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 ITALIA - ITALIA - Censura. Cassazione: si puo' scrivere, quando e' vero, che un magistrato vende olio in tribunale
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Notizia 
3 ottobre 2011 16:35
 
La Cassazione ha detto 'no' al ricorso con il quale un magistrato, Antonio G., chiedeva all'editore di un grande quotidiano il risarcimento dei danni 'alla propria identita' personale e alla propria immagine' per un articolo nel quale si dava notizia del fatto che il togato vendeva contenitori di olio nel suo ufficio in Procura. E per questo aveva ricevuto una lettera di richiamo dal procuratore capo 'che lo invitava ad astenersi da tale comportamento'.
In primo grado il tribunale di Bologna - all'epoca dell'articolo ritenuto lesivo della sua onorabilita' il Pm in questione era sostituto procuratore proprio presso il tribunale felsineo - aveva accolto la richiesta di un risarcimento. In appello invece, con sentenza del 2008, i magistrati avevano ritenuto che gli articoli pubblicati nel 1997, su questa vicenda del commercio di olio in Procura, 'si fossero limitati a chiarire quanto esattamente accaduto, e cioe' che Antonio G.
aveva in realta' venduto alcune lattine di olio, proveniente da un'azienda gestita dai suoi familiari, all'interno del suo ufficio, e per questo aveva ricevuto una lettera di richiamo'.
Adesso anche la Suprema Corte ha condiviso il no al risarcimento dopo aver esaminato le carte processuali dalle quali e' emerso come 'provato il fatto sul piano storico alla luce' degli elementi acquisiti nel processo. Antonio G. oltre a vedersi respinto il ricorso e' stato condannato anche a pagare 3.200 euro per le spese di giustizia (sentenza 19805 della Terza Sezione Civile in tema di diffamazione)
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