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PM10: LA SAGA DEI BLOCCHI DEL TRAFFICO URBANO. SONO NECESSARI INTERVENTI SEMPLICI E STRUTTURALI CHE NON PENALIZZINO I CITTADINI TUTTI: CITTA' APERTE E FRUIBILI 24 ORE SU 24
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Comunicato 
15 febbraio 2005 0:00
 

Firenze, 15 Febbraio 2005. Andare a lavorare in questi giorni con il proprio mezzo a motore, spostandosi da una citta' all'altra, e' una specie di roulette russa: si sa da dove si parte, ma alla fine, tra citta' anche vicine con targhe pari o dispari o blocchi totali, tornare a casa sani e salvi sara' solo dovuto alla fortuna.
L'impressione che ci siano amministratori che non sappiano di cosa stiano parlando, e' molto forte. I dati di riferimento per l'inquinamento non sembrano avere una organicita' e, soprattutto, nessuno ha smentito quelli dell'Aci di Milano e dell'Arpa della Lombardia: per il PM10 (polveri sottili) solo il 10% e' colpa delle automobili private, mentre il 70% sarebbe colpa degli impianti di riscaldamento, dei mezzi di trasporto pubblico e dei diesel commerciali (un mezzo pubblico inquina come 600/700 automobili).
Quindi sono necessari interventi strutturali, "che necessitano di tempo" -dira' qualcuno- "ma bisogna affrontare l'immediato".
A parte il disgusto che ci viene a sentire questa nenia ripetitiva che fino ad oggi, oltre a vedere sindaci in bicicletta la domenica e assessori fotografati alle postazioni di blocco del traffico, non ha portato ad alcun provvedimento strutturale (e di anni -decine- ne sono passati), ma per quale motivo, almeno per farci meno male, non si lavano le strade tutti i giorni senza rimuovere le auto parcheggiate, eliminando cosi' i depositi di PM10 in assenza di pioggia?
Probabilmente fa piu' tendenza ecologista il provvedimento drastico, e fa gioco poter indicare come responsabili (i motorizzati) coloro che lo sono solo in piccolissima parte: la politica del capro espiatorio sembra che possa risolvere molti problemi. Ma quando questo capro prende coscienza ed e' consapevole di esser tale, questa politica corre il rischio di ritorcersi contro chi la promuove. Ed abbiamo piu' che un'impressione che e' quanto stia accadendo.
Le cose da fare sono semplici (anche nella prospettiva di centri storici completamente pedonalizzati, ma non di citta' chiuse). Per esempio:
- conversione dei mezzi pubblici e commerciali da gasolio a gas o -meglio- elettrici (perche' i vigili non circolano con mezzi elettrici?);
- mezzi pubblici cosi' rinnovati, con orario 24 ore su 24 e frequenze che li rendano degni di essere usati;
- ampliamento dei parcheggi di scambio con navette frequentissime e a tutte le ore del giorno e della notte;
- liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali (24 ore su 24), si' da evitare concentramenti in alcuni orari, con relativo inquinamento e congestioni;
- metropolitane di profondita' (dove possibile) o di superficie;
- incentivi economici (per esempio la detassazione totale) per la modifica degli impianti di riscaldamento da gasolio a gas.
Interventi che sono decine d'anni che se ne parla, ma che sono sempre al palo.
Mentre avanzano le politiche di Euro 3, Euro 4 (obbligatorio dal 1 gennaio 2006), che sicuramente ci porteranno solo a Euro 6 ed Euro 7, etc. Con l'unico risultato di far guadagnare si' l'industria del settore, ma solo nell'immediato e senza prospettive, perche' si blocca la necessaria e drastica conversione verso la produzione di mezzi ad emissioni inquinanti zero (elettricita').
Il tragico e' che in questo ambito c'e' ancora qualcuno che (probabilmente abbagliato ai successi della Formula 1/Ferrari) disincentiva questa trasformazione verso l'elettrico, perche' ne verrebbero meno le prestazioni dei mezzi: probabilmente si preferisce che ognuno un domani abbia la propria Ferrari, potendola usare ad un massimo di 130 Km/h sulle autostrade, tenendola un giorno in garage perche' con targa pari o dispari, e finendo in colonna sui viali l'altro giorno, con il gomito fuori del finestrino e respirando le polveri sottili.
Quanto sopra, lo diamo come nostro contributo alle riunioni che in questi giorni si susseguono a livello locale e nazionale per decidere come spendere le centinaia di milioni che probabilmente verranno destinate alla materia.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
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