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Finanza. Un fiume d'informazione, poche gocce di sapienza
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Editoriale di Alessandro Pedone
9 febbraio 2011 17:54
 
Una delle definizioni che la la Treccani offre alla voce “sapere” è: “possedere una nozione o un gruppo di nozioni per averle apprese con lo studio, con l'applicazione intellettuale, o per averle ricevute dall'insegnamento”. E' evidente che essere informati, non significa possedere un “sapere”, talvolta, purtroppo, significa essere ancora più confusi di prima.
Il nostro canale web su consulenza e informazione finanziaria si chiama, appunto, Investire Informati ed è nato con l'obbiettivo di fornire alcune informazioni di base che consentano, quanto meno, di evitare fregature ed errori grossolani.
Sapere, ad esempio, che la maggior parte dei prodotti di risparmio gestito è da evitare, perché carica di costi e/o rischi del tutto inutili può essere un'informazione utile.
Nel mondo della finanza, però, la maggioranza delle informazioni sono “rumore di fondo” e sovente sono più dannose che utili per chi non possiede quel “sapere” che si acquisisce solo con un serio studio, con applicazione e dall'insegnamento.
Non sono solo gli investitori non esperti le classiche vittime dell'eccesso d'informazione, ma, troppo spesso e purtroppo, sono anche i così detti professionisti della finanza che finiscono per rincorrere le informazioni senza però avere una solida base di “sapere” che consenta di inserire le stesse informazioni in una cornice che le dia significato ponderato.
La nostra mente ha la naturale tendenza a “riempire di significato” le notizie. Se la nostra mente riceve una notizia del tipo “il titolo x è sceso di Y%”, solitamente tendiamo a trovare una “giustificazione” a questa notizia. “Il titolo x è sceso... perché è successo questo o quello, quindi...”. Molto spesso (per non dire quasi sempre) sono gli stessi giornalisti che propongono chiavi di lettura. Mi diverte sempre leggere i titoli delle agenzie a mercati aperti, titoli che solitamente collegano l'uscita di varie notizie all'andamento momentaneo della borse. Spesso, a distanza di pochi minuti, di poche righe sullo schermo, si leggono notizie del tipo: “Borse positive su dati macro XXX” e pochi minuti dopo, le borse girano, e sullo schermo appare “Borse negative su dati macro XXX”. La stessa notizia, a distanza di pochi minuti, viene messa in relazione sia alla borsa positiva che alla borsa negativa. Leggendo il contenuto della “notizia”, spesso si abbozzano anche interpretazioni che giustificherebbero l'andamento dei mercati che, in realtà, nel breve termine sono assolutamente inspiegabili. Una persona che possiede una solita base teorica circa l'andamento dei mercati finanziari sa che queste notizie non valgono una frazione del tempo impiegato per leggere il titolo, ma chi non ha dedicato molto tempo a studiare la teoria dei mercati finanziari, può rimanerne affascinato. Appare del tutto ragionevole tentare di dare spiegazioni agli andamenti dei prezzi e tentare di trarre conclusioni sulla base di queste presunte spiegazioni.
In realtà, questa attività che appare logica e ragionevole è sbagliata e dannosa.
Come abbiamo già detto, purtroppo, questo genere di errore è diffuso anche presso molti addetti ai lavori, i così detti “esperti”.
Un tipico esempio è la passione irrefrenabile che gli esperti di finanza hanno per i grafici.
Sia chiaro, non voglio generalizzare, né demonizzare i grafici. Ci sono in giro fior fiore di professionisti che sanno usare i grafici assegnando loro il peso e la considerazione che meritano, né più né meno. Moltissimi, però, utilizzano i grafici facendogli dire cose che gli stessi grafici non dicono e –quel che è peggio– prendono scelte (o danno consigli ai malcapitati clienti) sulla base di queste presunte verità tratte dai grafici.
In finanza i grafici sono molto pericolosi. Traccia una riga e la nostra mente legge subito una tendenza. I grafici hanno un forte potere evocativo, “dicono” più di mille parole: “dicono troppo”.
Personalmente, preferisco lavorare più su numeri e tabelle, piuttosto che sui grafici: cerco di costringere la mia mente a ragionare di più, a prendere in considerazione sempre più scenari, anche quelli apparentemente (o realmente) non probabili, ma non per questo impossibili.
Ad esempio, leggere su una tabella che la media decennale di un certo valore che si sta analizzando è stata “X”, è molto meno evocativo che vedere una riga tracciata su un grafico. Se poi la tabella contiene tanti altri dati insieme, emergono contraddizioni e la mente è costretta ad analizzare molti scenari.
Quando si vedono dei grafici con una tendenza negativa, e magari si leggono notizie che in continuazione rafforzano la convinzione che il grafico “ha reso palese”, appare quasi irrazionale, anche solo ipotizzare che questa tendenza possa invertirsi, magari relativamente presto.
Uno dei “trucchi” che usavo spesso, molti anni fa, quando tenevo corsi a consulenti finanziari era quello di proiettare sullo schermo un grafico prodotto (ad insaputa dei presenti) da un generatore di numeri casuali. Chiedevo all'uditorio se qualcuno riconosceva il grafico e se vi riconoscevano qualche figura tecnica (doppi minimi, testa e spalle, triangoli, ed altre amenità della così detta “analisi tecnica”). Invariabilmente venivo inondato di risposte convinte: il grafico veniva quasi sempre “riconosciuto” e quasi sempre venivano espresse forti convinzioni sulla tendenza.
A quel punto schiacciavo un tasto sul computer e sul video venivano proiettati grafici in continuazione. Spiegavo allora che il grafico precedente non indicava nessun mercato, ma che era prodotto da un simulazione di numeri casuali. La delusione era sempre forte, ma mano a mano che passavano altri grafici, mi soffermavo su possibili altre somiglianze (“questo sembra proprio il Nasdaq del Marzo 2000, questo la crisi asiatica, ecc.”) e parte dell'uditorio iniziava a comprendere il messaggio. I grafici hanno il significato che la mente assegna loro, non un significato proprio.
Gli investitori saggi, quindi, dovrebbero cercare di incrementare il loro “sapere” piuttosto che concentrarsi sul flusso d'informazione.
Molto meglio qualche buon libro che cento dispacci d'agenzia o cento grafici.
Bisogna cercare di capire perché la scelta che s'intende prendere dovrebbe funzionare, quale logica vi sta dietro e –soprattutto– bisogna sempre chiedersi se ci troveremmo comunque a nostro agio anche negli scenari che consideriamo meno probabili.
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