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I non-rimedi del ministro per frenare l'inflazione. Basterebbe solo il mercato
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Editoriale di Vincenzo Donvito
15 ottobre 2003 0:00
 
L'Istat il 14 ottobre conferma le anticipazioni dei dati delle citta' con l'inflazione al 2,8%. Su cui non diciamo nulla perche' non e' umano sparare sui cadaveri. Il ministro delle Attivita' Produttive, Antonio Marzano, nello stesso giorno ci ricorda "il ruolo grave e serio dell'euro" nell'inasprimento dei prezzi (il motivo e' quello della cosiddetta inflazione percepita del presidente dell'Istat e della Bce), e di alcuni fenomeni speculativi espressione di singoli e non della categoria. Poi ovviamente ha citato anche i fenomeni climatici .. (quelli con i prezzi delle zucchine egiziane alle stelle sul mercato italiano perche' c'era troppo freddo in Italia?).
La soluzione del ministro? "Chiedere alle associazioni di categoria di fare un protocollo di intesa per prezzi stabili almeno per i prodotti piu' acquistati dalle famiglie", quindi sollecitare enti locali e regioni a mettere in pratica la riforma Bersani del commercio, per finire con la liberalizzazione dei saldi.
Il nostro ministro continua a girare intorno al problema senza mai prenderlo per un verso che possa far intravedere una soluzione, cioe' NON CHIEDERE AGLI ALTRI DI FARE, ma che il ministro e il Governo facciano. Gli altri avevano gli strumenti per fare ed hanno dimostrato cosa sono in grado di mettere insieme: i commercianti hanno un mercato quasi libero e alla prima occasione (vedi euro, che anche se di per se' non ha colpe, e' comunque stata un'occasione d'oro, essendo i consumatori confusi e approssimati nel dare valore ai prezzi nella nuova valuta) ne hanno approfittato piu' di quanto gia' non facessero sistematicamente; gli enti locali e le regioni avevano la legge Bersani sulla liberalizzazione del commercio, ma hanno quasi sempre legiferato per sostituire le vecchie gabbie con nuove gabbie, adattandosi ai tempi: cioe' non legando i piccoli commercianti (che rappresentano una parte infinitesimale del business) ma le grandi distribuzioni. Inoltre come si fa a continuare a chiedere alle organizzazioni di categoria di limitarsi nel guadagno o -richiesta ancora piu' assurda- di far calare i prezzi guadagnando meno della situazione precedente? Le organizzazioni dei commercianti non sono delle "fatebenefratelli", ma associazioni per consentire una maggiore razionalizzazione e quindi un maggiore guadagno ai loro aderenti.
A nostro avviso non vale la politica del chiedere, e se si insiste e' solo dimostrazione delle proprie non-volonta' di intervenire. Si' da contentare tutti e, nella mediocrita' dello status quo, far pagare il solito anello finale, il consumatore.
E fare -che per chi ha il compito di governare sarebbe l'impegno prioritario- significa fare leggi o levarne altre perche' le parti economiche in gioco abbiano la possibilita' di competere e far vertere tutto sull'armonia della domanda e dell'offerta, senza che queste ultime siano drogate da posizioni di privilegio di corporazione o di monopolio.
Alcuni esempi? Levare l'Iva da tutte le transazioni via Internet; abolire i saldi e la legge sulle vendite sottocosto; liberalizzazione orari e licenze commerciali, con degli standard minimi a cui gli enti locali e le regioni si devono attenere, e non come oggi con delle linee-guida, praticamente disattese da tutti; tetti massimi per le tasse locali, etc . Cioe' tutta una serie di provvedimenti che partano dal principio che e' il mercato a fare qualita' e prezzi bassi, e non gli accordi fra parti riottose che tirano a fregarsi un con l'altro, o il controllo dello stesso mercato.
Il resto e' solo parlarsi addosso.
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