Che ridere...le etichette?
Aziende produttrici di bottiglie prelevano da silos dove
hanno precedentemente messo camion di oli provenienti da
varie parti e di varia natura, eccetto alcune. Per redigere
etichette bisognerebbe che il prodotto fosse sempre lo
stesso, che le percentuali fossero sempre le stesse, che le
forniture fossero sempre le stesse, che le analisi fossero
fatte da esterni su ogni carico, che le etichette fossero
veritiere, che le migliaia di piccoli produttori locali
smettessero di farsi il loro DOC STRADOC campanilistico per
moltiplicare i prezzi, che bla bla bla.
Come se in un mercato rionale del pesce o delle verdure o
dell'abbigliamento si pretendesse di sapere se nella
cassetta con scritto "Tizio, Caio, Sempronio, serissimi
produttori di Vattelapesca" ci fosse la vera frutta che
Quegli ha realmente prodotta, inscatolata, lucidata o
irrorata di conservanti, o in ogni pesce le caratteristiche,
il giorno di pesca, la scritta se pieno di mercurio o piombo
ecc.ecc., ma va laaaa......lasciamo le utopie e guardiamo
alle cose serie. Quello che serve devono essere i controlli
serrati a monte e le pene infernali.
Ogni volta si salta fuori con il rimedio sciocco
dell'etichetta !
16 marzo 2016 6:47 - danilo2072
Ma cosa c'è di strano ? il nostro consumo è circa 300 mila
tonnellate ed importiamo oltre 500 mila... il problema è la
contraffazione che possono fare le industrie olearie
italiane? e' UN PROBLEMA TUTTO NOSTRO. iL VERO PROBLEMA è
SECONDO ME IL MANTENIMENTO BASSO DEL COSTO.... diciamo che
è anche un provvedimento temporaneo. Poi ci sono i problemi
di geopolitica internazionale da non sottovalutare ....Credo
che sia importante scrivere sull'etichetta la miscellanea
olearia del prodotto messo in vendita .
12 marzo 2016 18:25 - savpg8801
Ma chi è il consumatore? Uno due o trentamilioni?
Meglio dire, se proprio interessa, "i consumatori" popolo
variegato di pareri eterogenei, di pancia e di testa, di
amore e d'odio, di soldi da spendere e di soldi da
risparmiare, di fidelizzazione ai bollini e di acquisti
basta che si mangi, di malati psicopatici di perfetto
nutrizionismo, e di normali acquirenti come una volta non
pilotati da pubblicità o da convinti passaparola, di
perfetti chimici e tecnici organolettici capaci di decifrare
le balle che si leggono in etichetta o quelli che pensano
che un prodotto debba essere buono o accettabile per legge
senza fargli l'analisi chimica e lessicale ogni volta; da
convinti ingiostrati dalle politiche comunitarie ove è
buono solo il prodotto dei singoli paesi di appartenenza,
oppure dai creduloni insaputellati seguitori dei programmi
culinari televisivi che spopolano e catturano gente per i
ristoranti con incredibili arzigogoli alimentari, o anche da
improbabili assaggiatori che se gli bendi gli occhi non
riconoscono un olio da un aceto (il sottoscritto ha fatto
prove simili con alcuni prodotti e nessuno ci ha
azzeccato)?
Ed ancora un popolo di consumatori magari "consapevoli" (di
chè?) equi (come?), solidali (ma con chi?- con gli
affaristi?) o invasati dalla pubblicità del biologico
(costosissimo e che è risaputo vanno a prendere i prodotti
ai magazzini generali come tutti), o legati ancora al
principio di chi, non capendo una mazza, dichiara che è
buono perchè costa di più (anche da divulgazioni
interessate del mass-media e politici) o perchè ha
l'etichetta attraente (studi internazionali dimostrano
questo).
Benissimo, facciamo scegliere "democraticamente" con
gazebate o tavolini a un qualche migliaio di invasati le
sorti delle nostre vicende agro-alimentari e così salviamo
il principio di libera scelta e di libero arbitrio.
Diecimila dichiaranti, ventimilioni di pareri. Ma mai scelte
giuste e logiche.
12 marzo 2016 15:35 - momus
E' meglio importare olive e olio (prodotti finiti) o
lavoratori tunisini (fattore di produzione) da impiegare
nell'agricoltura e nell'industria italiana per produrre olio
o altro? Il dazio a zero rende ancora più conveniente
importare merci (olio) e non lavoratori. E magari ci piace,
visto che se arrivano i lavoratori tunisini ci arrabbiamo
perché rubano il lavoro agli italiani. Non sarebbe male che
qualche industria italiana avesse la forza di comprare terra
in Tunisia per coltivare secondo le nostre tecniche
eccellenti olive che diano olio eccellente. Che differenza
sostanziale ci può mai essere tra olivi tunisini e pugliesi
o siciliani? Si direbbe a ragione: la qualità eccellente
del capitale umano incorporato nelle menti e nelle braccia
degli imprenditori agroindustriali italiani. Allora vadano
loro in Tunisia a fare impresa. Oppure sanno fare impresa in
Italia solo se protetti dai dazi? e da barriere non
tariffarie come la qualità (troppo spesso presunta o
scollegata dal livello di prezzo)? Sarebbe meglio affidare
l'ardua sentenza al consumatore informato e perciò libero e
consapevole di scegliere il meglio per sé.
12 marzo 2016 14:33 - chigo
non credo che questa sia la soluzione dei problemi
perché se fosse vero dovremmo importare tutti i prodotti di
tutti i paesi in difficoltà per eventi bellici, economici
,e dittatoriali. E' come dire al presidente coreano che
compreremo i loro prodotti se abbandona le mire atomiche. No
la verità è che ogni paese occidentale dovrebbe in accordo
con gli Stati, proporre di insegnare ad impiantare economia
stabile e sostenibile e contestualmente promuovere
l'applicazione della democrazia.
11 marzo 2016 21:15 - savpg8801
Perchè un indivi duo veg ano non usa l'olio d'oliva?
forse perchè c'è qualche vermetto? Bo!
11 marzo 2016 20:22 - lucillafiaccola1796
sav = savio!
IO sono Vegana e quindi l'olio non lo uso, perché uso i
semi mandorle, noci, eccche sostituiscono l'olio...
11 marzo 2016 14:36 - savpg8801
Considerato il mio piccolo numerino di telaio, dicendo la
mia, sono in massima parte convinto di quanto asserisce
Vincenzo Donvito, almeno su questo tema.
Questo tema si può trasferire anche ad altri molteplici
argomenti sia agricoli, che industriali, che commerciali
oltre che comportamentali.
Ormai è diventata moda e uso comune dichiarare e sostenere
che il prodotto italiano, in relazione ad altre centinaia di
paesi che producono stesse cose, sia il migliore, che la
qualità non abbia rivali, spesso anche il prezzo. E questo
per indurre il consumatore, mediante tecniche di marketing,
a considerare che è migliore quello che costa di
più(solito metro imbecille).
Dobbiamo, forse per legge, consumare italiano come ci viene
inculcato ad ogni passo che facciamo.?
La massima parte degli oli che consumiamo porta la
strafottuta etichetta sempre uguale nella forma e nei
contenuti.
Cioè in genere più o meno: leggo in una bottiglia a
caso(ma son tutte così) di prodotto a marchio di una grossa
catena: "Miscela di oli di oliva originari dell'Unione
Europea". Strano che si parli di oli di oliva e non oli
"extravergini" come viene sempre raccomandato pena la
morte!
Ed ancora " Olio di oliva di categoria superiore (a cosa?)
ottenuto direttamente dalle olive (ha..non dai
fagioli..specificato)e unicamente mediante procedimenti
meccanici( forse alcuni le sciolgono nel gasolio?)"".
Molto chiara per una "consapevole" informazione.!
Allora la Tunisia, o l'Egitto o altro non c'entrano? Ma non
è sicuramente così anche adesso, viste le vie infinite di
aggiramento.
Dopo chi ci informerà esaurientemente se in questa o quella
marca quanto tunisino o pugliese, o Greco ci sarà in
pecentuale? E come faremo a sapere quanta salute ci verrà
tolta o guadagnata attraverso questi calcoli impossibili?
Ed è solo questione di "dazi si" o "dazi no" per stabilire
la fregatura?
In fondo nessuno sa quanta pommarola o chip o abbigliamento
importiamo da Cina, India, ecc. e nessuno dice mai nulla. La
qualità dei prodotti che portano etichetta
italica(posticcia) è buona, la migliore, ma senza etichetta
sono cattivi.
Quanto siamo poveri di mente!