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Consumare meglio e con piu' qualita'. Legalizzare la Globalizzazione. Riscaldamento terrestre e CETA. Istruzioni e pensieri per l'uso
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Editoriale di Vincenzo Donvito
14 novembre 2016 11:38
 
 Parlare di accordi commerciali nell'ambito di quella politica che viene chiamata globalizzazione, non sembra tanto popolare in questo momento. Non solo per gli eterni avversari a tutto quello che possa essere non demagogicamente km-zero, ma perche' dopo l'elezione del nuovo presidente Usa, preceduta dal referendum Brexit, tutti i vari nazionalisti e protezionisti si sentono piu' forti e legittimati nelle loro proposte economiche che, per quanto riguarda il nostro Paese, mediamente partono dall'uscita dell'Italia dalla zona euro e -per i piu' spinti- dalla Unione Europea.
Ma al di la' delle provinciali attribuzioni indigene degli umori e delle politiche statunitensi, e' con la realta' quotidiana che dobbiamo e possiamo confrontarci. Questo significa -a nostro avviso- non ignorare che nel Pianeta morte, fame e poverta' non sono certo figlie della globalizzazione, ma proprio del protezionismo. Che ha reso ricchi alcuni Paesi piu' forti rendendo poveri altri, salvo poi -i protezionisti- lamentarsi perche' gli abitanti di questi Paesi cercano disperatamente di scappare da guerre e fame. Se fino al 2016 nel Pianeta alcuni drammi sanitari e nutrizionali sono stati attenuati, non lo si deve certamente ai Paesi protezionisti, ma a quelli che nella globalizzazione ci stanno provando, politicamente ed economicamente: Stati Uniti, Ue (pur con le dovute differenze tra Paese e Paese), Canada e Australia in prima linea. E se nel Pianeta non ci sara' una politica comune di salvaguardia ecologica (a partire dagli accordi COP21 di Parigi), mettere la testa sottoterra o credere che il riscaldamento globale sia solo un'estremizzazione di alcuni ecologisti che sono riusciti a ben piazzarsi in alcune importanti istituzioni nazionali ed internazionali… credere a questo, e' come non volersi rendere conto, anche mettendo solo il naso fuori della finestra della propria abitazione, del disastro che i modelli di sviluppo fino ad oggi perseguiti hanno e stanno provocando.
Le regole per la globalizzazione (e gli Stati Uniti d'Europa per quanto piu' ci riguarda a breve scadenza) sono indispensabili. Oggi, buona parte della globalizzazione e’ senza regole, affidata ai profitti di alcune aziende cosiddette multinazionali che, pur di raggiungere il loro obiettivo societario, usano tutti i mezzi, primo fra tutti la corruzione e l’elusione delle mingherline regole che sono in piedi. Perche’ la globalizzazione sia un beneficio, occorre che sia accessibile ad ognuno e fruibile da tutti: dalla piccola azienda che ha mercati giganteschi davanti a se’, al consumatore che non deve non avere di fatto diritti quando e’ tale per cio’ che travalica i prodotti e i servizi e le norme del proprio Paese. Occorrono regole condivise. Altrimenti, non solo mettiamo una pesante ipoteca negativa sul nostro futuro, ma dobbiamo cominciare a rinunciare anche al 90% di tutto quello che oggi ci fa ricchi (o potenzialmente ricchi). E' chiaro questo passaggio? Siamo disposti, nella prospettiva protezionista, a tornare a pagare i nostri telefonini come minimo il quadruplo di quanto li paghiamo oggi? E per alcuni diritti, come quelli dei consumatori, visto che quasi tutti ci vengono dai modelli americani e dalle direttive comunitarie, siamo disposti a farne a meno, pur nelle difficolta' che spesso abbiamo nel nostro Paese per la loro applicazione, ed ogni volta che acquistiamo online da uno store dall’altra parte del Pianeta?
Il confronto su queste tematiche e' articolato e, per chi come noi ci mette quotidianamente tutto l'impegno possibile, il compito che ci siamo prefissi, partendo dal piccolo quotidiano, e' di far comprendere, con-vincere (vincere insieme, perche' di lotta si tratta) tutti coloro che forse non sono informati per vari motivi, soggettivi e collettivi. Questo implica che, prima di tutto, bisogna capire quali siano le difficolta', che' tutto e' meno semplice di quanto si possa credere o sognare.
E' questo il motivo per cui, in questi ultimi mesi, abbiamo preso alcuni esempi di estrema attualita' planetaria e, nei limiti del nostro possibile, li stiamo seguendo:
- le politiche per gli accordi sui cambiamenti climatici
- gli accordi commerciali tra Unione Europea e Canada, il CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement).
Per il primo -cambiamenti climatici- stiamo cercando di documentare “tutti” gli incontri delle Nazioni Unite, nonche' gli studi e le ricerche di un certo spessore scientifico che ci facciano capire meglio il problema e paventare le soluzioni. Sul nostro web, nel canale “Salute” (http://salute.aduc.it/) (e comunque usando il motore interno di ricerca) ci sono diversi interventi e articoli di documentazione ed informazione.
Per il secondo -CETA- abbiamo voluto far comprendere meglio cosa e' un accordo commerciale internazionale: difficolta', burocrazia, resistenze, incomprensioni, diffidenze, alta specializzazione di intermediazione, chiarezza dei dati su cui trattare, punti fermi da armonizzare e da non trattare come paletti e occasioni di scontro. Si tratta, nello specifico, di una nostra consapevolezza che tali accordi debbano e possano essere fatti anche col nostro maggiore partner internazionale, gli Usa, e che il Canada e' solo un punto di partenza. Anche e sopratutto in un momento di apparente difficolta' per le vicende altrettanto apparentemente interne di quel Paese (apparentemente, perche' hanno sempre una ricaduta sulla nostra quotidianita' anche se siano al di la' dell'Atlantico). Il CETA col Canada e' il primo passo, per farci capire come e perche' trattare e arrivare ad una conclusione con chi sta vivendo il proprio futuro con alcune differenze rispetto alle nostre “europee”. Ma che non possiamo non avere come alleati e fratelli commerciali, cosi' come gia' lo siamo, per esempio e nonostante le enormi difficolta', in tema di sicurezza.
La nostra rubrica “Stati Uniti d'Europa” e' quella in cui abbiamo raccolto ben sei articoli, grazie al quotidiano francese le Monde e al sito web tedesco Correctiv.org, per far capire e conoscere queste difficolta' a cui far fronte per potere consumare con meno costi e piu' qualita', individuale e collettiva. Eccoli:
- Nel cuore del Ceta (accordo Ue/Canada). 1: I tribunali di arbitraggio minacciano la democrazia?
- Nel cuore del Ceta (accordo Ue/Canada). 2: agricoltura sacrificata?
- Nel cuore del Ceta (accordo Ue/Canada). 3: CETA e il clima si accoppiano bene?
- Nel cuore del Ceta (accordo Ue/Canada). 4: la democrazia europea sara' diseredata?
- Nel cuore del Ceta (accordo Ue/Canada). 5: i servizi pubblici sono minacciati?
- Nel cuore del Ceta (accordo Ue/Canada). 6: il CETA e' inarrestabile?

Non e' facile. Come sempre, conoscere per giudicare e meglio lottare, rimane il nostro imperativo.
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