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Il tollerato sistema truffaldino bancario... e la collaborazione dei clienti
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Editoriale di Alessandro Pedone
1 febbraio 2012 12:42
 
 Quando, sistematicamente, si fanno firmare ai clienti fogli riportanti dichiarazioni palesemente false non siamo davanti ad un sistema truffaldino?
Questo è ciò che accade, lo ripeto, sistematicamente ogni giorno presso ogni filiale di banca italiana. Il recente caso del Convertendo BPM (nel quale i clienti hanno perso circa il 90%! del loro capitale) non è che l'ultimo esempio di questo andazzo ed è sicuramente gravissimo poiché coinvolge migliaia di persone in un'operazione che la banca ha fatto direttamente sul proprio capitale, quindi nel massimo del conflitto d'interessi possibili.
Ma ciò che è - se possibile – più grave è che questo modo di fare è diffusissimo.
In Italia abbiamo delle norme a tutela dei risparmiatori decisamente avanzate, in teoria, ma inutili, in pratica, perché vanificate da dichiarazioni false controfirmate dai clienti. Riprendiamo l'esempio del Convertendo BPM per capirci.
Dopo l'introduzione in Italia della MIFID le banche non possono più consigliare operazioni inadeguate al profilo d'investitore del cliente. Se lo fanno, rischiano seriamente di dover risarcire il danno. C'è però una "scappatoia". Ovviamente illegale, ma difficile da dimostrare in tribunale.  
Nel caso in cui sia il cliente a chiedere di eseguire un'operazione, le banche devono verificare se l'operazione è appropriata al cliente e se non lo è devono fargli firmare un modulo nel quale il cliente dichiara di essere stato avvertito che l'operazione non è appropriata per lui e che nonostante questo avvertimento insiste a voler fare l'operazione che è stata richiesta da lui.
Ebbene, dall'esame della documentazione sul Convertendo BPM che ci hanno inviato i risparmiatori coinvolti, quasi tutti i casi che abbiamo analizzato (come vedremo c'è pure di peggio!) riportano la dichiarazione (chiaramente falsa!) che l'iniziativa di acquistare il titolo sarebbe venuta dal cliente e quasi tutti hanno firmato la dichiarazione di non appropriatezza. In non pochi casi (comunque minoritari) si riscontrano anche firme false, ma nella maggioranza dei casi le firme venivano apposte su moduli non ancora completati o semplicemente il cliente non leggeva quello che firmava e non chiedeva spiegazioni.
Naturalmente è del tutto inverosimile che i clienti della banca vadano a chiedere uno specifico titolo. Tutti sappiamo che normalmente, quando un risparmiatore ha dei soldi da investire, va in banca e chiede consiglio. Sono molto rari (purtroppo) i casi di persone che scelgono autonomamente gli investimenti finanziari.
In alcuni moduli, per esagerare, è stata barrata perfino la casella dove il cliente dichiarava di essere un investitore professionale, in pratica al pari di una banca o una società d'investimento! Naturalmente questo genere di investitori professionali non sono coperti dalle tutele che la legge prevede per i comuni clienti delle banche.
Questa caso ci esemplifica molto bene come delle norme molto avanzate a tutela della parte più debole vengano sistematicamente aggirata attraverso il costume truffaldino di far firmare ai clienti dichiarazioni false. Naturalmente, affinché la truffa riesca, è necessaria la collaborazione dei clienti che spessissimo firmano moduli in bianco, non ancora compilati, o semplicemente non leggono quello che firmano. “Una firmetta, qui... qui... e qui” è una delle frasi più comuni in banca.
Come evitare che tutto questo accada?
E' indispensabile passare da un sistema basato sulle scartoffie ad un sistema basato sui servizi standard. Ne abbiamo parlato altre volte (La tutela degli investitori passa dalla semplicità, non da una finta educazione).  
Il concetto è molto semplice: i comuni investitori semplicemente non posso investire in strumenti finanziari complicati. Le autorità devono identificare delle tipologie di prodotti e servizi d'investimento che possono essere proposte ai normali investitori. Chi desidera investire in cose più complicate deve dimostrare, attraverso la frequentazione di appositi corsi ed il superamento di appositi esami, di averne le competenze.
E' inutile avere una legislazione formalmente molto tutelante ma che poi viene sistematicamente aggirata. E' necessario rovesciare il discorso. Salvo che si dimostri il contrario, gli investitori dovrebbero avere accesso solo ad una limitata e controllata gamma di prodotti e servizi finanziari. Alle banche semplicemente non dovrebbe essere consentito di  proporre le loro schifezze a chi non dimostra di poterle comprendere.
Arriveremo mai ad una riforma del genere?
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