Caro Alex non mi pare di aver detto nulla di tutto ciò, mi
riferisco in particolare alla mia realtà, vivo e faccio la
farmacista in una città turistica, ed in estate i turisti
si affidano molto al consiglio del farmacista. Succede
questo le farmacie acquistano molti prodotti da consiglio
per far fronte alle varie patologie estive, e questo lo fà
il titolare, dopodichè si cerca di soddisfare le normali
richieste del cliente basandosi su quanto acquistato dal
titolare,che ovviamente si basa anche lui su fattori
economici nell'acquisto, ma mi permetta, ne sa
certamente di più sul meccanismo d'azione del
dextrometorfano, sulla possibilità di consigliare un
farmaco ad un diabetico, in stato di gravidanza
nell'infanzia o meno, su quale sia il miglior principio
attivo in determinate patologie, quali siano gli effetti
collaterali, le faccio un es. uno dei farmaci maggiormente
pubblicizzati per gli eritemi solari è un antistaminico con
effetti collaterali fotosensibilizzanti, funziona, ma se ci
si espone al sole ci si becca una bella ustione, se tale
farmaco viene acquistato dal titolare non laureato che non
è a conoscenza di tale effetto cosa succederebbe?
Probabilmente che imporrebbe al farmacista di consigliare
comunque tale prodotto che lui ha acquistato per
l'eritema, continuo a dire che sarebbe un duro colpo sia
per la professionalità che per la salute del cliente.
15 febbraio 2006 0:00 - Alex
Raffaella.. in ogni azienda i nuovi laureati devono dare
ascolto ai "vecchi" che la laurea non l'hanno
mai vista (e forse nemmeno le superiori) ma non per questo
sono meno capaci. I farmacisti in base a cosa scelgono
i medicinali? Fanno delle analisi per conto proprio,
decidono loro quali componenti utilizzare? No,
confrontano i listini... quindi cosa cambia? Non è che
un laureato deve necessariamente pretendere di entrare nel
mercato del lavoro e comandare subito tutti!!! Per
contro, una laurea non è certo garanzia di capacità, al
massimo può essere ritenuta condizione necessaria ma non
sufficiente.
15 febbraio 2006 0:00 - Raffaella
E che dire poi del recente parere dell'antitrust sulla
liberalizzazione della titolarità delle farmacie ai non
laureati? Immaginiamo il titolare che nulla sa in materia
che dà le direttive al farmacista laureato, costringendolo
a comportarsi non secondo scienza e coscienza come dovrebbe
essere, ma secondo l'interesse dell'azienda. Mi
chiedo, con quali criteri il titolare farà gli acquisti?
Con quale criterio saprà scegliere dai rappresentanti i
farmaci da banco o il cosiddetto consiglio? Ovvio... si
baserà esclusivamente guardando il lato economico,
sceglierà il prodotto maggiormente conveniente e quando il
cliente verrà a chiedere un consiglo al farmacista su
tosse, mal di stomaco o altro, il farmacista sarà costretto
a scegliere tra i prodotti acquistati da un perfetto
ignorante in materia, non c'è che dire... tutto a
vantaggio della professionalità.
8 febbraio 2006 0:00 - Scocciato
Cara Raffaella, notevole l'esposizione e molto
dettagliata, e, suppongo, carente nell'elencazione di
altre difficoltà e problemi per ragione di spazio e di
digitazione. Devo, tuttavia, comunicare che anche altre
professioni, magari non così "nobili", ma
esercitate da laureati e diplomati, incontrano similmente
enormi difficoltà allorchè siano esplicate nei confronti
del pubblico. Inoltre come ci sono mutamenti legali e
dispositivi giornalieri nell'esercizio della Sanità,
nella gestione dei farmaci, nella prassi quotidiana nei
confronti dei medici prescriventi ecc., anche in altri
comparti tali difficoltà sussistono ed in certi casi anche
maggiori, non esclusa la parte remunerativa
dell'operatore e la parte disorientativa per il
cliente. Purtroppo la risposta umana è sempre
complicata e difficile da gestire. Il problema sorge anche
da parte del cliente, in quanto, altamente dubbioso e
premuroso giustamente della propria salute, non
adeguatamente informato da parte del medico, che spesso non
alza neppure lo sguardo per vedere chi ha davanti, alla fine
riconduce tutto alla figura del farmacista. In molte
farmacie, da decenni, esistono anche commessi senza
distintivo che vendono, prescrivono e consigliano come il
farmacista laureato. Forse per questo il cliente non
tiene in debito conto la differenza in quanto,
apparentemente, fanno lo stesso lavoro. Come in tutte
le professioni, c'è da dire anche che non tutti gli
operatori con medesima qualifica, presentano la stessa
competenza ed affidabilità. Secondo il mio parere e se
ne è parlato anche in un forum precedente sullo stesso
argomento, non sono d'accordo sulla vendita fuori
farmacia di prodotti da banco o altro similare. Quì il
farmacista laureato probabilmente verrà ancor più
svilito. Saluti.
8 febbraio 2006 0:00 - Raffaella
Spett.le ADUC, sono una Farmacista, vi seguo da sempre
con attenzione e stima ma sono rimasta alquanto male quando
ho letto una vostra lettera riferita alle Farmacie ed ai
Farmacisti in cui si definiva la nostra figura professionale
alla stregua di un semplice bottegaio, con tutto il rispetto
per tale professione naturalmente. So che
l'argomento trattato è il cittadino ed il costo del
farmaco e non voglio assolutamente spostare il discorso sul
Farmacista, vorrei solo descrivere più compiutamente la
situazione nei suoi particolari. Innanzitutto una prima
realtà che si tende sempre a non considrare: esistono due
tipologie di Farmacista: il titolare della Farmacia, nonchè
proprietario e il Farmacista dipendente. Purtroppo titolari
e dipendenti sono accomunati nella stessa categoria, con
grande svantaggio anche a livello contrattuale per questi
ultimi. Personalmente non avendo e non potendo neanche
ipotizzare la possibilità economica di diventarne un giorno
titolare scelsi la facoltà di Farmacia per semplice
passione, ma dopo 10 anni di duro lavoro la passione sta
scemando sempre di più. La nostra categoria non gode
di alcun riconoscimento professionale, moltissime persone
non sanno neppure che ci vuole la laurea per stare dietro il
bancone, i Clienti mi chiamano “Signorina”, mai
“Dottoressa” come sarebbe lecito aspettarsi. Siamo
iscritti ad un Albo professionale, lavoriamo nell'ambito
della Sanità ma abbiamo il contratto del commercio che si
traduce a fronte di 40 ore lavorative settimanali in una
media di 1,100 - 1,200 € al mese, non di più. Inoltre
dobbiamo pagare ogni anno la quota di iscrizione
all'Ordine di 120 € nonchè l'ENPAF che con la
riduzione dell 85% si "limita" alla cifra di oltre
500€ l' anno. Dulcis in fundo ci è stato pure
caricato il fardello dell'ONAOSI. Avete mai sentito
parlare di beneficenza obbligatoria? Un assurdità
vero? Ebbene l’ONAOSI prevede la non spontanea donazione
di 120 € l'anno, vita natural durante. Da qualche
anno poi c'è il discorso E.C.M. ossia l’ obbligo di
aggiornamento professionale, giustissimo e almeno questo in
parte rimborsato se non fosse che ancora dopo 5 anni dalla
previsione di questo onere le offerte di corsi sono ancora
scarsissime e costose oltre a comportare un grande impegno
personale dal momento che i corsi si possono frequentare
solo al di fuori dell'orario di lavoro e quindi la sera,
il sabato la domenica, sempre che non si debba presenziare
sul luogo di lavoro per causa Turno. Si aggiunga che
tali frequentazioni sono obbligatorie ma ancor oggi non vi
è modo di conoscere quali siano le sanzioni per chi non
fosse in regola con le stesse. Il Turno notturno... non
esiste alcuna regola scritta chiaramente in merito alla
gestione del Turno notturno, la legislazione non è affatto
chiara su cosa sia obbligatorio e cosa non dispensare e
quindi su cosa ci si possa rifiutare o meno di consegnare
cita solo un generico obbligo di assolvere “le
urgenze” quindi quando insorge qualsiasi dubbio ci si
chiede che fare, cosa considerare urgente o meno per non
sbagliare, per non rischiare di incorrere in sanzioni si
accontenta quasi la totalità delle chiamate notturne.
Si assolve alla chiamata notturna chiedendo
l'addizionale, ma potevamo rifiutarci di fornire
l’articolo richiesto? Poichè la legislazione non è
affatto chiara su cosa sia obbligatorio e cosa non a
riguardo e poichè è un abuso chiedere l'addizionale se
si consegna un prodotto che avremmo potuto rifiutarci di
consegnare nel dubbio è meglio non chiederla. Ogni
giorno dobbiamo districarci tra regole contro regole e
cavilli assurdi frutto di leggi emesse non si sà con quale
criterio logico. Facciamo l’esempio della
dispensazione dell’aspirina, farmaco che non necessita di
presentazione di ricetta medica, quindi in vendita libera,
ma da vendersi ai minori di 16 anni solo dietro
presentazione di ricetta. Il comportamento corretto da
tenere è questo: in caso la richiesta sia fatta da un
minore dobbiamo chiedergli quanti anni abbia e per chi sia
il prodotto, rifiutarci di vendergliela se risponde meno di
16 anni e se la acquista per lui infatti se destinata a
minori di 16 anni l'aspirina va spedita solo dietro
presentazione di Ricetta medica, ma se invece non è per
lui, poichè è in libera vendita rifiutarsi di venderla è
reato. In sintesi se il minore di 16 anni chiede
l’aspirina ma mi risponde che non è per lui gliela posso
vendere, se invece risponde che è per lui mi devo rifiutare
di vendergliela. Di queste regole assurde ce ne sono a
migliaia, praticamente è impossibile fare le cose
correttamente. Il Selg lassativo liberamente venduto
per anni all'improvviso è diventato vendibile dietro
presentazione di ricetta medica non ripetibile per poi dopo
pochi mesi ritornare liberamente vendibile, ogni giorno ci
sono nuove regole che poi cambiano la gente ci considera
pazzi perchè un giorno si sente dire una cosa e il giorno
dopo un'altra.. come i prezzi dei farmaci che cambiano
continuamente, un giorno c'è da pagare la differenza,
il giorno dopo no... Immaginatevi un Cliente che va a
prendere le sue abituali medicine e per lo stesso farmaco
con ricetta della mutua. In una Farmacia non paga nulla e in
un' altra pochi giorni dopo invece paga, glielo possiamo
dire in mille lingue che sono cambiate le disposizioni e che
deve pagare per questo motivo, al contrario dell'altra
volta, ma a lui rimarrà impresso che in questa Farmacia ha
pagato e nell' altra no. Sono tutti questi i fatti che
screditano l’immagine Farmacista. Con riferimento ai
Farmaci così detti “Generici” c'è da chiarire un
particolare: gli unici che informano il Cliente sono i
Farmacisti, i medici anche se dovrebbero essere obbligati se
ne lavano le mani nella migliore delle ipotesi, in altre i
medici dicono addirittura al Cliente di non accettare la
sostituzione e molti scrivono direttamente sulla ricetta
“Farmaco non sostituibile”. Personalmente come
imposto da legge informo sempre il Cliente quando il farmaco
scritto sulla ricetta ha un equivalente che costa di meno e
chiedo sempre al Cliente cosa preferisca fare... devo pure
farlo in tono dimesso, specifico che sono obbligata per
legge a dirlo altrimenti il Cliente si insospettisce e pensa
che lo voglia fregare dandogli un farmaco diverso. Ma
in questi casi mi sento rispondere: 1) “Sulla ricetta
cosa c'è scritto?”. Io leggo il nome della
specialità dalla ricetta e spesso mi sento ribattere con un
gelido "allora Lei mi dia quello che ha scritto il
medico". 2) Quant'è la differenza? E quando
la dico mi rispondono “Così poco? No, no pago..”.
(E’ assurdo che si pretenda lo sconto del 10% sulla
scatola di Aspirina, per poi rifiutarne il generico che
consentirebbe un risparmio superiore al 30% in molti
casi). 3)Il medico non mi ha detto nulla...
Allora io gli spiego tutta la faccenda del generico e lo
tranquillizzo sulla assoluta equivalenza. Poi c'è
chi ha provato l'equivalente e dice che non fà lo
stesso effetto dell'originale e c'è chi pensa che
la medicina che si paga di più è per forza di cose
migliore di quella che costa di meno. Gli
extracomunitari fanno fatica a capire tutto il discorso
perchè hanno difficoltà di linguaggio, ma sono gli anziani
i più timorosi e difficili da convincere. Gli anziani vanno
nel panico se solo la scatola della loro medicina cambia
leggermente colore o diventa più piccola o più grande, e
si spaventano e chiedono spiegazioni quando vedono il
bollino antidoping perchè lo interpretano come un segnale
di pericolo. I poveretti di cui si tratta arrivano a
prendere 5 o 6 tipi di medicine al giorno, sanno che la
scatola rossa è la medicina da prendere a mezzogiorno e
quella blu alla sera. Si basano sul colore della scatola per
organizzare la propria somministrazione o comunque sul nome
commerciale del prodotto, togliere loro queste certezze
rende difficile la loro vita. Tutte quelle scatole dai nomi
difficili tipo “Acido ursodesossicolico”,
“Furosemide”, “Carvediolo” creano enormi
difficoltà. Il problema dei generici poi non è solo
dover cambiare scatola, il problema è che la scatola della
medicina rischia di cambiare ogni volta in quanto per ogni
principio attivo ci sono innumerevoli ditte produttrici, e
ogni volta potrebbe capitare una ditta diversa e ogni volta
l'anziano deve reimparare che quella è la pillola per
il cuore, quella per il diabete, eccetera. Le persone
finalmente convinte a prendere il generico quando tornano in
Farmacia pretendono di riavere quello stesso generico che
avevano preso la volta precedente...e ovviamente noi
facciamo di tutto per accontentarli, pur comunque
continuando a ribadire che sono tutti uguali.
Sicuramente l'entrata in vigore delle norme in merito ai
Farmaci generici dei miglioramenti alla spesa sanitaria li
ha portati, ho visto calare notevolmente i prezzi delle
specialità, ma tutto ciò a solo vantaggio dello Stato,
perchè passi per il Farmacista per cui si è complicato il
lavoro, ma per i Clienti che si devono arabattare in questo
modo la situazione è divenuta difficile. Il fatto che
le società farmaceutiche siano state in grado di abbassare
i costi dei medicinali fino anche del 50% significa
sicuramente che i prezzi erano gonfiati. Sarebbe bello
cercare di tenere i prezzi bassi a partire dall'origine
ma le ditte farmaceutiche da sempre sono intoccabili. Esse
non devono dare spiegazioni sulla ragione del considerevole
ed improvviso aumento del prezzo dei prodotti.
Trattiamo per un attimo il tema del continuo cambiamento dei
foglietti illustrativi dei farmaci. Le ditte farmaceutiche
potrebbero inviare il nuovo foglietto illustrativo a
sostituire quello vecchio, invece automaticamente il
prodotto oggetto del minimo cambiamento nella descrizione
diventa invendibile. Il cambiamento, costringe tutte le
Farmacie a buttare quello vecchio per comprare quello nuovo.
Con difficoltà sia per le Farmacie, sia per i clienti
perchè il prodotto col nuovo foglietto illustrativo spesso
prima che venga immesso nel circolo distributivo impiega del
tempo e il farmaco risulta per periodi più o meno lunghi
irreperibile. Per tantissimi farmaci arriva
improvvisamente la comunicazione delle ditte di diminuzione
della data di scadenza per esempio da 5 a 3 anni. In questo
modo un farmaco che fino al giorno prima era buono e
vendibile il giorno dopo diventa scaduto e quindi da buttare
via e da riacquistare. Come è possibile una diminuzione di
validità della durata del farmaco, quando la data di
scadenza dovrebbe essere fissata con dei metodi scientifici
ben precisi? Quando ciò avviene chiunque abbia comprato
quel farmaco per tenerlo in casa ignora che sia
improvvisamente scaduto per via della riduzione della
validità. Che quelle appena descritte non siano altro
che una vile manovra volta a provocare un aumento del
consumo dei farmaci? data la minor durata non può che
conseguire ovviamente un maggiore turn over, sia da parte
delle farmacie che dei consumatori. Queste sono le
considerazini da fare per ottenere il risparmio sulla Spesa
Pubblica, come ricorrere all’imposizione dell'obbligo
al medico di scrivere il solo principio attivo sulla ricetta
assieme all'obbligo per il Farmacista di consegnare il
farmaco che lo contenga al minor prezzo. Con
riferimento all’eventualità della vendita dei farmaci
senza obbligo di ricetta medica nei supermercati mi dico
assolutamente favorevole. Accade del resto già
attualmente in Farmacia, i clienti sono talmente abituati a
scegliere e decidere da soli perché condizionati dalla
pubblicità e da ciò che leggono sulle riviste o sentono in
tv che il consiglio del Farmacista è reputato inutile. Il
Cliente entra in Farmacia con un’idea precisa su come
curarsi e chiede il parere del Farmacista solo nella
speranza di vedere le proprie idee confermate. Se così non
è non si riesce comunque a convincerlo del contrario. Se il
Cliente ha visto la pubblicità della pomata antistaminica
per gli eritemi solari vorrà solo quella e
nell’eventualità in cui ponga la domanda se vada bene per
la situazione il Cliente ascolterà la risposta del
farmacista, ma anche se lui dirà che ci sono altri
trattamenti meno rischiosi che usare un antistaminico topico
fotosensibilizzante in estate, pretenderà comunque la
pomata che aveva in testa fin dall’inizio. Io dispenso
sempre i consigli, qualunque consiglio miritenga utile alla
cura e anche alla prevenzione, ma siamo arrivati al punto
che se si sottolinea che un farmaco sia da prendere a
stomaco pieno ci si sente rispondere indispettiti “lo
so” e se si fà qualche domanda in più o si consiglia di
sentire il parere del medico i Clienti si scocciano.
Ben venga anche la liberalizzazione delle Farmacie, se
questo può consentire a un dipendente di non restare tale
per tutta la vita. Come si evince dal quadro descitto
il problema non è che il Farmacista si comporti da
bottegaio, il problema è che il Farmacista a torto è
considerato tale. Si pensi infine al ridicolo stipendio
che il “Dottore in Farmacia” percepisce a fronte delle
numerose responsabilità civili e penali ed alla burocrazia
cui deve far fronte (norme che fanno ridere e piangere
assieme) e si capirà che chi fà il Farmacista o trattasi
di titolare o non può che farlo per passione.