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La tutela degli investitori passa dalla semplicità, non da una finta educazione
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Editoriale di Alessandro Pedone
25 novembre 2009 12:35
 
Il tema dell'educazione finanziaria sta diventando caldo da quando in Parlamento sono stati presentati –e sono in discussione- disegni di legge che prevedono soldi pubblici per l'educazione finanziaria.
Il testo attualmente all'esame della commissione Industria, Commercio e Turismo del Senato fa capire chiaramente che il vero obbiettivo è ampliare il business della formazione ed in particolare delle associazioni di consumatori di Stato.
Il disegno di legge prevede la costituzione di un fondo pubblico attraverso una sorta di imposta sulle "società finanziarie che erogano crediti al consumo", le quali dovrebbero versarvi il 5% delle loro spese pubblicitarie. Questo fondo servirebbe per finanziare i progetti di educazione finanziaria realizzati dalle associazioni di consumatori di Stato e da un gruppo di soggetti accreditati in un "Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria" (il nome chiarisce meglio di ogni altra cosa la cultura politica di questi soggetti...).
Il primo firmatario del disegno di legge è il senatore dell'Italia dei Valori, Elio Lannutti, presidente di un'associazione di consumatori la quale percepirebbe una fetta consistente di questi fondi (conflitto di interessi!).

La nostra facile previsione: soldi buttati
Qualora la proposta fosse approvata è facile prevedere utilità massima per i soggetti che si spartiranno soldi pubblici, utilita' minima o nulla per la maggioranza degli investitori.
Intendiamoci, l'informazione e l'educazione finanziaria è una cosa utilissima. Il canale "Investire Informati" del sito dell'Aduc è nato proprio perché crediamo che una fetta della popolazione (per quanto piccola) possa essere interessata ad informarsi prima di effettuare scelte finanziarie. Chi ha questa lungimiranza corre meno rischi di prendere cantonate e può fare scelte più oculate.
Il problema è che la maggioranza delle persone non è affatto interessata ad essere "educata" finanziariamente. Le analisi di un certo spessore effettuate in altre nazioni sulle diverse attività di educazione finanziaria, dimostrano chiaramente che i risultati sono più che deludenti, quando non controproducenti (si veda l'interessante studio della professoressa Lauren E. Willis della University of Pennsylvania Law School, consultabile qui).
In finanza essere ignoranti è preferibile rispetto ad avere una cultura finanziaria scarsa. Chi è ignorante solitamente sta alla larga dai pericoli.
Chi ha una cultura finanziaria insufficiente (ma non del tutto assente) solitamente non se ne rende conto e si avventura in rischi che non ha pienamente compreso: più facilmente è vittima dei venditori della finanza. 
Affinché l'educazione finanziaria sia efficace è indispensabile che la persona abbia la giusta predisposizione, una reale volontà, che nella maggioranza dei casi non esiste.

Le alternative: automobile, mezzi pubblici e taxi
Che fare allora, per tutelare tutti coloro che legittimamente non desiderano fare lo sforzo per crearsi una adeguata cultura finanziaria?
Può essere utile, in primo luogo, chiarire che la tutela di questi soggetti è anche un interesse pubblico: un cittadino che fa scelte finanziarie sconsiderate non fa danno solo a se stesso, ma all'intera società poiché crea costi che dovranno, in qualche modo, essere sostenuti dalla collettività (chi sperpera tutti i soldi in investimenti sballati e si ritrova senza pensione, ottiene comunque la minima dallo Stato). Da questa considerazione ne consegue un principio: per utilizzare determinati strumenti finanziari è necessaria un'adeguata cultura in materia, una sorta di "patente" che abiliti a viaggiare lungo i percorsi, spesso tortuosi, della finanza. 
Chi vuole utilizzarli deve formarsi, chi non vuole deve avere una alternativa standard per rispondere alle esigenze di base.
Se vuoi avere la comodità dell'automobile, devi avere la patente (e quindi studiare come si conduce un mezzo di trasporto senza fare danni a te stesso e agli altri) altrimenti prendi i mezzi pubblici.
Quali potrebbero essere i mezzi pubblici nel mondo della finanza? Le scelte standard.
Le autorità di vigilanza dovrebbero creare una sorta di "opzione di default" per le più comuni esigenze finanziarie.
Non si tratterebbe, chiaramente, delle opzioni potenzialmente migliori, ma di quelle più adatte a coloro che non hanno una necessaria cultura finanziaria per valutare le alternative.
Gli intermediari finanziari dovrebbero essere abilitati a vendere ai clienti senza la necessaria "patente" soltanto gli strumenti finanziari conformi alle caratteristiche standard definite tali dalle autorità di vigilanza.

L'alternativa, sia ai mezzi pubblici che all'auto di proprietà, è il taxi
Nel mondo della finanza il taxi è il consulente finanziario. Che deve assumersi la responsabilità di consigliare il mix di strumenti finanziari più adeguati alle caratteristiche ed agli obiettivi del cliente. Se ti avvali di un consulente finanziario non hai bisogno della "patente"  come per guidare un'automobile (cioè sottoscrivere strumenti finanziari non conformi alle "opzioni di default" definite dalle autorità di vigilanza) poiché a "guidare" dovrebbe essere il consulente.
Qui nasce il grande problema della remunerazione del "tassista-consulente", affinché si possa avere la ragionevole certezza che la valutazione di adeguatezza sia fatta in scienza e coscienza e non influenzata dagli interessi del consulente.
Secondo l'economista Robert Shiller, la metodologia di remunerazione più efficace è la parcella oraria pagata direttamente dal cliente (Shiller si spinge a prevedere la possibilità di scaricare dalle tasse questi costi, come le spese mediche). Non v'è dubbio, infatti, che sebbene sia possibile pensare –astrattamente– ad un buona consulenza finanziaria fatta da soggetti retribuiti dai produttori di servizi finanziari, nella realtà gli interessi dei clienti e quelli dell'industria finanziaria sono inevitabilmente in conflitto e ciò, mediamente, penalizzerà il soggetto più debole, ovvero quello con meno informazioni.

In sintesi. Le alternative che dovrebbe avere un potenziale investitore sono:
1) sottoscrivere l'opzione standard conforme ai dettami dell'autorità di vigilanza, che non garantisce la migliore soluzione in assoluto ma rappresenta quella ritenuta più adeguata a chi non ha le necessarie conoscenze per scegliere le alternative più complesse;
2) crearsi una cultura finanziaria adeguata partecipando ad una serie di attività di formazione e superando un esame;
3) avvalersi della consulenza di un professionista che farà la valutazione di adeguatezza in base alle informazioni fornite su caratteristiche e bisogni.
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