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16 marzo 2016 14:48 - savpg8801
Che ridere...le etichette?
Aziende produttrici di bottiglie prelevano da silos dove hanno precedentemente messo camion di oli provenienti da varie parti e di varia natura, eccetto alcune. Per redigere etichette bisognerebbe che il prodotto fosse sempre lo stesso, che le percentuali fossero sempre le stesse, che le forniture fossero sempre le stesse, che le analisi fossero fatte da esterni su ogni carico, che le etichette fossero veritiere, che le migliaia di piccoli produttori locali smettessero di farsi il loro DOC STRADOC campanilistico per moltiplicare i prezzi, che bla bla bla.
Come se in un mercato rionale del pesce o delle verdure o dell'abbigliamento si pretendesse di sapere se nella cassetta con scritto "Tizio, Caio, Sempronio, serissimi produttori di Vattelapesca" ci fosse la vera frutta che Quegli ha realmente prodotta, inscatolata, lucidata o irrorata di conservanti, o in ogni pesce le caratteristiche, il giorno di pesca, la scritta se pieno di mercurio o piombo ecc.ecc., ma va laaaa......lasciamo le utopie e guardiamo alle cose serie. Quello che serve devono essere i controlli serrati a monte e le pene infernali.
Ogni volta si salta fuori con il rimedio sciocco dell'etichetta !
16 marzo 2016 6:47 - danilo2072
Ma cosa c'è di strano ? il nostro consumo è circa 300 mila tonnellate ed importiamo oltre 500 mila... il problema è la contraffazione che possono fare le industrie olearie italiane? e' UN PROBLEMA TUTTO NOSTRO. iL VERO PROBLEMA è SECONDO ME IL MANTENIMENTO BASSO DEL COSTO.... diciamo che è anche un provvedimento temporaneo. Poi ci sono i problemi di geopolitica internazionale da non sottovalutare ....Credo che sia importante scrivere sull'etichetta la miscellanea olearia del prodotto messo in vendita .
12 marzo 2016 18:25 - savpg8801
Ma chi è il consumatore? Uno due o trentamilioni?
Meglio dire, se proprio interessa, "i consumatori" popolo variegato di pareri eterogenei, di pancia e di testa, di amore e d'odio, di soldi da spendere e di soldi da risparmiare, di fidelizzazione ai bollini e di acquisti basta che si mangi, di malati psicopatici di perfetto nutrizionismo, e di normali acquirenti come una volta non pilotati da pubblicità o da convinti passaparola, di perfetti chimici e tecnici organolettici capaci di decifrare le balle che si leggono in etichetta o quelli che pensano che un prodotto debba essere buono o accettabile per legge senza fargli l'analisi chimica e lessicale ogni volta; da convinti ingiostrati dalle politiche comunitarie ove è buono solo il prodotto dei singoli paesi di appartenenza, oppure dai creduloni insaputellati seguitori dei programmi culinari televisivi che spopolano e catturano gente per i ristoranti con incredibili arzigogoli alimentari, o anche da improbabili assaggiatori che se gli bendi gli occhi non riconoscono un olio da un aceto (il sottoscritto ha fatto prove simili con alcuni prodotti e nessuno ci ha azzeccato)?
Ed ancora un popolo di consumatori magari "consapevoli" (di chè?) equi (come?), solidali (ma con chi?- con gli affaristi?) o invasati dalla pubblicità del biologico (costosissimo e che è risaputo vanno a prendere i prodotti ai magazzini generali come tutti), o legati ancora al principio di chi, non capendo una mazza, dichiara che è buono perchè costa di più (anche da divulgazioni interessate del mass-media e politici) o perchè ha l'etichetta attraente (studi internazionali dimostrano questo).
Benissimo, facciamo scegliere "democraticamente" con gazebate o tavolini a un qualche migliaio di invasati le sorti delle nostre vicende agro-alimentari e così salviamo il principio di libera scelta e di libero arbitrio. Diecimila dichiaranti, ventimilioni di pareri. Ma mai scelte giuste e logiche.
12 marzo 2016 15:35 - momus
E' meglio importare olive e olio (prodotti finiti) o lavoratori tunisini (fattore di produzione) da impiegare nell'agricoltura e nell'industria italiana per produrre olio o altro? Il dazio a zero rende ancora più conveniente importare merci (olio) e non lavoratori. E magari ci piace, visto che se arrivano i lavoratori tunisini ci arrabbiamo perché rubano il lavoro agli italiani. Non sarebbe male che qualche industria italiana avesse la forza di comprare terra in Tunisia per coltivare secondo le nostre tecniche eccellenti olive che diano olio eccellente. Che differenza sostanziale ci può mai essere tra olivi tunisini e pugliesi o siciliani? Si direbbe a ragione: la qualità eccellente del capitale umano incorporato nelle menti e nelle braccia degli imprenditori agroindustriali italiani. Allora vadano loro in Tunisia a fare impresa. Oppure sanno fare impresa in Italia solo se protetti dai dazi? e da barriere non tariffarie come la qualità (troppo spesso presunta o scollegata dal livello di prezzo)? Sarebbe meglio affidare l'ardua sentenza al consumatore informato e perciò libero e consapevole di scegliere il meglio per sé.
12 marzo 2016 14:33 - chigo
non credo che questa sia la soluzione dei problemi
perché se fosse vero dovremmo importare tutti i prodotti di tutti i paesi in difficoltà per eventi bellici, economici ,e dittatoriali. E' come dire al presidente coreano che compreremo i loro prodotti se abbandona le mire atomiche. No la verità è che ogni paese occidentale dovrebbe in accordo con gli Stati, proporre di insegnare ad impiantare economia stabile e sostenibile e contestualmente promuovere l'applicazione della democrazia.
11 marzo 2016 21:15 - savpg8801
Perchè un indivi duo veg ano non usa l'olio d'oliva?
forse perchè c'è qualche vermetto? Bo!
11 marzo 2016 20:22 - lucillafiaccola1796
sav = savio!
IO sono Vegana e quindi l'olio non lo uso, perché uso i semi mandorle, noci, eccche sostituiscono l'olio...
11 marzo 2016 14:36 - savpg8801
Considerato il mio piccolo numerino di telaio, dicendo la mia, sono in massima parte convinto di quanto asserisce Vincenzo Donvito, almeno su questo tema.
Questo tema si può trasferire anche ad altri molteplici argomenti sia agricoli, che industriali, che commerciali oltre che comportamentali.
Ormai è diventata moda e uso comune dichiarare e sostenere che il prodotto italiano, in relazione ad altre centinaia di paesi che producono stesse cose, sia il migliore, che la qualità non abbia rivali, spesso anche il prezzo. E questo per indurre il consumatore, mediante tecniche di marketing, a considerare che è migliore quello che costa di più(solito metro imbecille).
Dobbiamo, forse per legge, consumare italiano come ci viene inculcato ad ogni passo che facciamo.?
La massima parte degli oli che consumiamo porta la strafottuta etichetta sempre uguale nella forma e nei contenuti.
Cioè in genere più o meno: leggo in una bottiglia a caso(ma son tutte così) di prodotto a marchio di una grossa catena: "Miscela di oli di oliva originari dell'Unione Europea". Strano che si parli di oli di oliva e non oli "extravergini" come viene sempre raccomandato pena la morte!
Ed ancora " Olio di oliva di categoria superiore (a cosa?) ottenuto direttamente dalle olive (ha..non dai fagioli..specificato)e unicamente mediante procedimenti meccanici( forse alcuni le sciolgono nel gasolio?)"".
Molto chiara per una "consapevole" informazione.!
Allora la Tunisia, o l'Egitto o altro non c'entrano? Ma non è sicuramente così anche adesso, viste le vie infinite di aggiramento.
Dopo chi ci informerà esaurientemente se in questa o quella marca quanto tunisino o pugliese, o Greco ci sarà in pecentuale? E come faremo a sapere quanta salute ci verrà tolta o guadagnata attraverso questi calcoli impossibili?
Ed è solo questione di "dazi si" o "dazi no" per stabilire la fregatura?
In fondo nessuno sa quanta pommarola o chip o abbigliamento importiamo da Cina, India, ecc. e nessuno dice mai nulla. La qualità dei prodotti che portano etichetta italica(posticcia) è buona, la migliore, ma senza etichetta sono cattivi.
Quanto siamo poveri di mente!
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