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Pensioni: il nodo della crescita economica
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Editoriale di Alessandro Pedone
17 luglio 2013 14:07
 
Ieri è stato presentato il rapporto annuale dell'Inps per il 2012 il quale ha evidenziato un bilancio negativo per nove miliardi di euro. Il disavanzo è dovuto all'incorporazione dell'ex INPDAP, l'ente di previdenza dei lavoratori della pubblica amministrazione, che è storicamente in rosso anche per il blocco del turn-over in quel settore: più lavoratori vanno in pensione e non vengono sostituiti. Per il sistema delle pensioni degli ex-lavoratori privati, invece, i conti restano in ordine anche grazie ai vari interventi che si sono succeduti.
Il sistema pensionistico in Italia è, prospetticamente, uno dei più sostenibili fra i paesi sviluppati.
Lo è anche perché in futuro le pensioni che erogherà saranno sempre più misere.
Pochi sanno che una delle variabili importanti che determinerà l'importo della pensione sarà il tasso di crescita economica del paese.
Purtroppo questi anni di crescita economica inesistente rappresentano anche un problema dal punto di vista previdenziale.
In un passato articolo abbiamo spiegato che negli ultimi 10 anni il tasso di crescita del PIL italiano è stato negativo! Come ho già avuto modo di scrivere, utilizzare il PIL come indicatore economico dimostra il livello di follia generale della nostra classe dirigente (nella quale inserisco anche il mondo accademico), ma tant'è: questo abbiamo. Il fatto è che per i lavoratori che sono nel sistema contributivo (tutti quelli che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996), i contributi versati vengono rivalutati con la media del PIL degli ultimi 5 anni.
Rivalutare i contributi dell'1% in più o in meno, nell'arco di decenni, significa avere una pensione più alta o più bassa anche di un terzo! Ovvero una differenza di 500 euro circa su una pensione di 1.500 euro. Non è qualcosa di poco significativo.
Negli ultimi 10 anni, purtroppo, il tasso di crescita è stato praticamente pari a zero.
Rilanciare l'economia, quindi, è qualcosa di fondamentale non solo per l'immediato ma anche per il valore delle prossime pensioni.
La strada più veloce e sicura per avere un rilancio dell'economia pressoché immediato sarebbe quello di usare la leva monetaria, come già illustrato in un articolo di un anno fa.
Si potrebbe pagare immediatamente tutti i debiti della pubblica amministrazione (ma anche quelli dei privati), diminuendo il debito pubblico e perfino diminuendo le tasse. Si può fare immediatamente, ma si deve abbattere il tabù monetario di un'unica moneta a corso legale senza uscire dell'Euro. Purtroppo l'egemonia culturale in tema monetario delle banche centrali è inviolabile. Le persone non si occupano di questo tema, i politici si guardano bene dal citarlo minimamente. Si da per scontato che dobbiamo tenerci questo cappio al collo che ci siamo auto-costruiti.
Naturalmente, la crescita economica non è solo una questione monetaria. Nel lungo termine, questioni come efficienza del sistema paese (a partire dal “tumore” della macchina della (in)giustizia), la produttività, la corruzione, ecc. sono questioni chiave. Ma nel contesto attuale la leva monetaria darebbe una spinta enorme di cui abbiamo bisogno come l'acqua per i pesci.
E, come abbiamo visto, non solo per l'immediato ma anche per il lungo termine.
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