Se trovate cinque minuti andata a leggere Nando Ioppolo
“Che cos’e li spread… io penso che se la gente lo
sapesse scoppierebbe la guerra nelle strade da oggi a
domani“.
E poi chiedete a qualche "luminare" dell'economia per quale
motivo il Giappone che ha un debito pubblico doppio del
nostro non ha lo "spread" alle stelle, i “mercati” non
si allarmano. La risposta è troppo banale. Il Giappone, con
rapporto debito/Pil al 235%, ha la moneta sovrana.
Rispondere a questa domanda è imbarazzante: il Giappone
non allarma i mercati perché non è nell’euro, ha una
moneta sovrana e una banca centrale sua, che garantisce di
pagare tutti li yen che servono per servire gli interessi
sul debito. Stop. Viva l'Europa dei banchieri ma non dei
Popoli!
18 giugno 2018 21:25 - federico6198
Fed boccia divisione Usa di Deutsche Bank, è in condizioni
problematiche :
La Federal Reserve ha inserito la divisione americana di
Deutsche Bank tra gli istituti «in condizioni
problematiche», ovvero con criticità tali da metterne a
repentaglio la stabilità e, quindi, creare potenzialmente
rischi sistemici, con quella che è stata una presa di
posizione rara per un istituto di così grandi dimensioni.
La bocciatura, di cui si ha avuto notizia solo oggi, grazie
alle indiscrezioni del Wall Street Journal, è stata decisa
un anno fa e la bocciatura ha contribuito a limitare le
attività della banca tedesca negli Stati Uniti. Va detto
che non si è trattato di un tentativo della Fed di
«insabbiare» la vicenda:
la classificazione usata per valutare le banche (Camels,
acronimo di capital adequacy, asset quality, management,
earnings, liquidity and sensitivity to market risk) non è
resa pubblica e prevede cinque livelli, da 1 a 5. Il rating
migliore è pari a 1. Alle banche problematiche viene
assegnato un 4 o 5.
Resta il fatto che la bocciatura ha probabilmente
influenzato le scelte dell'istituto, comprese quelle sulla
riduzione dell'assunzione di rischio in aree chiave come il
trading e il credito erogato ai clienti. Un impatto si è
verosimilmente avuto anche sulle decisioni su assunzioni,
licenziamenti e giri di poltrone, in modo da riassegnare
posizioni e responsabilità nelle aree che stanno
particolarmente a cuore alla Banca centrale. Tanto è
bastato ad affossare il titolo di Deutsche Bank, che a
Francoforte è arrivato a perdere più dell'8% e ha
aggiornato al ribasso i minimi storici.
La decisione della Fed, secondo il quotidiano nota tra i
regolatori americani, ha influenzato anche quella di altre
autorità di regolamentazione: la Federal Deposit Insurance
Corp (che in Usa garantisce i depositi bancari) ha a sua
volta inserito Deutsche Bank Trust Company Americas tra le
banche problematiche. Per il momento la banca ha preferito
commenti cauti, spiegando che l'istituto tedesco «è ben
capitalizzato e ha riserve di liquidità significative» e
che le controllate rilevanti negli Stati Uniti a sono «DB
USA, Deutsche Bank Trust Corporation e Deutsche Bank Trust
Company Americas, la nostra principale sussidiaria bancaria
che ha un bilancio molto solido come svelato nei nostri
documenti trimestrali e annuali» depositati presso le
autorità competenti.
«Abbiamo indicato in precedenza che i nostri regolatori
hanno identificato aree varie per un miglioramento legato al
nostro controllo e alla nostra infrastruttura. Siamo
altamente focalizzati nell'affrontare le debolezze
identificate nelle nostre attività americane», ha spiegato
il portavoce . Vale la pena ricordare che le divisioni
statunitensi di Deutsche Bank hanno fallito gli stress test
della Fed nel 2015 e nel 2016. Nel 2017 la Banca centrale
americana ha compiuto azioni sulla banca per via di una
carenza dei controlli sul trading di valute, sul riciclaggio
di denaro e nel rispetto Volcker Rule. Il gruppo ha inoltre
pagato miliardi di dollari per patteggiare con la Giustizia
Usa.
(Il Sole 24 Ore Radiocor)
10 giugno 2018 2:03 - federico6198
FONTE MORNINGSTAR :
I mercati non hanno ancora recuperato le perdite delle
ultime due settimane e la volatilità potrebbe restare, ma
quello che conta sono i fondamentali economici in
un’ottica di lungo periodo. E le banche italiane sono più
solide rispetto a qualche anno fa. La nostra ricerca mette
in luce Mediobanca.
Valerio Baselli 06/06/2018 | 15:55
Valerio Baselli: Dopo un lungo tira e molla che ha provocato
instabilità sui mercati la scorsa settimana, l’Italia ha
finalmente un nuovo governo. Sostenuto da una coalizione tra
il Movimento 5 stelle e la Lega, Giuseppe Conte ha prestato
giuramento come nuovo Primo Ministro. Gli eventi politici in
Italia sono stati il principale motore dei mercati
finanziari nelle ultime due settimane. La formazione del
nuovo governo (il 65esimo degli ultimi 70 anni) scongiura
per il momento la possibilità di nuove elezioni, ma i
mercati non hanno recuperato a pieno le perdite e
continueranno a prestare particolare attenzione agli
sviluppi futuri.
Anche se i mercati potrebbero rimanere volatili, la
situazione macroeconomica dell’Italia è molto più
positiva di quella vista durante la crisi del debito sovrano
nel 2011 e, a nostro avviso, l'adesione dell'Italia
all’euro non dovrebbe essere una preoccupazione per gli
investitori. Il nuovo ministro delle finanze, Giovanni Tria,
ha infatti affermato che nessuna forza politica vuole uscire
dall’Eurozona.
Dal punto di vista finanziario, il principale problema
dell'Italia è il forte del debito pubblico, il terzo più
grande al mondo. Dall’altra parte, il debito del settore
privato è uno dei più bassi dell'Eurozona e la solidità
del sistema bancario italiano è migliorata. Mediobanca
rimane la nostra idea più convincente nell’universo delle
banche italiane. Riteniamo che sia sottovalutata di circa il
28%: secondo le stime di Morningstar il fair value è di 11
euro, senza nessun Economic moat.
In futuro, il livello di volatilità continuerà a essere
influenzato dal flusso di notizie e rimarrà probabilmente
alto fino a quando alcune questioni cruciali, soprattutto in
termini di bilancio, diventeranno più chiare. Gli analisti
di Morningstar stanno monitorando da vicino quella che è
ancora una situazione fluida, ma allo stesso tempo è
importante sottolineare che valutiamo ogni strategia con una
visione a lungo termine e riteniamo che gli investitori non
dovrebbero concentrarsi troppo sulle notizie di breve, ma
prestate molta attenzione ai fondamentali.
5 giugno 2018 23:50 - neru
@ federico6198
Complimenti, semplici e inconfutabili verità.
L'ignoranza che regna sulla macroeconomia e sul come
funziona una moneta in uno Stato sovrano è deprimente.
Come disse nel secolo scorso il grande magnate
dell'industria automobilistica, Hanry Ford: «E’ un bene
che la gente non sappia come funziona il nostro sistema
monetario, perché se lo sapesse farebbe una rivoluzione
entro domani mattina».
1 giugno 2018 21:28 - savpg8801
Non c'è solo lo spread, quell'indice stupido che fece
crollare (fra altre cose), l'ultimo governo Berlusconi fra
le risatine di sottecchi di Merkel e Sarco. Era arrivato a
tre volte quello attuale in tre giorni. La mia
preoccupazione è la soverchia statisticizzazione di ogni
fenomeno moderno. Non solo finanziario, monetario, ma di
tutto quanto fa parte delle attività umane, dalle sedute di
ognuno sulle ciambelle del gabinetto ai capperi consumati da
ognuno ai ristoranti, ai fenomeni macro dei comportamenti
politici internazionali, locali e singoli. Questo per dar
modo di elaborare, con l'induzione matematica, modelli di
rilevazione e, quindi, di regola,per l'analisi dei fenomeni
e la loro manipolazione avvalendosi anche di tecniche
estrapolative.
Teoricamente tutto fa parte della scienza statistica, quella
che, per il popolo che mangia un pollo a testa ma incapace
di capire che il mio che non mangio, chi lo mangia?
Quindi si parla sempre Che l'Italiano ha due incidenti auto,
che la regione taldeitali sanifica meglio i propri
cittadini, che paghiamo interessi sul D.P. di tot a testa,
ecc.
Tutto questo e l'elenco creato quale manuale per
comportamenti futuri per chi comanda e amministra, invece di
servire, distorce. Perchè palesa una univocità di dati
rendendola, però, equivoca ed irreale. E questo
maggiormente per il fatto che l'interpretazione dei
risultati viene strumentalizzata nel tempo, nello spazio,
nei modi ecc. ai fini degli utilizzatori.
Nel campo finanziario questi utilizzatori sono gli
speculatori.
I fondamentali di un elemento non possono modificarsi
drasticamente nell'arco di pochi giorni. Una azienda (e
tante di comparto) crollano in poche ore, poi il giorno dopo
resuscitano, poi tocca a un altro comparto e così via.
Meglio di nostro Signore.
Quei pochi che sanno semplicemente (e non complicatamente
come vuolsi far credere per darsi importanza analitica) cosa
sia lo "spread" e lo vogliono spiegare al Popolo non
riescono neppure a spiegare(e molti non vogliono) cosa
significhi la sua traduzione letterale. Quindi la illustrano
come una delle piaghe d'Egitto (come in parte può essere) a
cui attribuiscono un'importanza catastrofica in "realtà
aumentata" come suolsi dire oggi in informatica.
Questo, come al solito, provoca ulteriore danno e induce non
più solo la speculazione specializzata, ma anche i pavidi
del parco buoi(anche stranieri e complici molti analisti e
consulenti finanziari desiderosi di far bella figura) a
correre ai ripari(aggravando le cose) per credere di
limitare eventuali catastrofi, ma, così operando,
aggravandole sul serio.
Nel ricordato tonfo delle quotazioni dei Titoli di Stato
all'epoca ricordata dianzi del moltiplicarsi dello spread,
tutti vendevano. Nacque addirittura un sito di una
Università se ben ricordo, che implorava di smetterla di
vendere, ma di acquistare, per far invertire l'andazzo che,
poi, si realizzò, ma a cui fu dato merito al cambiamento di
governo, che avrebbe avuto il merito di rifondere fiducia
ai soliti investitori e più enfaticamente al Paese.
Ma il gioco della speculazione ebbe comunque l'esito che era
stato programmato professionalmente (si fa per dire).
La fiducia tornò, lo spread fece le proprie discese e fece
in pochissimo tempo ritornare buono ciò che era cattivo. Il
termometro clinico fece diagnosi fausta.
Gli indici di cui accennavo, provenienti dall'elaborazione
statistica hanno svolto il loro gioco divulgativo e
strumentalizzante.
Monti (a cui, ma non più adesso, fu dato l'incarico di
ripristinare la solita fiducia) fu apprezzato come il
salvatore della Patria e, al momento, lo fu veramente. E lo
spread ci ha fatto stare in pace negli ultimi due o tre
bienni, guarda caso.
31 maggio 2018 12:15 - federico6198
A dimenticavo che il buon esempio lo danno i nostri politici
che come auto di rappresentanza usano quelle tedesche per
non parlare della golf la macchina più venduta in europa
che non brilla sicuramente tecniocamente rispetto a vetture
molto meno blasonate.
31 maggio 2018 12:05 - federico6198
Concordo pienamente con quanto scritto da michele6949,se
posso aggiungere qualcosa consiglio ai lettori di leggere
questo articolo di Alessandro Pedone per rendersi conto di
quanto sia fuorviante l'impatto mediatico quotidiano per chi
non sappia concretamente cosa sia lo spread e la finanza in
genere : Cosa ci dicono 12 anni di “spread”? che
dovrebbe aprire gli occhi a tutti,la Germania predica bene e
razzola male due aziende già fallite di cui non si parla mi
riferisco alla Volkswagen che ha dimostrato negli anni
incompetenze palesi a produrre auto di un certo livello
provocando buchi finanziari da miliardi e miliardi di
euro,se non avesse avuto lo stato tedesco dietro sarebbe
già fallita da molto sono innumerevoli i slvataggi operati
dalla germania per salvare questa massa di incompetenti,e la
deutsche bank altro che monte dei paschi.... per non dire
della tragedia greca in collaborazione con i francesi,si
guardi questo filmato su youtube :Perché la Grecia non può
fallire !
31 maggio 2018 7:42 - michele6949
Rispondo in maniera analitica .
La famigerata parola "spread" è tornata a spargere
terrore nei media. La quasi totalità delle persone non ha
la più pallida idea di cosa effettivamente sia e del
perché sia così importante, ma la narrazione è comunque
super-efficace e funziona benissimo a rendere più
"ragionevoli" i politici non allineati all'ortodossia
economica attualmente dominante.
E' indubbio che -dato il contesto attuale in cui ci
troviamo- la politica DEVE considerare il problema dello
SPREAD, ma è anche indubbio che questo problema non è
legato a qualche "fenomeno naturale", ma a precise scelte
che -come società- abbiamo fatto e sulle quali dovrebbe
imporsi una riflessione approfondita.
E' sensato che le scelte politiche fondamentali di un Paese,
la stessa formazione di un governo, siano determinate
dall'andamento momentaneo di alcuni indici finanziari?
Che cos'è che determina questo fenomeno?
La quasi totalità dei commentatori sui media dà per
scontato che questo sia "normale". La narrazione prevalente
è la seguente: "è ovvio, è normale, che i mercati
finanziari esprimano un giudizio: se ritengono che l'Italia
sia meno affidabile, vendono i titoli di Stato e questo li
fa crollare, lo spread s'innalza... è accade il
disastro...".
Questa narrazione è parziale. La radice del problema deriva
da una specifica regola che vige nell'area Euro, regola che
impedisce alle banche centrali di acquistare direttamente in
emissione le obbligazioni degli Stati membri.
La UE agisce secondo principi liberisti ( che
sottoscrivo ). E´ stato pensato
per evitare di dare un aiuto di stato agli stati nazionali
che fanno parte della UE.
Ci vuole responsabilita !
In tutti i Paesi ad economie più sviluppate (USA, Giappone,
Gran Bretagna, Canada, Australia, ecc.) la banca centrale
svolge tre ruoli fondamentali: 1) banca delle banche, 2)
banca dello Stato, e 3) banca dell'estero. La nostra banca
centrale non può essere, per regole che ci siamo dati
insieme ai partner europei, "la banca dello Stato".
Per fortuna , le banche statali degli anni 70 e 80
sono un ricordo all nostre spalle!
La vera origine dello spread non sono i timori sull'Italia,
la vera origine dello spread è l'assurdità che uno Stato
dell'area Euro debba andare con il cappello in mano sui
mercati finanziari a chiedere di rinnovare i propri titoli
ai tassi determinati dall'umore momentaneo, come fosse un
cittadino privato.
Ma e´ la regola della finanza , che a maggior e
rischio corrisponda maggior e rendimento . Se lei non e´
d accordo con questa visione perche non da l esempio
e sottoscrive eroicamente i BTP chiedendo al Teso di
ricevere gli interessi che
pagano i BUND attualmente? Poi , pe r favore , ci
posta l eseguito.
Sia chiaro, questo non significa che uno Stato qualsiasi,
con una banca centrale "normale", possa emettere debito in
modo infinito.
Significa solo che uno Stato con un'economia
sufficientemente solida come quella italiana (che ha
sicuramente molti problemi, certamente è in declino,
certamente ci facciamo del male da soli e subiamo
passivamente regole assurde che ci hanno fortemente
penalizzato in questi venti anni, ma si tratta comunque di
una delle prime 10 nazioni al mondo, sebbene lo sport
nazionale sia quello di denigrarci) non troverebbe alcun
problema a rinnovare i propri titoli di Stato a tassi in
linea con quelli fissati dalla propria banca centrale in
base alle proprie autonome politiche monetarie, se solo
avesse una "normale" banca centrale. Se poi facesse
politiche economiche scellerate, dopo un bel po' di tempo,
avrebbe problemi sul fronte del cambio, quindi
dell'inflazione, e via di seguito rischierebbe la
bancarotta. Ma tutto sarebbe guidato dalla macro-economia,
non dalla speculazione finanziaria!
Ma questo e´ un discorso proprio irrealiatico , il
quale tralascia che tutti i 19 stati
della UE che hanno adottato l Euro hanno abbandonato
la loro vecchia banca centrale
e che se fosse l assenza della banca centrale il
problema , anche la Germania
che ha un ottima economia dovrebbe avere le stesse
difficolta . Invece la Germania
non soffre di questi problemi ! Vuoi veder e che la
causa dei problemi italiani
e´il suo debito pubblico?
Se questo non accade non è perché è "normale", come se
fosse una legge di natura... ("è normale che d'estate
faccia caldo e d'inverno freddo...") è perché ci sono
delle specifiche norme che lo causano.
E´una legge implicita nella finanza , praticamente
una legge di natura!
Vogliamo discuterne in modo approfondito e senza
semplificazioni, oppure è meglio non farlo perché
altrimenti lo spread si arrabbia?
Fatto !
30 maggio 2018 23:25 - federico6198
IL DEBITO PUBBLICO È UN PROBLEMA? QUANDO LO È? QUANDO NON
LO È?
Di Luca Ribatti 16 marzo 2018 :
Ripensare l’Economia, oggi è un dovere. Conoscerla, lo è
ancora di più.
Sul debito pubblico se ne dicono di tutti i colori ogni
giorno: c’è chi dice di tagliare di qui e chi di tagliare
di lì, chi chiede flessibilità e chi impone austerità.
C’è chi dice che i nostri figli nasceranno già con
migliaia di debiti sulle spalle, chi lo paragona a figure
mitologiche di mostri a più teste, chi ci dice che abbiamo
vissuto al di sopra delle nostre possibilità ed è arrivato
il momento di pagarne le conseguenze, chi paragona
l’Economia del monopolista della valuta a quella di una
famiglia, che invece è la destinataria di quella valuta. I
più, purtroppo, ignorano le basi dell’economia monetaria
che regge il nostro sistema economico, e questo è un guaio.
È come se tutti si chiedessero se il goal fosse in
fuorigioco o meno, senza aver capito le regole del
fuorigioco. Bene, bando alla modestia, cercherò di
chiarirvelo nel più semplice dei modi, col più semplice
dei registri. Seguitemi, non è così complicato come si
crede.
L’Italia tecnicamente non è più monopolista della
valuta, cioè non emette più una sua moneta.
Premessa: un debito espresso nella valuta del suo
monopolista è sempre sostenibile. Se io emettessi Luchi e
contraessi un debito in Luchi, il mio creditore potrà
sempre stare tranquillo perché sa che in ogni momento
potrò ripagare quel debito con la mia stessa valuta.
L’unico vincolo a questo fenomeno è rappresentato
dall’inflazione (aumento del livello generale dei prezzi),
che però oggi non è un problema per due motivi:
• Siamo in fase deflazionistica (il suo opposto, che è
ben peggiore),
• L’inflazione agisce solo quando la domanda aggregata
è superiore alla capacità produttiva, per la legge della
domanda dell’offerta di cui ci siamo già occupati (e oggi
la domanda di beni e servizi è vertiginosamente più bassa
della nostra capacità produttiva, rappresentata per esempio
dall’esercito di disoccupati che abbiamo in Italia). Per
fare un esempio immediato, se c’è una sola bottiglia
d’acqua e la vogliamo in dieci, il prezzo di quella
bottiglia aumenterà e se l’aggiudicherà solo chi è
disposto a pagare tale prezzo.
Quando il monopolista della valuta non è più lo Stato, ma
una Banca Centrale (come nel nostro caso), allora diviene
cruciale il ruolo del “Prestatore di Ultima Istanza”:
cioè un meccanismo nel quale tale Banca Centrale si impegna
a garantire per i debiti contratti dagli Stati Membri allo
stesso modo con cui prima lo faceva lo Stato stesso. Se
manca questa figura, allora effettivamente il debito di uno
Stato potrebbe essere oggetto di speculazioni che lo
conducano al default, perché non ci sarebbe nessuno a
garantire l’emissione di quella valuta per ripagare il
debito. Questo è uno snodo cruciale per evitare che quindi
il debito diventi un problema. La Germania, tuttavia, in
preda a traumi iper-inflazionistici del passato (le famose
cariole piene di soldi per fare la spesa), non ha mai
permesso che la BCE si accollasse questo ruolo. E questa è
una questione tutta Europea, con vincoli prettamente
politici, non economici. È da quest’idea che nasce il
concetto secondo cui dobbiamo ridurre il debito a tutti i
costi e tutto il pippone che dobbiamo sorbirci sui vincoli
rigidissimi al deficit. Sembra un discorso molto teorico, ma
nella pratica è da qui che nascono le politiche economiche:
dalla Riforma Fornero al Jobs Act.
Tuttavia, per farvi un esempio, quando nel 2012 lo spread
coi Bund Tedeschi (=differenza del tasso d’interesse,
indice della rischiosità, tra un titolo tedesco ed uno
Italiano) era arrivato alle stelle (per cui arrivò Marione
Monti), a Draghi bastarono tre parole per porre fine alla
crisi dei debiti sovrani: il famoso speech sul “whatever
it takes”; cioè garantì che avrebbe fatto qualsiasi cosa
per preservare l’euro, lasciando dunque intendere che
avrebbe persino agito come prestatore d’ultima istanza se
fosse stato necessario. Questo bastò agli investitori per
stare tranquilli, gli interessi si calmierarono e le sue tre
parole produssero un aumento del valore delle attività
finanziarie detenute dagli investitori di circa 5.000
miliardi di euro. Con tre parole, Signori, tre parole. Il
ruolo del garante è sempre fondamentale, che sia uno Stato
con la lira o una Banca Centrale con l’euro, cambia poco.
Dunque la domanda esistenziale che dovrebbe attanagliare il
nostro sonno, almeno nei giorni pari, non è “Euro Sì o
Euro No?”, ma è “Euro Come?”.
Un’altra cosa importante che dovete sapere è che il
Debito Pubblico trova il suo corrispettivo nel Credito
Privato (è mera contabilità pubblica, troppo spesso
ignorata). Ogni debito di uno Stato è un credito –
un’attività finanziaria o reale – di un privato
investitore: dalla famiglia alla Banca. È la sua ricchezza.
Non è un debito con la Bce o con un’entità
sovrannaturale sconosciuta. Non è un debito con cittadini
di pianeti lontani. È il debito che lo Stato ha con i suoi
stessi cittadini. Voi direte: ma come, lo Stato che è
composto da cittadini, ha un debito coi suoi stessi
cittadini? Sì, perché senza questo meccanismo la moneta
non nascerebbe affatto. Allora a questo punto vi chiederete
una cosa che avete sempre dato per scontato: come nasce la
moneta? Perché ci servono delle banconote per lavorare? Lo
so, adesso si stanno attivando sinapsi cruciali. Questo
potrebbe quindi essere argomento del prossimo articolo.
Tutto questo discorso, tuttavia, è basilare per ribaltare
la visione che abbiamo di quello che le Teorie Economiche
mainstream hanno dipinto come un mostro. Facendo leva
sull’ignoranza di queste basi, si parla troppo spesso di
competitività e di produttività nelle teorie economiche
odierne. E come si diventa competitivi? Abbassando i salari.
E come si diventa più produttivi? Lavorando di più.
Come amava ripetere il mio prof di latino: Cui prodest? A
chi giova?
Non è mica cospirazionismo, è semplice conflitto tra
interessi. In quattro parole: “it’s the economy,
stupid” – diceva Clinton.
Quella stessa economy però insegnata in maniera sempre più
parziale nelle Università della materia.
Università dominate nei programmi ministeriali da una sola
teoria economica: quella mainstream (liberista,
monetarista). Teoria, appunto, non legge naturale.
È come se chi facesse l’artistico studiasse solo ed
esclusivamente l’impressionismo, senza mai guardare alle
altre correnti che compongono la storia dell’arte e che
esprimono tutti i modi diversi con cui guardare,
interpretare ed immortalare il mondo.
Ripensare l’Economia, oggi è un dovere. Conoscerla, lo è
ancora di più.