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 EUROPA - EUROPA - Fecondazione, Cedu: divieto donazione embrioni per la ricerca non viola diritti umani
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27 agosto 2015 17:23
 
Impedire a una donna di donare gli embrioni ottenuti da fecondazione in vitro ai fini della ricerca scientifica non è contrario al rispetto della sua vita privata. Lo ha deciso la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo, nella sua sentenza relativa al caso della vedova di Nassiriya, Adele Parrillo.
Nella sentenza sul caso Parrillo contro Italia (ricorso 46470/11), la Corte europea dei diritti dell'uomo "ha dichiarato, con 16 voti a 1, che non c'è stata nessuna violazione dell'articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo". Il caso riguardava il divieto contenuto nella legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita vigente in Italia, "che impediva alla signora Parrillo di donare embrioni ottenuti da fecondazione in vitro, che non erano stati impiegati per una gravidanza, alla ricerca scientifica". "La Corte, che è stata chiamata per la prima volta a pronunciarsi su questo problema", si legge in una nota dei giudici di Strasburgo, aveva giudicato ricevibile l'ipotesi di violazione dell'articolo 8, dato che "gli embrioni in questione contenevano materiale genetico della signora Parrillo e di conseguenza rappresentano un elemento fondamentale della sua identità. La Corte ha ritenuto, in via preliminare, che in Italia doveva essere dato un notevole margine di manovra su questa delicata questione, come confermato dalla mancanza di un consenso europeo e testi internazionali in materia". "La Corte ha poi ricordato che il processo di elaborazione della legge 40/2004 aveva dato luogo a notevoli discussioni e che il legislatore italiano aveva preso in considerazione l'interesse dello Stato nel proteggere l'embrione e l'interesse delle persone a esercitare il loro diritto all'autodeterminazione", anche se in questo caso "non era necessario esaminare la delicata e controversa questione di quando inizia la vita umana, dato che non era stato invocato l'articolo 2 (diritto alla vita)". Infine, notando che "non c'è alcuna prova che il compagno defunto della signora Parrillo avrebbe voluto donare gli embrioni alla ricerca medica, la Corte ha concluso che il divieto in questione è necessario in una società democratica".
Come punto addizionale all'ammissibilità della richiesta, la Corte precisa di aver esaminato per la prima volta se la procedura per sollevare la questione di costituzionalità, introdotta in Italia nel 2007, rappresentasse un ricorso interno da tentare prima di rivolgersi a Strasburgo. Concludendo che, nel caso specifico, questa forma di 'tentativo domestico', cioè la scelta di rivolgersi alla Consulta prima che a Strasburgo, non dovesse essere obbligatoriamente eseguito. Nel 2002 la coppia era ricorsa alla fecondazione in vitro, che aveva dato origine a 5 embrioni, crioconservati presso una clinica privata romana. Nel 2003 la tragedia: il compagno di Adele, classe 1954, perde la vita nell'attentato in Iraq. Non volendo procedere con l'impianto degli embrioni, Adele ha richiesto di poterli donare ai fini della ricerca scientifica, per contribuire a trovare trattamenti per malattie difficili da curare. Ma la legge italiana proibisce esperimenti su embrioni umani anche a questo scopo, punendoli con la reclusione in carcere da 2 a 6 anni. Per tale motivo la donna si era rivolta nel 2011 alla Corte Edu.

"La Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo ha riconosciuto la ragionevolezza della legge 40 a partire dal non avere ridotto gli embrioni ad una proprietà": e' il ministro della Salute Beatrice Lorenzin a spiegarlo. La Corte, ha aggiunto il ministro, ''ha stabilito che il nostro Paese, quando con la legge 40 vieta la ricerca che distrugge gli embrioni umani, 'non viola la Convenzione dei diritti umani, e tiene conto dell'interesse di tutti i soggetti coinvolti. La Corte ha fatto riferimento esplicito al 'dibattito significativo' che si è creato in Italia su questo tema, evidenziandone la delicatezza e ricordando anche che non c'è consenso, in Europa, nel merito; ha quindi riconosciuto la ragionevolezza del margine di azione della nostra legge in questo ambito''. Innanzitutto perché gli embrioni, ha aggiunto Lorenzin "non possono essere ridotti a una proprietà come definita dalla Convenzione stessa, e quindi non si può chiedere di donarli alla ricerca invocandone il diritto di proprietà. I giudici hanno poi stabilito che in questo caso non è stato neppure violato il diritto al rispetto della vita privata di chi invece quegli embrioni desiderava fossero utilizzati a scopo di ricerca. Sullo stesso argomento - il divieto di distruggere embrioni per fini di ricerca scientifica - aspettiamo un pronunciamento definitivo della Corte Costituzionale nei prossimi mesi, che riguarderà, in generale, la legittimità o meno di tale divieto rispetto alla nostra Carta Costituzionale''.

"Strasburgo rinvia all'Italia la decisione" sulla donazione degli embrioni alla ricerca. "Ora intervenga il Governo", chiede Filomena Gallo, avvocato e segretario dell'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica. "Come Associazione Luca Coscioni, con le associazioni di pazienti Cerco un bimbo, L'altra Cicogna e Amica Cicogna, con 48 parlamentari avevamo presentato un amicus curiae a sostegno delle ragioni di Adele Parrillo", ricorda Gallo. "Nel 2014 la Corte europea dei diritti dell'uomo aveva giudicato ricevibile l'ipotesi di violazione dell'articolo 1 del protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti dell''uomo (diritto di proprietà, per cui gli embrioni dovrebbero rimanere a disposizione delle coppie) e dell''articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare). Non quella, sollevata dai ricorrenti, di violazione del diritto alla ricerca scientifica (articolo 10). Nella sentenza emessa oggi sono stati rigettate le motivazioni a difesa della legge 40 presentate dal Governo, è stato ribadito il margine di apprezzamento dell'Italia su tali questioni ed è stato affermato che i diritti di Adele Parrillo non sono lesi dai divieti di utilizzo degli embrioni per la ricerca".
In Italia la Corte Costituzionale, ricorda ancora Gallo, "fisserà a breve l'udienza proprio sul divieto di utilizzo di embrioni per la ricerca scientifica, e i tribunali italiani stanno affrontando le richieste delle coppie di donare alla ricerca embrioni non idonei per una gravidanza. Se il Governo Renzi vuole intervenire prima della Consulta, lo deve fare urgentemente". L'Associazione Coscioni ricorda di avere promosso "un appello al Governo per la libertà di ricerca sugli embrioni, perché la si smetta di dover importare embrioni da Australia, Svezia, Usa, Uk mentre gli embrioni italiani non possono essere toccati. Link all'appello: http://www.associazionelucacoscioni.it/landing/appelli-al-parlamento. La violazione del diritto alla scienza e del diritto per le persone di usufruire dei benefici della ricerca in Italia è calpestato. Tale violazione non era oggetto di ricorso dinanzi alla Corte Edu, dunque proseguiamo con determinazione verso il nostro obiettivo, del quale discuteremo anche al nostro Congresso di Milano del 25-27 settembre".

"Buone notizie da Strasburgo: gli embrioni non sono semplice materiale biologico da utilizzare per esperimenti scientifici. La Corte europea dei diritti umani ha riconosciuto che la legge 40 non viola la Convenzione dei diritti umani quando vieta la ricerca che distrugge gli embrioni umani; tiene conto invece dell'interesse di tutti i soggetti coinvolti. Ed è proprio questo il passaggio chiave che merita di essere sottolineato: la sentenza di Strasburgo riconosce lo status di soggetto all'embrione, proprio perché l'embrione è uno di noi e tutti noi siamo stati in un qualche momento della nostra vita embrioni". Lo dichiara Paola Binetti, parlamentare di Area popolare. "La Cedu ha fatto esplicitamente riferimento al 'dibattito significativo' che si è creato in Italia su questo tema. In altri termini - spiega Binetti - si comincia a guardare alla legge 40 con un maggiore attenzione e speriamo davvero che cessi l'accanimento della magistratura che ha cercato di smantellarla punto per punto, in flagrante contraddizione con la stessa legge e con la volontà popolare. Anche oggi, a distanza di dieci anni dalla sua approvazione, continua il dibattito significativo sui temi e problemi posti dalla legge 40, a cominciare dal divieto dell'utero in affitto, che alcuni vorrebbero abolire. La sentenza di oggi - conclude la parlamentare di Ap - ci fa ben sperare su una riscoperta della dignità della vita umana, fin dal suo concepimento e sul fatto che la vita umana non possa mai essere trattata come un mezzo, per nobile che possa sembrare".

"La decisione della Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo sul caso Parrillo e' di straordinaria importanza perche' nel suo nucleo fondamentale essa afferma che l'embrione non puo' essere oggetto di proprieta' anche quando la sua vita e' appena cominciata e si trova in una provetta. Dunque non e' una cosa. Le cose possono essere oggetto di proprieta', non gli esseri umani". Lo afferma Carlo Casini, presidente onorario del Movimento per la vita, della Federazione europea dei movimenti per la vita UnoDiNoi e rappresentante di Movimento per la vita, Forum delle associazioni familiari e Scienza&vita, tutte intervenute dinanzi alla Corte in opposizione al ricorso Perrillo.

Il no all'utilizzo di embrioni per la ricerca scientifica, stabilito oggi dalla Corte europea dei diritti umani con una sentenza definitiva "non viola i diritti umani e non entra assolutamente nel merito della questione", lo dichiara Emiliano Giardina, Responsabile del Laboratorio di Genetica Forense all'Universita' di Tor Vergata di Roma. Secondo Giardina la decisione di oggi presa dai giudici europei si limita al singolo caso: "dove nella fattispecie manca la figura paterna perche' deceduta - spiega il giurista - e quindi e' un caso particolare che non va preso come esempio da seguire". "La Corte di Strasburgo ha dato un margine ampio senza dare connotazioni precise - conclude Giardina - limitandosi al fatto specifico e lasciando il dibattito sul tema degli embrioni ancora aperto".
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