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16 febbraio 2006 0:00 - Raffaella
Caro Alex non mi pare di aver detto nulla di tutto ciò, mi riferisco in particolare alla mia realtà, vivo e faccio la farmacista in una città turistica, ed in estate i turisti si affidano molto al consiglio del farmacista. Succede questo le farmacie acquistano molti prodotti da consiglio per far fronte alle varie patologie estive, e questo lo fà il titolare, dopodichè si cerca di soddisfare le normali richieste del cliente basandosi su quanto acquistato dal titolare,che ovviamente si basa anche lui su fattori economici nell'acquisto, ma mi permetta, ne sa certamente di più sul meccanismo d'azione del dextrometorfano, sulla possibilità di consigliare un farmaco ad un diabetico, in stato di gravidanza nell'infanzia o meno, su quale sia il miglior principio attivo in determinate patologie, quali siano gli effetti collaterali, le faccio un es. uno dei farmaci maggiormente pubblicizzati per gli eritemi solari è un antistaminico con effetti collaterali fotosensibilizzanti, funziona, ma se ci si espone al sole ci si becca una bella ustione, se tale farmaco viene acquistato dal titolare non laureato che non è a conoscenza di tale effetto cosa succederebbe? Probabilmente che imporrebbe al farmacista di consigliare comunque tale prodotto che lui ha acquistato per l'eritema, continuo a dire che sarebbe un duro colpo sia per la professionalità che per la salute del cliente.
15 febbraio 2006 0:00 - Alex
Raffaella.. in ogni azienda i nuovi laureati devono dare ascolto ai "vecchi" che la laurea non l'hanno mai vista (e forse nemmeno le superiori) ma non per questo sono meno capaci.
I farmacisti in base a cosa scelgono i medicinali? Fanno delle analisi per conto proprio, decidono loro quali componenti utilizzare?
No, confrontano i listini... quindi cosa cambia?
Non è che un laureato deve necessariamente pretendere di entrare nel mercato del lavoro e comandare subito tutti!!!
Per contro, una laurea non è certo garanzia di capacità, al massimo può essere ritenuta condizione necessaria ma non sufficiente.
15 febbraio 2006 0:00 - Raffaella
E che dire poi del recente parere dell'antitrust sulla liberalizzazione della titolarità delle farmacie ai non laureati? Immaginiamo il titolare che nulla sa in materia che dà le direttive al farmacista laureato, costringendolo a comportarsi non secondo scienza e coscienza come dovrebbe essere, ma secondo l'interesse dell'azienda. Mi chiedo, con quali criteri il titolare farà gli acquisti? Con quale criterio saprà scegliere dai rappresentanti i farmaci da banco o il cosiddetto consiglio? Ovvio... si baserà esclusivamente guardando il lato economico, sceglierà il prodotto maggiormente conveniente e quando il cliente verrà a chiedere un consiglo al farmacista su tosse, mal di stomaco o altro, il farmacista sarà costretto a scegliere tra i prodotti acquistati da un perfetto ignorante in materia, non c'è che dire... tutto a vantaggio della professionalità.
8 febbraio 2006 0:00 - Scocciato
Cara Raffaella, notevole l'esposizione e molto dettagliata, e, suppongo, carente nell'elencazione di altre difficoltà e problemi per ragione di spazio e di digitazione.
Devo, tuttavia, comunicare che anche altre professioni, magari non così "nobili", ma esercitate da laureati e diplomati, incontrano similmente enormi difficoltà allorchè siano esplicate nei confronti del pubblico. Inoltre come ci sono mutamenti legali e dispositivi giornalieri nell'esercizio della Sanità, nella gestione dei farmaci, nella prassi quotidiana nei confronti dei medici prescriventi ecc., anche in altri comparti tali difficoltà sussistono ed in certi casi anche maggiori, non esclusa la parte remunerativa dell'operatore e la parte disorientativa per il cliente.
Purtroppo la risposta umana è sempre complicata e difficile da gestire. Il problema sorge anche da parte del cliente, in quanto, altamente dubbioso e premuroso giustamente della propria salute, non adeguatamente informato da parte del medico, che spesso non alza neppure lo sguardo per vedere chi ha davanti, alla fine riconduce tutto alla figura del farmacista. In molte farmacie, da decenni, esistono anche commessi senza distintivo che vendono, prescrivono e consigliano come il farmacista laureato.
Forse per questo il cliente non tiene in debito conto la differenza in quanto, apparentemente, fanno lo stesso lavoro.
Come in tutte le professioni, c'è da dire anche che non tutti gli operatori con medesima qualifica, presentano la stessa competenza ed affidabilità.
Secondo il mio parere e se ne è parlato anche in un forum precedente sullo stesso argomento, non sono d'accordo sulla vendita fuori farmacia di prodotti da banco o altro similare. Quì il farmacista laureato probabilmente verrà ancor più svilito.
Saluti.
8 febbraio 2006 0:00 - Raffaella
Spett.le ADUC, sono una Farmacista,
vi seguo da sempre con attenzione e stima ma sono rimasta alquanto male quando ho letto una vostra lettera riferita alle Farmacie ed ai Farmacisti in cui si definiva la nostra figura professionale alla stregua di un semplice bottegaio, con tutto il rispetto per tale professione naturalmente.
So che l'argomento trattato è il cittadino ed il costo del farmaco e non voglio assolutamente spostare il discorso sul Farmacista, vorrei solo descrivere più compiutamente la situazione nei suoi particolari.
Innanzitutto una prima realtà che si tende sempre a non considrare: esistono due tipologie di Farmacista: il titolare della Farmacia, nonchè proprietario e il Farmacista dipendente. Purtroppo titolari e dipendenti sono accomunati nella stessa categoria, con grande svantaggio anche a livello contrattuale per questi ultimi.
Personalmente non avendo e non potendo neanche ipotizzare la possibilità economica di diventarne un giorno titolare scelsi la facoltà di Farmacia per semplice passione, ma dopo 10 anni di duro lavoro la passione sta scemando sempre di più.
La nostra categoria non gode di alcun riconoscimento professionale, moltissime persone non sanno neppure che ci vuole la laurea per stare dietro il bancone, i Clienti mi chiamano “Signorina”, mai “Dottoressa” come sarebbe lecito aspettarsi.
Siamo iscritti ad un Albo professionale, lavoriamo nell'ambito della Sanità ma abbiamo il contratto del commercio che si traduce a fronte di 40 ore lavorative settimanali in una media di 1,100 - 1,200 € al mese, non di più. Inoltre dobbiamo pagare ogni anno la quota di iscrizione all'Ordine di 120 € nonchè l'ENPAF che con la riduzione dell 85% si "limita" alla cifra di oltre 500€ l' anno. Dulcis in fundo ci è stato pure caricato il fardello dell'ONAOSI.
Avete mai sentito parlare di beneficenza obbligatoria?
Un assurdità vero? Ebbene l’ONAOSI prevede la non spontanea donazione di 120 € l'anno, vita natural durante.
Da qualche anno poi c'è il discorso E.C.M. ossia l’ obbligo di aggiornamento professionale, giustissimo e almeno questo in parte rimborsato se non fosse che ancora dopo 5 anni dalla previsione di questo onere le offerte di corsi sono ancora scarsissime e costose oltre a comportare un grande impegno personale dal momento che i corsi si possono frequentare solo al di fuori dell'orario di lavoro e quindi la sera, il sabato la domenica, sempre che non si debba presenziare sul luogo di lavoro per causa Turno.
Si aggiunga che tali frequentazioni sono obbligatorie ma ancor oggi non vi è modo di conoscere quali siano le sanzioni per chi non fosse in regola con le stesse.
Il Turno notturno... non esiste alcuna regola scritta chiaramente in merito alla gestione del Turno notturno, la legislazione non è affatto chiara su cosa sia obbligatorio e cosa non dispensare e quindi su cosa ci si possa rifiutare o meno di consegnare cita solo un generico obbligo di assolvere “le urgenze”
quindi quando insorge qualsiasi dubbio ci si chiede che fare, cosa considerare urgente o meno per non sbagliare, per non rischiare di incorrere in sanzioni si accontenta quasi la totalità delle chiamate notturne.
Si assolve alla chiamata notturna chiedendo l'addizionale, ma potevamo rifiutarci di fornire l’articolo richiesto?
Poichè la legislazione non è affatto chiara su cosa sia obbligatorio e cosa non a riguardo e poichè è un abuso chiedere l'addizionale se si consegna un prodotto che avremmo potuto rifiutarci di consegnare nel dubbio è meglio non chiederla.
Ogni giorno dobbiamo districarci tra regole contro regole e cavilli assurdi frutto di leggi emesse non si sà con quale criterio logico.
Facciamo l’esempio della dispensazione dell’aspirina, farmaco che non necessita di presentazione di ricetta medica, quindi in vendita libera, ma da vendersi ai minori di 16 anni solo dietro presentazione di ricetta. Il comportamento corretto da tenere è questo: in caso la richiesta sia fatta da un minore dobbiamo chiedergli quanti anni abbia e per chi sia il prodotto, rifiutarci di vendergliela se risponde meno di 16 anni e se la acquista per lui infatti se destinata a minori di 16 anni l'aspirina va spedita solo dietro presentazione di Ricetta medica, ma se invece non è per lui, poichè è in libera vendita rifiutarsi di venderla è reato. In sintesi se il minore di 16 anni chiede l’aspirina ma mi risponde che non è per lui gliela posso vendere, se invece risponde che è per lui mi devo rifiutare di vendergliela. Di queste regole assurde ce ne sono a migliaia, praticamente è impossibile fare le cose correttamente.
Il Selg lassativo liberamente venduto per anni all'improvviso è diventato vendibile dietro presentazione di ricetta medica non ripetibile per poi dopo pochi mesi ritornare liberamente vendibile, ogni giorno ci sono nuove regole che poi cambiano la gente ci considera pazzi perchè un giorno si sente dire una cosa e il giorno dopo un'altra.. come i prezzi dei farmaci che cambiano continuamente, un giorno c'è da pagare la differenza, il giorno dopo no...
Immaginatevi un Cliente che va a prendere le sue abituali medicine e per lo stesso farmaco con ricetta della mutua. In una Farmacia non paga nulla e in un' altra pochi giorni dopo invece paga, glielo possiamo dire in mille lingue che sono cambiate le disposizioni e che deve pagare per questo motivo, al contrario dell'altra volta, ma a lui rimarrà impresso che in questa Farmacia ha pagato e nell' altra no. Sono tutti questi i fatti che screditano l’immagine Farmacista.
Con riferimento ai Farmaci così detti “Generici” c'è da chiarire un particolare:
gli unici che informano il Cliente sono i Farmacisti, i medici anche se dovrebbero essere obbligati se ne lavano le mani nella migliore delle ipotesi, in altre i medici dicono addirittura al Cliente di non accettare la sostituzione e molti scrivono direttamente sulla ricetta “Farmaco non sostituibile”.
Personalmente come imposto da legge informo sempre il Cliente quando il farmaco scritto sulla ricetta ha un equivalente che costa di meno e chiedo sempre al Cliente cosa preferisca fare... devo pure farlo in tono dimesso, specifico che sono obbligata per legge a dirlo altrimenti il Cliente si insospettisce e pensa che lo voglia fregare dandogli un farmaco diverso.
Ma in questi casi mi sento rispondere:
1) “Sulla ricetta cosa c'è scritto?”.
Io leggo il nome della specialità dalla ricetta e spesso mi sento ribattere con un gelido "allora Lei mi dia quello che ha scritto il medico".
2) Quant'è la differenza? E quando la dico mi rispondono “Così poco? No, no pago..”.
(E’ assurdo che si pretenda lo sconto del 10% sulla scatola di Aspirina, per poi rifiutarne il generico che consentirebbe un risparmio superiore al 30% in molti casi).
3)Il medico non mi ha detto nulla...
Allora io gli spiego tutta la faccenda del generico e lo tranquillizzo sulla assoluta equivalenza.
Poi c'è chi ha provato l'equivalente e dice che non fà lo stesso effetto dell'originale e c'è chi pensa che la medicina che si paga di più è per forza di cose migliore di quella che costa di meno.
Gli extracomunitari fanno fatica a capire tutto il discorso perchè hanno difficoltà di linguaggio, ma sono gli anziani i più timorosi e difficili da convincere. Gli anziani vanno nel panico se solo la scatola della loro medicina cambia leggermente colore o diventa più piccola o più grande, e si spaventano e chiedono spiegazioni quando vedono il bollino antidoping perchè lo interpretano come un segnale di pericolo.
I poveretti di cui si tratta arrivano a prendere 5 o 6 tipi di medicine al giorno, sanno che la scatola rossa è la medicina da prendere a mezzogiorno e quella blu alla sera. Si basano sul colore della scatola per organizzare la propria somministrazione o comunque sul nome commerciale del prodotto, togliere loro queste certezze rende difficile la loro vita. Tutte quelle scatole dai nomi difficili tipo “Acido ursodesossicolico”, “Furosemide”, “Carvediolo” creano enormi difficoltà.
Il problema dei generici poi non è solo dover cambiare scatola, il problema è che la scatola della medicina rischia di cambiare ogni volta in quanto per ogni principio attivo ci sono innumerevoli ditte produttrici, e ogni volta potrebbe capitare una ditta diversa e ogni volta l'anziano deve reimparare che quella è la pillola per il cuore, quella per il diabete, eccetera.
Le persone finalmente convinte a prendere il generico quando tornano in Farmacia pretendono di riavere quello stesso generico che avevano preso la volta precedente...e ovviamente noi facciamo di tutto per accontentarli, pur comunque continuando a ribadire che sono tutti uguali.
Sicuramente l'entrata in vigore delle norme in merito ai Farmaci generici dei miglioramenti alla spesa sanitaria li ha portati, ho visto calare notevolmente i prezzi delle specialità, ma tutto ciò a solo vantaggio dello Stato, perchè passi per il Farmacista per cui si è complicato il lavoro, ma per i Clienti che si devono arabattare in questo modo la situazione è divenuta difficile.
Il fatto che le società farmaceutiche siano state in grado di abbassare i costi dei medicinali fino anche del 50% significa sicuramente che i prezzi erano gonfiati. Sarebbe bello cercare di tenere i prezzi bassi a partire dall'origine ma le ditte farmaceutiche da sempre sono intoccabili. Esse non devono dare spiegazioni sulla ragione del considerevole ed improvviso aumento del prezzo dei prodotti.
Trattiamo per un attimo il tema del continuo cambiamento dei foglietti illustrativi dei farmaci. Le ditte farmaceutiche potrebbero inviare il nuovo foglietto illustrativo a sostituire quello vecchio, invece automaticamente il prodotto oggetto del minimo cambiamento nella descrizione diventa invendibile. Il cambiamento, costringe tutte le Farmacie a buttare quello vecchio per comprare quello nuovo. Con difficoltà sia per le Farmacie, sia per i clienti perchè il prodotto col nuovo foglietto illustrativo spesso prima che venga immesso nel circolo distributivo impiega del tempo e il farmaco risulta per periodi più o meno lunghi irreperibile.
Per tantissimi farmaci arriva improvvisamente la comunicazione delle ditte di diminuzione della data di scadenza per esempio da 5 a 3 anni. In questo modo un farmaco che fino al giorno prima era buono e vendibile il giorno dopo diventa scaduto e quindi da buttare via e da riacquistare. Come è possibile una diminuzione di validità della durata del farmaco, quando la data di scadenza dovrebbe essere fissata con dei metodi scientifici ben precisi? Quando ciò avviene chiunque abbia comprato quel farmaco per tenerlo in casa ignora che sia improvvisamente scaduto per via della riduzione della validità.
Che quelle appena descritte non siano altro che una vile manovra volta a provocare un aumento del consumo dei farmaci? data la minor durata non può che conseguire ovviamente un maggiore turn over, sia da parte delle farmacie che dei consumatori.
Queste sono le considerazini da fare per ottenere il risparmio sulla Spesa Pubblica, come ricorrere all’imposizione dell'obbligo al medico di scrivere il solo principio attivo sulla ricetta assieme all'obbligo per il Farmacista di consegnare il farmaco che lo contenga al minor prezzo.
Con riferimento all’eventualità della vendita dei farmaci senza obbligo di ricetta medica nei supermercati mi dico assolutamente favorevole.
Accade del resto già attualmente in Farmacia, i clienti sono talmente abituati a scegliere e decidere da soli perché condizionati dalla pubblicità e da ciò che leggono sulle riviste o sentono in tv che il consiglio del Farmacista è reputato inutile. Il Cliente entra in Farmacia con un’idea precisa su come curarsi e chiede il parere del Farmacista solo nella speranza di vedere le proprie idee confermate. Se così non è non si riesce comunque a convincerlo del contrario. Se il Cliente ha visto la pubblicità della pomata antistaminica per gli eritemi solari vorrà solo quella e nell’eventualità in cui ponga la domanda se vada bene per la situazione il Cliente ascolterà la risposta del farmacista, ma anche se lui dirà che ci sono altri trattamenti meno rischiosi che usare un antistaminico topico fotosensibilizzante in estate, pretenderà comunque la pomata che aveva in testa fin dall’inizio. Io dispenso sempre i consigli, qualunque consiglio miritenga utile alla cura e anche alla prevenzione, ma siamo arrivati al punto che se si sottolinea che un farmaco sia da prendere a stomaco pieno ci si sente rispondere indispettiti “lo so” e se si fà qualche domanda in più o si consiglia di sentire il parere del medico i Clienti si scocciano.
Ben venga anche la liberalizzazione delle Farmacie, se questo può consentire a un dipendente di non restare tale per tutta la vita.
Come si evince dal quadro descitto il problema non è che il Farmacista si comporti da bottegaio, il problema è che il Farmacista a torto è considerato tale.
Si pensi infine al ridicolo stipendio che il “Dottore in Farmacia” percepisce a fronte delle numerose responsabilità civili e penali ed alla burocrazia cui deve far fronte (norme che fanno ridere e piangere assieme) e si capirà che chi fà il Farmacista o trattasi di titolare o non può che farlo per passione.

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