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Trasparenza negli investimenti: dopo il flop del 2019 ecco 3 punti da cambiare
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Editoriale di Alessandro Pedone
15 ottobre 2019 16:27
 
Entrati nell’ultimo trimestre dell’anno possiamo affermare con sicurezza che la norma sulla trasparenza dei costi nei servizi d’investimento è stata una vero e proprio flop.
Nell’ultimo trimestre dell’anno 2019 la quasi totalità degli investitori non conosce il costo effettivo sostenuto nel 2018 per la gestione dei propri risparmi.
Questo è quanto emerge dalle primissime reazioni degli investitori che hanno compilato il Test Trasparenza che abbiamo proposto sul nostro nuovo sito che abbiamo dedicato al tema della Trasparenza negli Investimenti finanziari.

Ricordiamo brevissimamente cosa prevede la norma.
Tutti gli intermediari finanziari devono inviare una comunicazione nella quale indicano ai clienti i costi complessivi effettivamente applicati nell’anno precedente e l’incidenza che questi hanno avuto nel rendimento complessivo.
La stessa norma prevede anche la facoltà per il cliente di richiedere la specifica analitica dei costi.

Nel 2019 gli intermediari finanziari si sono comportati in modo inqualificabile, perché nella grande maggioranza hanno inviato i rendiconti del 2018 in gravissimo ritardo, spesso durante le vacanze estive, e lo hanno fatto, in genere, con documenti illeggibili. Sia perché lunghissimi, sia perché pieni di informazioni irrilevanti oltreché intestati in modo ambiguo.
In pratica un cliente che non sia già informato che quel documento contiene una informazione così rilevante, non ha praticamente speranza di riuscire a leggerla.

Ci sono casi particolarmente gravi, come quello di Mediolanum o di UBS.
Mediolanum ha inviato un rendiconto che non contiene il dato essenziale: il costo complessivo e l’incidenza dello stesso sul rendimento. A nostro avviso questo viola espressamente la lettera della norma, per questo abbiamo inviato una lettera aperta chiedendo ai vertici di Mediolanum di inviare una integrazione. Per il momento non ci hanno ancora risposto.

UBS, a tutt’oggi non ci risulta abbia ancora inviato il rendiconto! Chissà se vorrà farlo come regalo di Natale ai propri clienti…

Che cosa non ha funzionato?
Il principio della norma è sicuramente sacrosanto, far conoscere ai clienti quanto effettivamente hanno speso. Perché il risultato non è stato raggiunto e la norma ha fatto un flop così clamoroso?
Vediamo i tre principali limiti.
1) La norma non specifica una data entro la quale il rendiconto deve essere ricevuto dal cliente. E’ evidente che il buonsenso direbbe che un rendiconto relativo al 2018 debba essere inviato al massimo, entro il primo trimestre dell’anno successivo. Non specificando niente, le banche italiane hanno pensato bene di fare strage del buonsenso ed hanno preferito inviare i rendiconti nel periodo in cui sapevano benissimo che i clienti erano meno propensi a leggere la corrispondenza postale inviata.
2) La norma consente che questo dato fondamentale possa essere comunicato insieme ad altre comunicazioni. Anche qui, se vi fosse buona fede da parte delle banche, la previsione normativa potrebbe essere ragionevole. Purtroppo è stato fatto un abuso di questa ragionevolezza. Alcuni rendiconto contengono, contemporaneamente, ritagli di giornali, pubblicità di iniziative di beneficenza, immagini pubblicitarie varie, commenti sull’andamento dei mercati nel 2018, informazioni su vari aggiornamenti normativi.
3) Mentre è prevista una precisa tabella che indica quali costi vadano sommati per determinare il costo complessivo, non è previsto nessun formato standard di presentazione di questo dato. Alcune banche, sempre in evidente malafede, hanno affogato questo dato in mezzo ad una noiosissima pagina. Banche più corrette lo hanno presentato in forma tabellare, molto più leggibile. La leggibilità e confrontabilità del dato è fondamentale.

Cosa fare?
Le autorità di vigilanza dovrebbero prevedere tre semplici miglioramenti alla norma:
  • Prevedere una data di scadenza entro il quale il cliente deve ricevere l’informazione sul totale dei costi effettivamente sostenuti e l’incidenza degli stessi sul rendimento. Una data ragionevole potrebbe essere il 31 gennaio dell’anno successivo. Ma anche il 31 marzo potrebbe ancora essere accettabile.
  • Non solo la comunicazione non dovrebbe essere abbinata a nessun altra informazione, ma l’informazione dovrebbe essere ripetuta in tutti gli estratti conto relativi agli investimenti dell’anno.
  • Così come è previsto una schema standard di presentazione delle informazioni chiave per i prodotti finanziari, la comunicazione sui costi ex-post dovrebbe essere fornita seguendo un preciso schema definito dalle autorità di vigilanza.
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