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Decreto salvabanche e obbligazioni subordinate: risparmiatori azzerati, banche aiutate dal fisco!
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Comunicato 
27 novembre 2015 12:39
 
 La decisione, contenuta nel Decreto varato domenica 22 novembre dal Governo, di azzerare i bond subordinati delle quattro banche "salvate" e quindi Banca Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio e le due Casse di Risparmio di Ferrara e di Chieti, ha suscitato sconcerto tra gli obbligazionisti, i quali si sono visti sparire i titoli dai propri dossier. E' logico supporre che la gran parte di essi non abbia ancora compreso l'accaduto, anche perché salvo poche eccezioni i media non lo hanno molto evidenziato.
Il fenomeno non è affatto limitato: parliamo di realtà consolidate sul territorio e di istituti che avevano esteso in maniera anche notevole il proprio raggio di azione. Il valore complessivo delle obbligazioni subordinate azzerate è di ben 788 milioni di euro.
In questi giorni si discute quindi ancora di più della nuova normativa UE sui "bail-in" che, in caso di salvataggio di un istituto di credito, impone la "partecipazione", oltre ovviamente degli azionisti, dei creditori a partire dai portatori di strumenti subordinati ed ibridi per poi passare, se necessario, alle normali obbligazioni "senior" ed infine ai depositi per la quota superiore centomila euro per ciascun depositante.
Gli strumenti subordinati ed ibridi rappresentano un modo per le banche e le assicurazioni di rafforzare il bilancio perché appunto consentono, al verificarsi di determinate condizioni, di non pagare in tutto o in parte le cedole ed anche il capitale.
Sebbene amara, la nuova normativa ha una sua logica perché fino ad oggi in Italia hanno pagato i contribuenti tramite la fiscalità generale, ed in una maniera nemmeno tanto nascosta i dirigenti godevano della certezza che qualunque disastro avessero combinato, nessun creditore sarebbe rimasto danneggiato perché alla fine sarebbe intervenuto lo Stato. Si tratta del concetto di "azzardo morale".
Il nuovo corso prevede invece che in caso di dissesto le banche, ma anche le assicurazioni e gli altri intermediari, debbano danneggiare i propri creditori come qualsiasi altra azienda, senza più chiedere danaro ai contribuenti.
Un aspetto molto poco noto della normativa ci mostra per l'ennesima volta come quando ci si mette di mezzo la politica, la teoria non corrisponde poi alla pratica.
Eccezion fatta per pochi tra gli addetti ai lavori, infatti, nessuno sa che le banche, le assicurazioni e gli altri intermediari, quando emettono strumenti subordinati ed ibridi, addirittura ottengono guadagni garantiti dal fisco consentito loro dal Decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, dove al comma 22 dell'articolo 2 si prevede che “Ai proventi degli strumenti finanziari rilevanti in materia di adeguatezza patrimoniale ai sensi della normativa comunitaria e delle discipline prudenziali nazionali, emessi da intermediari vigilati dalla Banca d'Italia o da soggetti vigilati dall'ISVAP e diversi da azioni e titoli similari, si applica il regime fiscale di cui al decreto legislativo 1 aprile 1996, n. 239. Le remunerazioni dei predetti strumenti finanziari sono in ogni caso deducibili ai fini della determinazione del reddito del soggetto emittente; resta ferma l'applicazione dell'articolo 96 e dell'articolo 109, comma 9, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. La presente disposizione si applica con riferimento agli strumenti finanziari emessi a decorrere dal 20 luglio 2011".

Spieghiamo cosa vuol dire: l'applicazione ai proventi di queste tipologie di titoli del regime fiscale di cui al decreto legislativo 1 aprile 1996, n. 239 consente loro di non essere assoggettati alla ritenuta più elevata prevista per gli strumenti atipici (27% contro l'allora 12,5% per il comune risparmiatore). Si tratta di un'agevolazione al cliente che era un'agevolazione alla vendita di questi strumenti, dato che con aliquota fiscale 27% avrebbero dovuto offrire interessi molto più elevati che gli emittenti si sono invece risparmiati. Dal 1 gennaio 2012, la distinzione è terminata e quindi non vi è più bisogno di beneficiare di questa regola.
Il regalo diretto alle banche ed agli altri intermediari che ancora oggi continua è contenuto invece nel passaggio "Le remunerazioni dei predetti strumenti finanziari sono in ogni caso deducibili ai fini della determinazione del reddito del soggetto emittente". Qui c'è ben poco da spiegare: gli interessi pagati su questi titoli sono tutti fiscalmente deducibili.
Come spiegato dalla successiva Circolare delle Entrate 11/E del 28 marzo 2012, la disposizione ha l'obiettivo di contribuire al processo di rafforzamento patrimoniale degli intermediari mediante l’emissione di strumenti finanziari computabili ai fini della loro adeguatezza patrimoniale.

Riassumendo: le banche (ma anche le assicurazioni e gli altri intermediari) hanno rafforzato i parametri di bilancio emettendo titoli subordinati, li hanno venduti ai clienti quasi sempre senza spiegare cosa fossero e con rendimenti che non ricompensano il rischio, ed hanno pure beneficiato di un regime fiscale favorevole.

A proposito di "agevolazioni fiscali", i portatori di bond azzerati subiscono un'ulteriore ingiustizia contro cui da sempre ci battiamo ma a cui nessuno ha mai posto rimedio. Essi, infatti, non possono beneficiare nemmeno del credito di imposta del 26% derivante dalla minusvalenza ai fini del capital gain, trattandosi di un caso di azzeramento e non di cessione a titolo oneroso.
Come se non bastasse, devono pagare l'imposta di bollo sugli strumenti finanziari fino al momento dell'effettiva estinzione del titolo.

Reputiamo che qualche politico, a partire dai firmatari di quel Decreto Legge, vale a dire l'allora Presidente del Consiglio Berlusconi e l'allora Ministro dell'Economia e delle Finanze Tremonti, debba delle spiegazioni alle decine di migliaia di persone che hanno perso quei 788 milioni di cui si parlava all'inizio, a tutti gli obbligazionisti di banche, assicurazioni, ecc. nonché a tutti i contribuenti italiani.

Ai risparmiatori incappati in questa vicenda, come in qualunque altra, Aduc mette a disposizione una prima valutazione gratuita per verificare se, dalla documentazione analizzata, l'operazione sia stata svolta legittimamente attraverso questa form (SOS ADUC).
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