emilia Romagna, stiamo
realizzando un’indagine di mercato a livello
internazionale proprio per capire come si posiziona
l’aceto balsamico di Modena anche in relazione al nobile
Aceto Balsamico Tradizionale di Modena . Ebbene nel
campione europeo il 45% degli intervistati ha risposto che
conosce la differenza tra i due prodotti (e a livello
Italiano il dato raggiunge il 60 % del campione). Dati
certamente significativi, considerando che stiamo
confrontando un prodotto di nicchia con un prodotto da Voi
definito “industriale”. E dati che potrebbero crescere
rapidamente se i due Consorzi di Tutela decidessero di
condurre assieme un’adeguata campagna di comunicazione.
D’altra parte il consumatore di Aceto Balsamico di Modena
non è uno sprovveduto: il 70% degli intervistati sceglie al
momento dell’acquisto in modo autonomo (individuando,
cioè, il marchio di qualità o affidandosi alle proprie
capacità), e sempre il 70% decide l’acquisto in base alla
qualità del prodotto e solo il 20% sceglie in base al
prezzo. L’aceto balsamico di Modena è un prodotto
diverso dal nobile cugino Tradizionale e viene utilizzato in
modo differente, ma ciò non toglie che nell’immaginario
collettivo abbia comunque un grande valore. L’80% degli
intervistati, infatti, percepisce l’Aceto Balsamico di
Modena come un prodotto con una valenza elevata ed anche il
concetto di tipicità del prodotto a livello europeo è
molto sentito: il 75% del campione ritiene importante la
zona di produzione tipica dell'aceto balsamico di Modena
ed il 71 % vorrebbe conoscere l'origine delle materie
prime utilizzate per la sua produzione. Nel campione
USA i risultati non sono molto diversi ed anzi mi preme
sottolineare come il 76% degli intervistati ritenga
importante la zona di produzione tipica dell'aceto
balsamico di Modena ed il 76% del campione vorrebbe
conoscere l'origine delle materie prime utilizzate. Dato
molto interessante, considerando che negli Stati Uniti il
“made in Italy” è spesso imitato e/o contraffatto.
In conclusione, senza nulla togliere al prodotto principe,
il Tradizionale di Modena, che è e deve restare il prodotto
d’elite, ritengo che sarebbe un grave errore non solo da
un punto di vista del marketing, ma anche sotto il profilo
economico cambiare la denominazione Aceto Balsamico di
Modena perché si perderebbe un valore aggiunto importante
per la Regione Emilia Romagna e per l’agroalimentare
italiano in genere. E mi permetto di dire che l’eventuale
confusione nel consumatore non è generata dall’esistenza
delle due denominazioni, ma bensì dall’elevata
variabilità qualitativa dei prodotti oggi commercializzati,
compresi quei condimenti balsamici, che in assenza
dell’IGP, vengono prodotti in tutto il mondo e immessi sul
mercato a prezzi stracciati. Dal nostro punto di vista
continueremo con le nostre campagne di comunicazione
affinché sia fatta sempre più chiarezza e tutti i
consumatori abbiano la certezza delle differenze esistenti
tra i due prodotti. Resto a disposizione per ogni
dettaglio e spero che Lei possa condividere queste
riflessioni, appoggiando la nostra posizione. Con stima
e cordialità
Simonetta Norscia
Coordinatrice AIB Docente a Contratto di Economia e
Marketing, Università degli Studi i Teramo
27 maggio 2004 0:00 - Cesare Mazzetti
Gent.mo dottor Mastrantoni, leggo il Suo comunicato
stampa relativo all'aceto balsamico di Modena, e mi
preme intervenire in qualità di produttore di entrambi i
prodotti. Innanzitutto,noto che l'articolo vorrebbe
affermare la possibilità di 'confusione' tra l'
aceto balsamico tradizionale di Modena e l'aceto
balsamico di Modena, anche e sopratutto in difesa di un
asserito patrimonio alimentare locale. Questo è
estremamente sbagliato, e lo dimostro. Innanzitutto la
storia: non esiste a Modena un vero 'aceto balsamico
tradizionale' fino al 1983, anzi fino al 1987, quando un
apposito disciplinare ne ha dettato la ricetta attuale. Fino
ad allora, infatti, le ricette che si sono reperite
(centenarie, davvero) parlavano di un aceto balsamico fatto
localmente con mosto d'uva bollito, ma con moltissime
aggiunte di sapori e quasi sempre con l'aggiunta di
'asè fort', o aceto di vino. Infatti, il
Gallesio (enologo del tempo) divide nei suoi scritti due
tipi di aceto balsamico: uno, piu' pregiato e
concentrato, fatto solo di mosto puro e di lunghi
invecchiamenti, l'altro ottenuto 'allungando' il
primo con aceto di vino, e poi fermentando e invecchiando il
tutto. E' solo nel 1800 che un certo avvocato
Aggazzotti scrisse una famosa lettera, che costituiva la
prima vera 'ricetta' per quello che oggi è chiamato
Aceto Balsamico Tradizionale (e ciononostante, anche dopo di
questa per moltissimi anni vi fu chi non la seguiva).
Alcuni negozianti locali iniziarono in quei tempi a mettere
in commercio, con il nome di Aceto Balsamico di Modena
(memorabile è quello della salsamenteria Giuseppe Giusti,
aperta a Modena nel 1596 e dal 1605 fino ad oggi produttrice
di aceto balsamico), il prodotto meno ricco, quello ottenuto
con mosto e aceto di vino, che già da allora veniva
addizionato con caramello (zucchero bruciato) per renderlo
più scuro, e quindi consono ai parametri di gradimento
consolidatisi a Modena per l'aceto locale.
Veniamo ai tempi nostri: nel 1933 una apposita circolare del
Ministro Acerbo conferma che l'aceto balsamico di Modena
puo' contenere caramello, e allo stesso tempo
ufficializza l'esistenza di questo prodotto. Nel
1965 un decreto ministeriale ne detta le regole produttive e
le caratteristiche: tale disciplinare è vigente ancor
oggi. Nel 1967 nasce la Consorteria dell'Aceto
Balsamico NATURALE di Modena, con lo scopo di difendere il
prodotto e di esaltarne le differenze da quello che il DM
del 1965 aveva sancito, e che possedeva caratteristiche e
tempi produttivi ben inferiori a quelli consolidatisi per il
prodotto piu' prezioso, che la Consorteria voleva
preservare e tramandare nella sua individualità.
L'appellativo 'Naturale' si tramuto' nel
1983 in 'TRADIZIONALE', e un apposito decreto
ministeriale (6/5/1983) sancì che tale appellativo era
necessario e ben sufficiente a differenziare i due
prodotti.
Nel frattempo, i due prodotti hanno
avuto vite economiche molto diverse, anche se entrambe
positive: l'Aceto Balsamico di Modena dal 1965 ha avuto
incredibili successi di vendita, tanto da essere divenuto
uno dei piu' noti ambasciatori del cibo italiano
all'estero: piace moltissimo in tutti i Paesi, che
riconoscono la tipicità e la bontà del prodotto, e che lo
pongono alla pari, per notorietà, al Crudo di Parma e al
Parmigiano Reggiano. I consumi sono davvero importanti:
vengono infatti prodotti ogni anno a Modena oltre 45 milioni
di litri, che sono esportati e consumati nella maggior parte
dei Paesi stranieri. Uno studio recentissimo di Nomisma
ha mostrato che l'Aceto Balsamico di Modena, se
ottenesse la protezione IGP che ha da tempo richiesta, si
porrebbe ben al decimo posto nel paniere di tutti i prodotti
a DOP e IGP italiani, subito dopo la bresaola della
Valtellina, e ben prima di altri blasonati prodotti...!!
Un grande successo è stato anche riscosso dal
Tradizionale, di Modena, che nel periodo di proprio massimo
fulgore (2002) ha raggiunto i 10.000 litri (sì, diecimila
litri) di produzione. E' certamente un numero
importante, se si pensa che occorrono almeno 12 anni in
botte per avere del Tradizionale: tuttavia, un tale volume
non sarebbe stato sufficiente a imporre la notorietà del
prodotto della quale oggi godono entrambi i
'balsamici' nel mondo, grazie alla diffusione del
Di Modena e al prestigio del Tradizionale di Modena.
Occorre poi che tale prestigio sia sempre mantenuto alto:
infatti, la notizia del maxi-sequestro di quasi 100.000
bottiglie di aceto balsamico tradizionale di Modena (pari a
10.000 litri, cioè ad un intero anno di produzione)
avvenuto nel 2003 perchè il prodotto non dimostrava il
rispetto delle caratteristiche produttive non ha certo
giovato all'immagine di tale condimento....(E' vero
che i 57 produttori incriminati si sono dati prontamente da
fare, ed hanno seguito le prescrizioni del giudice per
'purificare' le proprie bottiglie sequestrate, ma
resta sempre una macchia indelebile, una pagina nera nella
secolare storia del prodotto)
Non vedo quindi,
con una storia come quella qui sopra citata ( e interamente
documentabile sulla base di leggi dello Stato), come si
possa sostenere che l'aceto balsamico di Modena debba
cambiare denominazione, in ossequio ad un non meglio
spiegato principio di non- confondibilità con il
Tradizionale.
Si vorrebbe forse ignorare che la
stragrande maggioranza dei consumatori conosce e consuma
SOLO ed UNICAMENTE Aceto Balsamico di Modena? Non ocorre
molto per dimostrarlo, basta pensare al prezzo, che per un
Tradizionale va dai 400 agli 800 euro AL LITRO (sì, proprio
così), mentre un Aceto Balsamico di Modena si trova su
tutti gli scaffali a un prezzo che varia dai 4 ai 20 euro al
litro, a seconda della qualità.
Inoltre, il
Tradizionale per legge viene imbottigliato solo in una
piccola boccetta da 100ml (un decimo di litro) dalla forma
sferica e depositata, mentre le bottiglie in cui
obbligatoriamente deve essere venduto il balsamico di Modena
sono da minimo un quarto di litro, e normalmente mezzo
litro.
In merito al caramello e al conservante,
non capisco davvero la Sua posizione: il primo è un
colorante naturale ottenuto dallo zucchero che come sopra ho
detto è ammesso dalla legge fin dal 1933 (e il disciplinare
per la IGP ne stabilisce ora rigorosamente anche un massimo
d'uso), il secondo non è altro che la anidride
solforosa, un elemento che è presente in TUTTI i vini -in
quantità elevate specie in quelli bianchi - senza neppure
avere l'obbligo di indicarlo in etichetta!! (e si badi
bene che le quantità massime ammesse per i vini sono
addirittura superiori a quelle ammesse per gli aceti).
Si tratta di elementi normalissimi e non rischiosi,
certamente meno rischiosi di tanti conservanti ed enzimi che
sono oggi ammessi in molte IGP e DOP nazionali, specie nei
formaggi e salumi.
Davvero non comprendo come
l'ADUC si sia scagliata contro un prodotto come
l'Aceto Balsamico di Modena, che è di grande qualità,
di genuinità accertata, e di grande apprezzamento per un
vasto pubblico di consumatori (solo i miliardari o
pochissimi fini conoscitori possono infatti spendere 80 euro
per un decimo di litro di aceto!!), quando nella difesa
delle tipicità italiane questo prodotto merita un posto
d'onore, come lo hanno lo Champagne, il Cognac e tanti
altri prodotti tipici francesi, i cui grandi volumi
produttivi non sono sinonimo di scarsa qualità,
anzi...!
Su una cosa invece sono d'accordo
con Lei: il nome 'Aceto Balsamico Modenese' non ha
senso, si tratterebbe di una novità per i consumatori che
ne verrebbero danneggiati,e farebbe del male alla notorietà
anche del Tradizionale di Modena. Vi sono DECINE di
produttori stranieri che non aspettano altro che un
indebolimento delle leggi italiane permetta loro di produrre
a casa propria il 'nostro' aceto balsamico di
Modena, e di chiamarlo proprio così: se ciò avvenisse,
sarebbe un vero disastro per tutti. Spero nel suo
sostegno in questa battaglia, e sarò ben lieto di fornirLe
ogni altro possibile dettaglio in merito.