Buon giorno ,
volevo un informazione a proposito dei PIR.
Siccome dite che per avere l esenzione bisogna tenerli
almeno 5 anni ,
in caso di successione , per poter evitare
di pagare le imposte di successione,
devono essere trascorsi almeno 5 anni
dall acquisto dei PIR alla morte del
de cuius ,altrimenti si e costretti
lo stesso a pagare le imposte di successione?
8 novembre 2017 10:29 - federico6198
Da una lettura del sole 24 ore .....
Se i Pir finanziano in primis le banche (di Giancarlo
Ursino)
Dalle parole ai fatti. Dallo scorso autunno, con la
definizione e successiva approvazione della legge di
Stabilità, che ha introdotto nel nostro ordinamento i Pir
(Piani individuali di risparmio), è stato un susseguirsi di
dichiarazioni da parte dei gestori di fondi comuni pronti a
sostenere l’economia reale con i nuovi “contenitori”
del risparmio degli italiani. L’obiettivo è di
canalizzare in modo stabile e duraturo risorse soprattutto
verso quelle piccole medie imprese che fanno fatica a
finanziarsi attraverso il canale bancario. Ma il rischio di
indirizzare solo flussi marginali di risparmio
all’economia reale con i Pir è davvero alto.
La conferma arriva dal monitoraggio condotto da Plus24 tra i
gestori che hanno già lanciato i Pir e adesso iniziano a
sciorinare i numeri dei milioni di euro raccolti. Ma dove
sono state indirizzate queste risorse? I fondi comuni (e
quindi anche i Pir offerti con questa veste) sono tenuti a
comunicare la composizione del portafoglio solo nei
rendiconti semestrali, che perdipiù sono redatti e resi
pubblici con un gap temporale di mesi. E i gestori
interpellati hanno risposto, solo a grandi linee, dove hanno
dirottato le somme finora raccolte con i Pir.
Da Eurizon Capital fanno sapere che per policy interna non
possono dare il dettaglio delle aziende su cui investono gli
oltre 100 milioni di euro già versati da circa 14mila
clienti del gruppo Intesa Sanpaolo nei tre Pir lanciati a
fine febbraio. Anche da Pioneer Investments rispondono che
occorre attendere il report semestrale del fondo per poter
dare evidenza dei principali titoli in portafoglio del Pir
Pioneer Risparmio Italia che da fine gennaio a raccolto
circa 50 milioni. Il gestore del fondo, Enrico Bovalini,
precisa però che «come prevede la normativa il 21% del Pir
è investito su small e mid cap italiane: stiamo
privilegiando le società quotate sul listino Ftse Mid Cap,
focalizzandoci in particolare sul settore finanziario, sui
consumi discrezionali e sulle imprese industriali, ma anche
l’area farmaceutica e quella delle utility sono componenti
significative».
Senza entrare nel dettaglio di come viene ripartito
l’investimento tra medie e piccole imprese, Lucio De
Gasperis, dg di Mediolanum Gestione Fondi, risponde che
«l’ammontare di raccolta riconducibile ai due prodotti a
scaffale Pir compliant appena lanciati è già pari a 200
milioni di euro. Di questi, 170 milioni sono investiti in
Italia, di cui 86 milioni nelle Pmi. La percentuale
investita al di fuori del FtseMib è pari pertanto al 43%,
ben superiore al minimo richiesto del 21%».
Ma a scorrere i primi 10 titoli in portafoglio di tutti i
fondi Pir (quando sono pubblicati con cadenza mensile sui
siti internet delle Sgr) per la legge dei grandi numeri ci
sono quasi sempre solo titoli appartenenti al Ftse Mib,
perdipiù di società che operano in primis nel settore
finanziario. Altro che Pir come strumento di sostegno alle
Pmi alternativo al canale bancario. Alla fine le risorse dei
Pir vanno a finanziare principalmente le banche. Tra i primi
10 titoli attualmente in portafoglio del Pir Anima Crescita
Italia comunicati a Plus24 dalla Sgr partecipata da Banco
Bpm (14,7%) e Poste Italiane (10,3%), figurano azioni
FinecoBank e bond emessi da Ubi, Bper, Generali, UniCredit e
Intesa Sanpaolo. Mentre il primo titolo in portafoglio è un
fondo della stessa Sgr, Anima Valore Globale, sul quale è
investito ben l’8% del patrimonio del Pir.
«I nostri due Pir - afferma Marco Rosati, ad di Zenit Sgr -
hanno una quota di titoli di Pmi italiane molto rilevante.
In particolare il fondo azionario viaggia con percentuali
intorno al 20-30% di titoli del Ftse Mib e il 70-80% in mid
cap; solo il 10% circa è investito in azioni dell’Aim,
che equipariamo ai titoli non quotati perché sono in buona
misura illiquidi». Le azioni delle società quotate
all’Aim per molti gestori rientrano di default nel calcolo
del 10% massimo di titoli non quotati in cui un fondo può
investire. «Abbiamo necessità di selezionare in primis
titoli liquidi - fa eco Marco Nascimbene, gestore del Pir
Fondersel Pmi -. Sul nostro Pir il 40% circa del portafoglio
è investito sui principali 40 titoli del listino che
compongono il Ftse Mib. Mentre sulle small cap c’è solo
il 6% e in particolare sull’Aim abbiamo posizioni
esclusivamente sulle Spac. Il resto è investito sulle mid
cap». Sull’Aim arrivano in genere società di piccole
dimensioni, che perdipiù quotano solo una piccola
percentuale di azioni: il flottante minimo richiesto è solo
del 10%.
L’esigenza di investire in titoli liquidi non consente
quindi ai gestori di girare sulle Pmi cifre importanti. Gran
parte del patrimonio dei Pir è focalizzato sulle big e mid
cap, che hanno meno necessità di essere supportate rispetto
al tessuto di Pmi italiane che ha difficoltà ad accedere ai
mercati finanziari attraverso la quotazione in Borsa o i
canali bancari tradizionali. A loro va (per il momento) una
porzione infinitesimale delle risorse raccolte dai Pir. E
forse questo è un bene per i risparmiatori. Per sostenere
le Pmi sarebbe stato meglio concedere agevolazioni ai fondi
di private equity e venture capital con capitali raccolti
solo tra investitori istituzionali e, soprattutto,
consapevoli.
7 novembre 2017 17:16 - savpg8801
Ma proprio non ci si rende conto che le cose, anche se si
vogliono far apparire come chiare ed intelligibili, sono
complicatissime?
Si sta parlando ad una platea di popolo che non ha, non
può, e spesso non ritiene giusto comprendere a fondo tutte
queste regole, norme, remore, e chi più ne ha ne metta.
Il sottoscritto ha lavorato nel settore e da tempo si
cimenta con tante forme di investimenti.
Tuttavia mi trovo, quando sono davanti a un qualsiasi
promotore, agente assicurativo, consulente (chiamiamoli come
vogliamo, cioè che siano addetti ai lavori come venditori
di questi prodotti, anche se so che qualcuno vorrà
distinguerli meglio) io che sono sufficientemente esperto,
mi trovo a disagio quando chiedo..chiedo, ma non trovo
spesso riscontri. I fascicoli informativi(prospetti) sono
talmente farraginosi, lunghi, complicati, spesso
intraducibili, tecnici, ecc., che non sono alla portata di
nessuno neppure di chi si sente intelligente da dichiarare
di capirli.
Poi questi prodotti hanno dei lati oscuri che il
risparmiatore non riuscirà, poi, a seguire nel tempo. Cioè
se la società emittente come dovrebbe fare per dimostrare
il rispetto di tutte le clausole: detenzione, fiscalità,
tempi di possesso, cedole o accumuli specie se se ne preveda
la modifica in corso di opera, poi operazioni di eredità
nel caso di morte oppure di successione comune e di rimborsi
ove, suppongo e specie riguardo a forme assicurative, le
incombenze di annullamento della fiscalità non saranno
applicate o solo in parte?
Ma proprio si crede che il risparmiatore comune (ancorchè
avvisato, si renda conto bene di quello che ci stà dentro
la scatoletta anche se ben etichettata? E se ci si
rimangiano le clausole contrattuali, come ogni tanto
qualcuno fa "unilateralmente" ?
Tutto questo ed altro ancora, come verrebbe e se verrebbe
comunicato al detentore dei titoli o si spera che si
inneschi un dimenticatoio da risvegliarsi solo alla
scadenza(quando vi sia) e rendersi conto di non aver e non
aver avuto nessuna possibilità di capire quale sia stato il
risultato o il rendimento dell'investimento? E come fare se
nel frattempo della temporalità minima dei cinque anni
entrino nel mercato forme di investimento ben più
appetibili onde dover fare dei conti a sistema algebrico a
"n" incognite per capirne la convenienza o meno?
E' chiaro, dunque, che la solita raccomandazione di leggere
il prospetto informativo e chiedere lumi è pura utopia,
tanto nessuno saprà farne una simulazione decente e dovrà
solo fidarsi delle, ovviamente di parte, informazioni
fornitegli all'atto della sottoscrizione.