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SCIOPERO DEI GIORNALISTI. CONTRO SE STESSI E CONTRO LA LIBERTA' D'INFORMAZIONE?
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Comunicato 
9 giugno 2003 0:00
 

Firenze, 9 Giugno 2003. Nel leggere i vari documenti che hanno portato diversi giornalisti a proclamare lo sciopero per la giornata del 10 giugno (alcuni giornali non saranno quindi in edicola il giorno 11), siamo rimasti perplessi. Cosi' ci succede come consumatori dell'informazione a vari livelli, oltre che produttori della stessa attraverso le varie iniziative editoriali dell'associazione, leggendo: "in difesa del ruolo e dell'indipendenza della professione del giornalista e per la salvaguardia del diritto dei cittadini a essere informati fuori da ogni condizionamento . il mestiere di giornalista e' diventato una sorta di percorso ad ostacoli . per questo la Fnsi vuole allargare e alzare il livello della discussione sul futuro del giornalismo chiedendo sempre piu' pluralismo, autorevolezza e autonomia da qualsiasi tipo di potere".
Cioe' il ruolo e l'indipendenza della professione del giornalista si difende con l'Ordine a cui obbligatoriamente bisogna essere iscritti per assumersi la responsabilita' della direzione di un giornale, o per -di fatto- scrivere su questo o quell'altro giornale. Bisogna dipendere non dall'eventuale potere dell'editore, ma da quello della Corporazione. Che se fosse un'associazione a cui un giornalista liberamente si iscrive per sindacalizzare meglio le sue rimostranze, non ci vedremmo niente di strano. Ma la questione appare una beffa quando c'e' invece l'obbligo.
Questa la chiamano liberta' professionale.
Sicuramente c'e' qualche personaggio in tutti gli schieramenti politici che vuole imbavagliare un po' di stampa (le norme in proposito, in Parlamento, chissa' perche', vengono sempre approvate in uno spirito bipartisan). Ma voler aprire un confronto e un dibattito su questo negando il luogo fisico (con lo sciopero) in cui si possano leggere le parole o ascoltare le stesse, non solo e' una contraddizione, ma e' la solita beffa.
Quindi due beffe che confermano che la liberta' di chi sciopera -professionale e di stampa- e' quella che difende la Corporazione da una parte, e la negazione dei diritti dei consumatori di informazione dall'altra.
Per fortuna che l'informazione oggi non passa piu' solo dalle rotative e dalle antenne dei giornali di partito e di Stato (la legge sull'editoria e' la schifezza piu' grossa che e' stata mai concepita per mantenere in vita gruppi di giornalisti ordinati che scrivono cose che pochi vogliono leggere o ascoltare). E nonostante chiunque venga obbligato a pagare una ulteriore tassa per il solo fatto che possiede uno strumento con cui informarsi (la tassa/canone per il possesso di un televisore), non sono pochi che hanno migliaia di canali per informarsi senza passare da quelli assistiti.
Ed e' quello che i consumatori faranno quando, andando in edicola, non trovando l'abituale giornale ne acquisteranno un altro. Oppure, "spippolando" sul telecomando, non trovando il notiziario della Tv di Stato e di quelle altre emittenti che aderiranno allo sciopero, andranno serenamente su un altro canale. Dimenticando subito l'esistenza dello sciopero. Altro che dibattito e confronto: chi sciopera, in questo caso, lo fa solo per il suo corporativo interesse e per parlare della sua liberta' con i suoi intimi.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
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