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22 agosto 2009 0:00 - rumeno
Tanto casino per niente,adeso mi trovo in Romania,ed ieri sono andato in un supermercato per fare la spessa.Girando mi sono acorto che :
- dove si vendeva frutta e verdure sui 40 prodotti 12-13 prodotti erano italiani.
-dove si vendeva prodotti imbalati e conservati 10% di prodotti italiani.
Non ho mai sentito nessuna persona della romania che si lamenta come voi in Italia riguardo ai prodotti esteri.
Tutto quello che si fa in Italia e una politica sbagliata che in futuro tornera come un bumerang verso l'italiani,per il semplice fatto che sputanando altri prodotti comunitarii,si sta eliminando la concorenza reale che porta al vero benesere,non ala ditatura .Romania e visuta in un sistema che e partito da la cose politice simili (come succede adesa in Italia)E in 45 anni e arivata nella MERDA.Vedete voi ,fate la scelta.
18 agosto 2009 0:00 - scocciato
E' solo una questione commerciale.
Da una vacca italiana altoatesina o maremmana o siciliana esce latte, non polverine; qualche lieve differenza di gusto, di grassi, di calcio ci sarà pure, ma non fondamentale per dire che un latte bulgaro o cinese di altrettante vacche simili, sia completamente diverso. Altra cosa è la "sofisticazione merceologica" cioè, per esempio latte in polvere, scremato, lavorato, o trattato o additivato. Ma se è latte munto e trasportato "as is" non vedo questi pianti dal punto di vista della più o meno bontà. E' solo una questione di etichetta territoriale. In fondo acquistiamo tanti ottimi prodotti esteri e stiamo giustamente zitti, se sono buoni e rispondenti a regole organolettiche e di igiene.
18 agosto 2009 0:00 - Paolo 1
Quanto di quel latte bulgaro a 0,18 euro il litro sara' finito nei nostri prodotti DOP etc come il parmigiano reggiano?
E' possibile con delle analisi chimiche distinguere del parmigiano reggiano vero da uno fatto con latte straniero (o anche solo di altre zone)? Qualcuno sostiene di no.
Dei TIR pieni di coscie di maiale danese o dell'est che arrivano a salumifici della Val Padana abbiamo gia' parlato.
14 agosto 2009 0:00 - ET
Niente di nuovo sotto il sole dell'avvenire europeo. Dal momento che l'Italia fu fortemente penalizzata nelle quote latte (purtroppo Marcora era morto), e dal momento che la legge EUROPEA permette di etichettare come locale un prodotto solamente confezionato localmente, via libera alle autocisterne di latte made in Germany o Nederlad. Fu etichettata come battaglia di retroguardia e corporativa la richiesta degli allevatori italiani, recentemente è stata bollata come antieuropea la richiesta dell'dentificazione di tutta la filiera alimentare (con esultanza delle sinistre perchè il ministro Zaia non era riuscito...). Avanti tutta, in nome di un'Europa che schifa la pizza cotta nel forno a legna, che schifa i gradi alcoolici del vino ottenuti con il sole invece che con lo zucchero, la cioccolata fatta con il cacao... MA QUESTA E' L'IMPOSTAZIONE DATA DAI PASSATI GOVERNI DI SINISTRA EUROPEI, in nome di un'egualitarismo del piffero.
22 luglio 2009 0:00 - scocciato
Quì si vive fuori dal mondo! Che ne sai tu quando vai in pizzeria che caspita ci hanno messo dentro alla buona pizza? E se anche ti etichettassero i coglioni del pizzaiolo o la birra alla spina con il pendaglio di carta, che fai..ti metti gli occhiali e prima di bere mangiare ti leggi il curriculum? e poi che fai...no la birra non la voglio perchè, secondo me c'è il luppolo irlandese anzichè quello svizzero, o l'orzo OGM, o il vetro del bicchiere deve essere prodotto in Italia... Sì perchè se non si vuole parlare di bontà o di sicurezza alimentare, ma di illeciti solo se non son prodotti italiani, uì si sta per l'enesima volta toppando. Cioè si prende la scusa più banale per aggrapparsi all'ultimo muretto che ancora sembra reggere in Italia (ancora per poco come dice Mingardi) che è quello dei milioni di piccoli doc stradoc ultra paesanterritoriali che abbiamo inventato.
Se cade anche questa invenzione (vedi Brunello ecc.) in vari settori, prestissimo si innescherà il problema contrario. Andrete tutti a cancellar etichette, proprio quelle che hanno dato alibi a politici, associazionisti, produttori e consumatori, che con semplici elenchi di componenti hanno dato la effimera e spesso falsa indicazione di ciò che si consuma o utilizza. Beati gli ingenui.
22 luglio 2009 0:00 - per scocciato
allora SCRIVI CHIARAMENTE che il provolone è tedesco o slavo, ma se mi dici che è italiano è un illecito.
22 luglio 2009 0:00 - Itagliano
Anch'io sostengo che il consumatore ha diritto di sapere con certezza cosa significa "italiano": interamente prodotto in Italia con materie prime italiane, oppure etichettato semplicemente...

Ma dobbiamo anche finirla con il sostenere che "italiano" vuol dire necessariamente qualità superiore: tanto per fare un esempio, esiste in commercio dell'ottimo latte austriaco e svizzero assolutamente superiore come gusto, caratteristiche nutritive e prezzo al latte italiano.

La cui produzione, peraltro, è quasi interamente destinata all'industria casearia: senza importazione, in pratica, non avremmo latte nel nostro frigo.

Mentre i mezzi di propaganda si ostinano a inculcare nei consumatori l'idea che "italiano è meglio a prescindere" (in un'ottica autarchico-protezionista tanto cara alle nostre categorie imprenditoriali), ADUC può e deve riferire ai consumatori che la libera circolazione delle merci, se affiancata a una corretta informazione sulle caratteristiche dei prodotti e a una stretta vigilanza sulle caratteristiche igieniche e sanitarie, è sicuramente vantaggiosa, in termini di qualità e prezzi, per tutti.
22 luglio 2009 0:00 - scocciato
Il vero è che, caro amico scrivente, tutto questo "magico made in Italy" è solo un metodo esasperato all'italiana, per far soldi, per imbonire il popolo consumatore, che crede di stare e gustare meglio quando c'è dichiarata ed etichettata la parola "qualità" - parola indefinita, che non dice nulla da sè, senza aggettivi - Il popolo consumatore esperto di saputerie che i produttori sanno bene sfruttare, è indotto a credere, pensare, decidere che questa "autarchica" scelta sia il "non plus ultra" delle illuminate decisioni.
Quella dei prodotti caseari esteri potrebbe essere estesa a moltissimi altri settori. Chissà perchè il degustatore italiano straluna gli occhi di piacere, consiglia agli amici questo formaggio fine del mondo e non sa che dietro al suo provolone o al suo pecorino sardo, magari c'è un impasto slavo o tedesco e che non deve essere CATTIVO per forza e convenienza.
Un tempo non troppo lontano vedeva i prodotti esteri migliori sotto tanti aspetti. Ora si tende a fare il contrario. Chissà perchè i prodotti stranieri sono cattivi? O si crede che lo siano solo perchè solo gli italiani ci debbono guadagnare? Ma non è stata ribadita vieppiù la libera circolazione delle merci? O si disquisisce per tentare di arginare la nostra catastrofe con l'ultimo soffio di italianità, effimero e vacillante. Basta qualche elemento perturbatore e tutto salta e allora ricorreremo di nuovo all'ottica e alla meccanica tedesca, all'acciaio svedese, ai vini francesi, ai tessuti inglesi, ai prosciutti dalmati, all'olio greco o turco e, come già facciamo per forza, ai tarocchi cinesi.
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