Ho sempre pensato e sostenuto che i veri buoni investitori /
ci - indipendentemente dalle azioni - sono coloro che
conoscono il valore dei soldi ed è proprio sulla scia di
questa conoscenza/consapevolezza che intercettano quando e
se usare soldi per investire che è un operazione mentale
legata alla convenienza personale e che può essere svolta
anche con il vecchio cd baratto che genera forme di
investimento redditizie.
La pianificazione è un processo mentale correlato a
personalità robuste che rifiutano la speculazione perché
sanno che è solo un 'fuoco di paglia' adatto solo alle
menti frettolose ed è noto a tutti che la fretta è cattiva
consigliera.
Mi trovo in un contesto sociale dove prevale la
speculazione, ci sono prodotti e servizi a maggioranza
scadenti, non ho convenienza a spendere da molto tempo, ho
arrestato diversi meccanismi speculativi contro di me
denunciando e tagliando contratti e revocando addebiti
automatici, sto risparmiando da molto tempo perché mi
conviene, in sintesi è un contesto fisico da abbandonare
appena ho la disponibilità economica necessaria per
trasferirmi perché è anche un contesto povero di
collegamenti con altri territori ovvero non genera nessun
tipo di output positivo. C'è un aspetto relativamente
positivo ed è che il costo della vita è oggettivamente
basso quindi esiste il modo di risparmiare ma nel contempo
è un contesto sterile quindi per me rimane la convenienza
del trasferimento.
I soldi forniscono una marcia in più perché ti danno
l'opportunità di poter fare più scelte e chi ruba soldi
alle persone oneste toglie delle opportunità generando un
doppio danno alla vita delle persone oneste
5 giugno 2018 20:15 - Ax90
Dott. Pedone, come sempre ringrazio per la stesura di
articoli chiari ed accessibili a tutti coloro che abbiano il
desiderio di accrescere la propria cultura finanziaria.
Come ho già detto in passato, grazie ad articoli simili
sono diventato un risparmiatore consapevole; da tempo pero
vorrei diventare investitore quindi approfitto di un esempio
riportato in questo topic per chiedere chiarimenti.
Tempo fa notai l ETF MSCI World ed iniziai a considerarlo,
comprendendone limiti e criticità. Vorrei perciò chiederle
se le era possibile esemplificare ancora più chiaramente l'
esempio di investimento da lei citato riportando i passaggi
descritti con cifre di un ipotetico investimento. Nella
speranza di non chiederle troppo la e vi incoraggio a
continuare a divulgare articoli in materia.
Cordialmente
A.F.
4 giugno 2018 13:41 - luca6327
Faccio al dr. Pedone una mia riflessione: chi investe nel
mercato azionario con ottica di lungo periodo, dopo aver
fatto acquisti in accumulo con cali del 25, 30, 40 e 50 %,
non sarebbe opportuno continuare a tenere l'intero capitale
investito anche quando cambia il trend, per sfruttare la
capitalizzazione composta e la risalita dei mercati che si
è sempre verificata dopo cali importanti? Vendere, man mano
che il mercato sale, una quota di quanto precedentemente
acquistato, non sarebbe come rinunciare ad uno dei vantaggi
che il mercato azionario offre nel lungo periodo dopo cali
importanti? Grazie-
28 maggio 2018 22:44 - federico6198
Concordo pienamente con questo articolo dove viene spiegata
una metodologia d’investimento corretta ma di difficile
applicazione in quanto l’enorme blocco mentale che
affligge il piccolo risparmiatore comune è molto difficile
da superare perché nella sua mente ci sono delle
convinzioni che lo predispongono a sbagliare ragionamento,
sul risparmio, viene associato l’investimento alla
speculazione e al rischio ed il risparmio al sacrificio,
sostanzialmente le persone lavorano per i soldi ma non fanno
lavorare i soldi per loro . Come dice marco liera il mondo
della finanza è invaso dalle distorsioni cognitive .non
avendo le idee chiare essendo il futuro incerto si vive alla
giornata come se la vita o il mondo dovessero finire domani
si sprecano energie e risorse in cose inutili e non si
pianifica adeguatamente ed intanto il tempo passa…. anche
perché da parte dei piccoli investitori non c’è cultura
in finanza e come disse massimo scolari :La consulenza
finanziaria, soprattutto se prestata secondo modalità di
indipendenza e di oggettività, può contribuire a ridurre i
costi sopportati dal cliente e l’asimmetria informativa.
In un certo senso si potrebbe affermare che la domanda di
consulenza dovrebbe essere maggiore proprio da parte della
clientela meno informata e meno finanziariamente evoluta.
Infatti questi risparmiatori, sprovvisti del bagaglio e
delle informazioni di base, consumano più tempo e risorse
per informarsi e decidere i propri investimenti. Non è
così invece. Numerose ricerche hanno dimostrato che il
servizio di consulenza risulta maggiormente apprezzato dalla
clientela evoluta e con una decente preparazione ed
esperienza in materia finanziaria. Alcuni sostengono che
questa correlazione è dovuta al fatto che la clientela
maggiormente istruita normalmente detiene più capitali e
guadagna redditi maggiori. Ed è per questo che chiede più
facilmente un servizio di consulenza. In ogni caso la
consulenza ha un costo, dato dal tempo necessario al
consulente per analizzare la pianificazione finanziaria del
cliente, i suoi obiettivi, la propensione al rischio ecc. e
per formulare raccomandazioni di investimento adeguate ai
bisogni e alle caratteristiche del cliente. Se questo costo
supera l’onere che il cliente deve sopportare per
informarsi e decidere da solo, evidentemente la consulenza
non potrà svilupparsi presso la clientela retail.
Così scrisse Nicola Zanella : di Nicola Zanella -
06/10/2011 «Come in passato era impossibile vivere e
operare in modo efficiente senza essere alfabetizzati, vale
a dire senza sapere né leggere né scrivere, così oggi è
impossibile vivere e operare efficientemente se si è privi
di conoscenze finanziarie. Data la complessità degli
strumenti e delle decisioni finanziarie quotidiane – il
confronto tra le offerte delle carte di credito, la scelta
dei metodi di pagamento, la decisione di quanto risparmiare,
dove investire e come ottenere il miglior prestito –
bisogna saper leggere e scrivere in termini finanziari».
Così scrisse nel 2008 Annamaria Lusardi, professore di
economia alla George Washington School of Business e massima
esperta mondiale di educazione finanziaria.
Si tratta di una considerazione talmente illuminata che
l’anno scorso decisi di inserirla in apertura del mio
libro Investire bene i propri risparmi, Giunti-Il Sole 24
Ore, 2010.
D’altro canto, nel corso degli ultimi 30 anni, sono
diventati sempre più complessi i bisogni finanziari degli
individui. Infatti:
1) si è verificato il necessario passaggio, per la tenuta
dei conti pubblici dato l’aumento dell’aspettativa di
vita, dai piani pensione a benefici definiti ai piani
pensione a contributi definiti. Questi ultimi di fatto hanno
spostato la responsabilità di quanto risparmiare e come
investire la ricchezza a fini pensionistici ai singoli
individui, che godranno per di più in futuro di assegni
previdenziali sempre più magri;
2) si è assistito ad un aumento significativo della
prosperità, ma anche dell’accesso al credito facile e
quindi della possibilità di indebitarsi da parte degli
individui, anche e soprattutto giovani.
Inoltre, i prodotti e i servizi finanziari/assicurativi sono
diventati più sofisticati e spesso complicati da capire.
Infatti:
1) gli strumenti a cui gli individui hanno potenzialmente
accesso per investire i loro risparmi e assicurarsi sono
cresciuti enormemente di numero, molti sono di recente
introduzione e richiedono conoscenze adeguate per un loro
utilizzo efficace;
2) si è realizzata una progressiva deregolamentazione dei
mercati finanziari;
3) è aumentata notevolmente la massa delle informazioni che
gli individui devono raccogliere e processare per poter
prendere adeguate decisioni finanziarie.
Ma qual è il livello delle conoscenze finanziarie diffuso
tra la popolazione?
Le ricerche accademiche a livello mondiale, tra cui spiccano
proprio quelle di Annamaria Lusardi, fotografano una
situazione allarmante, nella quale la maggioranza degli
individui, dai più giovani agli adulti, ha insufficienti
conoscenze (anche di base) per prendere decisioni
finanziarie che sono nel loro migliore interesse, sia nel
breve che nel lungo termine.
È dimostrato che il livello delle conoscenze finanziarie
(financial literacy) è in grado di influenzare il
comportamento finanziario degli individui. Infatti, le
persone con una bassa cultura finanziaria:
- tendono ad avere maggiori problemi con i debiti,
sottostimando il potere del tasso composto nel corso del
tempo;
- sono meno propense di altre ad investire sul mercato
azionario;
- non scelgono i fondi comuni di investimento dai bassi
costi, nemmeno se obbligazionari;
- accumulano meno ricchezza nel corso della loro vita e si
indebitano maggiormente;
- non pianificano adeguatamente in vista del momento della
pensione.
Sono convinto che anche un’adeguata educazione finanziaria
sia in grado di influenzare positivamente il comportamento
finanziario presente e futuro degli individui. Maggiori
conoscenze finanziarie potrebbero portare benefici per gli
individui, per la società e l’economia in generale.
Basti pensare che secondo uno studio australiano, al
lavoratore medio la mancanza di conoscenze finanziarie
adeguate costa circa 790.000 $ (circa 590.000 € al tasso
di cambio attuale)! Non vi sembra una cifra degna di nota? A
me sì.
Nonostante questo, le parole di Annamaria Lusardi, non si
dimostrano, almeno per ora, sufficientemente
«illuminanti», nel senso che la quasi totalità delle
persone continua a disinteressarsi di come investire
efficacemente i propri risparmi, spesso ottenuti con grande
fatica e in un’intera vita. La delega a terzi della
gestione del denaro è la norma. Nemmeno un minimo
controllo, fattibile con qualche conoscenza in più, è mai
preso in considerazione. Perché?
In fondo, quando dobbiamo prendere decisioni in altri campi
cerchiamo di raccogliere le maggiori informazioni possibili.
Pensiamo banalmente all’acquisto di un’auto nuova.
Come ogni italiano che si rispetti, la scelta dell’auto è
un processo che richiede tempo, anche delle settimane, per
confrontare le auto delle diverse marche e scegliere la
concessionaria più conveniente. Nella maggioranza dei casi,
non ci si ferma alla prima concessionaria, né si prende
necessariamente per buono quanto riferito dal primo addetto
alla vendita che si incontra. Le riviste di auto consultate
sono numerose.
Invece, quando si tratta di investire i propri risparmi, per
un valore monetario anche molto maggiore di un’utilitaria,
questa attenzione svanisce di colpo e ci si affida alle cure
dell’amico «esperto» in materia, all’addetto bancario
che si conosce da tempo o al primo consulente indipendente
di turno.
Succede così che le persone si lamentino e giustamente si
spaventino quando vedono il proprio patrimonio calare di
diversi punti percentuali (anche decine!), come accaduto
drammaticamente a molti in questi ultimi due mesi.
Ma se gli si chiede in che cosa si è investito per subìre
tali perdite, la risposta tipica che si rischia di ricevere
è «non mi chiedere queste cose, se ne occupa il mio
consulente/la mia banca». Dopo una pausa (di sconforto),
aggiungono tristemente «forse non troppo bene»
24 maggio 2018 7:34 - cristian6559
Non sono molto d accordo con questo articolo,a mio avviso
partecipare ogni giorno con una tecnica specifica,un
controllo delle proprie azioni,un rispetto delle regole di
Money management, può risultare molto più proficuo e molto
più sicuro. La passività descritta non crea alcuna
conoscenza dei movimenti di mercato.Al contrario può
mietere molti più insuccessi.. inoltre partecipare
attivamente potrebbe anche essere da spunto per crearsi un
mestiere che procuri un reddito..Sconsiglio totalmente
questo tipo di approccio è magari vi consiglio di studiare
e rendervi partecipi di ciò che volete fare..
21 maggio 2018 10:07 - curious
concordo pienamente con quantio scritto dal dott. pedone;
voglio solo evidenziare:
A)La difficoltà psicologica di andare contro il mercato;
b)la selezione dei titoli su cui investire; alcune azendee
in 40 anni possono anche sparire, è vero che c'è la regola
del 1/2%;
ma in base a quale criteri si selezionanto? è vero che per
un investitore ineperto c'è l'etf, sulla cui trasparenza ci
sono però pareri discordanti (v. prof. B. Scienza)
credo che l'impegno per acquisire sia notevole, tra l'altro
i testi migliori su cui studiare sono in inglese, e si sa
come stanno mediamente gli italiani in proposito;
comunque ogni informazione ed opinione in proposito è utile
all'arrichimento della propria conoscenza
cordialmente
18 maggio 2018 9:36 - colephelps
[continua] E questa aliquota è passibile di cambiamenti in
futuro, cosa ne sappiamo se qualche benpensante un domani
deciderà di alzarla al 33%? Perchè non al 40 o al 50%?
Glielo possiamo impedire?
Se c'è un modo di disincentivare l'investimento è questo.
18 maggio 2018 9:35 - colephelps
La strategia dell'avere pazienza e tenere duro, anche quando
i mercati "crollano", e avere la forza e lungimiranza, in
quei casi, invece che vendere come fanno i gonzi,
attualizzando le perdite, di acquistare il più possibile
con la liquidità che ci si è lasciati da parte, è l'unica
strategia che paga di più rispetto agli sforzi: la può
seguire chiunque non abbia la benché minima preparazione
finanziaria.
Purtroppo qui ci portiamo dietro il carrozzone stato, che
mangia il 26% di tutte le rendite, ovvero PIU' DI UN QUARTO
di quello che ci spetterebbe. Tassando per giunta dei soldi
che sono già tassati alla fonte, siccome le aziende si cui
i titoli sono basati hanno già pagato le tasse sui loro
utili, che poi restituiscono sottoforma di apprezzamento o
di dividendi.
Reinvestire le cedole quindi significa rimettere in ballo
solo il 74% del loro valore, e contare di, un domani, vivere
delle cedole, significa dover campare col 74% del loro
valore.
E
17 maggio 2018 17:07 - Alessandro Pedone
@alerosasco
La ringrazio dei complimenti e mi fa molto piacere vedere
che le cose che scriviamo poi si traducono in cambiamenti
delle abitudini almeno di qualche lettore.
Da quello che scrive è già abbastanza "evoluto".
Le voglio dare un piccolo suggerimento.
Inizi a studiare l'opportunità di un'approccio contrarian
su un paniere abbastanza diversificato di singole azioni
(15-25, a seconda del suo capitale) di aziende molto grandi
e chiaramente leader nel loro settore, molto ben guidate e
che hanno grandissime probabilità di restare fra noi tra
10-15 anni.
Gli indici sono una bellissima cosa (ottimi per molti
investitori non esperti, molto meglio della media del
risparmio gestito). Investendo sull'indice, però, si compra
anche tanti titoli che mai compreremmo. Perché non
scegliere? Non si tratta di voler "battere il mercato". Si
tratta di prendere ciò che ci sembra più ragionevole e
mantenerlo per anni ed anni.
Ci sono tante aziende solide che hanno chiaramente un
vantaggio competitivo nel loro settore. Ovviamente non è il
caso di fare nomi perché potrebbero essere scambiati per
raccomandazioni. Il concetto è che un paniere abbastanza
ampio di azioni (in modo che ciascuna singola azione non
pesi più dell'1%, massimo il 2% del portafoglio) gestita
con un approccio contrarian (cioè ricomprando quando il
mercato la penalizza) può dare enormi soddisfazioni
finanziarie. Ovviamente la base deve essere una selezione di
aziende che hanno dei vantaggi nel loro settore, ma la cosa
è molto meno difficile di quello che sembri a prima vista.
Se si ha la pazienza di aspettare il lungo termine e di fare
l'opposto di quello che fanno gli altri, le soddisfazioni
sono assicurate.
Naturalmente, prima di fare una cosa del genere è
necessario studiare bene. Non consiglierei mai i singoli
titoli a persone non sufficientemente preparate. Lei mi è
sembrato un investitore che ha voglia di studiare.
17 maggio 2018 14:12 - alerosasco
Gentile dott. Pedone, le faccio i complimenti per l'articolo
che rappresenta la pura verità di ciò che accade nel mondo
degli investimenti. Ho 40 anni e da dieci anni mi occupo
della gestione del patrimonio famigliare. Sulla mia pelle ho
provato che i rendimenti maggiori li ho ottenuti con i
prodotti che non ho movimentato e di cui ho sempre
reinvestito la cedola od i dividendi. E' stata ottima anche
la sua segnalazione del libro Unconventional Success che ho
letto con molto interesse ed ho approfondito i concetti con
il libro The Ivy Portfolio. Ho effettuato alcuni test sulla
strategia indicata per gli investitori privati dal libro
Unconventional Success e trovo che se seguita con coerenza e
costanza può dare nel tempo dei risultati estremamente
interessanti ed è inoltre perfettamente confacente con la
mia personalità ed ottica di investimento nonché
sopportazione di drawdown. Sto infatti investendo i soldi
dei prodotti finanziari che mi scadono di volta in volta
secondo questa strategia, utilizzando dove possibile ETF a
capitalizzazione.
16 maggio 2018 0:27 - federico6198
Frequentando i forum o siti specializzati in argomenti
specifici, che sono una cosa diversa molto diversa dai
social network che sono un fenomeno di massa , permettono in
qualche modo di accrescere il proprio bagaglio culturale e
premettono di conoscere e confrontarsi con persone che sono
specializzate in una particolare disciplina e che
condividono lo scambio di informazioni che altrimenti non
sarebbe possibile condividere , leggendo uno dei tanti
articoli che sono stati pubblicati ce ne uno che mi ha
colpito in particolare : Analfabetismo finanziario: la
soluzione è l'educazione finanziaria? Chi vuole può andare
a leggerlo che parlava dell’analfabetismo non solo
finanziario, non tanto l’articolo ma i commenti nel forum
di una persona in particolare che riporto : FilippoB
I dati sono realmente preoccupanti ma sarebbe interessante
capirne la distribuzione geografica. Non mi pare che fra i
miei conoscenti ci sia questa situazione ma potrei
sbagliarmi.
In ogni modo concordo sulla grossa difficoltà nel farsi una
cultura finanziaria: personalmente tempo fa volevo fare
degli investimenti ma dopo alcuni mesi di studio ho capito
bene i concetti chiave ed ho scoperto di non voler diventare
un investitore! :
Complimenti per l'articolo.
Alessandro Pedone
@FilippoB
Le prime volte che leggevo questi dati, anch'io non volevo
crederci. Facevo il suo stesso ragionamento: se mi guarda
attorno fra la gente che conosco non riscontro queste
percentuali.
Il problema è che le persone si aggregano per similitudine.
Se lei è su questo sito a leggere un articolo come questo
significa che è una persona che rientra quasi certamente
nel 20% di persone che possiedono gli strumenti culturali
minimi per orientarsi nella vita della società
contemporanea. E' normale che intorno a lei ci siano persone
più o meno simili. Col tempo ho cercato un po' di osservare
meglio la società, in particolare le persone che non erano
a me vicine. Mi sono reso conto così che c'è veramente un
numero di persone elevatissimo che non leggono giornali e
non esercitano più le loro capacità di lettura scrittura e
calcolo da anni ed anni. Queste ricerche vendono fatte ormai
da moltissimo tempo e dalle più importanti istituzioni
internazionali. Ovviamente non sono entrato nei dettagli
operativi di come vengono elaborati, ma tendo a ritenerle
sufficientemente affidabili.
Questo commento e questa risposta furono molto interessanti
e costruttive per me, che mi permisero sostanzialmente di
capire una cosa fondamentale e cioè quello di avere la
possibilità di confrontarci con persone che conoscono bene
una certa materia come la finanza per esempio, ed avere un
certo tipo d’informazione che sarebbe difficile da
acquisire frequentando e confrontandoci con persone che più
o meno hanno la nostra conoscenza e cultura al lavoro al
bar, in palestra al ristorante con gli amici e così via.
Essendo appassionato d’informatica e frequentando i forum
di tanto in tanto mi sono sempre chiesto se l’antivirus
come sistema di protezione fosse una cosa valida e lessi
questo commento :
Ma gli antivirus servono a qualcosa? La ragione è piuttosto
semplice. Gli antivirus agiscono (male per difetto) sempre
troppo tardi per natura (come i fondi obbligazionari). Prima
che possano bloccare un nuovo virus, è necessario che quel
virus sia già in circolazione e arrivi tra le mani degli
esperti, che lo esaminano e preparano di corsa un
aggiornamento antivirale su misura. Poi è necessario
attendere che gli utenti scarichino e installino
l'aggiornamento. Solo allora si è protetti. Questo
meccanismo intrinsecamente passivo significa che anche nella
migliore delle ipotesi, ossia con esperti delle società
antivirali in servizio giorno e notte e con utenti
diligentissimi che scaricano gli aggiornamenti ogni giorno
più volte al giorno, passano comunque diverse ore fra
l'inizio dell'epidemia e la disponibilità
dell'aggiornamento che riconosce la nuova minaccia virale. E
a quel punto il danno è ormai fatto. Grazie anche al
crescente numero di utenti permanentemente connessi, i virus
più recenti si diffondono in tutto il mondo a velocità
enorme. L'antivirus non solo è sostanzialmente inutile
contro un'epidemia: offre un senso di sicurezza del tutto
fasullo, che è notoriamente più pericoloso della
consapevolezza di essere in pericolo. Se l'antivirus ci dice
che un allegato è pulito, è probabile che cederemo alla
tentazione di aprirlo, anche se è di provenienza dubbia.
Non abbiamo modo di sapere se l'allegatoalberga in realtà
un virus troppo recente per essere riconosciuto persino
dall'antivirus fresco di aggiornamento. L'antivirus,
insomma, ci lascia in braghe di tela proprio quando più
neabbiamo bisogno. Il massimo che può fare è confermarci,
a distanza di qualche ora, che un allegato sospetto è
davvero infetto. Ma se già sospettavamo, la conferma è
quasi superflua. Se non sospettavamo, ormai abbiamo aperto
l'allegato e ci siamo infettati. Bell'aiuto. L'antivirus ha
oltretutto un costo tangibile. Non solo occorre quasi
sempre
acquistarlo o perlomeno pagare un canone per i suoi
aggiornamenti (anche se
esistono validi antivirus gratuiti), ma lo scaricamento
necessariamente frequente degli aggiornamenti comporta un
dispendio di tempo e un consumo di banda che, specialmente
per gli utenti collegati via modem in dial-up, si traduce
spesso in un aggravio notevole di spesa. E' anche per questo
che molti utenti non scaricano regolarmente gli
aggiornamenti: costano e sono una scocciatura. Oltretutto,
neppure usare il miglior antivirus e sistemi operativi
alternativi a Windows ci mette al riparo dall'altro spreco
di banda: quello dovuto al bombardamento dei virus ricevuti.
L'antivirus, se installato sul nostro computer, agisce dopo
che abbiamo scaricato l'immondizia infetta. Quindi anche gli
utenti Mac e Linux, notoriamente immuni a quasi tutti i
virus in circolazione, ne subiscono comunque il peso,
perché si trovano la casella di posta intasata da virus
dedicati agli utenti Windows e da quei pestiferi messaggi
"attento, mi hai mandato un virus" generati dagli antivirus
troppo cretini per capire che da anni la maggior parte dei
virus falsifica il mittente del messaggio infetto. Non si
salva nessuno, insomma. E' insomma evidente che l'approccio
dell'antivirus è fondamentalmente
sbagliato e insufficiente. Ci vuole un altro sistema. Un
sistema preferibilmente semplice, oltre che efficace, e che
non sia a carico dell'utente, altrimenti sarebbe condannato
in partenza al fallimento, vista l'ingenuità diffusa dei
tanti che si affacciano oggi a Internet. Il fattore che
permette a un virus moderno di commettere stragi è la
modalità di diffusione: automatica e ad alta velocità. Se
il virus ha bisogno di un'azione manuale per diffondersi (ad
esempio deve essere scaricato da un sito, eseguendo una
procedura protetta da password), la sua
propagazione è drasticamente rallentata, tanto da dare il
tempo ai produttori di antivirus di realizzare e distribuire
l'aggiornamento apposito e soffocare i pochi focolai sul
nascere. Ci sarebbe dunque lo stesso un mercato per gli
antivirus, anche se meno vasto di quello attuale.
Naturalmente la tecnologia da sola non basta: bisogna anche
educare gli utenti a una sana diffidenza, in modo da evitare
le insidie del social engineering. Ma la diffidenza è un
comportamento istintivo, di gran lunga più facile da
instillare anche nell'utente meno esperto che l'uso di una
tecnologia che per molti è estranea e astrusa oltre che
carente nei
risultati, come lo è attualmente quella degli antivirus.
Chiunque capisce la
regola "non fidarti di nessuno".
Una cosa è certa: così non ha più senso andare avanti. Se
vi accontentate di
una soluzione che debella il 99% dei virus passati, presenti
e futuri,
potete adottarla sin da subito, almeno a livello personale.
La Rete intera
ve ne sarà grata. Da quella volta non ho più pagato il
servizio antivirus perché non ha senso pagare un servizio
che di fatto non esiste come la consulenza finanziaria
offerta dalle banche e dai promotori finanziari.