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PUNIRE LE DISCOTECHE PER LE VITTIME DELLA STRADA? E LE FAMIGLIE?
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Comunicato 
4 ottobre 2004 0:00
 

Firenze, 4 Ottobre 2004. Comprendiamo e condividiamo il dolore di una persona per la morte di un suo caro in un incidente stradale, e siamo accanto a lei per cercare di capire quali siano le cause che hanno portato a questa tragedia. Ma quanto abbiamo letto oggi ci ha fatto trasecolare. La presidente dell'associazione italiana vittime della strada, madre di una adolescente uccisa da un pirata della strada, ha invocato un metodo che definiremo bizzarro per cercare di prevenire il fenomeno, apporre su alcuni locali cartelli tipo: "da questo locale sono usciti quattro giovani ubriachi e drogati che sulla strada hanno ucciso una persona", e quindi chiusura definitiva dello stesso locale.
Ripetiamo: comprendiamo la tragedia umana e personale che, purtroppo seguendo la scia delle soluzioni alla moda che nascono dalla sempre maggiore proposta di repressione, cerca in esse una soluzione. Ma, dovendo tutti continuare a vivere in un contesto che non sia solo l'indurimento dei propri sentimenti contro un mondo esterno giudicato ostile, barbaro, incivile perche' libertino nei suoi usi e costumi, non si capisce dove si voglia andare a parare. Perche' se tale logica avesse un senso, siccome siamo convinti che queste discoteche chiuse come auspica la presidente dell'associazione vittime della strada, porterebbero ad un peggioramento della situazione, non ci sarebbe niente di strano che la proposta successiva, senza riflettere sul "fiasco" precedente, portasse, non potendo individuare i luoghi clandestini in cui comunque le persone andrebbero a farsi di alcool e droghe peggio di prima, a chiudere tutti i luoghi commerciali in cui avviene questo mercato.
E ci viene un dubbio. Che la signora Giuseppa Cassaniti Mastrojeni stia prendendo una cantonata grande come una casa: buone e nobili intenzioni che naufragherebbero di fronte al primo tentativo di porvi rimedio. Perche'? Semplicemente: il metodo e' sbagliato.
E prima di tutto invitiamo questa signora e tutti coloro che la pensano come lei, a porsi una domanda semplice semplice: da dove nasce questa cultura che porta al desiderio dello sballo fino al punto di farsi male e, soprattutto, di sottovalutare il male che si potrebbe fare agli altri? Chi non e' stato in grado di comunicare ai propri figli, per esempio, l'amore per lo sport e per la musica o per la natura, piuttosto che quello dello sballo? Chi ha preferito soccombere alle tentazioni estremamente edonistiche di una ricerca di se stessi, invece che partecipare, frequentare, condividere, ascoltare insieme ai propri figli, non trasmettendo improbabili certezze ideologiche e religiose, ma dubbi e metodo raziocinante per affrontare questi dubbi?
Andrebbero per questo punite le famiglie come le discoteche?

A nostro avviso questo e' il punto di partenza, a meno che invece di figlioli si preferiscano marionette, che quando allungano il naso cercano poi di veder la fine di questo naso andando a 200 Km/h o bevendo 4 litri di schifezze alcoliche in una sera, anche con il sussidio di qualche metamfetamina.
E, a differenza, di chi vuole chiudere le discoteche incriminate, noi non abbiamo certezze, ma solo dubbi.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
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