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IL MINISTRO DELLA SALUTE E L'EUTANASIA: QUESTIONE DI STILE E DI MODI DI SOPPRESSIONE DEGLI INDIVIDUI
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Comunicato 
11 marzo 2003 0:00
 

Firenze, 11 marzo 2003. "Solo una mente malata potrebbe pensare di voler sopprimere una vita. Nessun organismo nazionale o internazionale puo' arrogarsi il diritto di sopprimere la vita, per nessun principio al mondo". La scelta di una strada differente porta verso "un piano inclinato sdrucciolevole che porta alla soppressione di tutti coloro che danno fastidio".
Di chi sono queste frasi? Di un pacifista di quelli "senza se e senza ma" rispetto all'ipotesi di una guerra in Iraq? No, sono del ministro della Salute, Girolamo Sirchia, che aggiunge "tutto l'impianto dell'eutanasia e' una falsita'".
A parte l'applicazione ampia dei principi del nostro ministro (che, forse gli potrebbe creare dei problemi nel caso di un voto del Parlamento per una qualunque azione delle nostre Forze Armate in qualunque parte del mondo), lo stesso Sirchia ci ricorda che il vero problema e' "migliorare la qualita' della vita di chi soffre".
Grazie signor ministro di averci ricordato che la soluzione e' proprio li' dove lo Stato e' inadempiente in continuazione, che' tutte le strutture sanitarie sono in un deficit jurassico rispetto alle terapie del dolore (la denuncia di inefficienza e non applicazione non e' nostra, ma, nei giorni scorsi, dello stesso ministero della Salute).
Ma quelle che lei chiama "menti malate", col totale disprezzo della capacita' e della liberta' di decisione di un individuo, sono quelle che sono allo stesso suo ministero in Paesi, per esempio, come la Svizzera o l'Olanda. E, oltre a non sembrarci carino che un ministro della Repubblica apostrofi un suo collega di Paesi molto amici come "malati di mente", ci viene il dubbio che dietro cotanto e violento intercalare si nasconda il desiderio (neanche tanto celato) di far si' che il proprio ministero non si debba limitare a creare opportunita' e scelte per gli amministrati, ma debba essere scuola di vita, di pensiero, d'azione, di etica e di religione.
Perche' usare parole cosi' insultati verso l'ipotesi che ognuno possa disporre della propria vita fino a decidere di non viverla piu'? Non e' questo ("MALATO DI MENTE" "PAZZO" "FUORI DI TESTA") il tradizionale metodo di apostrofare coloro verso i quali non si hanno argomenti per interloquire? Quando qualcuno non e' sulla stessa onda etica e religiosa che muove le proprie azioni, quando si e' in ambito di culture violente e avezze alla sopraffazione, non c'e' niente di meglio che fare ricorso alle categorie del "fuori di senno".
Gia' sentita in diverse occasioni, signor ministro.
Quando ci parlano di rapporti fuori natura riferendosi a quelli omosessuali o a quelli con l'uso del preservativo, o quando ci parlano di assassinio perche' vorremmo clonare degli embrioni umani (che tra l'altro sarebbero destinati alla spazzatura) per provare a far guarire dei malati altrimenti incurabili.
E' evidente che noi, "malati di mente", aspettiamo solo le nuove disposizioni (non ultima la legge sulla cosiddetta procreazione assistita) per esser rinchiusi li' dove non potremo dare fastidio alla societa'. Sicuramente non sara', come il ministro dice, "un piano inclinato sdrucciolevole che porta alla soppressione di tutti coloro che danno fastidio", ma, quantomeno, se non ci avra' soppresso, ci avra' almeno rinchiusi. Che, per chi come noi propugna la liberta' degli individui come base di una comunita' civica e amministrativa, e' come la soppressione. Basta intendersi.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
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