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Il servizio pubblico radiotelevisivo: eterno?
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Editoriale di Vincenzo Donvito
1 febbraio 2004 0:00
 
L'Assemblea del Consiglio d'Europa, nella sua sessione dello scorso 27 gennaio ha approvato una raccomandazione ai Paesi membri in materia di servizio pubblico radiotelevisivo. Per chi la volesse leggere integralmente, puo' farlo a questo indirizzo: clicca qui, dove volendo c'e' anche l'intero rapporto di riferimento (c'e' la versione sia in lingua francese che inglese, ma non italiana).
In questi giorni l'attenzione di molti di noi e' protesa verso il servizio pubblico: vuoi la scadenza del pagamento di quella tassa sul possesso di un apparecchio televisivo che beffardamente viene chiamato "abbonamento", vuoi le polemiche in corso sulla bocciatura della legge per il riordino dell'assetto televisivo (la cosiddetta legge Gasparri che il presidente della Repubblica, dopo l'approvazione da parte del Parlamento, ha rimandato indietro). E non e' un caso, tra l'altro, che la petizione che chiede l'abolizione di questa tassa/canone, pubblicata sul nostro portale a questo indirizzo: clicca qui, proprio in questi giorni sta raccogliendo un altissimo numero di adesioni.
Il problema e' vivo, piu' che mai. E sentito.
La raccomandazione del Consiglio, citando Paesi come Italia, Grecia, Portogallo e Spagna, ha parlato di "clientelismo politico" e "paternalismo statale", e che la "partitocrazia ha impedito la completa separazione dei servizi di radiodiffusione pubblica dal controllo diretto del potere politico". Sulla Rai ha menzionato la sua politicizzazione, che si esplica "nella divisione dei suoi tre canali tra i principali partiti politici, situazione che si e' aggravata con l'attuale Governo"E quindi una serie di raccomandazioni "da manuale" sulla necessita' dell'indipendenza, di alcuna ingerenza nell'indipendenza editoriale e l'autonomia istituzionale dei giornalisti che lavorano per questo servizio pubblico.
Sinceramente noi non sappiamo se la situazione della Rai si sia aggravata con l'ultimo Governo, perche', indipendentemente dalla qualita' dei programmi (che andrebbe analizzata caso per caso), ci appare un assetto sempre sotto il controllo dei partiti politici: se poi al Governo prima ce n'erano alcuni e ora ce ne sono altri, e' ovvio che lo sbilanciamento a favore del Governo sia piu' marcato. Noi non siamo partigiani di questa o quell'altra parte, ma cerchiamo di fare gli interessi di chi -costretto a pagare la famosa e odiosa gabella del possesso- vorrebbe quanto meno fruire del male minore.
Ma ci sembra proprio che per fare questo dovremmo -come si dice- cominciare a sparare sulla Croce Rossa.
Per cui ci limitiamo ad evidenziare le contraddizioni e a mettere a disposizione -pur coi nostri limitati mezzi- alcuni servizi per cercare di non perdere la speranza (la petizione e gli spazi di domande e discussione che offriamo sul portale).
A ognuno, con la propria speculazione, la capacita' di giudicare e farsi un'idea sulle possibili alternative. Noi ne suggeriamo una (al di la' del modello Usa dove di fatto il servizio pubblico non e' mai esistito), quella di un Paese dal clima molto simile al nostro, la Nuova Zelanda, dove il servizio pubblico radiotelevisivo non esiste perche' hanno deciso di abolirlo. Certo, certo e' agli antipodi (geografici) del nostro Paese .... e per questo che ci piace? No, ma e' l'unico che abbiamo trovato nel mondo cosiddetto occidentale con queste caratteristiche, e quindi lo indichiamo: attraverso Internet ci si puo' avventurare a capire come e perche' (magari a partire da questo indirizzo: clicca qui).
Buona informazione.
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