Affascinante e gratificante é parlare dei massimi sistemi
per dimostrare quanto preoccupati, lungimiranti e avveduti
siamo noi al fine di salvare il salvabile di questo povero
pianeta.
Peccato che passare dalla teoria alla pratica, per
realizzare la decrescita felice, le soluzioni da tradursi in
atti politici manchino.
Infatti, questo Latouche sotto questo aspetto latita.
Però, sono convinto che i suoi simpatizzanti qualche idea
al riguardo l'abbiano e quindi aspettiamo proposte
dettagliate sul come salvare questa terra e realizzare la
...' gioia di vivere nella frugalità '.
15 dicembre 2018 13:49 - savpg8801
Latouche, ma non è il solo, la pone su problemi di
occupazione e qualcosa d'altro. Ha fatto bene h358 a citare
Aurelio Peccei e il Club di Roma (tutto con molta
biografia).
Un sunto esplicativo che confuta il discorso fondamentale
che il sistema economico e finanziario attuale sia il
migliore modo di favorire il futuro prossimo delle
popolazioni.
Non è vero che la crescita, favorendo sempre più il
benessere producendo sempre più cose inutili e dannose per
l'ambiente, favorendo la smania dei popoli di avere sempre
di più adducendo (e col favore delle Istituzioni) che
meglio si sta e più si vive a lungo, ci si diverte, e si
mette impulso all'economia favorendo ulteriore benessere,
lavoro, tasse ecc., perchè il sistema è destinato alla
catastrofe irreversibile.
...La sostenibilità o meno di tali ritmi di crescita di
popolazione e produzione industriale dipende dal
comportamento delle altre tre grandezze in gioco: cibo,
risorse non rinnovabili, inquinamento. Ciascuno di questi
fattori fisici pone dei limiti e impone dei compromessi.
Limiti e compromessi che finora la società moderna si è
rifiutata di prendere in considerazione, guidata dall'ideale
di una crescita continua e incontrollata.
Mi domando perchè il conflitto fra fautori della crescita e
quelli della decrescita(o della stabilità minimalista)
segni risoluzioni a favore del primo modello(crescita e pure
incontrollata) dal momento che le politiche socio-economiche
penso sappiano tutto ciò ma, per interesse, non lo attuino.
15 dicembre 2018 12:44 - h358
Vedasi Aurelio Peccei e Club di Roma 1968.
15 dicembre 2018 11:55 - savpg8801
Anche tempo fa si parlava di realizzare un mondo economico
e, quindi, sociale meno drogato.
Ormai questi slogan sulla crescita hanno preso il
sopravvento. Non diciamo che un modello descritto
dall'autore sia applicabile a tutto il mondo. La decrescita,
nel "nostro" mondo economico-finanziario-pubblico di Paesi
sviluppati è per forza una bestemmia perchè questo è il
crollo di tutte le teorie che si basano sul più soldi, più
benessere, più tasse incassate, quindi più occupazione,
più beni a disposizione, più consumismo, ma più
inquinamento che, paradossalmente, ne è un termometro.
Infatti le rilevazioni, gli studi, il riscaldamento, le
risoluzioni, portano ad aumentare questa febbre con la scusa
del sempre maggior benessere ma creando e mantenendo un
vorticoso giro di affari che ne deriva.
L'articolo con la sua principale accusa e proposta : D.
Questo implica di rimettere in discussione il
capitalismo?
R. Sì, soprattutto quello che si basa sulla ricerca della
crescita per la crescita, l’accumulo senza limite di
capitali. La decrescita induce ad uscire dalla produzione
infinita per ritrovare il senso della misura....
pone in atto un dilemma che da un lato propone un sacrificio
propedeutico per produrre e consumare molto meno invogliando
ad accontentarsi e non a strachiedere e a strafare per non
accumulare beni inutili che andrebbero, tra l'altro, buttati
e dall'altro lato continuare ad aumentare a dismisura sempre
e comunque produzioni ed accumuli che in poco tempo non
potranno più reggere.
Effettivamente da questo paradigma si evince che non ha
tutti i torti, anzi!
15 dicembre 2018 8:58 - zolfo
E pensare che i veri e primi profeti erano di Napoli. È ben
noto che il pensiero del filosofi morali scozzesi, pur
divisi da forti contrasti, o forse proprio per questo, ha
avuto un impatto definitivo sulle generazioni seguenti,
dando corpo alle molte idee che costituiscono l’economia
politica. È un po’ meno noto che, contemporaneo e
addirittura precedente alla scuola anglosassone, sia stato
il pensiero economico di Antonio Genovesi, le cui "Lezioni
sul commercio" furono pubblicate l’anno della sua morte,
ma erano frutto delle lezioni tenute in precedenza a lungo
presso l’Università di Napoli.
La nascente scuola di economia politica napoletana si
contrapponeva a quella scozzese per alcune idee che oggi
sono considerate all’avanguardia sia del pensiero
filosofico che di quello economico. Mentre l’Illuminismo
dei pensatori scozzesi cercava di isolare le relazioni di
mercato da ogni altra relazione di tipo sociale e di
dividere il concetto del buon governo da quello del
cittadino virtuoso, quello napoletano continuava a vedere
l’economia ben immersa nelle relazioni sociali,
argomentando che buone istituzioni non possono esistere e
funzionare in assenza di uomini buoni che si comportano
bene. Per conseguenza, la felicità individuale doveva
derivare dal fare gli altri felici e non
dall’accumulazione di cose materiali. Il pensiero
napoletano nasceva all’interno di una società che
necessitava di riforme che consentissero di esercitare
liberamente la manifattura e il commercio per creare
ricchezza. Ad Antonio Genovesi si attribuisce l’idea che
non fosse tanto la capacità di produrre beni, ma quella di
commercializzarli a consentire l’incremento di benessere.
Il progetto riformista degli Illuministi napoletani era
destinato al fallimento per una serie di motivi diversi e
concomitanti. Prima di tutto, la riforma richiedeva tempi
non disponibili per mutare il cuore e la testa delle
persone, inoltre il trasformare le idee in fatti operativi
cozzava con l’organizzazione legale di uno stato
assolutista, che aveva allevato un popolo in cerca di
rendite invece che di un uso accorto delle proprie capacità
in vista del bene comune. Infine, di non minore importanza,
il contesto internazionale dei commerci, dominato dalle
politiche aggressivamente nazionaliste di stati ben più
potenti del Regno di Napoli.
15 dicembre 2018 0:02 - ennius1
Ecco, un altro profeta depositario della conoscenza di quali
siano i confini tra frugalità e consumismo, tra quello che
serve e il pleonastico, tra l'equilibrio socio economico e
l'autodistruzione , vale a dire insomma tra il bene e il
male .
Avendo un telefonino e un iPad , chissà in quale categoria
sarò posto ......
14 dicembre 2018 22:39 - Cristina Ciccarelli
La decrescita non è un utopia ma è l'incubo n. 1 della
società dei consumi che è il suo esatto contrario.
Decrescita si associa al buen vivir che consuma quello che
serve rispettando l'ambiente perché sa che è dall'ambiente
che nasce un equilibrio socio economico che genera output
positivi quindi ti fa vivere meglio, la società dei consumi
si associa alla morte, all'autodistruzione, ai soldi, al
possesso perché è alimentata dal mal-essere e dall'inganno
speculativo che 'vende ferraccio per argento".
14 dicembre 2018 18:48 - ennius1
Basterebbe questa sua frase ... celebre per dubitare di
tutto il resto.
“L’abbondanza combinata con il «ciascuno per sé»
produce miseria, mentre la condivisione, anche nella
frugalità, produce la soddisfazione di tutti, cioè la
gioia di vivere.”
Questa frugalità, madre della soddisfazione di tutti, è
già stata sperimentata da centinaia di milioni di persone
per decenni in decine e decine di paesi comunisti e tribali.
É stata tale la gioia di vivere che, questi incoscienti,
hanno preferito abbattere muri e scegliere la fuga per
portarsi nell'inferno capitalistico.
La credibilità di personaggi alla Latouche sarebbe
dimostrabile solo nel caso alle parole seguissero i fatti.
Ad esempio, provi Latouche rinunciare alle prebende del
sistema capitalistico e riparare a Cuba per condividere la
frugalità e la gioia di vivere di quel paradiso .....