Fare il troll è un lavoro (per falliti senza dignità, ma
pur sempre un lavoro).
12 febbraio 2014 21:39 - roberto7266
Ma a lavorare no?
12 febbraio 2014 19:39 - ennio4531
Le nefandezze sono quelle che tu promuovi come trastulli
dopolavoristici.
Il mercato della droga, che viene alimentato da chi viola le
norme, si combatte semplicemente astenendosi dal comprarla.
11 febbraio 2014 16:12 - CHICIVEDE
InutilEnnio spacciatore di nefandezze
9 febbraio 2014 22:00 - roberto7266
Guarda che ho trovato
Business con l?esclusiva
E? ormai la droga a finanziare gli altri mercati criminali.
Il mostro sta mutando strategie: produzione propria,
sinergie tra gruppi rivali,
radicamento territoriale e connivenza tra cittadini e
malavita.
Il traffico di droga è ormai il perno delle attività della
malavita organizzata, fino
quasi a soppiantare altri reati come rapimenti, rapine e
scippi, un tempo più
diffusi e ora in netta e costante diminuzione, come
attestano gli ultimi dati del
Ministero dell?Interno.
L?ultima relazione della Direzione Centrale Servizi
Antidroga (DCSA) è chiara:
“Le stime effettuate annualmente dagli organismi
specializzati mostrano in modo
univoco che quello della droga, grazie agli enormi e veloci
profitti che è capace di
generare, è la principale fonte di finanziamento delle
consorterie criminali, in
quanto è un mercato in perenne crescita, con un immediato e
continuo
approvvigionamento e distribuzione”.
Il rapporto droga-criminalità-società è profondamente
mutato.
Per “reati correlati agli stupefacenti” una volta si
intendeva una tipologia limitata
principalmente ai crimini legati direttamente al consumo
personale, come furti,
scippi, piccole rapine, invece oggi è il traffico il motore
della grande illegalità,
della malavita organizzata che minaccia il nostro tessuto
sociale come un tumore
virulento. ?
Prima si infrangeva la legge per comprare la droga, ora la
si vende per finanziare
le consorterie malavitose e un ampio volano di imprese
“grigie”, capaci di
attirare, ciò che è più grave, non solo la manovalanza
delinquenziale ma anche
un certo consenso sociale. ?
Di questa “conversione” nel Sud d?Italia ha dato uno
spaccato ormai celeberrimo
lo scrittore Roberto Saviano con il libro, divenuto poi
film, Gomorra.
Un inequivocabile riscontro allo scenario dato dallo
scrittore arriva dai sequestri:
l?81% delle requisizioni delle piantagioni di canapa indiana
avviene nel
Meridione.
Fonte: www.sanpatrignano.org 32
La canapa, dalla quale si producono marijuana e hashish, sta
diventando
l?oro verde per i capitalisti del crimine, con la longa
manus di Cosa Nostra,
come ha recentemente confermato un collaboratore di
giustizia.
La mafia ha cominciato a produrre in proprio tonnellate di
marijuana,
giacché la coltivazione diretta offre maggiori guadagni e
meno rischi.
Fonte: www.sanpatrignano.org
28 gennaio 2014 0:06 - roberto7266
FRANCIA - Politiche sulla cannabis. I deputati socialisti si
organizzano per discutere e capire il fallimento
27 gennaio 2014 19:19 - ennio4531
Il diritto è materia .. ascientifica!
Si trova sempre qualche magistrato, avvocato, leguleio che
afferma ciò che più gli aggrada.
Basterebbe leggere le sentenze, civili, penali,
amministrative che si smentiscono,nei vari gradi, una con
l'altra.
Val la pena di ricordare quella riportata a suo tempo
dall'Aduc.
L'argomento trattava sulla legittimità dell'applicazione
dell'iva sulla Tia (tassa rifiuti ) .
Dopo che la Corte Costituzionale ne aveva decretato la sua
incostituzionalità e la Corte di Cassazione aveva
sentenziato per la non applicabilità , .. l'Aduc annota
..
" .. registriamo una sentenza del tribunale di Genova che,
in appello ad una sentenza di un giudice di pace, da'
ragione al ricorrente, cioe' l'azienda dei rifiuti di quella
citta' (AMIU), stabilendo che l'IVA sulla TIA deve essere
pagata, ..
Ma cio' che stupisce in questa sentenza genovese e' un
passaggio in cui, relativamente alla sentenza della Corte
Costituzionale che ha stabilito il carattere di imposta
della TIA e quindi la non debenza dell'IVA, i magistrati
scrivono di quest'ultima:
“e' indubbiamente suggestiva, ma non decisiva”, .."
Arlecchino non avrebbe saputo far di meglio ....
27 gennaio 2014 15:24 - roberto7266
ITALIA - Droghe. Appello 80 giuristi per incostituzionalita'
legge Fini-Giovanardi
per chi ancora vuole combattere le dipendenze a suon di
decreti...
27 gennaio 2014 14:05 - ennio4531
Forza scr-Ivan-o ...
Aspettiamo il tuo recapito in modo da svuotare i San
Patrignano e trasferire gli ospiti nelle tue braccia
amorevoli .
26 gennaio 2014 18:56 - IVAN.
.
*******************************************
LE VERITÀ NASCOSTE DI SAN PATRIGNANO / 5
*******************************************
(Lettera di Giuseppe Maranzano, il figlio di Roberto).
«Mio padre è stato "ospite" di San Patrignano fino al
1989...anno in cui morì.
E non morì per cause naturali, ma a causa delle percosse
ricevute all'interno della comunità.
Una punizione per futili motivi, come sempre capitava.
Questo "giustificava" l'esistenza di reparti punitivi a San
Patrignano.
Vincenzo Muccioli fu condannato per favoreggiamento
nell'omicidio di mio padre, e successivamente avrebbe dovuto
affrontare un nuovo processo con accuse ben più gravi.
Muccioli disse che aveva taciuto per il bene della
comunità...ma guarda caso, se la cosa fosse saltata fuori
subito, sarebbero stati casini per lui, dato che aspettava
la chiusura del processo cosiddetto "Delle catene" proprio
in quei giorni.
Scrivo perchè sono stufo di dover ascoltare sempre parole
sante su Vincenzo Muccioli e il suo operato.
Non mi piace vedere intitolate a lui piazze, vie e
monumenti. Non mi piace che ci sia un francobollo con la sua
faccia stampata.
Non è la rabbia che porta a ribellarmi: da cittadino e
ovviamente persona coinvolta direttamente, non mi va che una
persona condannata per favoreggiamento in omicidio venga
osannato dai media, giornali e persone famose e potenti,
facendo finta di niente.
Ho scritto una lettera aperta a Baudo dopo la puntata di
"Novecento" su Raitre. Da Baudo e dalla RAI, nessuna
risposta.
San Patrignano, interpellata da un paio di giornali locali,
risponde così: solo un silenzio per rispettare la dignità
di una persona colpita da un fatto così drammatico. E
infatti è il silenzio quello che vogliono. Io no.
Io non voglio distruggere nente e nessuno, voglio soltanto
che venga restituita la dignità a mio padre e agli altri
ragazzi che da quella collina non ne sono usciti vivi.»
Giuseppe Maranzano.
.
24 gennaio 2014 22:31 - ennio4531
Se ci impegnassimo un pò di piiù a dire pane al pane e
farci parte attiva nel sostenere che il pattume è pattume
forse ci sarebbe qualche consumatore in meno, qualche
vittima in meno, qualche famigliare meno angosciato a danno
del mercato del ... pattume .
24 gennaio 2014 20:55 - roberto7266
Notizia
23 gennaio 2014 18:53
Le organizzazioni criminali in Italia, con il solo mercato
della droga, fatturano ogni anno 25 miliardi di euro
esentasse. E' quanto si legge nella prefazione del rapporto
sulle linee guida per una moderna politica antimafia redatto
dalla commissione nominata dal governo e presieduta da
Roberto Garofoli. "Sicché, dal confronto con i dati
dell'economia legale - si legge ancora - il fatturato
prodotto dal mercato della droga è quasi pari a quello
registrato dal più grande comparto economico del Paese
ovvero il settore tessile-manifatturiero".
24 gennaio 2014 19:17 - ennio4531
Alcune chicche del ... ciarlatano ..
2 dicembre 2013 11:37 - roberto7266
Remissione spontanea
Non sempre, non nella totalità dei casi, ma in una
percentuale molto elevata il tossicodipendente arriva alla
remissione spontanea. Questo ovviamente se non muore!! '
24 gennaio 2014 19:16 - ennio4531
USA - Fumare marijuana predispone a droghe piu' pesanti.
Studio
Da Aduc
Notizia 11 ottobre 2013 18:54
"Dire "si'" alla marijuana aumenta le probabilita' di
concedere un "si'" anche ad altre tipologie di stupefacenti
piu' pericolose, secondo un nuovo studio statunitense che ha
coinvolto un campione di 29054 studenti delle scuole
superiori.
Dai dati e' emerso che fumare marijuana rende piu'
possibilisti e meno giudicanti relativamente all'uso di
altre droghe piu' pesanti, come cocaina, crack, LSD, eroina,
anfetamine ed ecstasy. In pratica, l'assunzione di una droga
rende meno critici rispetto all'assunzione di altre
droghe.
Chi fuma marijuana tende ad essere meno giudicante in
particolare verso l'utilizzo delle cosiddette droghe
"socialmente accettabili" come LSD, anfetamine ed ecstasy.
Gli studenti dal background socio-economico piu' elevato
sono apparsi piu' tolleranti verso gli stupefacenti socially
acceptable mentre le donne in generale sono risultate piu'
inclini a dire "no" a droghe come cocaina, crack, LSD e
ecstasy.
Lo studio e' stato condotto da Joseph Palamar della New
York University e pubblicato su Prevention Science."
24 gennaio 2014 12:34 - pettine
sono ovviamente contrari, come faranno a mangiare 'sti
porci? e come faranno a dar da mangiare ai maiali che
inquinano il mondo col loro verbo?
24 gennaio 2014 1:14 - roberto7266
'nto u culu san patrignanu!
23 gennaio 2014 20:38 - marcello84
da Aduc
Usa. Studio: piu' facile trattare la dipendenza da eroina se
si consuma cannabis
I tossicodipendenti da eroina in cura di disintossicazione
hanno maggiori chance di successo se consumano cannabis.
Questi i risultati di una sperimentazione clinica che sara'
pubblicata a luglio sulla rivista scientifica American
Journal on Addiction.
I ricercatori del New York State Psychiatric Institute hanno
esaminato il legame fra il consumo moderato di cannabis e
una migliore adesione ai programmi di trattamento con
naltrexone con pazienti in regime di ricovero.
Il Naltrexone e' un antagonista di recettori oppioidi
comunemente prescritto per i casi di dipendenza da eroina e
talvolta da alcool.
Gli studiosi hanno anticipato i risultati della loro
ricerca: "Coloro che fanno uso moderato di cannabis hanno
mostrato maggior successo nel trattamento con naltrexone,
rispetto a coloro che non consumano cannabis o ne fanno un
uso smoderato e continuo. ... L'uso moderato di cannabis e'
associabile anche ad un maggior grado di successo del
trattamento di naltrexone in pastiglie. ... L'associazione
fra l'uso moderato di cannabis e il maggior grado di
successo del trattamento con il naltrexone e' stato
replicato".
"Invece di continuare a dire che la marijuana e' la droga
che apre la porta alla dipendenza di altre droghe illegali",
ha commentato il vicedirettore di Norml Paul Armentano,
"questo studio dimostra come la cannabis possa essere uno
strumento utile per aiutare i tossicodipendenti a
sconfiggere la dipendenza da eroina, morfina e altri
oppioidi"
Questo studio dimostra chiaramente come si possa fare
benissimo a meno di medioevali santoni con le stimmate
torturatori e di comunità lager alla san patrignano
sostituendo il tutto con medici competenti, terapia adeguata
e uso di cannabis.
22 gennaio 2014 23:15 - ennio4531
Forza scr-Ivan-o ...
Aspettiamo il tuo recapito in modo da svuotare i San
Patrignano e trasferire gli ospiti nelle tue braccia
amorevoli .
22 gennaio 2014 20:12 - IVAN.
.
*******************************************
LE VERITÀ NASCOSTE DI SAN PATRIGNANO / 4
*******************************************
(Lettera di una ex "ospite" di S.Patrignano.)
«Rimasi a S.Patrignano quasi un anno e fu un incubo.
Lavoravamo e basta, nessun tipo di assistenza psicologica o
farmacologica (se non per i malati di HIV).
Lavoravamo 9 ore al giorno, in cambio di 5 sigarette e del
pasto cucinato da noi stessi.
Stavi lì 3 anni senza mai uscire, senza un contatto con
gentiori, amici, o con l'altro sesso.
I momenti peggiori erano quando venivano le "comitive" da
fuori (visitatori di associazioni e cose simili) a cui
eravamo obbligati a mostrarci sorridenti e redenti, così
loro dicevano: "Che bravi ragazzi, e che bravo Muccioli che
li ha riportati sulla retta via!"
Bisognava anche fare regali alla Moratti, che veniva col
consorte ogni domenica, o alla moglie di Muccioli. Verso
queste figure c'era una reverenza che loro, paternalisti e
moralizzatori vergognosi, si tenevano ben stretta.
Un paio di anni dopo sono uscita dal problema dell'eroina,
ma non certo grazie al loro aiuto. Ne sono uscita grazie a
una terapia cognitivo-comportamentale, quando mi sono
sentita capita, ascoltata, valorizzata e rispettata come
individuo, non certo come mi facevano sentire a San
Patrignano, cioè una colpevole che doveva redimersi, una
reietta che doveva pagare abbassando la testa e integrandosi
in un loro falso modello di società, alienante e
irreale.
Ancora oggi, dopo più di dieci anni, se ripenso alle
umiliazioni e al tempo buttato via in quel posto, mi viene
da piangere.»
.
22 gennaio 2014 19:31 - ennio4531
Da Aduc
ITALIA - Legalizzazione cannabis in Uruguay. Silvio
Garattini: brutta notizia...
La legge appena approvata in Uruguay che rende legale la
produzione, la vendita e il consumo di marijuana "è davvero
una brutta notizia per chi ha a cuore la salute della gente,
e soprattutto dei giovani, ed aumenta i pericoli derivati da
queste sostanze". A dirlo è il farmacologo Silvio
Garattini, che oggi al suo Istituto Mario Negri ospita un
convegno sull'emergenza droga e le nuove sostanze
psicoattive in Europa.
La liberalizzazione in Uruguay, spiega l'esperto, "certo non
sarà un incentivo a diminuire l'impiego di hashish: il
rischio è quello di veder aumentare i consumi anche nel
nostro Paese, perché un atto del genere rende tutto molto
più facile". Quella della marijuana non è comunque l'unica
situazione che allarma gli specialisti: "stiamo cercando di
diffondere il più possibile le informazioni su quella che a
livello europeo è una vera e propria emergenza. Oggi ci
sono moltissime sostanze psicoattive che vengono vendute
'cammuffate' da fertilizzanti, profumi o integratori
alimentari, e che contengono derivati da cannabinoidi o da
altre sostanze". Si tratta quindi di prodotti virtualmente
legali, "ma spesso hanno un contenuto che non è dichiarato"
e quindi sfuggono ai controlli. Un fenomeno che non è
affatto contenuto: "stiamo parlando - dice Garattini - di
circa mille diversi prodotti, disponibili anche in Italia
attraverso l'acquisto su Internet".
Quello che sarebbe necessario, conclude il farmacologo, "è
una regolamentazione più stringente su questi prodotti, e
soprattutto una maggiore informazione. Quello delle droghe
è pericolo serio per l'umanità, perché aumentano le
persone che diventano dipendenti, e quindi ci saranno
ricadute anche gravi sul Servizio Sanitario Nazionale".
Chi è Garattini .... da Wikipedia ..
" Nel corso della sua attività è stato membro di numerosi
organismi sia nazionali che internazionali[3][5], fra i
quali si ricordano il Comitato di Biologia e Medicina del
Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), il Consiglio
sanitario nazionale e la Commissione della Presidenza del
Consiglio dei Ministri per la politica della ricerca in
Italia, nonché Membro della Commissione unica del farmaco
(CUF) del Ministero K della Salute.
Altre cariche da lui ricoperte sono state:
Consulente dell'Organizzazione Mondiale della Sanità
Membro del Consiglio di Amministrazione dell'Istituto
Superiore di Sanità
Membro del Committee for Proprietary Medicinal Products
(CPMP) dell'European Agency for the Evaluation of Medicinal
Products (Agenzia europea per i medicinali, EMEA).
Membro del Comitato esecutivo per la Politica della Ricerca
(CEPR) del Ministero dell'Università e della Ricerca
Scientifica e Tecnologica
Membro del Comitato Scientifico della Lega Italiana per la
Lotta Contro i Tumori
Vicepresidente del Consiglio superiore di sanità
Presidente del Comitato di Chemioterapia Antitumorale
dell'Unione Internazionale contro il Cancro
Presidente della Organizzazione europea di ricerche sul
cancro (EORTC)
Presidente della European Society of Biochemical
Pharmacology
Presidente Steering Advisory Group Current Controlled
Trials
Presidente Commissione Ricerca e Sviluppo dell'Agenzia
italiana del farmaco (AIFA).
È fellow della New York Academy of Sciences, dell'American
Association for the Advancement of Science e emeritus fellow
del Royal College of Physicians[3].
Nel corso della sua lunga attività ha ricevuto numerose
onorificenze nazionali ed internazionali[5] fra le quali si
ricordano: la Legion d'Onore della Repubblica francese per
meriti scientifici, Grand'Ufficiale della Repubblica
Italiana e diverse lauree honoris causa da parte di diverse
università .
22 gennaio 2014 1:11 - roberto7266
Il Padrino proibizionista di R. Saviano - Repubblica.it
Ho sempre detestato droghe leggere e pesanti. Sono quasi
astemio, un occasionale bevitore di alcolici. Ma sono,
invece, profondamente antiproibizionista. Indipendentemente
dal mio rapporto con qualunque tipo di sostanza, dal mio
stile di vita, dalle mie passioni e dalle mie repulsioni. Si
ritiene, sbagliando, che essere antiproibizionisti
significhi tifare per le droghe. Sottovalutarne gli effetti,
incentivarne il consumo. Niente di più falso. Spesso, in
Italia, le discussioni sui temi più delicati sono travolte
da un furore ideologico che oscura i fatti e impedisce un
dibattito sereno. È successo con l'aborto, con l'eutanasia,
succede con le droghe.
E non è possibile che una parte dei cittadini, che la parte
maggiore delle istituzioni religiose - con il peso che la
Chiesa Cattolica ha in Italia - e che la politica tutta,
tranne pochissime eccezioni, si rifiutino di affrontare
seriamente e con responsabilità questo tema. Non è
possibile che la risposta alla tossicodipendenza sia nella
maggior parte dei casi il carcere, che tracima di
spacciatori e consumatori, ultimi ingranaggi di un
meccanismo che irrora di danaro l'intero nostro Paese.
Proprio dalle pagine di Repubblica un grande giornalista
scomparso prematuramente, Carlo Rivolta, raccontava di come
la prima generazione di tossicodipendenti veri in Italia,
quella degli anni Ottanta, fosse stata abbandonata a se
stessa da uno Stato patrigno e non padre. Da uno Stato che
preferiva considerare quei ragazzi zombie, morti viventi,
tossici colpevoli. Ai quali nessuna mano andava tesa, e dei
quali si aspettava solo la morte. Erano causa del loro male.
Ci si domanda cosa sia cambiato a distanza di trent'anni, se
nemmeno nel dibattito pubblico questi temi hanno trovato
posto. So che la legalizzazione delle droghe è un tema
complicato, difficile da proporre e da affrontare. So che
pone molti problemi soprattutto di carattere morale, ma un
Paese come il nostro, che ha le mafie più potenti del
mondo, non può eluderlo. Con tutti i problemi che ha il
paese dobbiamo pensare alle canne, ai tossici e ai fattoni?
Nulla di più superficiale che questo commento. Bisognerebbe
partire da una semplice, elementare constatazione: tre sono
le forze proibizioniste più forti, e sono camorra,
'ndrangheta e Cosa nostra. Del resto Maurizio Prestieri,
boss di Secondigliano (rione Monterosa per la precisione)
ora collaboratore di giustizia, mi disse una volta durante
un'intervista: con tutto il fumo che i ragazzi "alternativi"
napoletani compravano da noi, sostenevamo le campagne
elettorali di politici di centrodestra in provincia. Il
proibizionismo (degli alcolici) ha già condotto l'uomo e lo
Stato nell'abisso cento anni fa: non ha senso ripetere
errori già commessi. La legalizzazione non è un inno al
consumo, anzi, è l'unico modo per sottrarre mercato ai
narcotrafficanti che, da sempre, sostengono il
proibizionismo. D'altronde, è grazie ai divieti che guidano
l'azienda più florida al mondo con oltre 400 miliardi di
dollari di fatturato annuo. Più della Shell, più della
Samsung. Se esiste una merce che non resta invenduta è
proprio la droga. L'unica che non conosce crisi, che
nonostante sia illegale ha punti vendita ovunque. È la
merce più reperibile del mondo disponibile a qualsiasi ora
del giorno e della notte. Nonostante questo, quando in
Italia si arriva finalmente a discutere di
antiproibizionismo, mancando la consuetudine, mancano
finanche le informazioni basilari. I nostri ministri, sul
narcotraffico, si limitano a fare encomi quando ci sono
sequestri di droga, a elencare latitanti finiti in manette o
ancora da arrestare. Eppure l'economia della droga è la
prima economia: cemento, trasporti, negozi di ogni genere,
grande distribuzione, appalti, camion, banche, compro oro,
campagne elettorali - e l'elenco sarebbe interminabile -
vengono alimentati dalle arterie del narcotraffico. Gran
parte della politica italiana (con poche eccezioni tra cui i
Radicali da decenni impegnati nella lotta al proibizionismo)
ritiene la questione legata esclusivamente alla repressione
o alle dipendenze. Il dibattito si riduce a un problema di
"drogati" o di "mafiosi" e in definitiva - questo è lo
sbaglio maggiore - non si vede in che modo possa incidere
nella vita quotidiana delle persone. Nulla di più falso. La
verità è che non abbiamo scelta: la situazione attuale
impone un'analisi accurata del mercato delle droghe e
l'attuazione di un programma che non sarà la soluzione
definitiva e immediata, e che forse sarà un male minore, ma
necessario. Lasciare il mercato delle droghe nelle mani
delle organizzazioni criminali non renderà immacolate le
coscienze di quanti ritengono che lo Stato non possa farsi
carico di produrre e distribuire sostanze stupefacenti. È
proprio questo il punto da affrontare e l'inganno da
sfatare. Ad avere occhi per vedere. Umberto Veronesi da anni
si dichiara favorevole alla legalizzazione delle droghe
leggere, pur nella consapevolezza di quanto queste possano
essere dannose per gli organismi. Ma adduce ragioni di buon
senso che condivido. La proibizione di qualsiasi sostanza
crea mercato nero, quindi guadagni esponenziali per le
mafie. Fa aumentare il costo delle sostanze stupefacenti,
quindi chi ha dipendenza ma non i mezzi economici, finisce
per rubare, prostituirsi o spacciare a sua volta. In ultimo
le sostanze provenienti dal mercato nero non hanno alcun
tipo di controllo e le morti spesso sono causate non da dosi
eccessive, ma da sostanze letali usate per i tagli.
All'altro capo del mondo, il magistrato brasiliano Maria
Lucia Karam, membro del Leap (Law enforcement against
prohibition), esprime, a favore della legalizzazione, le
stesse motivazioni. Del resto, non dimenticherò mai quanto
mi disse una assistente sociale del Nucleo Operativo
Tossicodipendenze di Napoli riguardo ai danni che anche
semplicemente l'assunzione prolungata di hashish e marijuana
possono avere su individui sani. Mi disse che non si
trattava semplicemente di capire che effetti avessero
hashish e marijuana, ma un cocktail di sostanze
incredibilmente varie spesso utilizzate per pompare i
panetti di fumo o per rendere gli effetti dell'erba più
pesanti. Plastica, cera per scarpe, grassi animali, pezzetti
di vetro, ammoniaca. Esistono studi sugli effetti che le
sostanze stupefacenti - allo stato puro - hanno sugli
organismi; non esistono ovviamente studi per capire che
effetti hanno sugli organismi la cera per scarpe o
l'ammoniaca, se assunte regolarmente seppure in piccole
dosi, ma per anni. E la risposta non può essere "che
smettano di farsi se non vogliono essere avvelenati, se non
vogliono morire". Ad aprile del 2012 a Cartagena, in
Colombia, si è tenuta la sesta "Cumbre de las Americas"
(Vertice delle Americhe) e si è discusso anche di
legalizzazione delle droghe. Gli Usa, al tavolo del
confronto - come Onu e Ue -, si sono dichiarati contrari
alla legalizzazione. Ma hanno però preso atto che le "wars
on drugs" sono destinate a fallire. Del resto in alcuni
stati federali, la distribuzione di marijuana a scopi
terapeutici è stata legalizzata, e a Denver la vendita è
stata permessa tout court. Secondo molti paesi
latinoamericani, direttamente interessati dal fenomeno, la
strada del proibizionismo non è quella giusta: per
comprendere le loro posizioni bisognerebbe studiare a fondo
le loro economie e mappare il peso che produzione e
distribuzione di sostanze stupefacenti hanno al loro
interno. La Colombia vive una fase di crescita economica
inaspettata. Se da un lato ha certamente contato la
diminuzione della corruzione delle istituzioni, dall'altro
la pressione dei cartelli e della guerriglia è diminuita
non per gli interventi del governo americano, ma dei
cartelli messicani che oggi sono i padroni delle piantagioni
in Colombia distruggendo di fatto i più potenti narcos
colombiani. Il presidente uruguayano José Mujica è
arrivato alla legalizzazione perché si è reso conto che
l'invasione dei cartelli messicani già avvenuta in
Colombia, Cile e in Argentina avrebbe compromesso la vita
sociale in Uruguay, come sta accadendo al Guatemala, al
Belize, all'Honduras, al Salvador, al Perù, dove le fragili
democrazie sono totalmente compromesse dal potere dei
narcos. La legalizzazione è stato il gesto del governo
uruguayano più determinante nel senso della salvaguardia
dei propri mercati. Io credo che la legalizzazione, e non la
liberalizzazione, sia l'unica strada. Due termini simili che
spesso vengono confusi, ma che indicano due visioni
completamente diverse. Legalizzare significa spostare tutto
quanto riguarda la produzione, la distribuzione e la vendita
di stupefacenti sotto il controllo dello Stato. Significa
creare un tessuto di regole, diritti e doveri.
Liberalizzazione è tutt'altro. È privare il commercio e
l'uso di ogni significatività giuridica, lasciarlo senza
vincoli, disinteressarsi del problema, zona franca. Invece
legalizzare è l'unico modo per fermare quel silenzioso,
smisurato, violento potere che oggi condiziona tutto il
mondo: il narco-capitalismo.
21 gennaio 2014 23:59 - ennio4531
Quando i neuroni sono intossicati, gli effetti sono diversi
a seconda del soggetto.
Alcuni, per esempio, persistono nel vedere autostrade
davanti a loro, altri si inventano troll sul libro paga
della spectre proibizionista reclamando all'Aduc , con
espressioni che ricordano la tecnica del bastone e la
carota, l'allontanamento del reprobo che osa render loro pan
per focaccia.
Poveri novelli... panda ... bisognosi di protezione ...
21 gennaio 2014 21:10 - IVAN.
.
Roberto, ti ripeto che ciò che un troll è nella sua vita
privata sono soltanto affari suoi. Probabilmente è solo uno
a cui non importa di vendere la propria dignità in cambio
di qualche euro.
A noi deve importare soltanto l'effetto del suo meschino
lavoro, e avere rispetto per il TEMPO che dedichiamo a
postare sui forum, visto che al contrario di lui ne abbiamo
POCO da dedicarci e nemmeno siamo PAGATI per farlo.
In questo un troll ha un vantaggio incolmabile; evitiamo
almeno di dargli pure una mano. Almeno finché la Aduc non
tira fuori la testa dalla sabbia, dove l'ha ficcata come uno
struzzo ottuso.
.
21 gennaio 2014 11:33 - rastapasta
"Ehm, ormai non si capisce mai che tempo fa"
"Già, è proprio vero"
"Guarda quei giovani, come vestono male e che brutte
facce...ai nostri tempi era diverso, avevano la schiena
dritta"
"Beh...allora si pensava a lavorare, a farsi una
famiglia"
"Ora sta la droga, la pornografia, guarda è uno schifo"
"Brr, che freddo, dai io vado...ci vediamo presto"
"Va bene, andrò anch'io a bermi un brodino caldo a casa,
prima passo a buttare il pattume"
"Ah, ma intendi pattume ludico, ideologico o effettivo?"
"Eeeehhhhh mah, d'altra parte...."
20 gennaio 2014 15:46 - ennio4531
... non rimane loro che abbandonarsi a canti notturni
cercando consolazione reciproca imitando ora il Gatto e la
Volpe ora Cip & Ciop
20 gennaio 2014 1:19 - roberto7266
Ivan lo so che il tracimatore starebbe meglio in un centro
di accoglienza, o spedito a lucidare panelli fotovoltaici in
spagna (dove stanno anche lí legalizzando), ma la politica
di Vincenzo é questa, prendiamone atto.
A me poi, se devo essere sincero, fa lo stesso effetto della
neve sulla pioggia, anche pena, ma incazzare mai, la vita
con lui é gia severa poveraccio: che cazzo deve fare uno
per pagare la quota del condomino!
Sicuro che un tipo cosí non ha amici, e se li ha,
immaginati la profonditá di argomenti ai giardini pubblici:
tre sospiri, qualche fila di puntini e si é fatto tardi.
19 gennaio 2014 23:16 - IVAN.
Quel manuale dovevi mandarlo al signor Donvito, Roberto. Ne
ha proprio bisogno.
19 gennaio 2014 21:57 - ennio4531
... privi di argomenti, non rimane che nascondersi dietro
al copia/incolla per darsi ... un tono ..
19 gennaio 2014 17:24 - roberto7266
Esempi di comportamento
Alcuni tipi di messaggi e attività associati all'azione del
troll:
- L'invio di messaggi intenzionalmente sgarbati, volgari,
offensivi, aggressivi o irritanti.
- L'invio di messaggi con contenuti senza senso, detto in
gergo informatico flood (come: semplici lettere, emoticon,
testi casuali)
- L'invio di un numero di messaggi, anche se non
particolarmente provocatori o insensati, tale da impedire il
normale svolgimento delle discussioni.
- L'invio di messaggi volutamente fuori tema (con frasi
come: "come sviluppo la mia pagina web?", in un forum nel
quale si parla di musica).
- L'invio di messaggi contenenti errori portati avanti
con finta convinzione (con frasi come: "Così è la vita è
certamente il miglior film di Roberto Benigni, checché ne
diciate!").
- L'invio di messaggi a scopo di disinformazione e
critica insensata.
- Il perorare intenzionalmente e con tensione
un'argomentazione basata su un errore difficile da
dimostrare o su opinioni potenzialmente verosimili,
facendosi seguire nella discussione dalla comunità.
- Il pubblicare contenuti di disturbo come suoni,
immagini o link a siti offensivi, sovente mimetizzandoli
come innocui.
- Lo svelare trame di film o libri senza avvertire.
-Lo sbagliare deliberatamente e ripetutamente i nomi (di
persone o cose) o regole grammaticali per irritare gli altri
utenti.
- L'attribuire a tanti l'opinione di uno, vittimizzandosi
e non rispondendo nel merito, spingendo possibilmente altri
utenti a prendere le proprie difese (con frasi come: "vi
siete coalizzati contro di me").
- Il ridicolizzare o denigrare ripetutamente gli
interventi di un utente "concorrente".
- Lo scrivere deliberatamente messaggi enfatici su un
dato argomento divertendosi alla spalle di chi corrobora poi
la propria fasulla tesi.
- Il portare avanti tesi opposte a quelle dichiaratamente
discusse nella comunità, con argomentazioni vaghe,
imprecise e pretestuose, generando quindi flame (per esempio
pubblicando teorie evoluzioniste in un forum di creazionisti
o viceversa).
19 gennaio 2014 14:31 - IVAN.
.
*******************************************
LE VERITÀ NASCOSTE DI SAN PATRIGNANO / 3
*******************************************
L'OMICIDIO DI ROBERTO MARANZANO.
Fu uno dei casi giudiziari più clamorosi degli anni '90: un
uomo era stato ucciso, a botte, a San Patrignano, nella
comunità per il recupero dei tossicodipendenti fondata e
diretta in una frazione di Coriano, sulle colline riminesi,
da Vincenzo Muccioli.
Quella comunità era ormai nota a tutti e circondata da
stima; la notizia che vi era stato consumato un omicidio
accese il fuoco delle polemiche, che divampò a coinvolgere
non tanto i diretti colpevoli, quanto piuttosto chi gestiva
quel centro: Vincenzo Muccioli.
Già negli anni '80, San Patrignano era finita sotto i
riflettori per il celebre processo "Delle catene", a carico
di Muccioli e di dodici fra i suoi più stretti
collaboratori, accusati di sequestro di persona e di
maltrattamenti.
Il processo ebbe enorme eco e divise l'Italia in due. Da una
parte, i fautori dei "metodi coercitivi" che andavano
adottati in nome del supremo obiettivo del recupero
terapeutico e della tutela della comunità; dall'altra, chi
sosteneva che tali metodi erano disumani e calpestavano le
libertà individuali.
Nel 1985 il tribunale di Rimini condannò lui e gli altri
imputati, che però vennero assolti in Appello nel 1987.
Trascorsero alcuni anni tranquilli, durante i quali la
comunità di SanPa si allargò fino a divenire quasi una
piccola città, estesa su 25 ettari.
La vita della comunità non fu sconvolta più di tanto
neppure quando, il 7 maggio 1989, venne trovato in una zona
di campagna a Terzigno (Napoli) il cadavere di un suo
ospite, Roberto Maranzano, 36 anni, originario di
Palermo.
La morte risaliva a due giorni prima: qualcuno lo aveva
ammazzato a calci e pugni, e poi aveva cercato di
nasconderlo in quel luogo isolato, nei pressi di una
discarica.
Inizialmente le indagini si indirizzarono verso un
regolamento di conti nell'ambito della malavita, per cause
legate allo spaccio di droga.
La verità era un'altra, ma venne alla luce solo alcuni anni
più tardi.
Nel gennaio 1993 Fabrizio Lorandi, un altro ospite di San
Patrignano, raccontò a un magistrato che Maranzano non era
fuggito dalla comunità, ma era stato ucciso a botte
all'interno di essa. Per la precisione, nella macelleria
della comunità, dove lavoravano sia Lorandi sia Maranzano.
Quindi i colpevoli dovevano essere cercati fra gli altri
ospiti.
Ma come poteva uno di questi ospiti sparire di colpo senza
che nessuno se ne accorgesse? E quel pestaggio, così
violento provocare la morte di Maranzano, possibile che
fosse passato inosservato? Cosa succedeva davvero a San
Patrignano?
La comunità veniva così travolta da un altro scandalo.
Muccioli all'inizio dichiarò: «Il fatto in sé mi sembra
impossibile. Tutti i ragazzi appartenevano al reparto
macelleria, che si trova accanto alle cucine. È impossibile
che una loro assenza prolungata non sia stata notata. E poi
in tutto questo tempo nessuno che sia venuto a dirlo a me.
Mi sembra assurdo che un intero gruppo non abbia mai detto
niente.»
In effetti, per quasi quattro anni l'omicidio di Roberto
Maranzano rimase una verità ben celata. E quando intervenne
la testimonianza di Fabrizio Lorandi, le responsabilità di
Muccioli parvero evidenti: Muccioli doveva aver saputo
cos'era successo quel 5 maggio del 1989.
In un primo tempo, il leader di SanPa disse di non sapere
nulla di quanto aveva raccontato Lorandi, e di aver appreso
della sua deposizione dai giornali. Due giorni dopo, però,
ammise al procuratore Franco Battaglino di essere stato
subito informato del delitto, ma sotto il vincolo del
segreto accordato agli stessi ragazzi della comunità; per
questo non aveva denunciato il fatto.
Poi corresse ancora la sua versione, dicendo di aver saputo
dell'omicidio solo mesi dopo.
È chiaro che a ogni versione di Muccioli corrispondeva una
sua diversa responsabilità in quanto accaduto.
Ma gli inquirenti volevano dare una risposta anche ad altri
inquietanti interrogativi emersi dalle indagini dopo le
rivelazioni di Fabrizio Lorandi:
Era vero oppure no che il reparto dove Maranzano era stato
pestato a morte, la macelleria-porcilaia di San Patrignano,
era considerato un "reparto punitivo" all'interno della
comunità, al quale erano assegnati i più
indisciplinali?
E gli autori del pestaggio erano una "cellula impazzita", o
la violenza in quella comunità era una sorta di prassi?
La svolta nelle indagini seguita al racconto di Lorandi
sollevò una nuova ondata di sospetti sulla comunità e su
quello che vi succedeva.
La magistratura di Rimini procedette con l'arresto di 8
persone per omicidio preterintenzionale.
Venne appurato che all'epoca del delitto nel reparto
macelleria lavoravano una quindicina di persone, il cui
responsabile era ALFIO RUSSO. Negli interrogatori Russo
negò ogni addebito, anzi disse che il pestaggio non era mai
avvenuto.
Al contrario, un altro degli arrestati, Giuseppe Lupo (uno
degli aiutanti di Russo), confermò la dinamica
dell'omicidio ricostruita sulla base delle dichiarazioni
rese dal "supertestimone" Lorandi.
Maranzano subì un primo pestaggio il 4 maggio, mentre era
sotto la doccia. L'aggressione poi rivelatasi mortale
avvenne invece il mattino successivo.
Lupo riferì poi che subito dopo la morte di Maranzano,
Alfio Russo si era recato a casa di Muccioli. Questo
particolare fu confermato dalla testimonianza di un altro
degli arrestati, Ezio Persico.
Lupo confessò anche di aver guidato lui l'auto sulla quale
fu trasportato il cadavere di Maranzano fino a Terzigno
(distante circa 600 chilometri dalla Comunità). Sull'auto,
oltre a Lupo, c'era Persico.
Le indagini accertarono che tutti gli ospiti assegnati al
reparto macelleria dormivano in una camerata comune; quindi
già le conseguenze del primo pestaggio non sarebbero potute
passare inosservate. Inoltre, dopo che Maranzano era morto,
più di una persona aveva visto Russo correre da Muccioli
per informarlo. Inevitabilmente, per quest'ultimo scattò un
avviso di garanzia per favoreggiamento.
L'autopsia accertò che a causare la morte di Maranzano era
stata una «compressione prolungata con frattura dell'osso
ioide»: quindi non un colpo solo aveva spezzato il collo
dell'uomo, ma una serie di colpi, sferrati presumibilmente
da più persone.
Il procuratore Battaglino avanzò altri sospetti sulla
vicenda, che chiamavano direttamente in causa Muccioli.
Alla vigilia di un interrogatorio a Muccioli, Battaglino
dichiarò: «Chiederò chiarimenti sulla gita che alcuni dei
giovani che lavoravano nella macelleria fecero nel Pesarese
proprio durante i primi controlli dei carabinieri nella
comunità pochi giorni dopo la scoperta del cadavere.
Inoltre cercherò di farmi spiegare perché gli stessi
carabinieri furono portati a ispezionare stanze diverse da
quelle che avevano chiesto di vedere.»
Il quadro accusatorio per Muccioli andava aggravandosi:
quando si arrivò al processo (autunno 1994) doveva
rispondere, oltre che di favoreggiamento, dell'accusa
alternativa di omicidio colposo.
E nei giorni del dibattimento, cominciato il 17 ottobre
1994, gli inquirenti ascoltarono una serie di testi
spontanei, tutti ex ospiti di SanPa, che raccontarono di
violenze avvenute all'interno della comunità, di raid
punitivi, di suicidi sospetti e persino di un finanziamento
illecito al PSI.
Tutti questi fatti indussero il pm Battaglino a chiedere il
cambio di imputazione per Muccioli da omicidio colposo ad
abuso dei mezzi di correzione sfociati in omicidio: un reato
più grave, con pena prevista tra i 12 e i 20 anni di
reclusione, che avrebbe comportato l'interruzione del
procedimento e il suo trasferimento davanti alla Corte
d'Assise. Il Tribunale di Rimini però respinse la
richiesta.
Il 26 ottobre spuntò un'audiocassetta che recava la
registrazione di una conversazione tra Muccioli e il suo ex
autista, Walter Delogu.
In quella registrazione Muccioli, parlando di uno dei
testimoni dell'omicidio, diceva: «Bisognerebbe fargli
un'overdose, farlo sparire in modo che sembri un
incidente», e altre frasi simili.
Muccioli dapprima negò di aver mai pronunciato quelle
parole, poi ammise dopo che la cassetta fu ascoltata in
aula.
Muccioli sostenne di aver detto quelle parole per provocare
Delogu, per vedere dove voleva arrivare, e spiegò: «Sono
stato ricattato da Delogu al quale ho dato 150 milioni. Non
l'ho denunciato per evitare traumi e destabilizzazioni agli
ospiti della comunità».
Al termine del processo, il 15 novembre 1994, Vincenzo
Muccioli fu condannato a otto mesi di reclusione per
favoreggiamento personale, ma assolto dall'imputazione di
omicidio colposo "per non aver commesso il fatto".
Nella motivazione della sentenza (firmata dal giudice
Concezio Arcadi), si legge che è probabile che Muccioli
abbia saputo quasi subito dell'omicidio, ma che il suo
"comportamento antigiuridico" (tacere il fatto e sviare le
indagini dei carabinieri) va ricondotto al desiderio di
difendere la comunità dai possibili danni che nell'azione
giudiziaria (e al collegato clamore suscitato) sarebbero
sicuramente conseguiti.
Se Muccioli venne condannato per l'accusa di favoreggiamento
personale lo si dovette alla testimonianza del maresciallo
dei carabinieri di Terzigno, Mario Inverso, che subito dopo
aver trovato e identificato il cadavere di Maranzano, si
recò a San Patrignano per ispezionare stanza ed effetti
personali della vittima, ma fu portato in un dormitorio
diverso. Inoltre, dalla comunità erano stati
“prudentemente” allontanati gli ospiti ritenuti più
deboli: per l'occasione infatti San Patrignano organizzò
una gita a Botticella (Pesaro), una comunità "satellite" di
San Patrignano.
Evidentemente la Corte diede poco credito ai tre
testimoni-chiave presentati dall'accusa (rappresentata in
aula dal PM Battaglino); infatti il giudice Arcadi scrive:
«Molti dei testimoni addotti figuravano tossicodipendenti o
ex tali, così che la loro deposizione poneva particolari
problematiche. [...] Walter Delogu, Roberto Assirelli e
Patrizia Ruscelli (tutti testimoni ascoltati durante il
processo) hanno denunciato nel corso dei rispettivi esami
gravi motivi di contrasto di natura personale col
Muccioli.»
Per quanto riguardava invece l'accusa di omicidio colposo,
il giudice Arcadi faceva notare come non esistesse il "nesso
di causalità" tra la morte di Maranzano e l'operato di
Muccioli.
Per condannare Muccioli si sarebbe dovuto dimostrare
l'esistenza (sostenuta dall'accusa) di un reparto punitivo
che fosse stato davvero concepito come tale, e che a capo vi
fosse stato realmente messo un picchiatore (Alfio Russo). Ma
questo non era stato dimostrato, perché «Alfio Russo
all'inizio era diverso, buono...e sarebbe "impazzito"
all'improvviso senza che Muccioli potesse rendersene conto.
In secondo luogo, non risponde a verità che al reparto
macelleria fossero inviati solo ospiti che si riteneva
richiedessero un trattamento punitivo.»
Nella motivazione si accennava infine alla cassetta
registrata da Walter Delogu, e si notava come il dialogo
fosse avvenuto tra «due protagonisti in condizioni
psicofisiche molto differenti: vigile e lucido il Delogu,
che insieme guidava e parlava, e distratto e in evidente
stato di torpore il Muccioli, che sonnecchiava durante un
viaggio di ritorno in auto.
In ogni caso, per il giudice Arcadi quel dialogo non
sembrava di particolare importanza per il giudizio.
Di parere opposto fu la Procura di Rimini, che ricorse in
Appello.
All'inizio del 1995, la Procura generale di Bologna chiese
la nullità della sentenza di primo grado, nullità derivata
dalla mancata modifica del capo di imputazione da omicidio
colposo ad abuso dei mezzi di correzione sfociati in
omicidio.
La Corte d'Appello di Bologna annullò la sentenza del
processo separato in cui Alfio Russo era stato riconosciuto
colpevole di omicidio preterintenzionale, e trasmise gli
atti alla Procura di Rimini per la diversa e più grave
ipotesi di omicidio volontario in concorso con altri ospiti
della comunità.
Concluso il processo a carico di Muccioli, le indagini della
Procura riminese proseguirono e si estesero ad altre ipotesi
di reato.
Nel frattempo, però, la Procura di Milano archiviò
l'inchiesta sul finanziamento illecito al Psi, e quella di
Pescara fece altrettanto per il suicidio ritenuto sospetto
di una ragazza ospite della comunità "satellite" di San
Patrignano nella provincia abruzzese.
Vincenzo Muccioli passò poi al contrattacco e presentò
alcuni esposti alla Procura di Firenze in cui accusava il
procuratore Battaglino di violazione del segreto
istruttorio. Ad essi si aggiunsero due denunce dell'avvocato
Carlo Taormina, nuovo difensore di Muccioli, in cui si
ipotizzava l'esistenza di una lobby politico-giudiziaria
riminese che avrebbe agito contro il fondatore di San
Patrignano.
Dal ciclone giudiziario che si era abbattuto su di lui,
Muccioli usciva stremato e profondamente prostrato. Una
grave forma di debilitazione psicofisica lo colpì, fino a
causarne la morte, sopraggiunta in quello stesso 1995.
Restavano ancora da definire le responsabilità degli
assassini di Maranzano.
Alfio Russo (che una perizia psichiatrica aveva definito
seminfermo di mente) e Giuseppe Lupo furono condannati nel
1997 rispettivamente a 14 e a 7 anni di reclusione per
omicidio preterintenzionale (il terzo imputato, Ezio
Persico, era nel frattempo deceduto).
Per la pubblica accusa, invece, Maranzano fu ripetutamente
colpito a morte perché si lamentava di precedenti pestaggi
subiti a causa di episodi di indisciplina.
Nel processo di secondo grado davanti alla Corte d'Assise
d'Appello di Bologna, Russo e Lupo accettarono l'imputazione
per omicidio volontario, accogliendo la proposta del
procuratore generale Giuseppe Mattioli, e patteggiarono una
condanna a 10 e 6 anni.