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Diamanti in banca: piove sul bagnato per Unicredit e Banco Bpm (e non solo)
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Comunicato di Anna D'Antuono
20 febbraio 2019 11:35
 
I sequestri per 700 milioni disposti ieri dalla Procura di Milano nell'ambito delle indagini per truffa, riciclaggio ed altro costituiscono l'ultimo evento riguardante la nota vicenda dei diamanti venduti tramite il canale bancario.
E così lo scorso 15 gennaio, dopo dilatori e inconsistenti "tavoli di conciliazione" che non hanno portato a nulla se non a far guadagnare tempo alle banche, la Intermarket Diamond Business (Idb) è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Milano. I possessori di pietre che ancora non se le sono viste consegnare devono entro il prossimo 8 marzo presentare istanza di restituzione ai sensi dell'art. art. 87 bis, comma 1, della Legge Fallimentare. Tutti i danneggiati, che siano o meno in possesso delle pietre, devono -sempre entro il prossimo 8 marzo- valutare se fare comunque istanza di insinuazione al passivo. Istruzioni ed approfondimenti sono nell'articolo da noi pubblicato lo scorso 14 febbraio.
Viene da chiedersi se davvero le banche - e per esse ci riferiamo ad Unicredit , Banco Bpm e agli altri istituti che secondo anche la sanzione Agcm (con il distinguo per la posizione di Ubi Banca e della Love Diamond) hanno collocato diamanti rivelatisi una solenne fregatura - non abbiano capito che si è giunti all'ultimo atto e che la Catena di Sant'Antonio (con rispetto per il Santo protettore dei poveri e degli oppressi) si è ormai spezzata.
Ostinarsi nella decisione di non rimborsare i clienti a questo punto non avrà solo un costo in termini di credibilità, ma potrebbe portare ad un esborso maggiore.
In un periodo in cui sembra essere di moda l'analisi costi benefici per ogni cosa, forse i vertici direttivi delle banche dovrebbero commissionarne una. Con urgenza.
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