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MUSICA E DIRITTI D'AUTORE. ORA PER ASCOLTARLA IN PUBBLICO CI VOGLIONO FAR PAGARE ANCHE LE CASE DISCOGRAFICHE. COME AMMAZZARE UNO DEI PIU' IMPORTANTI LINGUAGGI
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Comunicato 
17 febbraio 2005 0:00
 

Firenze, 17 Febbraio 2005. Il tribunale di Treviso ha condannato la Benetton Retail perche' diffondeva musica nei suoi locali senza pagare anche le case discografiche. La causa, intentata dalla Societa' consortile fonografici (Scf), ha avuto questo risultato rifacendosi alla legge 633/1941, che stabilisce che per diffondere musica al pubblico, anche senza scopo di lucro, e' necessario ottenere l'autorizzazione da tutte le parti che contribuiscono alla creazione del prodotto musicale, quindi presumibilmente, oltre agli autori e artisti, anche i produttori fonografici.
Quindi non solo Siae, ma anche questa tassa dovra' essere pagata da chi organizza, per esempio, incontri musicali gratuiti o a pagamento e sagre paesane.
Alla Scf esultano per la sentenza e gia' affilano le armi per meglio organizzarsi a questo nuovo lucro. Non bastava che questi signori lucrassero in modo, a nostro avviso, esoso con la vendita dei vari supporti musicali a prezzi che fanno impallidire di vergogna i loro omologhi di oltreoceano.
No, probabilmente non bastava, e per farlo, nel 2005, e' stata utilizzata una legge del 1941, quando l'Italia era governata da quel regime fascista noto a tutti per la sua liberalita' in materia di diritti, e quando i riferimenti della produzione economica e della tecnologia che portarono ad emanare quella legge erano i dischi in vinile a 78 e 16 giri (quelli che i cinquantenni di oggi hanno visto gia' dismessi a mo' di reliquie nelle case dei loro nonni).
Comunque, a differenza di quanto esultano alla Societa' dei fonografici ("sentenza pilota") e' solo una sentenza di un tribunale, contro cui speriamo che Benetton faccia ricorso e vinca, si' da cancellare qualunque minimo riferimento per qualche altro giudice in vena di sentenze archeologiche.
Ma dobbiamo tenere le antenne molto alzate, ed evitare che fatti del genere passino nel silenzio delle categorie interessate (i commercianti nella fattispecie, sicuramente pronti a pagare questo nuovo balzello.. e zitti!), ma che poi alla fine potrebbe colpire economicamente i fruitori della musica in modo tale da farli sempre piu' allontanare da questo modo di esprimersi.
Non solo, ma si tratterebbe di un prezzo per la fruizione della musica che porterebbe anche a giustificare tutti gli interventi di uno Stato disposto ad accollarsi i costi pur di non privare i suoi amministrati di questo linguaggio. Noi preferiamo costi bassi, tasse basse, semplicita' d'uso e concorrenza: prezzi alti, tasse alte e Stato elargitore, a nostro avviso non favoriscono la creativita' necessaria anche in questo settore.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
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