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1 dicembre 2021 8:53 - Adriano De Carli
E' sconcertante come una categoria possa tenere in scacco il Paese, il Parlamento e la possibilità di progredire, evolvere.
I tassisti sono l'unica categoria, o meglio, corporazione) super tutelata da ogni partito, perchè toccare le licenze dei tax significa giocarsi una buona fetta di voti.
Questo già la dice lunga: non si vota chi rappresenta la propria ideologia ma chi difende i propri interessi di bottega e i partiti, per ricambiare, non legiferano per il bene del Paese ma per mantenere percentuali di potere.
Per il solo fatto che, sin dall'inizio, le licenze di taxi furono vendute dal primo concessionario ad altre persone, non si riesce più a liberarsi di questo ostacolo alla liberalizzazione.
Secondo alcuni la licenza è necessaria per tutelare il cliente trasportato: bene, ma logica vorrebbe che il documento sia alla persona, quindi alla cessazione del servizio, la licenza cessi la sua validità e non sia trasferibile.
E per quale motivo qualunque altra categoria può lavorare su tutto il territorio nazionale (e quindi subire concorrenza da analoghi di qualunque località), mentre i tassisti sono protetti dalla territorialità?
Perchè in una città ci possono essere infinità di idraulici, falegnami, commercialisti senza limitazioni, mentre di tassisti esistono i numeri chiusi? Perchè qualunque lavoratore autonomo applica le tariffe che ritiene, mentre i prezzi dei taxi sono decisi dalla corporazione e senza libera concorrenza?
Io posso lavorare ovunque, essendo in regola con la normativa legale e fiscale; qualunque altro collega proveniente da tutta Italia può lavorare accanto a me, ma per i taxi no.
Occorre una svolta per mettere fine a questa concezione assurda del lavoro.
Servono: liberalizzazione delle licenze, licenze nominali non trasferibili, abolizione della territorialità, liberalizzazione delle tariffe per incentivare la concorrenza.
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