Sono d'accordo nel dire che occorre un organismo
sovrannazionale che vigli sulle qualità dei prodotti
commercializzati ma non nascondiamo la testa sotto la
sabbia.. il fatto che l'economia italiana vada a rotoli
non è affatto imputabile alla concorrenza cinese! Mi fa
ridere chi parla di concorrenza sleale?? Ma dov'è che
è sleale? Loro producono a costi più bassi, è un dato di
fatto! E se anche (molto improbabile) dovessimo riuscire nel
brevissimo termine ad imporre una certa soglia di qualità
ai prodotti che la Cina esporta (esempio l'utilizzo di
materiali non tossici)pensate che finalmente i prezzi dei
prodotti cinesi tornino uguali a quelli delle imprese
italiane!? E' una battaglia già persa gente!
L'Italia deve competere sulle conoscenze,
sull'esperienza che ha accumulato negli anni.. non sui
prodotti ad alta concentrazione di lavoro! E se anche
imponessimo dazi antidumping o quote all'importazione
(che per legge durano al massimo 2/3 anni) sarebbe solo un
rimandare il problema. Senza contare infine che
l'Italia deve cambiare il più presto possibile la sua
mentalità manageriale.. Prodotti ad alta innovazione,
mentalità più aperta al mondo esterno, al mondo
finanziario... quando tutto l'apparato industriale
italiano si svecchierà se non sarà troppo tardi, vedremo
forse qualche segnale di ripresa!
14 giugno 2005 0:00 - primo mastrantoni
Gentile signor Pari, e' da tempo che sosteniamo che
la globalizzazione dei mercati deve marciare parallelamente
con quella delle regole. Comunque pronti a collaborare.
Cordialita' Primo Mastrantoni segretario
14 giugno 2005 0:00 - Pier Giorgio
Caro Fabrizio, mi farebbe piacere sentire la Tua su:
CINA:IMPORTAZIONI ED ESPORTAZIONI. CHI CI GUADAGNA? di Primo
Mastrantoni. Al leggerti.
14 giugno 2005 0:00 - Pier Giorgio
Mi permetto di interloquire personalmente con il
Sig.Giancarlo Pari, Presidente CNA/FEDERMODA E.R., comparto
sartorie e pelliccerie, per rispondere al suo successivo
intervento( che certo non si è proprio astenuto dal
rispondere in modo più che conforme) , anche se lo spirito
informatore del sistema "forum" non è quello di
colloquiare e discutere tra due o pochi interlocutori più o
meno interessati al fenomeno in discussione, come avviene in
TV o convegni ristretti o in assemblee di lavoro ma nel
raccogliere le testimonianze di chiunque ed in modo da
"grandi numeri". In effetti debbo ammettere che ho
errato io nel risponderLe, pressochè direttamente e
comunque replicando in primis ad
altro"intervenuto"), citando il suo nome quasi in
modo di risposta personale( del resto da Lei appositamente
divulgato allo scopo di implicazione cercata personalmente,
e non dell'oggetto generico del forum che compendia
gamma di settori ben più allargata) ma nel citato spirito
di pseudonimato sarebbe stato più corretto esprimere delle
opinioni, pur - a torto o a ragione - ritenute volgari,
offensive, certo in certi limiti ragionevoli, in modo
generico ed anonimo senza che si sentisse chiamata
personalmente in causa. Infatti i "forum", come
già detto, esprimono il parere degli intervenuti, a
prescindere dall'implicazione personale di settore o di
interessi o di opinioni espresse dall'alto della propria
dichiarata poltrona e servono, non ad etichettare il grado
di ignoranza, di aggressività, di volgarità, di
competenza, di importanza di carica ricoperta nella vita
quotidiana, di ragione o di torto dello scrivente, ma
servono solo ad esprimere, non delle cariche
"donchisciottesche", ma delle semplici ed
uniche(in quanto propriamente non determinanti) opinioni
PERSONALI, anche se becere ed astruse, riferite
all'oggetto del "forum". Ogni intervenuto dice
quello che pensa e che percepisce, anche se sbaglia
valutazione ed ha la libertà di espressione; sta nel
lettore valutare l'intervento per i propri usi e
limitarsi ad utilizzare quello che ha letto, senza ergersi a
paladino (per l' "importanza" di carica
ricoperta e delle proprie convinzioni e cercare di
convincere del contrario lo scrivente, "sic et
simpliciter". Per tornare al raffronto personale che
è stato innescato (e sarà l'ultimo, per quel che mi
riguarda) La informo che grande fetta di popolazione ed
anche di analisti, con parole anche più
"civili...forse" delle mie ha concettualizzato
nel senso da me minimalmente descritto pur convenendo con
Lei che molte imprese(non solo dei settori da Lei
rappresentati) hanno dato il sangue per l'onestà e la
correttezza del loro operato nell'ambito della
produzione Italiana, ma ribadendo che molte altre hanno
operato allegramente (opinione mutuatami anche da
occupazioni in settori economici-commerciali-credito). Per
quanto concerne il Suo convincimento dell'esposizione di
nome,cognome,titolo,carica,indirizzo,telefono e numero di
calzatura, per quanto nella fattispecie FUORI LUOGO, non ho
alcuna remora a comunicarglielo, ma non in questa sede in
quanto non dedicata. Se vuole continuare a titolo personale
uno scambio di opinioni che possano verificare le sue o le
mie ragioni (anche se ne dubito), mi faccia sapere.
Valuterò attentamente se ne varrà la pena. Cordialmente.
14 giugno 2005 0:00 - Jacopo
Pienamente d'accordo con Piergiorgio; tanto made in
Italy, hanno pure fatto una pubblicità per difenderlo,
prodotti fatti all'estero per risparmiare, per poi
vedersi il marchio made in China. Non tutti, difficilmente
lo può fare il piccolo imprenditore, di sicuro i grandi
sì. Leggevo tempo fa delle condizioni in cui lavorono i
dipendenti in Cina che fanno scarpe per la Clerks; quanto li
pagano e quanto hanno sempre fatto pagare a noi? Anche
l'abbigliamento non scherza... se si vuole mettere uno
sbarramento verso i prodotti dalla Cina, lo si metta su
TUTTI i prodotti fabbricati in Cina, TUTTI! Adidas, Nike,
Lotto comprese! (e tutti gli altri) Non sono un
economista, non sono comunista, però se avete voluto il
mercato libero siate pronti a pagarne TUTTE le conseguenze
(e sarebbe ora che le pagassero non solo i consumatori, ma
anche i produttori, SENZA aiuti dallo stato). E le regole di
libero mercato sono delle panzanate (in questo caso)
13 giugno 2005 0:00 - Giancarlo Pari
Non voglio personalizzare il confronto con il sig
Piergiorgio ma respingo al mittente i toni di un linguaggio
che si commenta da se.La nostra storia, gentile signore,
e' fatta di sacrificio e passione che non sempre hanno
dato le soddisfazioni economiche che lei in modo cosi'
volgare ci attribuisce.. La storia economica di questo paese
e' stata anche scritta da quelle migliaia di lavoratori
autonomi che lei qualifica in modo cosi'
dispregiativo(maiali lucratori).CNA/FEDERMODA e'
composta per la gran parte da piccole imprese che non hanno
certamente potuto delocalizzare le proprie produzioni ed
anzi sono state le prime a subire la selvaggia
globalizzazione dei mercati.Per quanto riguarda la
qualita',termine per lei molto aleatorio, questi
decenni di successi e presigio del MADE IN ITALY nel mondo
sono la migliore risposta alle sue considerazioni.
Certo, il mondo cambia ed anche noi dovremo cambiare.Siamo
pronti a farlo con lo stesso spirito delle generazioni
passate che hanno saputo rinascere dalle ceneri di una
guerra con l'ingegno e volonta'. Le nuove
sfide,pero', le vogliamo giocare alla pari con i nostri
competitori che,per ora, fanno del dumping la loro primaria
strategia.Il riferimento alla davvero ottima manodopera
italiana che lasceremo a casa e' il tocco finale ad uno
scritto intriso di ideologia da parte di chi,probabilmente,
vive e lavora in una rassicurante realta'.Mi permetta di
aggiungere inoltre che nel confronto dialettico e'
piu' corretto qualificarsi per intero(nome , cognome e
professione); ne guadagnera' l'intero dibattito.
13 giugno 2005 0:00 - Pier Giorgio
E' vero Alice, tutto è made in China. Ho tirato fuori
da un cassetto una ginocchiera facente parte di un
dimenticato kit sportivo composto da polsini, parastinchi,
un reggipalle elastico(tipo tanga da uomo), ecc. acquistato
circa nell'anno 1970 in un negozio di Cortina
d'Ampezzo, a prezzo modico (rifiniture un pò ruvide non
di ""qualità"" ma tutto funzionale).
Ebbene, guardando l'etichetta, c'è Made in
China.!!. Smontando vecchissimi apparati
elettrici-elettronici, quasi dovunque trovo made in
Indonesia, in Giappone, Taiwan, ma spessissimo made in
China. Ora che si lamentano anche gli occhialai del Veneto,
dopo i tessili e gli scarpari che hanno largamente
delocalizzato per produrre a bassissimi costi in Romania, in
Bulgaria, in Cina ecc.vendendo poi in Italia, Europa,ecc.
col proprio marchio di "moda e qualità Italiana"
e lucrando come dei maiali con prodotti a costo bassissimo
ma che rivendevano a prezzo d'élite, dicevo gli
occhialai e tanti altri comparti emergeranno in breve
futuro, ed ora fanno il pianto greco perchè sono
sull'orlo del fallimento. Questa ultima considerazione
la pongo anche all'attenzione del Sig.Pari Giancarlo che
difende per dovere di carica le categorie
CNA/FEDERMODA(Sartorie e pelliccerie), dimenticando che il
giro di acquisti e confezionamenti di prodotti di dette
categorie(come di altre) dai paesi asiatici ha arricchito in
modo esponenziale- sotto l'egida dello, ormai seccante e
rompiscatole concetto della qualità made in Italy (nicchie)
- grande maggioranza di detti importatori e produttori
italiani i quali, lungi dall'adeguare i prezzi
all'equità(concetto ora tanto di moda) li hanno spinti
al rialzo sostenendo che la qualità va pagata- E adesso
piangono, Ma il peggio è che per i loro lucri ora finiti,
lasceranno a casa tantissima ottima mano d'opera
italiana. E d'altro canto tutta la comunità manterrà
altra manod'opera straniera, chiamata a darci una
mano.....per troppa offerta di lavoro!!
11 giugno 2005 0:00 - francesco
sono pensionato, i prodotti cinesi mi hanno salvano
sull'acquisto di alcuni articoli come scarpe e
abbigliamento in quanto con l'euro i prezzi sono
raddoppiati, e quei signori che piangono perchè vendono
meno perchè non fanno un esame di coscienza.
11 giugno 2005 0:00 - Giovanna
La parola d'ordine per le imprese europee è
delocalizzare,per fare enormi guadagni,poco gli interessa
ciò che accade nel nostro paese.
11 giugno 2005 0:00 - Pari Giancarlo
Gentile segretario, mi permetto d'inserirrmi nel
dibattito in corso sul problema Cina chiedendole
cortesemente di aggiungere alla lista di coloro che non ci
hanno guadagnato anche tutte quelle migliaia di aziende del
settore moda(anch'esse composte da titolari e dipendenti
consumatori) che entro brevissimo tempo chiuderanno i
battenti.Oltre al mio lavoro sono da tempo responsabile per
conto di CNA/FEDERMODA E.R.del comparto sartorie e
pelliccerie e tocco con mano, quotidianamente,le
problematiche che assillano le 2 categorie .Mentre le
normative CE prevedono severi e rigidi processi di
produzione dei prodotti comunitari, dai paesi asiatici e del
continente indiano vengono importate manifatture che
recentemente ,in alcuni casi, hanno evidenziato
l'utilizzo di prodotti tossici o comunque nocivi alla
salute dell'uomo e banditi dal ciclo produttivo
nostrano..Penso e spero che la vostra associazione
sapra' farsi portavoce anche di queste tematiche ,magari
consultandoci , nell'intersse esclusivo dei consumatori
senza dimenticare la parte di aziende che,in parte,mi onoro
di rappresentare.Cordiali saluti,
Pari
Giancarlo Presidente Regionale Emilia Romagna
CNA/FEDERMODA-Sartorie-Pellicerie
11 giugno 2005 0:00 - alice
Cosa aspettiamo a fare qualcosa? Perche' non vengono
controllati i costi di produzione delle imprese? Dove sta la
difesa del consumatore? A questo punto, compriamo
derettamente dai cinesi!!!! tanto e' tutto made in
china!