Il problema, infatti, è che la parola
"volontariato" è usata a sproposito. Sarebbe
apprezzabile che Aduc ed altre associazioni di consumatori
lottassero per un aumento di operatori sanitari, di vari
livelli professionali, dedicati all'assistenza delle
varie disabilità presenti nella nostra società e spesso
ignorate o scarsamente tutelate. Ricordo che l'Anno
Europeo del Disabile si è risolto con un pugno di convegni
e qualche spot pubblicitario. Il problema è rimasto
irrisolto, i disabili sono una voce sommersa, forse la più
sommersa. Attualmente gli operatori sanitari impegnati
nelle comunità terapeutiche sono precari, meriterebbero
invece un'attenzione adeguata : uno stipendio dignitoso
e formazione continua e motivante per un lavoro molto
difficile, che non è solo un lavoro, ma è anche una
missione.
11 aprile 2005 0:00 - Lobster
> L'assistenza alla persona disabile non è un atto di
volontariato, > è anche un atto di umanità, ma è
principalmente un lavoro. Come tale, > va
retribuito.
No, mi spiace ma il volontariato non
vai MAI retribuito, per definizione stessa di
volontariato. Cio' che e' retribuito non e'
e non puo' essere volontariato. Il volontario
dedica GRATUITAMENTE una parte del suo tempo agli
altri, il lavoratore si occupa degli altri dietro
compenso: sono due figure radicalmente diverse.
Il volontario, nella mia visione del mondo, e'
il ragazzo che il sabato pomeriggio va in una casa
di riposo a farsi una partita a carte con un
vecchietto.
L'assurdo e' che nel nostro
paese alle associazioni di "volontariato"
hanno il compito di assistere i disabili. Assistere un
disabile e' dovere dello stato, non puo' essere
lasciato alla buona volonta di qualcuno. Imporre ai
disabili di dipendendere dalla buona volonta' di
altri e' un modo per umiliarli. Il disabile ha
diritto, DIRITTO, ad essere assistito, non deve
chiederlo come un favore.
Assistere i disabili
e' un carico di lavoro troppo grosso per essere
gestito da volontari (quando sono tali), la buona
volonta' non basta. Servono molto tempo e una certa
preparazione. Ecco allora che nasce il bisogno di
"professionalizzare" i volontari. Ecco che
nascono delle spese che le associazioni non riescono a
pagare perche' non hanno una raccolta fondi
all'altezza degli impegni che si sono prese. Ecco
che nascono associazioni di para-volontariato dove
l'assistenza al disabile si paga, poco ma si paga.
Un po' la paga lo Stato e un po' la pagano i
familiari. Questo, mi spiace, ma non e'
volontariato.
Saluti, Lobster
11 aprile 2005 0:00 - margie
Salve, ho letto con interesse l'articolo. Il
problema è che nelle comunità terapeutiche e residenze
protette destinate ai disabili fisici e psichichi serve
molto personale specializzato. Questo personale sicuramente
non proviene dal corpo dipendente del SSNN, ma dalle
cooperative sociali (terzo settore). L'assistenza
alla persona disabile non è un atto di volontariato, è
anche un atto di umanità, ma è principalmente un lavoro.
Come tale, va retribuito. Mi sembra ovvio che gli operatori
del settore protestino, in quanto il taglio dei fondi
metterà in pericolo serio il buon andamento di dette
strutture che sono indispensabili ed una conquista della
civiltà moderna. Non sono un'operatore sociale o
sanitario, ma il genitore di un disabile che non può essere
assistito a casa.