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 ITALIA - ITALIA - Cannabis vietata alle donne? Ascia: appello al Parlamento
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Notizia 
19 marzo 2012 11:54
 
Ci rivolgiamo in particolar modo alle donne che rivestono un ruolo di responsabilità alla Camera o in Senato, ma ci auguriamo che anche qualche uomo possa far propria l'indignazione di fronte a quanto approvato dall'UNODC a Vienna durante la 55a sessione della Commissione Stupefacenti delle Nazioni Unite, su proposta del DPA italiano.
Cosi' un comunicato dell'Ascia (associazione per la sensibilizzazione sulla canapa autoprodotta in Italia), che continua:
Il DPA nel suo sito riporta enfaticamente: "Si tratta di un grande successo per l'Italia e per il Dipartimento Politiche Antidroga... la risoluzione adottata, che ribadisce e fa adottare ai paesi delle Nazioni Unite, politiche e interventi specifici a favore delle donne, sia per prevenire l'uso di droghe sia per orientare i servizi di cura e riabilitazione agli specifici bisogni del sesso femminile e dei loro figli".
Nello specifico si parla di: "pieno recupero delle donne tossicodipendenti e delle ragazze che, anche occasionalmente, usano sostante stupefacenti... Senza dimenticare e tutelare tutte quelle donne che subiscono violenze e traumi correlati all'uso di droghe, le donne in gravidanza e quelle che già hanno figli, le donne in carcere, la prevenzione di tutte le patologie correlate all'uso di droghe, la realizzazione di campagne informative dedicate rivolte alle donne."
Chissà di quale forma di tutela si parla, a noi sembra molto simile alla 'tutela' che hanno le donne in! alcuni Paesi Arabi o comunque islamici (Arabia Saudita, Iran, Afghanistan ecc.), dove la donna è costretta al controllo parentale da parte del marito o padre, oltre ad essere soggetta agli innumerevoli doveri di comportamento sociale imposti dalla legge islamica!
Di colpo la donna (per uso di sostanze stupefacenti) viene catapultata nel medioevo, con un protezionismo tipicamente maschilista, dove la donna è l'essere 'debole' da tutelare e controllare fuori dalla sua volontà e chiaramente tutto motivato anche dal 'ruolo' educativo svolto dalle madri.
Ma nonostante le buone intenzioni che sembrano espresse dalla risoluzione, c'è poco da stare tranquilli, soprattutto considerando che la linea promossa da Giovanardi & C. è considerata ancora valida dal nuovo ministro Riccardi.
Quanto enunciato nell'articolo del DPA fa pensare a future proposte legislative tipo:
- Obbligo di droga test in caso di gravidanza (la madre è responsabile del bambino e quindi sarà punita magari togliendole l'affidamento).
- Obbligo di droga test per tutte le madri fino alla maggiore età del figlio (idem come sopra)
Chiediamo alle Onorevoli Parlamentari di vigilare e reagire affinché vengano fermati sul nascere i tentativi per re-instaurare uno stato di pura sudditanza delle donne e minare il loro sacrosanto diritto all'autodeterminazione.

Questo articolo è stato inviato tramite NL a tutti i deputati, senatori e media, Vi invitiamo a sostenerci partecipando alla mailbombing indirizzata ai ministri Fornero e Riccardi e alle donne membri della Commissione della Camera per gli Affari Sociali:
[email protected]
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Oggetto: Appello alle Onorevoli Deputate e Senatrici Testo mailbombing:
Esprimo con la presente tutta la mia preoccupazione circa la risoluzione proposta dal DPA ed adottata dall'UNODC al 55° convegno sulle politiche antidroga appena conclusosi a Vienna: http://www.politicheantidroga.it/comunicazione/comunicati/2012/marzo/vienna.aspx
Tramite questa risoluzione, teoricamente propositiva nei confronti della tutela delle donne e dei minori, appare inquietante l'aspetto repressivo che potrebbe sfociare con le seguenti applicazioni pratiche:
- Obbligo di droga test in caso di gravidanza (la madre è responsabile del bambino e quindi sarà punita magari togliendole l'affidamento).
- Obbligo di droga test per tutte le madri fino alla maggiore età del figlio (idem come sopra)
Chiediamo alle Onorevoli Parlamentari di vigilare e reagire affinché vengano fermati sul nascere i tentativi per re-instaurare uno stato di pura sudditanza delle donne e minare il loro sacrosanto diritto all'autodeterminazione.


RISPOSTA DEL DPA ALLE DICHIARAZIONI ASSOCIAZIONE ASCIA


Si trasmette la risposta del Dipartimento per le Politiche Antidroga alle dichiarazioni dell'associazione ASCIA sulla risoluzione su droghe e genere femminile, presentata dall'Italia e dall'Europa ed approvata dalle Nazioni Unite la settimana scorsa.

Ci dispiace vedere come il lavoro di questo Dipartimento per ottenere una risoluzione delle Nazioni Unite in difesa dei diritti delle persone di sesso femminile nel campo della prevenzione, cure e riabilitazione della tossicodipendenza, possa essere stato cosi mal interpretato da qualche organizzazione che promuove la legalizzazione delle droghe. Si tratta infatti di una risoluzione che per la prima volta ha dato una svolta decisiva in materie di approcci e strategie diversificate per il genere femminile a livello mondiale.

Questo Dipartimento è orgoglioso di aver presentato, a nome dell'Italia, il testo di questa risoluzione. Va ricordato che la stessa è stata condivisa e votata prima dai 26 stati Europei e, in seguito, dai 193 paesi delle Nazioni Unite segnando cosi una grande svolta, non solo in Italia ma in tutto il modo relativamente al corretto approccio che bisognerebbe tenere nei confronti delle problematiche femminili.

Siamo sorpresi che un tale evento possa essere così scorrettamente interpretato, invece di provare un giusto orgoglio di essere il Paese che ha proposto ed ottenuto questo cambiamento in una sede cosi elevata.

L'idea di proporre un testo che tenesse conto delle differenze di genere nasce sulla base di evidenze scientifiche che hanno dimostrato che le donne reagiscono rispetto alle problematiche droga e alcol correlate e maturano in modo diverso rispetto agli uomini. Esse infatti hanno problemi diversificati legati al loro ruolo nella società, in famiglia e a particolari vulnerabilità genere dipendenti e quindi necessitano di un approccio diversificato dalle persone di sesso maschile, sia in materia di prevenzione, di trattamento che in materia di recupero.

Pertanto si invita a prendere visone del testo integrale della risoluzione sul sito www.politicheantidroga.it affinché vi sia la possibilità diretta da parte di tutte le persone che hanno ricevuto la comunicazione distorta dell'ASCIA di poter rendersi conto di persona di quanto approvato da tutti gli stati convenuti in una libera e democratica assemblea delle Nazioni Unite, nel rispetto delle singole legislazioni, delle diversificate culture e principi sociali dei vari stati partecipanti.


CONTRORISPOSTA DI ASCIA

Egregi signori del DPA, noi non possiamo negare che la vostra risoluzione sia stata condivisa da tutti i Paesi che hanno partecipato ai lavori dell'UNODC, ma il pensiero dominante non sempre è quello vincente o giusto e la Storia dovrebbe insegnarci di come molte volte una maggioranza politica abbia recato danni e sofferenze alla maggioranza della razza umana.
Centinaia di migliaia di roghi furono accesi per tre secoli e centinaia di migliaia di vittime furono arse vive per decisione di poche decine di cardinali, con la convinzione che alcuni valori ancestrali fossero eresie inaccettabili.

Decine di milioni di africani furono trattati come merce, rapiti dalle loro terre, venduti e incatenati, per la decisione di alcuni governi europei che dalla tratta degli schiavi ricevevano ingenti profitti.

Milioni di ebrei passarono come fumo dai camini dei lager, per la decisione di un gruppo sparuto di filosofi e politici che dell'ebraismo fecero un nemico da annientare.

E potremmo continuare in una macabra lista delle nefandezze commesse da pochi a danno di molti, dai gulag staliniani, agli stermini operati da Pol Pot e dalla sua banda di sanguinari in Cambogia, ma non è nostra intenzione fare una lezione storia, il nostro intento è verificare se, all'interno di un confronto, in un Paese che definiamo convenzionalmente civile e democratico, possano esistere regole e dinamiche condivise che dovrebbero sostenerlo o se, come nei tempi passati, debba essere solo la convinzione del giusto, monopolio dei potenti, ad imporre regole e castighi.

Non saremmo così determinati in questa lotta che amiamo definire "per i diritti civili", se la politica adottata dal momento dell'entrata in vigore della "fini-giovanardi", non avesse causato decine di migliaia di arresti per la maggior parte delle volte ingiustificati, perché operati nei confronti di una criminalità inesistente.

Certo, non ci sono più i roghi, né le catene, né i camini dei forni, né tanto meno campi di prigionia e stragi incontrollate, ma le migliaia di persone che varcano le porte del carcere ogni anno, a causa di una legge che "criminalizza" a prescindere, non è sicuramente un segno di civiltà!

Abbiamo invitato più volte il DPA ad un confronto e ultimamente abbiamo chiesto di essere ascoltati anche dai ministri Riccardi e Fornero, ma, come da praticata usanza dei "regimi" più o meno dichiarati, a questi inviti non è mai seguita una predisposizione da parte degli interlocutori, che preferiscono continuare con proclami terroristici sulle conseguenze, a loro dire "nefaste", dell'uso di cannabis.

Riproponiamo dunque l'invito ad aprire un tavolo di confronto, dove poter gettare le basi per un diverso approccio nei confronti di un fenomeno diffuso e convenzionalmente accettato, visto che in Italia si stimano circa 5.000.000 di consumatori che, secondo la logica del DPA, sarebbero tutti potenziali criminali.

Infine vorremmo chiedere al DPA, a proposito delle "differenze di genere sulla base di evidenze scientifiche", come mai questa sensibilità venga dimostrata solo per quanto riguarda l'uso di sostanze stupefacenti da parte del "genere femminile", mentre lo stesso metro di misura non viene usato per quanto riguarda l'impegno delle donne nella famiglia, nel lavoro e nelle responsabilità sociali.
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