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 ITALIA - ITALIA - Golden Share. L'Italia si mette in regola con l'Ue e la armonizza
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24 maggio 2010 13:21
 
L'Italia si mette in regola sul fronte della golden share e blocca la procedura di infrazione avviata dall'Ue. E' stato infatti pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente del consiglio che modifica la disciplina del 2004 che consentiva al ministro del Tesoro l'esercizio di poteri speciali in relazione a Eni S.p.a., societa' del Gruppo Stet (Stet S.p.a. e Telecom Italia S.p.a.), societa' del Gruppo Enel (Enel S.p.a., Enel Distribuzione S.p.a., Enel Produzione S.p.a. e Terna S.p.a.) e Finmeccanica S.p.a.. La modifica interviene sull'articolo 1 (comma 2) del dpcm del 10 giugno del 2004 abrogando i poteri speciali che erano stati introdotti a garanzia, tra l'altro, dell'approvvigionamento nazionale dei prodotti petroliferi ed energetici, della garanzia del livello minimo di servizi di telecomunicazione e di trasporto, a tutela di situazioni che potevano configurare grave ed effettivo pericolo per la difesa nazionale.
I poteri speciali (golden share) si concretizzano nella facolta' del ministro del Tesoro, rispetto alle societa' partecipate dallo Stato, di esercitare il gradimento alle assunzioni di partecipazioni rilevanti da parte di investitori, di partecipazioni rilevanti che rappresentino almeno il cinque per cento dei diritti di voto e alla conclusione di patti o accordi tra azionisti che rappresentino almeno il cinque per cento dei diritti di voto. E ancora: poteri di veto all'adozione di delibere di scioglimento delle societa', di trasferimento di aziende, di fusione, scissione, trasferimento della sede sociale all'estero, di cambiamento dell'oggetto sociale, di modifiche rilevanti dello statuto. Il decreto del presidente del Consiglio firmato lo scorso 20 maggio interviene dopo la sentenza della Corte di giustizia delle comunita' europee del 26 marzo 2009 che ha fatto propri i rilievi della Commissione europea in ordine al la violazione degli art. 43 Ce e 56 Ce da parte del decreto del 2004, reo di non specificare sufficientemente i criteri di esercizio dei poteri speciali, cosi' da non consentire agli investitori di conoscere le situazioni in cui detti poteri verranno utilizzati. L'effetto sarebbe quello di scoraggiare gli investitori, particolarmente quelli che intendono stabilirsi in Italia al fine di esercitare un'influenza sulla gestione delle imprese.
Secondo la Commissione, il decreto del 2004 costituisce uno strumento che va oltre quanto necessario per tutelare gli interessi pubblici conferendo all'autorita' italiana ampi poteri discrezionali nel giudicare i rischi per gli interessi vitali dello Stato.
Durante l'udienza, l'Italia aveva anche evocato, per difendere la normativa, l'eventualita' che un operatore straniero legato ad un'organizzazione terroristica tentasse di acquisire partecipazioni in societa' nazionali in un'area strategica; o l'ipotesi che una societa' straniera attiva nel campo delle reti internazionali di trasmissione di energia e che, in passato, avesse creato gravi difficolta' di approvvigionamento a Paesi limitrofi, potesse acquisire azioni in una societa' nazionale. "Tuttavia - ha rilevato la Corte - il decreto del 2004 non menziona alcuna circostanza specifica ed obiettiva. Al contrario sebbene i criteri riguardino diversi tipi di interessi generali, essi sono formulati in modo generico ed impreciso. Inoltre, l'assenza di un nesso tra tali criteri e i poteri speciali ai quali si riferiscono accentua l'incertezza in ordine alle circostanze in cui i medesimi possono essere esercitati e conferisce un carattere discrezionale a detti poteri tenuto conto del potere discrezionale di cui dispongono le autorita' nazionali per il loro esercizio. Un siffatto potere discrezionale e' sproporzionato rispetto agli obiettivi perseguiti".
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