Il procedimento pare sia stato archiviato. Quando avrò
notizie più certe vi farò sapere
24 gennaio 2006 0:00 - CONCORDO
BRAVO!
23 gennaio 2006 0:00 - ricordatore!!!
GLI INTERVENTI DEGLI AVVOCATI DEI CONSUMATORI
Il caso My Way
TESTO:
MPS:UNA PUBBLICITÀ INGANNEVOLE 4.1 Falsi mutui Il terzo
tema da me proposto quale riprova della pericolosa
disparità di forze presente nel delicato sistema bancario
italiano riguarda i casi “My way” e “4 you” diffusi
dalle filiali di Banca Monte dei Paschi Siena S. p.a. e
Banca121 PF S. p. a. Gli innumerevoli vantaggi goduti dagli
intermediari finanziari, dovuti sia alle evidenti ed
insormontabili disparità di mezzi d’informazione sia
all’impossibilità di adeguato accesso alle medesime da
parte dei semplici cittadini, affiorano chiaramente dalla
sottile attenzione prestata nell’uso dei singoli termini
contenuti nella stesura finale del contratto esposto dagli
emissari delle banche in questione. Il caso ha coinvolto un
numero di cittadini molto più elevato rispetto a quanto
previsto e dalle Banche e dalle medesime associazioni
operanti in difesa del consumatore; esso è stato persino
indicato da “Il Sole 24 Ore” e “Repubblica” tra le
concause scatenanti le dimissioni dei vertici di MPS. Il
centro del contendere è da ricercarsi nell’effettiva
natura finanziaria da attribuire all’investimento; celato
o meno che fosse, sul tipo d’impiego che ha riguardato il
proprio denaro i partecipanti avevano idee diverse e spesso
contrastanti tra loro. Le accuse lanciate da
Federconsumatori attribuiscono le distorsioni presenti nel
contratto all’insufficiente informativa fatta trapelare da
parte delle società emittenti: essa ha puntato la massima
attenzione sul tipo di pubblicità utilizzato ritenendola
ingannevole. Verosimilmente le concordi rassicurazioni
espresse dai promotori finanziari intervenuti nelle singole
contrattazioni a sponsorizzare il piano hanno causato uno
sbilanciamento dei pareri favorevoli agli acquisti da parte
della clientela. Le denunce rivolte dai cittadini alla banca
senese si aggiungono ad una doverosa premessa che consiste
in quanto segue: una considerevole percentuale di contraenti
afferma che la presentazione dell’offerta sia avvenuta con
l’ausilio di termini tecnici, dimostratisi, a detta di
molti, di difficile comprensione. Sebbene il tentativo
d’illustrazione sia avvenuto senza rilevanti vizi di forma
ed in maniera conforme alla normativa relativa
all’informazione pubblicitaria aziendale, l’uso di
questi vocaboli complessi, non comuni e/o tratti da
vocabolari non italiani, ha comportato una faticosa
comprensione dei rischi e delle agevolazioni che
l’investimento avrebbe dovuto comportare. Gli acquirenti
hanno, colpevolmente, la maggior parte delle volte,
preferito affidarsi alle conclusioni cui sembravano giungere
i promotori che descrivevano l’articolo succitato come una
forma sicura di accumulo, il quale, tramite il pagamento di
piccole quote mensili, pareva consentire la composizione di
un interessante “salvadanaio” di natura previdenziale.
Esso, oltre a essere garantito dal capitale e privo
d’impegno riguardante la data di ultima scadenza, aveva
persino il vantaggio di poter venir anticipato in qualsiasi
momento attraverso la riscossione degli interessi maturati.
Il consenso prestato dai sottoscrittori all’acquisto non
aveva luogo, quindi, in seguito ad una attenta valutazione
dei pro e dei contro rilevabili nel piano enunciato, ma solo
in conseguenza delle esortazioni proferite dai proponenti;
il sollievo ed il conforto espressi da costoro valevano più
di qualsiasi altra forma di rassicurazione o prova tangibile
di affidabilità. Da quanto sinora affermato, discende un
inequivocabile “misunderstandig” dovuto alla fessura
apertasi tra le aspettative dei due firmatari; se appare
attendibile paventare l’ipotesi secondo la quale i sobri
compratori ritenevano di aver aderito semplicemente ad una
sorta di accumulazione pensionistica, in realtà essi si
erano accollati un vero e proprio piano d’indebitamento.
Il contratto impegnava i sottoscrittori a tal punto da
impedire il contemporaneo accesso ad un altro mutuo senza
che la banca, in seguito ad un colloquio e ad una severa
valutazione della situazione debitoria patita dal proprio
affiliato, avesse espresso il proprio assenso. Quanti
avevano aderito al piano “MyWay”, se avessero voluto
acquistare una casa, un’automobile o qualunque altro bene
attraverso un finanziamento, rischiavano di non poterlo fare
poiché già gravati dal rimborso del piano
d’indebitamento Mps. Nella fattispecie, a posteriori, ciò
che più stupisce della situazione è il come mai nessun
contraente abbia avuto nozione, nel corso delle successive
corrispondenze con la banca, di quanto accadesse. Pare
addirittura che la maggior parte dei sottoscrittori abbiano
appreso la vera natura del contratto concluso solo in
seguito, alla visione della trasmissione televisiva “Mi
manda Rai 3” condotta dal dott. Marrazzo, alla quale ha
partecipato l’avv. Romito in qualità di rappresentante
dei risparmiatori. Successivamente alla messa in onda del
programma solo i mass – media si sono assunti
“l’obbligo morale” di aggiornare i cittadini raggirati
sull’iter seguito dalla vicenda. Gli acquirenti sono così
venuti a sapere per ultimi il percorso che il loro denaro
era destinato a compiere: le percentuali versate mensilmente
infatti corrispondevano a rate di rimborso di un mutuo
erogato dalle banche per l’acquisto di titoli emessi lungo
l’intera durata del contratto. In seguito al ricorso
sollecitato dall’associazione Federconsumatori, il 6 Marzo
2003 l’Autorità garante della concorrenza e del Mercato
ha riconosciuto ingannevole la promozione pubblicitaria
effettuata; tale tappa è da considerarsi di fondamentale
importanza per l’ottenimento del rimborso richiesto dagli
ex- sottoscrittori per i suddetti prodotti finanziari.
Stando alla sentenza dell’Authority l’istante non ha
ricevuto né corretta né adeguata informazione in merito
alla natura del contratto. Si può comprendere il giudizio
espresso dal Garante in una sua testuale affermazione in cui
si esplicita perché la clientela “ha subito un indebito
condizionamento nel processo di scelta dell’investimento
non avendo avuto alcuna consapevolezza di dover al contempo
sottoscrivere anche un contratto di finanziamento”. Da
quanto riferito si evince come, in violazione della
normativa prevista dalla legge sulla trasparenza bancaria,
la volontà dei contraenti sia stata erroneamente viziata
riguardo al contenuto effettivo, al funzionamento, agli
effetti ed ai costi dell’accordo. In considerazione di
ciò, attraverso raccomandata, gran parte dei risparmiatori
aderenti alle proposte di MPS e Banca121, delusi ed
arrabbiati, decidevano di invitare le banca a sospendere
immediatamente ogni prelevamento dal proprio conto di
servizio ed a risolvere bonariamente il contratto per
evidente vizio della volontà senza alcuna penale e con
integrale restituzione delle somme versate sino ad allora.
La lettera di diffida precisava che qualunque operazione
eseguita dalla banca successiva al recapito della presente
sarebbe stata effettuata contro la volontà del cliente che
si riservava, tra l’altro, di procedere alla tutela dei
propri diritti presso qualunque sede prevista dalla legge.
Come ha di recente ammesso l’attuale Presidente della
Consob, Lamberto Cardia, nel mercato finanziario i
“risparmiatori sono indifesi”; prova ne sono, anche in
questo caso, i colpevoli ritardi accorsi a danno degli
aderenti alle operazioni “My way &4 you” circa temi
importanti quali: conflitto d’interessi, carenze
informative, effettivo livello di rischi celato. Inoltre
ammettere che, sul mercato italiano, siano spacciati per
titoli di Stato prodotti quali i derivati o che vengano
venduti bond senza rating a semplici Bot People, spesso con
l’aggravante che queste operazioni siano realizzate da chi
ne ricavava direttamente un utile, è da giudicarsi in
maniera molto grave; tutto questo dovrebbe imporre
un’attenta riflessione in merito al ruolo svolto dalle
strutture preposte al controllo, chiamate ad impedire questo
tipo di raggiri. Un suggerimento espresso con favore da più
parti, avente l’intento di realizzare maggiore trasparenza
ed affidabilità all’intero sistema finanziario italiano,
è quello di affidare a consiglieri indipendenti la
valutazione delle singole proposte d’investimento; in caso
di conflitto d’interesse sarebbe così solo la figura del
“indipendent advisor” in grado di valutare
preventivamente opportunità e convenienza dell’offerta in
questione. Un ulteriore passo in avanti potrebbe essere
quello di vietare la commercializzazione di prodotti privi
di rating a semplici utenti, correggendo la norma in vigore
prescrivente all’intermediario di avvisare il proprio
cliente solo nel caso in cui le sue perdite si aggirino
intorno a valori superiori al 50%; tutto questo potrebbe
permettere il consolidamento ed il potenziamento di un clima
di nuova fiducia e sicurezza nel mercato, vantaggioso per
tutti gli operatori. A tutto questo vanno aggiunti una
ridefinizione dei ruoli di Consob e Banca d’Italia,
incapaci di assolvere correttamente il proprio ruolo di
soggetti deputati all’ispezione del mercato. Le accuse
rivolte alla Banca Monte dei Paschi e alla Banca121 andavano
da violazioni per inganno e vessazione fino ad imputazioni
scaturenti dall’aver dato origine ad un conflitto
d’interessi; certamente la pronuncia dell’Authority, che
ne riconosceva la promozione pubblicitaria ingannevole, ha
costretto gli istituti bancari ad affrontare e,
possibilmente, risolvere i casi prima che questi giungessero
alla sentenza di un Tribunale con pericolosi strascichi per
il buon nome e la fama degli istituti di credito. La difesa
degli istituti finanziari poneva l’accento sull’ottica
attesa per questi tipi d’investimento: progettati ed
emessi per il lungo periodo, solitamente maggiormente in
grado di offrire migliori tutele al risparmiatore, essi
avevano sofferto gli effetti di breve periodo della
congiuntura negativa attraversata dai mercati (definita come
una delle peggiori e lunghe degli ultimi 100 anni). Questi
prodotti, afferma MPS, oltre a proteggere a scadenza il
capitale finanziato attraverso un investimento
obbligazionario, offrivano l’opportunità di accedere ad
ulteriori remunerazioni della parte investita nei fondi
comuni grazie all’evoluzione, attesa nel lungo periodo,
per i mercati finanziari. Il ciclo economico, chiosava MPS,
ha probabilmente turbato parte degli aderenti, spostandone
l’attenzione, nonché le aspettative associate agli esiti,
dal lungo al breve periodo. L’istituto di credito
ribadisce, dunque, la bontà dei suoi prodotti confermando
il fatto che essi fossero stati concepiti con l’intento di
prevenire le ipotesi di riforma del sistema previdenziale in
modo tale da assicurare una vita pensionistica più agiata,
garantita da rendite che ne supplissero la possibile minore
copertura pubblica. Mediante un finanziamento incorporato
nei prodotti si è potuto investire nei mercati azionari,
con la protezione di una componente obbligazionaria; anche
coloro che non disponessero da subito della liquidità
necessaria potevano accedere ad una particolare forma di
risparmio. Al cliente era concesso un finanziamento da
restituirsi mediante un pagamento rateizzato ad un tasso
fisso mensile costante; l’intero pacchetto era assistito
da una polizza assicurativa gratuita in grado di curare, in
caso di morte o d’invalidità permanente dell’individuo,
il rimborso del capitale residuo. Il 9 maggio 2003 la Banca
Monte dei Paschi di Siena S. p .a.- Gruppo MPS e le
associazioni dei consumatori: Federconsumatori, Adusbef,
Adoc, Codacons annunciavano di aver firmato un Protocollo di
intesa per affrontare, tramite un procedimento conciliativo,
l’esame dei reclami inerenti i prodotti finanziari “my
way and 4you” insieme ad alcuni prodotti strutturati. Si
teneva a precisare che la firma giungeva in seguito a una
proficuo confronto atto a garantire l’effettiva tutela dei
consumatori per i quali sussistessero motivi validi di
reclamo. Si era pensato di costituire una commissione
paritetica conciliativa, denominata “Commissione di
Conciliazione” costituita dai rappresentanti delle
Associazioni firmatarie e dalle stesse Banche. L'esito
della trattativa ha portato alla scelta di un tavolo
d’intesa presumibilmente non del tutto in linea con quanto
previsto dalla direttiva europea in considerazione del fatto
che questa è solita prevedere la definizione di un terzo
conciliatore “super partes” secondo il modello approvato
dalle “Camere arbitrali e della conciliazione” presso le
camere di commercio italiane. L’accesso alla procedura di
Conciliazione non avrebbe comportato costi né oneri
aggiuntivi per i risparmiatori che avrebbero unicamente
dovuto aderire alla stessa presso le sedi delle Associazioni
iscritte. La Commissione avrebbe valutato caso per caso i
reclami pervenuti e prospettato soluzioni individuali
coerenti con i casi in questione, fatto salvo il diritto per
gli interessati, insoddisfatti dalle decisioni prese dalla
medesima, di procedere nel modo che più opportuno.
L’accordo costituiva, a detta delle Parti, un primo
importante esempio di proficua collaborazione fra le
rappresentanze delle Associazioni dei Consumatori ed il
mondo degli affari, finalmente accomunanti dall’intento di
venire incontro alle esigenze dei risparmiatori risolvendo,
per quanto possibile, i casi di contestazione. 4.2
Protocollo d’intesa Nel protocollo d’intesa, firmato a
Roma il 9 Maggio 2003, si legge come per la Banca Monte dei
Paschi di Siena S. p. a. sia intervenuto in rappresentanza
propria e per conto di Banca Toscana S .p. a. , di Banca
Agricola Mantovana S. p. a. e di Banca121 P. F. S. p. a. il
Vice Direttore Generale Vicario, Pier Giorgio Primavera, (di
seguito si legge complessivamente le Banche) mentre per le
Associazioni i Presidenti dell’Adusbef, Elio Lannuti,
della Federconsumatori, Rosario Trefiletti, del Codacons,
Carlo Rienzi, dell’Adoc, Carlo Pieri (di seguito
complessivamente “Associazioni di Consumatori”). Assunto
che numerosi risparmiatori si sono rivolti alle Associazioni
per reclamare nei confronti del piano “4you” ed in
particolare per quello “my way” e appurato che esse si
sono sentite in dovere di avviare una campagna informativa
in merito all’investimento in questione a tutela dei
propri affiliati, le Banche hanno replicato alle accuse
ribadendo da un lato il proprio convincimento sulla
correttezza, a livello generale, del piano offerto e
dall’altro mostrandosi aperte alla trattativa di
conciliazione. La posizione delle Banche può essere
giudicata in modo ambivalente: non rinunciando a precisare
come, in precedenza, la propria condotta di vendita fosse
stata regolare, hanno potuto respingere le calunnie connesse
ai propri prodotti finanziari; nel contempo, però, si sono
riservate di concedere esami approfonditi ai singoli casi
dimostrando notevole disponibilità nei confronti della
clientela e ricevendo in cambio un rilevante guadagno per
l’immagine degli istituti. È prevedibile figurarsi come
l’alternativa a tale soluzione fossero gli scontri in
Tribunale, via che, di certo, non alletta mai nessuno sia
per i lunghi tempi previsti, sia per gli elevati costi che
comporta; essa racchiude in sé un certo grado di
aleatorietà e sicuramente lascia scontento uno dei due
contendenti. Proprio la promessa effettuata dalle
Associazioni di non citare, durante la procedura
conciliativa, le Banche in sede giudiziaria ha spinto queste
ultime a prendere seriamente in considerazione la causa
della negoziazione; è evidente che al termine di questa, la
moratoria cessava di essere valida ed i risparmiatori
insoddisfatti erano liberi di esercitare il proprio diritto
ad adire per vie legali. D’altronde, unitariamente, le
Parti si impegnavano ad informare adeguatamente degli esiti
di suddetta procedura. Il regolamento conciliativo si
compone di cinque articoli; il primo è riferito ai soggetti
in condizione di ricorrere alla procedura di conciliazione.
Si è sancita la possibilità di adesione per tutti i
risparmiatori assistiti dalle Associazioni di Consumatori,
oltre che per coloro che avrebbero presentato un reclamo
individuale con annessa esplicita richiesta di applicazione
della procedura; l’avvio della stessa è comunque per
tutti subordinato alla presentazione di un reclamo scritto
ad opera del risparmiatore. L’articolo 2 si riferisce alla
“Commissione di Conciliazione” formata da un
rappresentante per ogni Associazione e da delegati per le
Banche fino ad un massimo di quattro, si esplicitano poi i
tempi ed i luoghi degli incontri. Il terzo articolo fa
riferimento alla vera e propria “Procedura di
conciliazione”: si fissa entro 60 giorni il limite massimo
per addivenire ad un accordo redditizio per ambedue le parti
ed il tempo è da calcolarsi a partire dalla data di
recapito della domanda da parte della Segreteria; per ovvie
ragioni di privacy i dati, le notizie, le informazioni
individuali non potevano essere estese al pubblico dominio
e, dunque, non potevano che essere utilizzate all’interno
dell’ambito specifico. Nel caso il tentativo di
conciliazione producesse effetto positivo, il procedimento
deve concludersi con la sottoscrizione, da parte dei
componenti la Commissione, di un verbale recante efficacia
di accordo transattivo con il risparmiatore e ciò qualora
questi decidesse di comunicare il proprio assenso non oltre
i 30 giorni successivi la sottoscrizione del verbale. In
caso contrario si dovrà preparare un verbale certificante
il mancato raggiungimento dell’accordo. L’articolo 4
precisa i criteri di esame che saranno utilizzati dalla
Commissione, criteri che, per favorire il raggiungimento di
soluzioni condivise ottimizzando i tempi di lavoro, saranno
inseriti preliminarmente in una delle due categorie
previste: 1) FASCIA A (criticità certa) 2) FASCIA B
(criticità incerta, limitata o assente) L’attribuzione ad
una delle due categorie viene enunciata di seguito; è
facile ad ogni modo, già dopo una visione parziale e
superficiale, attendersi come fossero riservati spazi
incommensurabilmente più ridotti per rientrare nei
parametri destinati alla cosiddetta “Fascia A” rispetto
a quanto assegnato alla seconda alternativa. Alla prima
ipotesi sono assegnati i contratti caratterizzati da vizi
gravi tali da determinare la nullità o l’invalidità del
reciproco impegno. Sono poi riportati, a titolo puramente
indicativo, alcuni esempi di ricorrenze determinanti
l’attribuzione a tale fattispecie: - mancanza di contratti
e/o contratti non firmati; - età del risparmiatore non
compatibile con la durata del finanziamento; - accertata
incongruità del profilo di rischio; - accertata
incongruità con la pregressa tipologia degli investimenti e
dell’entità del patrimonio depositato presso le banche
per quanto concerne gli investimenti in prodotti strutturati
a capitale non garantito; - assoluta inadeguatezza della
capacità reddituale del risparmiatore. Per quanto concerne
la “Fascia B” di essa fanno parte tutti gli accordi
restanti caratterizzati da elementi di obiettiva incertezza
circa l’oggetto o il fondamento delle richieste del
risparmiatore non tali da potersi ritenere passivi di
collocazione in prima fascia. Modelli da riportare a titolo
indicativo sono: - presunte assicurazioni ricevute recanti
la rassicurazione di poter estinguere l’operazione in
qualsiasi momento senza perdita né oneri di
attualizzazione; - presunta mancanza o carente illustrazione
del prodotto; - presunta errata valutazione della capacità
di rimborso; - processo di vendita adeguato o caratterizzato
da mancanze di scarsa rilevanza; - difficoltà di accesso al
credito per segnalazione del finanziamento in CRIF; Le
eventuali soluzioni della contesa sono prospettate
all’articolo 5 in cui si chiarifica come, per esempio, per
i contratti assegnati alla Fascia A, è possibile attendersi
il rimborso di tutte le rate versate con la risoluzione del
medesimo contratto e la rinuncia, da parte del
sottoscrittore, al differenziale tra capitale attualizzato e
smobilizzato. Per gli ammessi alla Fascia B le Banche
propongono di accollarsi gli oneri derivanti
dall’estinzione anticipata del finanziamento ed il
parziale rimborso delle rate versate, oppure la riduzione
del debito ed il parziale smobilizzo del sottostante con
attenuazione degli effetti economici, la disponibilità a
valutare eventuali richieste pervenute di concessioni
creditizie aggiuntive (es. carte di credito revolving,
ecc.). In aggiunta sono presenti un VI articolo in cui si
stabiliscono nulli i costi intervenuti per gli aderenti alla
procedura di conciliazione, mentre, nel VII ed ultimo le
Parti s’impegnano ad incontrarsi nuovamente per cercare
assolvimenti positivi a quanti non li avessero ottenuti
dall’esito della trattativa. Pare che per quanto attiene
alla quantità dei casi positivi essi siano legati sia a
requisiti di natura soggettiva (età inadeguata) sia di
sostanza oggettiva quale capacità d’indebitamento
originaria inadeguata o sopravvenuta. I giudizi riguardo le
soluzione proposte dalla Commissione sono comunque, a volte,
un po’ ambigui, secondo le voci provenienti dai membri
più agguerriti delle Associazioni: i rappresentanti delle
stesse impegnati nella Commissione si sono rivelati troppo
accondiscendenti alle interpretazioni bancarie, concedendo,
nella maggior parte dei casi, l’inserimento dei
risparmiatori in Fascia B (così ripartendo in modo
bilanciato gli oneri tra gli agenti antagonisti). 4.3
Giudizio dell’authority L’Autorità Garante della
concorrenza e del mercato, nella sua adunanza del 18
Settembre 2003, ha espresso il proprio verdetto
(provvedimento n. 12437) in accoglimento alla richiesta
d’intervento pervenuta in data 9 Aprile 2003 da parte
della Federconsumatori Puglia per ciò che concerneva i
prodotti “my way/121 performance” di MPS e Banca 121. Il
provvedimento è stato attuato sia tenendo conto delle
riflessioni contenute nel Decreto Legislativo n. 74 del 25
Gennaio 1992, in seguito modificato tramite apposito Decreto
(n. 67 del 25 Febbraio 2000), sia in considerazione del
“Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di
pubblicità ingannevole” cui si rimanda, attraverso
esplicito riferimento, al D.P.R. del 10 Ottobre 1996 n. 627.
L’istanza di risoluzione, relativa al cosiddetto piano
finanziario “121Performance”, trovava il proprio incipit
nelle parole impresse in un volantino pubblicitario
circolato, nel settembre 2002, sia presso le filiali della
banca MPS sia presso quelle di Banca121. Diffusione simile
ha avuto il prodotto intitolato “MyWay” sebbene, in
questo caso, il reclamo sia scaturito in seguito al recapito
di una missiva ad un cliente di Banca121 nell’Ottobre del
2000. Il primo progetto prevedeva la possibilità di
conseguire interessanti guadagni a mezzo del pagamento di
rate dall’ammontare modesto ma costante a scadenza
mensile; si rassicurava il cliente dal momento che,
nell’eventualità si fossero riscontrate delle perdite, il
preciso riferimento ad un tetto imposto invalicabile, ne
limitava, preliminarmente, ossia fin dalla data di stipula
del contratto, i danni. Il secondo pubblicizzava
un’altrettanto allettante operazione finanziaria che
avrebbe, anche questa volta, permesso di sfruttare le
opportunità offerte dai mercati attraverso il versamento di
12 piccole quote annuali. La valutazione espressa
dall’Associazione pugliese in merito a tali proposte
contrastava con le ottimistiche aspettativa enunciate dalle
banche in quanto tendeva ad equiparare tali prodotti ad
“un vero e proprio mutuo, che il consumatore dovrà
contrarre e che dovrà rimborsare”; le accuse a tali
messaggi pubblicitari sono quindi state mosse per presunta
frode. Cosa riportavano effettivamente i messaggi cui ci si
riferisce? Contenuto dei messaggi: Il depliant
“121Performance – Oggi certezze, domani grandi
opportunità” era composto da sei pagine nelle quali si
potevano apprendere le finalità raggiungibili e gli
obiettivi prefissati. Si faceva riferimento ad un programma
innovativo capace di offrire, in caso di congiuntura dei
mercati positiva, interessanti guadagni e di limitare, nel
contempo ed entro un margine prefissato, le perdite in caso
di ribassi. I versamenti variavano tra le 150.000 e le
600.000 mila lire mensile; la durata prevista era di 15
anni. Per quanto concerneva l’offerta denominata
“MyWay” essa era presentata, come d’altronde
suggerisce la stessa etimologia inglese, alla maniera di un
investimento individuale, su misura, adatto alle
caratteristiche peculiari di ogni persona. Risposte
di Banca121 PF S. P. A.: Le Banche hanno ribattuto alle
accuse cui erano soggette cercando di evidenziare alcuni
vizi, a loro modo di vedere, non trascurabili presenti in
esse. Si è preliminarmente tenuto a sottolineare che
entrambi i messaggi pubblicitari per cui esse erano imputate
avevano cessato di essere impiegati da più di un anno,
motivo per cui, ammessa e non concessa la loro presunta
volontà di trarre in inganno, al momento della denuncia non
avrebbero più potuto nuocere ad alcuno. Questo tipo di
eccezione in realtà non è stata accolta in considerazione
del fatto che, con il Decreto Legislativo n. 74/92, il
Legislatore ha assegnato all’Autorità Garante il compito
di valutare l’eventuale induzione in errore dei messaggi
in questione solo dopo l’avvenuta emanazione di suddetto
Decreto. Secondariamente, data la cessazione
dell’attività di Banca121 S. p.a. , formalmente non più
esistente dal Dicembre 2002, Banca121 PF S. p.a. aveva
paventato l’ipotesi che si potesse reputare inapplicabile
l’intervento della funzione esercitata dalla Autorità per
la mancanza dell’istituto incolpato, si era cercato
quantomeno di non esserne ritenuti diretti responsabili (la
sentenza avrebbe potuto risultare retroattiva per di più
nei confronti di un istituto non più presente sul
territorio?). Anche in questo caso però è stato possibile
smontare facilmente la tesi difensiva. A riprova del fatto
che la presente Banca121 PF S. p.a. facesse capo a tutti i
precedenti rapporti attivi e passivi di Banca121 S. p.a.
stavano infatti tutte le certificazioni ivi custodite. E’
da aggiungere che ulteriori dubbi sono stati sollevati sulla
possibile presenza del depliant “121Performance” nel
mese di Settembre 2002 in uno degli sportelli
dell’istituto bancario. L’opuscolo invero non avrebbe
dovuto trovarvisi al più tardi dal mese di marzo dello
stesso anno, data dalla quale ne era stata prevista la
sospensione (il collocamento di “MyWay” da parte di
Banca121 era terminato nei primi 3 mesi del 2001, quello di
“4you” per MPS nel primo semestre 2002). La prospettiva
fatta propria dalla banca partiva dal presupposto che il
compito dell’Authority fosse quello di vigilare che i
messaggi pubblicitari esistenti sul mercato non traessero in
inganno i comuni cittadini; le conclusioni cui si giungeva
evidenziavano di fatto o che non ci si era assunti il
proprio dovere di controllo prima dell’avvenuta
pubblicazione dei messaggi succitati, oppure che il
provvedimento risultava ormai tardivo, essendo conclusa la
campagna pubblicitaria. La banca, inoltre, ricordando si
trattasse di prodotti estremamente complessi, riteneva di
aver serbato, nel corso dell’intera promozione,una
condotta perfettamente conforme ai propri obblighi di
sintesi e di descrizione delle principali finalità degli
stessi, evidenziandone solo gli aspetti principali. In caso
contrario i soggetti che se ne fossero interessati non
avrebbero potuto comprenderne né apprezzarne a fondo le
principali caratteristiche. L’Autorità Garante ha, in
definitiva, stabilito che, stando alle parole usate nei
depliant, il destinatario dei messaggi avrebbe potuto
confondere i versamenti mensili, cui si faceva riferimento
per far fronte ad investimenti nei mercati finanziari,
ritenendoli veri e propri piani di accumulo di capitale del
tutto simili ai fondi comuni d’investimento. Nessun cenno
veniva del resto dedicato alla contemporanea necessità, al
momento dell’adesione, di sottoscrivere un contratto di
finanziamento, elemento da ritenersi essenziale ed
obbligatorio, non accessorio come valutato dalla banca. Data
la generalità della qualificazione inoltre è da reputarsi,
secondo il giudizio dell’Autorità, non idonea
l’espressione “piani finanziari” attribuita ai
medesimi prodotti. Si è giunti alla conclusione che i
consumatori che hanno accettato l’investimento sotto
accusa lo hanno fatto senza la dovuta consapevolezza
necessaria per cui al momento della firma esso comportasse
anche l’assunzione di un finanziamento. Delibera:
la sentenza ha stabilito che i messaggi pubblicitari
suddetti costituissero una fattispecie di pubblicità
ingannevole ai sensi degli art. 1, 2 e 3 lettera a), del
Decreto Legislativo n. 74/92 e se ne vietava l’ulteriore
diffusione; l’inottemperanza sarebbe stata punita con
l’arresto fino a tre mesi e l’ammenda pecuniaria fino a
€2.582,00. Il provvedimento sarebbe poi stato pubblicato
nel Bollettino dell’Autorità Garante della Concorrenza e
del Mercato.
20 dicembre 2005 0:00 - BERNARDI VALENTINO
Ci sono novità a questa comunicazione, del 30 giugno?
Inoltre sul forum ho letto che vi sono state altre due
sentenze contro MPS a Macerata. Se si come mai non ne date o
diamo risalto? Ringrazio
4 luglio 2005 0:00 - anna
di commenti ad oggi non ce ne sono, forse perche' non
c'e' piu niente da dire: I responsabili vengono
multati per milioni di euro (soldi che non ho capito che
fine faranno), i dipendenti mps vengono rinviati a giudizio
e i fessi continuano a pagare le rate!!!