COMMENTI
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25 gennaio 2006 0:00 - Mario
Il procedimento pare sia stato archiviato. Quando avrò notizie più certe vi farò sapere
24 gennaio 2006 0:00 - CONCORDO
BRAVO!
23 gennaio 2006 0:00 - ricordatore!!!

GLI INTERVENTI DEGLI AVVOCATI DEI CONSUMATORI




Il caso My Way

TESTO: MPS:UNA PUBBLICITÀ INGANNEVOLE 4.1 Falsi mutui Il terzo tema da me proposto quale riprova della pericolosa disparità di forze presente nel delicato sistema bancario italiano riguarda i casi “My way” e “4 you” diffusi dalle filiali di Banca Monte dei Paschi Siena S. p.a. e Banca121 PF S. p. a. Gli innumerevoli vantaggi goduti dagli intermediari finanziari, dovuti sia alle evidenti ed insormontabili disparità di mezzi d’informazione sia all’impossibilità di adeguato accesso alle medesime da parte dei semplici cittadini, affiorano chiaramente dalla sottile attenzione prestata nell’uso dei singoli termini contenuti nella stesura finale del contratto esposto dagli emissari delle banche in questione. Il caso ha coinvolto un numero di cittadini molto più elevato rispetto a quanto previsto e dalle Banche e dalle medesime associazioni operanti in difesa del consumatore; esso è stato persino indicato da “Il Sole 24 Ore” e “Repubblica” tra le concause scatenanti le dimissioni dei vertici di MPS. Il centro del contendere è da ricercarsi nell’effettiva natura finanziaria da attribuire all’investimento; celato o meno che fosse, sul tipo d’impiego che ha riguardato il proprio denaro i partecipanti avevano idee diverse e spesso contrastanti tra loro. Le accuse lanciate da Federconsumatori attribuiscono le distorsioni presenti nel contratto all’insufficiente informativa fatta trapelare da parte delle società emittenti: essa ha puntato la massima attenzione sul tipo di pubblicità utilizzato ritenendola ingannevole. Verosimilmente le concordi rassicurazioni espresse dai promotori finanziari intervenuti nelle singole contrattazioni a sponsorizzare il piano hanno causato uno sbilanciamento dei pareri favorevoli agli acquisti da parte della clientela. Le denunce rivolte dai cittadini alla banca senese si aggiungono ad una doverosa premessa che consiste in quanto segue: una considerevole percentuale di contraenti afferma che la presentazione dell’offerta sia avvenuta con l’ausilio di termini tecnici, dimostratisi, a detta di molti, di difficile comprensione. Sebbene il tentativo d’illustrazione sia avvenuto senza rilevanti vizi di forma ed in maniera conforme alla normativa relativa all’informazione pubblicitaria aziendale, l’uso di questi vocaboli complessi, non comuni e/o tratti da vocabolari non italiani, ha comportato una faticosa comprensione dei rischi e delle agevolazioni che l’investimento avrebbe dovuto comportare. Gli acquirenti hanno, colpevolmente, la maggior parte delle volte, preferito affidarsi alle conclusioni cui sembravano giungere i promotori che descrivevano l’articolo succitato come una forma sicura di accumulo, il quale, tramite il pagamento di piccole quote mensili, pareva consentire la composizione di un interessante “salvadanaio” di natura previdenziale. Esso, oltre a essere garantito dal capitale e privo d’impegno riguardante la data di ultima scadenza, aveva persino il vantaggio di poter venir anticipato in qualsiasi momento attraverso la riscossione degli interessi maturati. Il consenso prestato dai sottoscrittori all’acquisto non aveva luogo, quindi, in seguito ad una attenta valutazione dei pro e dei contro rilevabili nel piano enunciato, ma solo in conseguenza delle esortazioni proferite dai proponenti; il sollievo ed il conforto espressi da costoro valevano più di qualsiasi altra forma di rassicurazione o prova tangibile di affidabilità. Da quanto sinora affermato, discende un inequivocabile “misunderstandig” dovuto alla fessura apertasi tra le aspettative dei due firmatari; se appare attendibile paventare l’ipotesi secondo la quale i sobri compratori ritenevano di aver aderito semplicemente ad una sorta di accumulazione pensionistica, in realtà essi si erano accollati un vero e proprio piano d’indebitamento. Il contratto impegnava i sottoscrittori a tal punto da impedire il contemporaneo accesso ad un altro mutuo senza che la banca, in seguito ad un colloquio e ad una severa valutazione della situazione debitoria patita dal proprio affiliato, avesse espresso il proprio assenso. Quanti avevano aderito al piano “MyWay”, se avessero voluto acquistare una casa, un’automobile o qualunque altro bene attraverso un finanziamento, rischiavano di non poterlo fare poiché già gravati dal rimborso del piano d’indebitamento Mps. Nella fattispecie, a posteriori, ciò che più stupisce della situazione è il come mai nessun contraente abbia avuto nozione, nel corso delle successive corrispondenze con la banca, di quanto accadesse. Pare addirittura che la maggior parte dei sottoscrittori abbiano appreso la vera natura del contratto concluso solo in seguito, alla visione della trasmissione televisiva “Mi manda Rai 3” condotta dal dott. Marrazzo, alla quale ha partecipato l’avv. Romito in qualità di rappresentante dei risparmiatori. Successivamente alla messa in onda del programma solo i mass – media si sono assunti “l’obbligo morale” di aggiornare i cittadini raggirati sull’iter seguito dalla vicenda. Gli acquirenti sono così venuti a sapere per ultimi il percorso che il loro denaro era destinato a compiere: le percentuali versate mensilmente infatti corrispondevano a rate di rimborso di un mutuo erogato dalle banche per l’acquisto di titoli emessi lungo l’intera durata del contratto. In seguito al ricorso sollecitato dall’associazione Federconsumatori, il 6 Marzo 2003 l’Autorità garante della concorrenza e del Mercato ha riconosciuto ingannevole la promozione pubblicitaria effettuata; tale tappa è da considerarsi di fondamentale importanza per l’ottenimento del rimborso richiesto dagli ex- sottoscrittori per i suddetti prodotti finanziari. Stando alla sentenza dell’Authority l’istante non ha ricevuto né corretta né adeguata informazione in merito alla natura del contratto. Si può comprendere il giudizio espresso dal Garante in una sua testuale affermazione in cui si esplicita perché la clientela “ha subito un indebito condizionamento nel processo di scelta dell’investimento non avendo avuto alcuna consapevolezza di dover al contempo sottoscrivere anche un contratto di finanziamento”. Da quanto riferito si evince come, in violazione della normativa prevista dalla legge sulla trasparenza bancaria, la volontà dei contraenti sia stata erroneamente viziata riguardo al contenuto effettivo, al funzionamento, agli effetti ed ai costi dell’accordo. In considerazione di ciò, attraverso raccomandata, gran parte dei risparmiatori aderenti alle proposte di MPS e Banca121, delusi ed arrabbiati, decidevano di invitare le banca a sospendere immediatamente ogni prelevamento dal proprio conto di servizio ed a risolvere bonariamente il contratto per evidente vizio della volontà senza alcuna penale e con integrale restituzione delle somme versate sino ad allora. La lettera di diffida precisava che qualunque operazione eseguita dalla banca successiva al recapito della presente sarebbe stata effettuata contro la volontà del cliente che si riservava, tra l’altro, di procedere alla tutela dei propri diritti presso qualunque sede prevista dalla legge. Come ha di recente ammesso l’attuale Presidente della Consob, Lamberto Cardia, nel mercato finanziario i “risparmiatori sono indifesi”; prova ne sono, anche in questo caso, i colpevoli ritardi accorsi a danno degli aderenti alle operazioni “My way &4 you” circa temi importanti quali: conflitto d’interessi, carenze informative, effettivo livello di rischi celato. Inoltre ammettere che, sul mercato italiano, siano spacciati per titoli di Stato prodotti quali i derivati o che vengano venduti bond senza rating a semplici Bot People, spesso con l’aggravante che queste operazioni siano realizzate da chi ne ricavava direttamente un utile, è da giudicarsi in maniera molto grave; tutto questo dovrebbe imporre un’attenta riflessione in merito al ruolo svolto dalle strutture preposte al controllo, chiamate ad impedire questo tipo di raggiri. Un suggerimento espresso con favore da più parti, avente l’intento di realizzare maggiore trasparenza ed affidabilità all’intero sistema finanziario italiano, è quello di affidare a consiglieri indipendenti la valutazione delle singole proposte d’investimento; in caso di conflitto d’interesse sarebbe così solo la figura del “indipendent advisor” in grado di valutare preventivamente opportunità e convenienza dell’offerta in questione. Un ulteriore passo in avanti potrebbe essere quello di vietare la commercializzazione di prodotti privi di rating a semplici utenti, correggendo la norma in vigore prescrivente all’intermediario di avvisare il proprio cliente solo nel caso in cui le sue perdite si aggirino intorno a valori superiori al 50%; tutto questo potrebbe permettere il consolidamento ed il potenziamento di un clima di nuova fiducia e sicurezza nel mercato, vantaggioso per tutti gli operatori. A tutto questo vanno aggiunti una ridefinizione dei ruoli di Consob e Banca d’Italia, incapaci di assolvere correttamente il proprio ruolo di soggetti deputati all’ispezione del mercato. Le accuse rivolte alla Banca Monte dei Paschi e alla Banca121 andavano da violazioni per inganno e vessazione fino ad imputazioni scaturenti dall’aver dato origine ad un conflitto d’interessi; certamente la pronuncia dell’Authority, che ne riconosceva la promozione pubblicitaria ingannevole, ha costretto gli istituti bancari ad affrontare e, possibilmente, risolvere i casi prima che questi giungessero alla sentenza di un Tribunale con pericolosi strascichi per il buon nome e la fama degli istituti di credito. La difesa degli istituti finanziari poneva l’accento sull’ottica attesa per questi tipi d’investimento: progettati ed emessi per il lungo periodo, solitamente maggiormente in grado di offrire migliori tutele al risparmiatore, essi avevano sofferto gli effetti di breve periodo della congiuntura negativa attraversata dai mercati (definita come una delle peggiori e lunghe degli ultimi 100 anni). Questi prodotti, afferma MPS, oltre a proteggere a scadenza il capitale finanziato attraverso un investimento obbligazionario, offrivano l’opportunità di accedere ad ulteriori remunerazioni della parte investita nei fondi comuni grazie all’evoluzione, attesa nel lungo periodo, per i mercati finanziari. Il ciclo economico, chiosava MPS, ha probabilmente turbato parte degli aderenti, spostandone l’attenzione, nonché le aspettative associate agli esiti, dal lungo al breve periodo. L’istituto di credito ribadisce, dunque, la bontà dei suoi prodotti confermando il fatto che essi fossero stati concepiti con l’intento di prevenire le ipotesi di riforma del sistema previdenziale in modo tale da assicurare una vita pensionistica più agiata, garantita da rendite che ne supplissero la possibile minore copertura pubblica. Mediante un finanziamento incorporato nei prodotti si è potuto investire nei mercati azionari, con la protezione di una componente obbligazionaria; anche coloro che non disponessero da subito della liquidità necessaria potevano accedere ad una particolare forma di risparmio. Al cliente era concesso un finanziamento da restituirsi mediante un pagamento rateizzato ad un tasso fisso mensile costante; l’intero pacchetto era assistito da una polizza assicurativa gratuita in grado di curare, in caso di morte o d’invalidità permanente dell’individuo, il rimborso del capitale residuo. Il 9 maggio 2003 la Banca Monte dei Paschi di Siena S. p .a.- Gruppo MPS e le associazioni dei consumatori: Federconsumatori, Adusbef, Adoc, Codacons annunciavano di aver firmato un Protocollo di intesa per affrontare, tramite un procedimento conciliativo, l’esame dei reclami inerenti i prodotti finanziari “my way and 4you” insieme ad alcuni prodotti strutturati. Si teneva a precisare che la firma giungeva in seguito a una proficuo confronto atto a garantire l’effettiva tutela dei consumatori per i quali sussistessero motivi validi di reclamo. Si era pensato di costituire una commissione paritetica conciliativa, denominata “Commissione di Conciliazione” costituita dai rappresentanti delle Associazioni firmatarie e dalle stesse Banche. L'esito della trattativa ha portato alla scelta di un tavolo d’intesa presumibilmente non del tutto in linea con quanto previsto dalla direttiva europea in considerazione del fatto che questa è solita prevedere la definizione di un terzo conciliatore “super partes” secondo il modello approvato dalle “Camere arbitrali e della conciliazione” presso le camere di commercio italiane. L’accesso alla procedura di Conciliazione non avrebbe comportato costi né oneri aggiuntivi per i risparmiatori che avrebbero unicamente dovuto aderire alla stessa presso le sedi delle Associazioni iscritte. La Commissione avrebbe valutato caso per caso i reclami pervenuti e prospettato soluzioni individuali coerenti con i casi in questione, fatto salvo il diritto per gli interessati, insoddisfatti dalle decisioni prese dalla medesima, di procedere nel modo che più opportuno. L’accordo costituiva, a detta delle Parti, un primo importante esempio di proficua collaborazione fra le rappresentanze delle Associazioni dei Consumatori ed il mondo degli affari, finalmente accomunanti dall’intento di venire incontro alle esigenze dei risparmiatori risolvendo, per quanto possibile, i casi di contestazione. 4.2 Protocollo d’intesa Nel protocollo d’intesa, firmato a Roma il 9 Maggio 2003, si legge come per la Banca Monte dei Paschi di Siena S. p. a. sia intervenuto in rappresentanza propria e per conto di Banca Toscana S .p. a. , di Banca Agricola Mantovana S. p. a. e di Banca121 P. F. S. p. a. il Vice Direttore Generale Vicario, Pier Giorgio Primavera, (di seguito si legge complessivamente le Banche) mentre per le Associazioni i Presidenti dell’Adusbef, Elio Lannuti, della Federconsumatori, Rosario Trefiletti, del Codacons, Carlo Rienzi, dell’Adoc, Carlo Pieri (di seguito complessivamente “Associazioni di Consumatori”). Assunto che numerosi risparmiatori si sono rivolti alle Associazioni per reclamare nei confronti del piano “4you” ed in particolare per quello “my way” e appurato che esse si sono sentite in dovere di avviare una campagna informativa in merito all’investimento in questione a tutela dei propri affiliati, le Banche hanno replicato alle accuse ribadendo da un lato il proprio convincimento sulla correttezza, a livello generale, del piano offerto e dall’altro mostrandosi aperte alla trattativa di conciliazione. La posizione delle Banche può essere giudicata in modo ambivalente: non rinunciando a precisare come, in precedenza, la propria condotta di vendita fosse stata regolare, hanno potuto respingere le calunnie connesse ai propri prodotti finanziari; nel contempo, però, si sono riservate di concedere esami approfonditi ai singoli casi dimostrando notevole disponibilità nei confronti della clientela e ricevendo in cambio un rilevante guadagno per l’immagine degli istituti. È prevedibile figurarsi come l’alternativa a tale soluzione fossero gli scontri in Tribunale, via che, di certo, non alletta mai nessuno sia per i lunghi tempi previsti, sia per gli elevati costi che comporta; essa racchiude in sé un certo grado di aleatorietà e sicuramente lascia scontento uno dei due contendenti. Proprio la promessa effettuata dalle Associazioni di non citare, durante la procedura conciliativa, le Banche in sede giudiziaria ha spinto queste ultime a prendere seriamente in considerazione la causa della negoziazione; è evidente che al termine di questa, la moratoria cessava di essere valida ed i risparmiatori insoddisfatti erano liberi di esercitare il proprio diritto ad adire per vie legali. D’altronde, unitariamente, le Parti si impegnavano ad informare adeguatamente degli esiti di suddetta procedura. Il regolamento conciliativo si compone di cinque articoli; il primo è riferito ai soggetti in condizione di ricorrere alla procedura di conciliazione. Si è sancita la possibilità di adesione per tutti i risparmiatori assistiti dalle Associazioni di Consumatori, oltre che per coloro che avrebbero presentato un reclamo individuale con annessa esplicita richiesta di applicazione della procedura; l’avvio della stessa è comunque per tutti subordinato alla presentazione di un reclamo scritto ad opera del risparmiatore. L’articolo 2 si riferisce alla “Commissione di Conciliazione” formata da un rappresentante per ogni Associazione e da delegati per le Banche fino ad un massimo di quattro, si esplicitano poi i tempi ed i luoghi degli incontri. Il terzo articolo fa riferimento alla vera e propria “Procedura di conciliazione”: si fissa entro 60 giorni il limite massimo per addivenire ad un accordo redditizio per ambedue le parti ed il tempo è da calcolarsi a partire dalla data di recapito della domanda da parte della Segreteria; per ovvie ragioni di privacy i dati, le notizie, le informazioni individuali non potevano essere estese al pubblico dominio e, dunque, non potevano che essere utilizzate all’interno dell’ambito specifico. Nel caso il tentativo di conciliazione producesse effetto positivo, il procedimento deve concludersi con la sottoscrizione, da parte dei componenti la Commissione, di un verbale recante efficacia di accordo transattivo con il risparmiatore e ciò qualora questi decidesse di comunicare il proprio assenso non oltre i 30 giorni successivi la sottoscrizione del verbale. In caso contrario si dovrà preparare un verbale certificante il mancato raggiungimento dell’accordo. L’articolo 4 precisa i criteri di esame che saranno utilizzati dalla Commissione, criteri che, per favorire il raggiungimento di soluzioni condivise ottimizzando i tempi di lavoro, saranno inseriti preliminarmente in una delle due categorie previste: 1) FASCIA A (criticità certa) 2) FASCIA B (criticità incerta, limitata o assente) L’attribuzione ad una delle due categorie viene enunciata di seguito; è facile ad ogni modo, già dopo una visione parziale e superficiale, attendersi come fossero riservati spazi incommensurabilmente più ridotti per rientrare nei parametri destinati alla cosiddetta “Fascia A” rispetto a quanto assegnato alla seconda alternativa. Alla prima ipotesi sono assegnati i contratti caratterizzati da vizi gravi tali da determinare la nullità o l’invalidità del reciproco impegno. Sono poi riportati, a titolo puramente indicativo, alcuni esempi di ricorrenze determinanti l’attribuzione a tale fattispecie: - mancanza di contratti e/o contratti non firmati; - età del risparmiatore non compatibile con la durata del finanziamento; - accertata incongruità del profilo di rischio; - accertata incongruità con la pregressa tipologia degli investimenti e dell’entità del patrimonio depositato presso le banche per quanto concerne gli investimenti in prodotti strutturati a capitale non garantito; - assoluta inadeguatezza della capacità reddituale del risparmiatore. Per quanto concerne la “Fascia B” di essa fanno parte tutti gli accordi restanti caratterizzati da elementi di obiettiva incertezza circa l’oggetto o il fondamento delle richieste del risparmiatore non tali da potersi ritenere passivi di collocazione in prima fascia. Modelli da riportare a titolo indicativo sono: - presunte assicurazioni ricevute recanti la rassicurazione di poter estinguere l’operazione in qualsiasi momento senza perdita né oneri di attualizzazione; - presunta mancanza o carente illustrazione del prodotto; - presunta errata valutazione della capacità di rimborso; - processo di vendita adeguato o caratterizzato da mancanze di scarsa rilevanza; - difficoltà di accesso al credito per segnalazione del finanziamento in CRIF; Le eventuali soluzioni della contesa sono prospettate all’articolo 5 in cui si chiarifica come, per esempio, per i contratti assegnati alla Fascia A, è possibile attendersi il rimborso di tutte le rate versate con la risoluzione del medesimo contratto e la rinuncia, da parte del sottoscrittore, al differenziale tra capitale attualizzato e smobilizzato. Per gli ammessi alla Fascia B le Banche propongono di accollarsi gli oneri derivanti dall’estinzione anticipata del finanziamento ed il parziale rimborso delle rate versate, oppure la riduzione del debito ed il parziale smobilizzo del sottostante con attenuazione degli effetti economici, la disponibilità a valutare eventuali richieste pervenute di concessioni creditizie aggiuntive (es. carte di credito revolving, ecc.). In aggiunta sono presenti un VI articolo in cui si stabiliscono nulli i costi intervenuti per gli aderenti alla procedura di conciliazione, mentre, nel VII ed ultimo le Parti s’impegnano ad incontrarsi nuovamente per cercare assolvimenti positivi a quanti non li avessero ottenuti dall’esito della trattativa. Pare che per quanto attiene alla quantità dei casi positivi essi siano legati sia a requisiti di natura soggettiva (età inadeguata) sia di sostanza oggettiva quale capacità d’indebitamento originaria inadeguata o sopravvenuta. I giudizi riguardo le soluzione proposte dalla Commissione sono comunque, a volte, un po’ ambigui, secondo le voci provenienti dai membri più agguerriti delle Associazioni: i rappresentanti delle stesse impegnati nella Commissione si sono rivelati troppo accondiscendenti alle interpretazioni bancarie, concedendo, nella maggior parte dei casi, l’inserimento dei risparmiatori in Fascia B (così ripartendo in modo bilanciato gli oneri tra gli agenti antagonisti). 4.3 Giudizio dell’authority L’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, nella sua adunanza del 18 Settembre 2003, ha espresso il proprio verdetto (provvedimento n. 12437) in accoglimento alla richiesta d’intervento pervenuta in data 9 Aprile 2003 da parte della Federconsumatori Puglia per ciò che concerneva i prodotti “my way/121 performance” di MPS e Banca 121. Il provvedimento è stato attuato sia tenendo conto delle riflessioni contenute nel Decreto Legislativo n. 74 del 25 Gennaio 1992, in seguito modificato tramite apposito Decreto (n. 67 del 25 Febbraio 2000), sia in considerazione del “Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole” cui si rimanda, attraverso esplicito riferimento, al D.P.R. del 10 Ottobre 1996 n. 627. L’istanza di risoluzione, relativa al cosiddetto piano finanziario “121Performance”, trovava il proprio incipit nelle parole impresse in un volantino pubblicitario circolato, nel settembre 2002, sia presso le filiali della banca MPS sia presso quelle di Banca121. Diffusione simile ha avuto il prodotto intitolato “MyWay” sebbene, in questo caso, il reclamo sia scaturito in seguito al recapito di una missiva ad un cliente di Banca121 nell’Ottobre del 2000. Il primo progetto prevedeva la possibilità di conseguire interessanti guadagni a mezzo del pagamento di rate dall’ammontare modesto ma costante a scadenza mensile; si rassicurava il cliente dal momento che, nell’eventualità si fossero riscontrate delle perdite, il preciso riferimento ad un tetto imposto invalicabile, ne limitava, preliminarmente, ossia fin dalla data di stipula del contratto, i danni. Il secondo pubblicizzava un’altrettanto allettante operazione finanziaria che avrebbe, anche questa volta, permesso di sfruttare le opportunità offerte dai mercati attraverso il versamento di 12 piccole quote annuali. La valutazione espressa dall’Associazione pugliese in merito a tali proposte contrastava con le ottimistiche aspettativa enunciate dalle banche in quanto tendeva ad equiparare tali prodotti ad “un vero e proprio mutuo, che il consumatore dovrà contrarre e che dovrà rimborsare”; le accuse a tali messaggi pubblicitari sono quindi state mosse per presunta frode. Cosa riportavano effettivamente i messaggi cui ci si riferisce?  Contenuto dei messaggi: Il depliant “121Performance – Oggi certezze, domani grandi opportunità” era composto da sei pagine nelle quali si potevano apprendere le finalità raggiungibili e gli obiettivi prefissati. Si faceva riferimento ad un programma innovativo capace di offrire, in caso di congiuntura dei mercati positiva, interessanti guadagni e di limitare, nel contempo ed entro un margine prefissato, le perdite in caso di ribassi. I versamenti variavano tra le 150.000 e le 600.000 mila lire mensile; la durata prevista era di 15 anni. Per quanto concerneva l’offerta denominata “MyWay” essa era presentata, come d’altronde suggerisce la stessa etimologia inglese, alla maniera di un investimento individuale, su misura, adatto alle caratteristiche peculiari di ogni persona.  Risposte di Banca121 PF S. P. A.: Le Banche hanno ribattuto alle accuse cui erano soggette cercando di evidenziare alcuni vizi, a loro modo di vedere, non trascurabili presenti in esse. Si è preliminarmente tenuto a sottolineare che entrambi i messaggi pubblicitari per cui esse erano imputate avevano cessato di essere impiegati da più di un anno, motivo per cui, ammessa e non concessa la loro presunta volontà di trarre in inganno, al momento della denuncia non avrebbero più potuto nuocere ad alcuno. Questo tipo di eccezione in realtà non è stata accolta in considerazione del fatto che, con il Decreto Legislativo n. 74/92, il Legislatore ha assegnato all’Autorità Garante il compito di valutare l’eventuale induzione in errore dei messaggi in questione solo dopo l’avvenuta emanazione di suddetto Decreto. Secondariamente, data la cessazione dell’attività di Banca121 S. p.a. , formalmente non più esistente dal Dicembre 2002, Banca121 PF S. p.a. aveva paventato l’ipotesi che si potesse reputare inapplicabile l’intervento della funzione esercitata dalla Autorità per la mancanza dell’istituto incolpato, si era cercato quantomeno di non esserne ritenuti diretti responsabili (la sentenza avrebbe potuto risultare retroattiva per di più nei confronti di un istituto non più presente sul territorio?). Anche in questo caso però è stato possibile smontare facilmente la tesi difensiva. A riprova del fatto che la presente Banca121 PF S. p.a. facesse capo a tutti i precedenti rapporti attivi e passivi di Banca121 S. p.a. stavano infatti tutte le certificazioni ivi custodite. E’ da aggiungere che ulteriori dubbi sono stati sollevati sulla possibile presenza del depliant “121Performance” nel mese di Settembre 2002 in uno degli sportelli dell’istituto bancario. L’opuscolo invero non avrebbe dovuto trovarvisi al più tardi dal mese di marzo dello stesso anno, data dalla quale ne era stata prevista la sospensione (il collocamento di “MyWay” da parte di Banca121 era terminato nei primi 3 mesi del 2001, quello di “4you” per MPS nel primo semestre 2002). La prospettiva fatta propria dalla banca partiva dal presupposto che il compito dell’Authority fosse quello di vigilare che i messaggi pubblicitari esistenti sul mercato non traessero in inganno i comuni cittadini; le conclusioni cui si giungeva evidenziavano di fatto o che non ci si era assunti il proprio dovere di controllo prima dell’avvenuta pubblicazione dei messaggi succitati, oppure che il provvedimento risultava ormai tardivo, essendo conclusa la campagna pubblicitaria. La banca, inoltre, ricordando si trattasse di prodotti estremamente complessi, riteneva di aver serbato, nel corso dell’intera promozione,una condotta perfettamente conforme ai propri obblighi di sintesi e di descrizione delle principali finalità degli stessi, evidenziandone solo gli aspetti principali. In caso contrario i soggetti che se ne fossero interessati non avrebbero potuto comprenderne né apprezzarne a fondo le principali caratteristiche. L’Autorità Garante ha, in definitiva, stabilito che, stando alle parole usate nei depliant, il destinatario dei messaggi avrebbe potuto confondere i versamenti mensili, cui si faceva riferimento per far fronte ad investimenti nei mercati finanziari, ritenendoli veri e propri piani di accumulo di capitale del tutto simili ai fondi comuni d’investimento. Nessun cenno veniva del resto dedicato alla contemporanea necessità, al momento dell’adesione, di sottoscrivere un contratto di finanziamento, elemento da ritenersi essenziale ed obbligatorio, non accessorio come valutato dalla banca. Data la generalità della qualificazione inoltre è da reputarsi, secondo il giudizio dell’Autorità, non idonea l’espressione “piani finanziari” attribuita ai medesimi prodotti. Si è giunti alla conclusione che i consumatori che hanno accettato l’investimento sotto accusa lo hanno fatto senza la dovuta consapevolezza necessaria per cui al momento della firma esso comportasse anche l’assunzione di un finanziamento.  Delibera: la sentenza ha stabilito che i messaggi pubblicitari suddetti costituissero una fattispecie di pubblicità ingannevole ai sensi degli art. 1, 2 e 3 lettera a), del Decreto Legislativo n. 74/92 e se ne vietava l’ulteriore diffusione; l’inottemperanza sarebbe stata punita con l’arresto fino a tre mesi e l’ammenda pecuniaria fino a €2.582,00. Il provvedimento sarebbe poi stato pubblicato nel Bollettino dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

20 dicembre 2005 0:00 - BERNARDI VALENTINO
Ci sono novità a questa comunicazione, del 30 giugno? Inoltre sul forum ho letto che vi sono state altre due sentenze contro MPS a Macerata. Se si come mai non ne date o diamo risalto?
Ringrazio
4 luglio 2005 0:00 - anna
di commenti ad oggi non ce ne sono, forse perche' non c'e' piu niente da dire: I responsabili vengono multati per milioni di euro (soldi che non ho capito che fine faranno), i dipendenti mps vengono rinviati a giudizio e i fessi continuano a pagare le rate!!!


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