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15 dicembre 2018 16:37 - ennius1
Affascinante e gratificante é parlare dei massimi sistemi per dimostrare quanto preoccupati, lungimiranti e avveduti siamo noi al fine di salvare il salvabile di questo povero pianeta.

Peccato che passare dalla teoria alla pratica, per realizzare la decrescita felice, le soluzioni da tradursi in atti politici manchino.

Infatti, questo Latouche sotto questo aspetto latita.

Però, sono convinto che i suoi simpatizzanti qualche idea al riguardo l'abbiano e quindi aspettiamo proposte dettagliate sul come salvare questa terra e realizzare la ...' gioia di vivere nella frugalità '.
15 dicembre 2018 13:49 - savpg8801
Latouche, ma non è il solo, la pone su problemi di occupazione e qualcosa d'altro. Ha fatto bene h358 a citare Aurelio Peccei e il Club di Roma (tutto con molta biografia).
Un sunto esplicativo che confuta il discorso fondamentale che il sistema economico e finanziario attuale sia il migliore modo di favorire il futuro prossimo delle popolazioni.

Non è vero che la crescita, favorendo sempre più il benessere producendo sempre più cose inutili e dannose per l'ambiente, favorendo la smania dei popoli di avere sempre di più adducendo (e col favore delle Istituzioni) che meglio si sta e più si vive a lungo, ci si diverte, e si mette impulso all'economia favorendo ulteriore benessere, lavoro, tasse ecc., perchè il sistema è destinato alla catastrofe irreversibile.

https://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/club-di-roma -e-limiti-alla-crescita

...La sostenibilità o meno di tali ritmi di crescita di popolazione e produzione industriale dipende dal comportamento delle altre tre grandezze in gioco: cibo, risorse non rinnovabili, inquinamento. Ciascuno di questi fattori fisici pone dei limiti e impone dei compromessi. Limiti e compromessi che finora la società moderna si è rifiutata di prendere in considerazione, guidata dall'ideale di una crescita continua e incontrollata.

Mi domando perchè il conflitto fra fautori della crescita e quelli della decrescita(o della stabilità minimalista) segni risoluzioni a favore del primo modello(crescita e pure incontrollata) dal momento che le politiche socio-economiche penso sappiano tutto ciò ma, per interesse, non lo attuino.
15 dicembre 2018 12:44 - h358
Vedasi Aurelio Peccei e Club di Roma 1968.
15 dicembre 2018 11:55 - savpg8801
Anche tempo fa si parlava di realizzare un mondo economico e, quindi, sociale meno drogato.
Ormai questi slogan sulla crescita hanno preso il sopravvento. Non diciamo che un modello descritto dall'autore sia applicabile a tutto il mondo. La decrescita, nel "nostro" mondo economico-finanziario-pubblico di Paesi sviluppati è per forza una bestemmia perchè questo è il crollo di tutte le teorie che si basano sul più soldi, più benessere, più tasse incassate, quindi più occupazione, più beni a disposizione, più consumismo, ma più inquinamento che, paradossalmente, ne è un termometro. Infatti le rilevazioni, gli studi, il riscaldamento, le risoluzioni, portano ad aumentare questa febbre con la scusa del sempre maggior benessere ma creando e mantenendo un vorticoso giro di affari che ne deriva.
L'articolo con la sua principale accusa e proposta : D. Questo implica di rimettere in discussione il capitalismo?
R. Sì, soprattutto quello che si basa sulla ricerca della crescita per la crescita, l’accumulo senza limite di capitali. La decrescita induce ad uscire dalla produzione infinita per ritrovare il senso della misura....
pone in atto un dilemma che da un lato propone un sacrificio propedeutico per produrre e consumare molto meno invogliando ad accontentarsi e non a strachiedere e a strafare per non accumulare beni inutili che andrebbero, tra l'altro, buttati e dall'altro lato continuare ad aumentare a dismisura sempre e comunque produzioni ed accumuli che in poco tempo non potranno più reggere.
Effettivamente da questo paradigma si evince che non ha tutti i torti, anzi!
15 dicembre 2018 8:58 - zolfo
E pensare che i veri e primi profeti erano di Napoli. È ben noto che il pensiero del filosofi morali scozzesi, pur divisi da forti contrasti, o forse proprio per questo, ha avuto un impatto definitivo sulle generazioni seguenti, dando corpo alle molte idee che costituiscono l’economia politica. È un po’ meno noto che, contemporaneo e addirittura precedente alla scuola anglosassone, sia stato il pensiero economico di Antonio Genovesi, le cui "Lezioni sul commercio" furono pubblicate l’anno della sua morte, ma erano frutto delle lezioni tenute in precedenza a lungo presso l’Università di Napoli.
La nascente scuola di economia politica napoletana si contrapponeva a quella scozzese per alcune idee che oggi sono considerate all’avanguardia sia del pensiero filosofico che di quello economico. Mentre l’Illuminismo dei pensatori scozzesi cercava di isolare le relazioni di mercato da ogni altra relazione di tipo sociale e di dividere il concetto del buon governo da quello del cittadino virtuoso, quello napoletano continuava a vedere l’economia ben immersa nelle relazioni sociali, argomentando che buone istituzioni non possono esistere e funzionare in assenza di uomini buoni che si comportano bene. Per conseguenza, la felicità individuale doveva derivare dal fare gli altri felici e non dall’accumulazione di cose materiali. Il pensiero napoletano nasceva all’interno di una società che necessitava di riforme che consentissero di esercitare liberamente la manifattura e il commercio per creare ricchezza. Ad Antonio Genovesi si attribuisce l’idea che non fosse tanto la capacità di produrre beni, ma quella di commercializzarli a consentire l’incremento di benessere. Il progetto riformista degli Illuministi napoletani era destinato al fallimento per una serie di motivi diversi e concomitanti. Prima di tutto, la riforma richiedeva tempi non disponibili per mutare il cuore e la testa delle persone, inoltre il trasformare le idee in fatti operativi cozzava con l’organizzazione legale di uno stato assolutista, che aveva allevato un popolo in cerca di rendite invece che di un uso accorto delle proprie capacità in vista del bene comune. Infine, di non minore importanza, il contesto internazionale dei commerci, dominato dalle politiche aggressivamente nazionaliste di stati ben più potenti del Regno di Napoli.
15 dicembre 2018 0:02 - ennius1
Ecco, un altro profeta depositario della conoscenza di quali siano i confini tra frugalità e consumismo, tra quello che serve e il pleonastico, tra l'equilibrio socio economico e l'autodistruzione , vale a dire insomma tra il bene e il male .

Avendo un telefonino e un iPad , chissà in quale categoria sarò posto ......
14 dicembre 2018 22:39 - Cristina Ciccarelli
La decrescita non è un utopia ma è l'incubo n. 1 della società dei consumi che è il suo esatto contrario. Decrescita si associa al buen vivir che consuma quello che serve rispettando l'ambiente perché sa che è dall'ambiente che nasce un equilibrio socio economico che genera output positivi quindi ti fa vivere meglio, la società dei consumi si associa alla morte, all'autodistruzione, ai soldi, al possesso perché è alimentata dal mal-essere e dall'inganno speculativo che 'vende ferraccio per argento".
14 dicembre 2018 18:48 - ennius1
Basterebbe questa sua frase ... celebre per dubitare di tutto il resto.

“L’abbondanza combinata con il «ciascuno per sé» produce miseria, mentre la condivisione, anche nella frugalità, produce la soddisfazione di tutti, cioè la gioia di vivere.”

Questa frugalità, madre della soddisfazione di tutti, è già stata sperimentata da centinaia di milioni di persone per decenni in decine e decine di paesi comunisti e tribali.

É stata tale la gioia di vivere che, questi incoscienti, hanno preferito abbattere muri e scegliere la fuga per portarsi nell'inferno capitalistico.

La credibilità di personaggi alla Latouche sarebbe dimostrabile solo nel caso alle parole seguissero i fatti.

Ad esempio, provi Latouche rinunciare alle prebende del sistema capitalistico e riparare a Cuba per condividere la frugalità e la gioia di vivere di quel paradiso .....
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