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Investimenti finanziari. Perché la semplicità batte la complessità
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Editoriale di Alessandro Pedone
5 dicembre 2018 10:21
 
Se sei un investitore nei mercati finanziari o un piccolo risparmiatore, se puoi, ti prego di fare molta attenzione ai contenuti di questo articolo.
Sarà molto importante per te.
Ti scriverò cose che pochissimi hanno interesse a farti sapere e molto difficilmente le troverai scritte in modo così diretto.
Sono contenuti che potrebbero farti risparmiare tanti inutili costi e – soprattutto – tante inutili delusioni e perdite nei mercati finanziari.

Complessità
Tu sai che i mercati finanziari sono molto complessi. Questa è una verità indiscutibile.
La quasi totalità degli investitori non professionali è convinto che per investire bene sia necessario avere conoscenze inaccessibili a chi non è esperto del settore.
Tutta l’industria del risparmio gestito ti dice che il fai-da-te è pericoloso (ed in parte è vero) e che per investire il denaro nei mercati finanziari servono i gestori professionali che possono vantare anni di esperienza grazie alla quale sanno cosa comprare e cosa no per guadagnare.

Fai molta attenzione perché il ragionamento che voglio portarti a fare con questo articolo è sottile.
Mi serve che tu sia  concentrato. Ci sei?
Nel paragrafo precedente sono mescolate abilmente delle cose vere insieme a delle cose false.
E’ necessario fare uno sforzo per “separare il grano dalla paglia”.
E’ vero, infatti, che i mercati finanziari sono molto complessi, ma non è affatto detto che il miglior approccio ad un sistema complesso sia, a sua volta, un approccio complesso.
La logica: “poiché una cosa è complessa, allora serve un approccio complicato” è sbagliata.
Il termine “complesso” ha diversi significati, alcuni più generici e colloquiali, ed altri più specifici.
Genericamente si usa l’aggettivo “complesso” ad indicare qualcosa di difficile comprensione, a causa di profondi ed oscuri concetti, oppure a causa della molteplicità degli elementi o aspetti da considerare.
Questa è una definizione corretta, ma estensiva e generica del termine.
Nella sua essenza ed in modo più tecnico, complesso significa “composto da più parti”. E’ il contrario di “semplice”, anche questo termine ha molte accezioni, ma quella originaria corrisponde a “composto da una sola parte, non ulteriormente divisibile senza alterarne la natura”.
Il termine “complesso” si distingue da “complicato”.
Anche complicato indica qualcosa composto da più parti, ma queste parti sono “piegate insieme” (etimologicamente), ovvero sono parti numerose, ma ciascuna si può comprendere indipendentemente dall’altra.
Per comprendere una cosa complicata, ci vuole tanto tempo, ma si può partire dall’analisi dei singoli pezzi.
Una cosa complessa, invece, è composta da tante parti le quali sono “intrecciate insieme” (sempre etimologicamente), ovvero l’una influenza l’altra (come un filo composto da tre corde intrecciate è molto più resistente della somma dei tre fili, ovvero emerge una qualità diversa che prima non esisteva nei singoli componenti).

I mercati finanziari sono complessi nel senso che il loro funzionamento dipende da una combinazione di molti fattori intrecciati insieme (l’andamento economico influenza i prezzi delle azioni, ma i prezzi delle azioni possono influenzare l’andamento economico, solo per citare una fra le centinaia di azione/reazione).

Cosa significa tutto questo? Fai attenzione, riflettici bene.
Significa che se è vero che i mercati finanziari sono complessi, è sbagliato pensare che un “esperto” necessariamente farà meglio di una persona con meno esperienza. La complessità, nel senso di “composto da numerose parti interconnesse” implica che nessun esperto può essere in grado di analizzare compiutamente il fenomeno. Un fenomeno complesso, per definizione, non può essere analizzato completamente. Si possono analizzare alcuni comportamenti tipici, ci si può fare un’idea “sistemica” (1), ma il comportamento futuro del sistema sarà sempre, per definizione, imprevedibile. I mercati finanziari, infatti, sono – per definizione – imprevedibili.
Una cosa “complicata”, con tanto tempo, si può conoscere completamente. Un magnifico orologio meccanico con tante funzioni, ad esempio, è una cosa complicata, complicatissima, composta da centinaia di piccoli pezzi apparentemente “strani”. Se si rompe, è intelligente andare da un buon orologiaio il quale saprà ripararlo certamente meglio di una persona semplicemente appassionata di orologi.

Non si può dire lo stesso in finanza. Una persona super esperta di mercati finanziari può benissimo – in certe condizioni - fare peggio di una persona che seleziona titoli a casaccio. E’ molto più difficile, per un super-esperto, fare meglio di un investitore che ha delle buone basi generali che si posso acquisire in qualche decina di ore di studio.

Semplicità
Qual è l’approccio migliore che si può avere davanti a un sistema molto complesso?
Naturalmente dipende dal sistema. In generale, quando il sistema è così complesso da rendere praticamente impossibile prevedere gli stati futuri del sistema, avere un approccio semplice è sempre la strada – ex ante – preferibile.
Proviamo a motivare questa frase più chiaramente, applicandola ai mercati finanziari.
L’andamento futuro dei prezzi di un’attività finanziaria negoziata nei mercati regolamentati è sostanzialmente imprevedibile.
Non esiste nessuna formula matematica complicata o meno che possa definirsi, ex-ante, più accurata di una semplice “regola del pollice” (2).
Certo, è necessario dedicare del tempo a studiare il sistema sul quale stiamo prendendo le decisioni, in questo caso il sistema finanziario. Una serie di informazioni strutturali devono essere conosciute..
Semplice, non significa facile.
Il grande Einstein pare abbia detto: “Tutto deve essere reso più semplice possibile, ma non di più.”
Una volta comprese le caratteristiche fondamentali del sistema finanziario, non è affatto detto che un super-esperto di finanza abbia rendimenti superiori rispetto ad una persona che ha appreso gli elementi fondamentali e li applica.
Questo perché in un sistema molto complesso (ovvero con tantissime variabili e molte interdipendenze) più si applicano metodologie di gestione complicate e più aumentiamo le probabilità di sbagliare.
Facciamo un esempio un po’ tecnico. Il modo tipico di bilanciare le asset class (componenti di base: azionario, obbligazionario e le loro numerose sotto-varianti) di un portafoglio è quello della così detta “frontiera efficiente” che deriva da una teoria che prende l’altisonante nome di Modern Portfolio Theory.
I principi alla base di questa teoria (ormai superata, almeno negli ambienti accademici più avanzati) sono tutt’ora ampiamente utilizzati praticamente in tutte le gestioni patrimoniali, fondi comuni d’investimento, e vari prodotti finanziari venduti quotidianamente dalle banche e reti di promozione finanziaria.
Per costruire la “frontiera efficiente” è necessario avere delle variabili in input, ovvero fare delle assunzioni sul rendimento atteso, la deviazione standard di ciascuna asset class nonché le correlazioni fra le stesse. Il problema è che nel sistema complesso dei mercati finanziari, non è possibile conoscere l’andamento futuro di queste variabili. Fare le scelte sulla base di questo elegante modello matematico significa aumentare le probabilità di errore.
Paradossalmente, più stai nel semplice, meno assunti fai, e meno è probabile prendere cantonate.
Riesci a comprendere adesso, quanto ti abbiano preso in giro fino ad oggi, vendendoti la favoletta dell’"esperto finanziario che sa cose che tu non puoi comprendere"?
Se esiste qualcosa che lui sa e che non può spiegarti con parole semplici, non servirà a migliorare il portafoglio, ma solo a renderlo più complicato e quindi inefficiente.

Alla base del pensiero scientifico moderno c’è il principio metodologico noto con l’espressione “rasoio di Occam” . Anche in finanza sarebbe utilissimo, ma molto, molto, poco praticato.
Una delle sue formulazioni originali recita, in latino, "pluralitas non est ponenda sine necessitate ponendi" che significa non considerare la pluralità (cioè l'aumentare il numero di ipotesi) se non è strettamente necessario.
In parole molto più semplici: non complicare le cose inutilmente!
Nei mercati finanziari, in genere, si fa l’inverso, si aggiungono ipotesi, strumenti, filtri, contenitori, prodotti, gestori… Tutto per una sola ragione: giustificare i costi e l’esistenza delle persone che ci lavorano.

Inutile complessità: un caso di scuola
Nel 2007 uno dei personaggi più famosi nel mondo della finanza, Warren Buffet, probabilmente il più grande investitore in attività, fece una scommessa letteralmente da un milione di dollari. Disse che sarebbe stato disposto a dare un milione di dollari – non bruscolini! - a chiunque avesse indicato un paniere di hedge fund (cioè i fondi d’investimento più complessi che esistano in finanza!) che avrebbe dovuto battere, nei 10 anni successivi, l’indice S&P500 (che chiunque avrebbe potuto acquistare attraverso un semplice ETF)!
La scommessa, in sostanza, voleva evidenziare come l’enorme complessità degli hedge fund è del tutto inutile, perché si può avere un rendimento migliore semplicemente non facendo niente! Comprando l’indice (cosa accessibile a chiunque in modo semplicissimo) e stando fermi per 10 anni.
La grande maggioranza di coloro che lavora nel settore degli hedge fund, probabilmente ben consapevole che Buffet aveva ragione, ha preferito non raccogliere la sfida e fare spallucce.
C’è stato però un “coraggioso”, il gestore Protégé Partners, che ha accettato il guanto di sfida. A fine 2017… ha perso clamorosamente! L’indice ha avuto una rivalutazione superiore al 125%, gli hedge fund selezionati hanno avuto un rendimento in 10 anni di circa il 36%! Ovviamente il rendimento degli Hedge Fund è al netto dei costi di gestione.
I gestori dei fondi hanno guadagnato molto, sono i clienti che sono rimasti a bocca asciutta!
Qui stiamo parlando dei fondi che – ipoteticamente – dovrebbero essere la “Ferrari” del settore, i fondi gestiti dalle migliori menti che lavorano nel settore della finanza.

Gli investitori non professionali dovrebbero imparare bene la lezione che lo stesso Warren Buffet sintetizza con queste, semplici, parole: guadagnare in borsa “non richiede grande intelligenza, una laurea in economia o familiarità con il gergo di Wall Street. Ciò di cui gli investitori hanno bisogno è invece la capacità di ignorare i timori o gli entusiasmi della folla e di concentrarsi su alcuni semplici fondamentali”.

Quale lezione puoi trarre
Se sei un investitore non esperto, devi comprendere che la cosa migliore che puoi fare è avere un portafoglio d’investimento molto, molto semplice, avere delle regole di gestione molto, molto semplici. Qualcosa che puoi capire ed al limite anche gestire da solo.
Se sei completamente a digiuno di mercati finanziari, puoi farti assistere – per un periodo di tempo – da un esperto, possibilmente indipendente, ma devi stare ben attento a non fare in modo che questo esperto ti faccia fare cose inutilmente complesse per renderti dipendente da lui.
Per ogni titolo in più che inserisci nel portafoglio devi usare il “Rasoio di Occam” e domandarti: cosa aggiunge questo titolo che non possa essere fatto con i titoli già in portafoglio? E’ proprio necessario aggiungere questo titolo? Quali sono le nuove ipotesi in cui devo credere che giustificano questo nuovo strumento che inserisco?
Il numero minimo di strumenti che compongono un portafoglio, idealmente, sono due: un ETF per tutte le azioni mondiali, ed un ETF per tutte le obbligazioni mondiali.
Con un paniere del genere si sta investendo in migliaia di titoli minimizzando il più possibile le ipotesi sull’andamento futuro dei mercati finanziari. Non c’è nessuna ragione tecnica per sostenere che un portafoglio composto da due soli ETF, al 50% ciascuno, uno indicizzato a tutte le azioni mondiali (ad esempio l’indice MSCI World) e uno a tutte le obbligazioni mondiali (ad esempio l’indice Bloomberg Barclays Global Aggregate) debba essere inferiore ad un qualsiasi portafoglio costruito da un qualsiasi esperto.
Ci possono essere buone ragioni per costruire un portafoglio di quattro o cinque strumenti (ad esempio vogliamo una diversa composizione di azioni mondiali per qualche ragionevole ipotesi). In casi eccezionali si può arrivare a 10 titoli.
Se si vedono portafogli di molte decine, se non centinaia, di strumenti, o siamo in presenza di portafogli di molti milioni di euro (e magari vogliamo lavorare con singoli titoli, e qui servono competenze specifiche) oppure siamo in presenza di un’inutile complessità che serve solo a giustificare i molti costi che il portafoglio sicuramente sta sopportando.

Un consulente finanziario che abbia veramente l’interesse dei propri clienti come unico fine, molto probabilmente tenderà a costruire portafogli finanziari semplici. L’obbiettivo di medio termine, dovrebbe essere quello di rendere il cliente emancipato dal consulente stesso, almeno per la gestione ordinaria del portafoglio.
L’idea che si debba avere un consulente finanziario per tutta la vita deriva anch’essa dalla stessa cultura finanziaria dalla quale nascono i prodotti finanziari che molti consulenti finanziari indipendenti – giustamente – criticano, perché inefficienti ed inutilmente costosi.

Anche un consulente finanziario che costruisce portafogli finanziari inutilmente complessi è inefficiente.
Molto difficilmente leggerai o sentirai dire questa frase da qualcuno.
La vera chiave per un portafoglio finanziario veramente efficiente è la semplicità. Il portafoglio finanziario più efficienti è quello che l'investitore è in grado di comprendere e gestire da solo!

Il principale lavoro di un bravo consulente finanziario si sviluppa nella fase iniziale, dopo, se ha fatto veramente un buon lavoro, come un bravo psicologo, potrebbe anche diventare inutile, almeno per quanto riguarda sola la parte strettamente finanziaria. Il suo compito principale dovrebbe essere quello di aiutare il cliente a definire il proprio profilo d’investitore, fornire le informazioni essenziali per fare scelte d’investimento consapevoli, aiutarlo nel definire delle strategie d’investimento adatte a raggiungere i suoi obiettivi e compatibili con il suo profilo, ed infine affiancarlo a mantenere queste scelte nel tempo. Dopo qualche anno, il suo ruolo potrebbe anche sparire del tutto o restare marginale come “secondo parere”.

Certo questo non può avvenire se il consulente sceglie continuamente di cambiare gli strumenti, le strategie, tenta di “battere i mercati” come fanno i gestori.
Se il consulente intende il suo ruolo come quello di un “piccolo gestore”, allora il cliente si troverà sempre con la stessa logica. Può andargli un po’ meglio o po’ peggio rispetto ai gestori professionali che aveva prima. Ma rimane invischiato esattamente nella stessa logica di doversi affidare a qualcuno che dice (magari non a parole, ma implicitamente con i comportamenti) di poter fare l’impossibile: prevedere i mercati finanziari.

Note:
(1) La teoria generale dei sistemi è stata sviluppata per la prima volta da Ludwig von Bertalanffy. Una buona introduzione può essere letta qui: http://www.treccani.it/enciclopedia/teoria-dei-sistemi_%28Enciclopedia-delle-scienze-sociali%29/.
Un “sistema” è appunto una realtà complessa i cui elementi si influenzano reciprocamente. Diversamente da un fenomeno complicato, in un sistema complesso, il significato di ogni singolo elemento non va ricercato nell’elemento stesso, ma nella relazione fra esso e tutti gli altri elementi. La vita, in generale, sviluppa sempre sistemi complessi, non fenomeni complicati.
Lo teoria generale dei sistemi è molto più utile per capire i mercati finanziari di quanto non lo sia conoscere tutti i dettagli dei singoli strumenti finanziari, oppure conoscere i vari indicatori tecnici, gli indici di bilancio, o seguire tutte le notizie finanziarie istante per istante.
(2) L’espressione “regola del pollice” viene dal modo di dire inglese “rule of thumb” ed indica una metodologia per prendere decisioni in condizioni d’incertezza basata su forti approssimazioni. Ad esempio: quanto azionario mettere in portafoglio? Poste certe altre condizioni di contesto (ad esempio una forte diversificazione) un portafoglio 50% azionario e 50% obbligazionario non è – ex ante – necessariamente meno appropriato e determinato con i criteri della così detta “frontiera efficiente” che utilizza complesse formule che tengono conto della deviazione standard e delle correlazioni.
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