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GIORNATA ANTIFUMO OFFRENDOCI UNA SIGARETTA
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Editoriale di Vincenzo Donvito
1 giugno 2003 0:00
 
Giornata mondiale anti-fumo il 31 maggio. Tutti buoni e salutisti. A parole. E tenendo ben stretta la saccoccia dentro cui finiscono i proventi della produzione e del commercio monopolista del tabacco.
Come si puo', da parte dello Stato, lamentare gli alti costi per tutta la comunita' che derivano dalla diffusione massiccia del consumo di capitale, e nello stesso tempo detenere il monopolio del settore? E' come se una persona si tagliasse un dito il giorno X, e il giorno Y andasse a farselo riattaccare . per poi continuare con questo ritmo. Quantomeno all'ospedale, oltre al dovuto soccorso sanitario, lo indirizzerebbero verso un'analisi psichiatrica del suo comportamento, e gli farebbero capire che non sono ben disposti (nonostante il giuramento di Ippocrate) a continuare a questo ritmo. Ma questo non succede per lo Stato italiano, dove alle iniziative anti-fumo del ministero della Sanita' corrispondono quelle pro-fumo (finanziarie, produttive e commerciali) di altri due ministeri, quello dell'Economia e quello delle Attivita' Produttive.
Chiaro, no?
E quindi ci dobbiamo sorbire quintali di demagogia come contorno a inutili divieti:
macchinette distributrici aperte solo di notte, divieto di acquisto e vendita per i minorenni, divieto di pubblicita', pacchetti di sigarette che sembrano pubblicita' di campi di concentramento o contenitori della varechina. Fine nobile, per carita'. Ma metodo completamente sbagliato. Perche' non e' con i divieti che si ottengono risultati su situazioni che, essenzialmente, fanno parte della sfera delle decisioni dell'individuo su se stesso. Perche' un cosa (giusta) e' vietare di fumare in un luogo pubblico, ma un'altra e' creare condizioni perche' all'individuo sia vietato di fare cio' che vuole su se stesso, privandolo anche dell'informazione e riempiendolo solo di nozioni e messaggi negativi.
E se poi tutto questo ci viene detto da chi produce e vende il tabacco e che, fino a prova contraria, ha come scopo aziendale quello di fare andare i bilanci in attivo, quindi produrre e vendere di piu' . va da se' che il messaggio diventa poco credibile. Come assumono sembianze criminogene le politiche industriali che fanno incrementare l'esportazione del nostro tabacco verso Paesi in cui le leggi sono meno proibitive che da noi, e quindi c'e' un mercato piu' florido: non e' un caso, infatti, che le punte di maggior crescita dei consumi, sono oggi nei Paesi del Terzo e Quarto Mondo.
Questo e' il quadro di chi oggi ci chiede di non fumare offrendoci una sigaretta.
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