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Taxi/Uber. Il Tribunale ha ragione. La politica ha torto
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Comunicato di Vincenzo Donvito
8 aprile 2017 9:32
 
 Il Tribunale di Roma ha dato dieci giorni di tempo ad Uber per bloccare la sua attivita’: accolto il ricorso cautelare per “concorrenza sleale” nei confronti dei taxi e dei ncc (noleggio con conducente) che non fanno parte della loro piattaforma, nel merito si vedra’ in seguito. Difficile dare torto al Tribunale, a meno che non ci si metta a gridare senza cognizione di diritto (come purtroppo abbiamo letto da alcune parti), come se la legalita’ democratica fosse una questione di desideri e pancia e non di leggi. Che’ quelle vigenti sono chiare, per esercitare il servizio di taxi (a cui e’ assimilabile Uber) occorre una licenza.
Forse sarebbe stato meglio che il giudice avesse atteso, viste le trattative in corso tra tassisti e governo e le leggi in fieri (che a nostro avviso fanno schifo perche’ contrarie alle necessarie liberalizzazioni), perche’ con questo provvedimento ha dato una marcia in piu’ al potere di trattativa delle corporative associazioni di taxisti, ma lasciamo la considerazione e il dubbio all’accademia. La giustizia non puo’ che essere giustizia, sempre!
Il problema -gigantesco- e’ la politica. Sotto due aspetti: quella dei cittadini e quella delle istituzioni.
Quella dei cittadini ha diverse performance. Quella delle violente manifestazioni delle corporazioni di taxisti. Quella delle bende sugli occhi -sempre dei taxisti- sulla tecnologia e sul mercato che chiede piu’ servizi e meno costi. Quella di chi sostiene l’illegalita’ in corso da parte di Uber. Quella di chi -come noi- guarda al futuro auspicando norme di liberta’ economiche, superamento delle corporazioni senza lasciare vittime sul selciato: liberalizzando e legalizzando i servizi tipo Uber, comunque valorizzando economicamente le attuali licenze dei taxisti che gli stessi hanno pagato centinaia di migliaia di euro proprio grazie ad un’economia basata solo sulla trasmissione famigliare di rendite di posizione.
Quella delle istituzioni, anche qui con diverse performance. Tra quella ottusa del governo a quella liberalizzatoria dell’Antitrust, fino alla sostanziale latitanza del legislatore, che sembra capace solo di attendere le decisioni del governo (rinunciando, di fatto, al suo potere altro rispetto a quello dell’esecutivo).
Certo, siamo abituati alla politica che va avanti dando una sorta di potere legislativo alla giurisprudenza. Ma fino a quando? Visto che qui non si tratta di una bega di quartiere ma di un problema di politica economica generale, con risvolti europei e transnazionali?
 
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