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Prezzo della benzina. Salvo pesanti interventi fiscali, non calera' mai perche' petrolieri e governanti giocano a prenderci in giro
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Editoriale di Vincenzo Donvito
15 marzo 2005 0:00
 
Il tormentone del prezzo della benzina e' un motivo conduttore della nostra economia. Costantemente alla ribalta con forti tentazioni, dal fronte che chiede ribassi, verso un controllo dello Stato foss'anche temporaneo, come se quanto fatto in passato non fosse servito a nulla: tutte pezze per una situazione che poi riparte sempre verso il rialzo dei prezzi.
Sia il fronte Governo, che quello Petrolieri, sembrano invece interessati e mobilitati per cercare di impedire questi aumenti, ma puntualmente alzano le braccia: il primo perche' oltre ad appelli verso i petrolieri non va, il secondo perche' ha l'alibi del prezzo del barile che aumenta in continuazione.
Entrambi pero', ci prendono in giro.
Il Governo si trincera dietro agli appelli non ascoltati, dimenticando che si sta rivolgendo ad un mercato che al 50% e' controllato dallo stesso Stato (Eni, Agip-Ip). E se qualcuno non riesce a convincere neanche se stesso della bonta' di cio' che chiede, qualche problema sicuramente c'e': o la richiesta e' fatta per finta o e' in corso un vero e proprio attacco di schizofrenia.
I Petrolieri si trincerano dietro l'aumento del barile, dimenticando che abbiamo a che fare con un prezzo espresso in Usd e che loro pagano in Euro, il cui valore di cambio non e' proprio alla pari con la divisa americana, ma quasi a 0,75 con un crescendo a suo vantaggio che si e' proprio verificato in questi ultimi anni, quando invece il prezzo delle benzina e' sempre salito. Anche qui c'e' qualcosa che non torna.
Per cui, sperare che da queste due situazioni possa scaturire una qualche riduzione per il prezzo al consumo, e' pura illusione.
L'unico sistema a nostro avviso sarebbe la riduzione della leva fiscale, che oggi incide di quasi il 70% sul prezzo finale, e che non si capisce perche' non possa essere portato solo al livello dell'Iva, cioe' il 20%. Cioe', si capisce perche' sia a questo livello (dagli aumenti degli stipendi degli autoferrotramvieri milanesi ai contributi per la guerra d'Abissinia....), ma non si capisce perche', col prezzo piu' basso al dettaglio, non si incentivi la riduzione dei costi di tutte le produzioni e servizi di qualunque italiano.
Forse questo accade perche' il concetto e la pratica del libero mercato sono solo roba da libri di scuola?
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