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 ITALIA - ITALIA - Pagare per rinnovo permesso soggiorno? No della Corte Ue di Giustizia
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2 settembre 2015 12:01
 
La direttiva europea sullo status dei cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo non ammette la normativa italiana, che impone ai cittadini di Paesi terzi che chiedono il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno di pagare un contributo di importo variabile tra 80 e 200 euro". Lo ha stabilito oggi la Corte di Giustizia Ue rilevando che tale contributo previsto dall'Italia "e' sproporzionato rispetto alla finalita' perseguita dalla direttiva e puo' creare un ostacolo all'esercizio dei diritti che essa conferisce".
In Italia il permesso di soggiorno per i cittadini di paesi terzi che soggiornano per un lungo periodo e' sottoposto al versamento di un contributo, fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro, secondo il decreto legislativo testo unico sull'immigrazione. Sulla base della normativa preesistente, oltre ai contributi previsti dal decreto del 2011 deve essere versato un importo complessivo di 73,50 euro. La Cgil e l'Inca avevano chiesto al Tar Lazio l'annullamento del decreto italiano sul contributo per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno da parte dei cittadini dei paesi terzi, soggiornanti di lungo periodo. In particolare hanno fatto valere la natura sproporzionata del contributo. Il costo per il rilascio della carta d'identita' in Italia ammonta attualmente a circa 10 euro. Poiche', rileva la Corte, per il permesso di soggiorno l'importo piu' basso fissato dal decreto del 2011 e' di 80 euro, l'onere economico imposto al cittadino dello Stato terzo per ottenere il rilascio del titolo e' circa otto volte piu' elevato. Il Tar Lazio si e' rivolto alla Corte Ue per esaminare la compatibilita' delle norme italiane con le disposizioni del diritto dell'Unione. La Corte di Giustizia Ue si riferisce alla sentenza del 2012 su una causa fra Commissione e Olanda secondo cui lo Stato membro rispetta i principi espressi nella direttiva sullo status dei cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo "solo se gli importi dei contributi richiesti non si attestano su cifre macroscopicamente elevate e quindi sproporzionate rispetto all'importo dovuto dai cittadini di quel medesimo Stato per ottenere un titolo analogo. ad esempio, la carta nazionale d'identita'". L'Olanda prevedeva un importo pari a circa sette volte l'importo richiesto per la carta d'identita'. Nella sua sentenza di oggi, la Corte di giustizia ricorda innanzitutto che l'obiettivo principale della direttiva e' l'integrazione dei cittadini di paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri. I giudici europei riconoscono che gli Stati membri possono subordinare il rilascio al pagamento di contributi e che, nel fissarne l'importo, dispongono di un margine discrezionale. Tuttavia, "tale potere discrezionale non e' illimitato, non puo' compromettere la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva e deve rispettare il principio di proporzionalita'; i contributi non devono creare un ostacolo al conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo". L'incidenza economica del contributo italiano puo' essere considerevole a maggior ragione per il fatto che, in considerazione della durata dei permessi e il loro rinnovo deve essere pagato assai di frequente. La Corte sottolinea, inoltre, che "la meta' del gettito prodotto dalla riscossione del contributo e' destinata a finanziare le spese connesse al rimpatrio dei cittadini dei paesi terzi in posizione irregolare". Di conseguenza respinge l'argomento del governo italiano secondo cui il contributo e' connesso all'attivita' istruttoria necessaria alla verifica del possesso dei requisiti previsti per l'acquisizione del titolo di soggiorno.
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