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Arbitro Controversie Finanziarie (ACF). Sintesi delle decisioni della settimana dall'8 Luglio al 12 Luglio 2024
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Articolo di Marco Solferini
12 luglio 2024 10:50
 
Indice:
1 - Ritardo nell'esecuzione dell'ordine di investimento
2 - Ordine di vendita impartito con lettera raccomandata.
3 - Acquisto di azioni proprie dell'Intermediario - tempistica di acquisto con altri investimenti.
4 - Obbligazioni Astaldi - disconoscimento della firma.
5 - Investimento su suggerimento del consulente finanziario fuori sede

1) Ritardo nell'esecuzione dell'ordine di dinvestimento
Nel caso in esame il Collegio con decisione 7470/2024 accogliendo il ricorso valuta la dinamica dei fatti e la ricostruzione dei medesimi formulando le seguenti più che condivisibili precisazioni: "va condivisa l’osservazione del ricorrente, laddove ha contestato la superfluità della predisposizione dell’ordine di disinvestimento a distanza (OAD), datato 16 giugno 2022, il cui contenuto risulta sostanzialmente replicativo della lettera del cliente, rendendo del tutto ultronea la conferma della richiesta di disinvestimento che questi aveva già chiaramente formulato nella missiva. A tale conclusione – già chiara nelle evidenze documentali – si può aggiungere che l’intermediario non ha prodotto il contratto disciplinante la prestazione dei servizi d’investimento – in adempimento dell’obbligo previsto dall’art. 11, comma 4 e 15, comma 2, del Regolamento ACF – sicché non è nemmeno possibile ricostruire il procedimento in materia di OAD adottato dalla resistente, che potrebbe dischiudere un diverso profilo di rilevanza (in vero, nemmeno allegato dall’intermediario)". 

2) Ordine di vendita impartito con lettera raccomandata.
Con la decisione 7471/2024 il Collegio accogliendo il ricorso torna su alcuni argomenti frequenti nelle difese, tutt'altro che credibili, che gli Intermediari a volte producono per giustificare il non aver operato con la dovuta diligenza e tempestività.
Prima di tutto leggiamo: "per quanto riguarda l’inidoneità dell’ordine di disinvestimento impartito con lettera raccomandata, laddove, secondo la prospettazione dell’intermediario, il cliente avrebbe dovuto recarsi in filiale, va osservato che il contratto quadro non prevede un divieto di effettuare gli ordini tramite lettera raccomandata, limitandosi a vietare espressamente, quale modalità di inserimento di ordini, soltanto l’invio del fax, ammettendo, di conseguenza, tutte le altre tecniche di comunicazione a distanza".
Come pure: "anche la tesi della necessità di una presunta “consulenza obbligatoria” per illustrare le conseguenze del disinvestimento, non trova riscontro né nella normativa di settore, né nelle previsioni del contratto quadro ed è smentita dallo stesso fatto che il giorno 9 marzo 2023 il ricorrente ha potuto disporre le richieste di rimborso tramite la piattaforma on-line dell’intermediario, senza evidenza di alcuna consulenza". 
Conclusioni
E' difficile comprendere le ragioni che spingono gli istituti di credito a resistere alle richieste dei Clienti opponendo difese a dir poco risibili se non nella speranza di dissuadere il risparmiatore. Trincerarsi dietro giustificazioni come "è necessario venire in Banca" oppure altre spiegazioni simil: "volevamo essere veramente certi" si continuano a leggere a volte in replica ai reclami oppure nelle more della difesa sui ricorsi ACF. Molto meno frequenti sono diventate queste difese davanti ai Giudici: probabilmente le Banche si sono rese conto che non vengono credute e sono affermazioni controproducenti laddove stimolano a pensare che siano artificiose.
Mentre occorre rilevare che capita di frequente, in special modo con le banche cooperative, che qualcuno dopo il reclamo chiami al telefono (per non lasciare traccia di errori o ammissioni) cercando di propinare questo genere di giustificazioni facendole passare per prassi interne se non addirittura menzionando imprecisati obblighi di legge. In non pochi casi si tratta di un dipendente che si limita al nome e non al cognome, il che peraltro é una socrrettezza.
Benissimo quindi continuare a ribadire l'inutilità di queste difese, nelle decisioni che aiutano i risparmiatori e rappresentano dei precedenti.

3) Acquisto di azioni proprie dell'Intermediario - tempistica di acquisto con altri investimenti.
La decisione 7474/2024 accogliendo il ricorso fa ottima sintesi di una valutazione logica laddove  avendo anzitutto constatato che parte Ricorrente ha sottoscritto regolare contratto quadro, con cui ha attivato anche il servizio di consulenza l'Arbitro rileva come si abbia un primo ordine di acquisto dei diritti di opzione con un'annotazione “ordine in regime di consulenza” con l'aggiunta: “l’operazione è stata disposta nell’ambito del servizio di consulenza ed è stata ritenuta adeguata” e successivamente un secondo ordine, a pochi giorni di distanza, stavolta di azioni proprie dell'Intermediario con un altra annotazione che invece recita: “la presente operazione non mi è stata raccomandata dalla Banca e ... non è stata oggetto del servizio di consulenza” 
Il collegio giunge alla conclusione che: "data la tempistica ravvicinata e la strumentalità dell’acquisto dei diritti di opzione rispetto alla successiva sottoscrizione delle azioni, è ragionevole pervenire alla conclusione che anche quest’ultima operazione sia avvenuta in regime di sostanziale consulenza". 
Pertanto il Collegio riporta anzitutto il suo consolidato orientamento tale per cui: "l’intermediario prestatore di servizi d’investimento è tenuto a dimostrare “in concreto” di aver fornito tutte le informazioni dovute, provando di aver assolto agli obblighi prescritti dalla normativa di settore in modo non meramente formalistico. In tale prospettiva, è stato rilevato che non è sufficiente la dichiarazione del cliente di “aver preso visione” della documentazione informativa e di “aver ricevuto l'informativa sui rischi dell'investimento”, ma è necessario che l'intermediario provi di aver adempiuto nella loro effettività a tali obblighi, essendo tenuto a fornire al cliente tutte le informazioni necessarie alla valutazione delle caratteristiche dell’operazione per poter compiere consapevoli scelte d’investimento (da ultimo, decisione n. 3128 del 18/11/2020)".
Per poi argomentare: "per la sottoscrizione dell’aumento di capitale, dalla scheda di adesione del 21/07/2015 e dalla relativa nota di eseguito emerge che l’informativa è stata anch’essa limitata alla sottoscrizione delle dichiarazioni, essenzialmente rituali, sulla presa visione, accettazione dei contenuti del Prospetto informativo dell’emissione. Sul punto è sufficiente richiamare il consolidato orientamento del Collegio, secondo cui la mera messa a disposizione dell’investitore del prospetto d’offerta (o il rinvio ad esso) non è idonea a far ritenere congruamente assolti da parte dell’intermediario prestatore di servizi d’investimento gli obblighi d’informazione attiva, in quanto tale documento è predisposto dall’emittente per la generalità degli investitori, verso i quali opera in regime di parità di trattamento, essenzialmente allo scopo di ridurre le asimmetrie informative. Di contro, gli obblighi informativi dell’intermediario si collocano su un diverso piano funzionale, essendo volti a “servire al meglio l’interesse del cliente”, adattando la prestazione erogata alle caratteristiche soggettive di quest’ultimo: ne consegue che l’intermediario è tenuto ad agire con un grado di diligenza superiore, che non può esaurirsi nella messa a disposizione del prospetto informativo". 
Conclusioni:
In questa decisione si ha la sensazione, come già in altre, che il Collegio tenga in giusta e meritevole considerazione i fatti riportati motivo per cui è sempre essenziale riprodurli in modo analitico. Dalle date e dalle circostanze a volte si possono ricavare elementi di deduzione che, pur se valutabili, stimolano ormai per prassi consolidata da molteplici casi analoghi a far sospettare la presenza di criticità. Peraltro evitabili se si fosse operato con diligenza e attenzione.
Non si può mai dimenticare come una gran parte delle manipolazioni di cui cadono vittima i risparmiatori sono apparentemente giustificate da un velo di apparenza che i fatti possono e debbono perforare, scavando ben più in profondità per rivelare come un operatore professionale non ha alcun bisogno, se in buona fede, di ricorrere a quelle che sembrano delle contraddizioni o delle antinomie che se debitamente narrate aiutano moltissimo la ricostruzione che l'Arbitro salomonicamente compie sempre.

4) Obbligazioni Astaldi - disconoscimento della firma.
Con decisione 7477/2024 d'accoglimento del ricorso il Collegio affronta, fra l'altro, il tema del disconoscimento della firma relativamente a un attività di consulenza prestata dall'Intermediario che si è sostanziata anche nell'acquisto delle obbligazioni Astaldi ritenute inappropriate per molteplici ragioni.
Relativamente alla firma l'Arbitro ha cura di precisare: "Circa il disconoscimento delle sottoscrizioni, non avendo i Ricorrenti depositato agli atti perizie o altri elementi a sostegno delle proprie doglianze in merito alla falsità delle sottoscrizioni apposte sui questionari MiFID del 21.4.2016, rilevandone l’apocrifia anche sulla base di documentazione che attesterebbe la presenza del Ricorrente in altro luogo, la contestazione non può essere accolta, sulla scorta del consolidato orientamento dell’Arbitro secondo cui l’indagine sull’autenticità delle sottoscrizioni non può prescindere almeno dalla produzione, a cura della parte interessata, di una perizia grafologica o di altra documentazione di tipo tecnico, dal momento che le specificità del procedimento ACF impongono una cognizione sommaria dei fatti, fondata sui soli documenti prodotti dalle parti ed escludono che quest’Arbitro possa farsi promotore di iniziative per l’acquisizione di perizie o consulenze grafologiche e procedere a giudizi di verificazione di sottoscrizioni o di scritture private, ovvero ad accertamenti di altro genere (Decisione n. 6881 del 5 ottobre 2023)"
Considerazioni:
La decisione peraltro si segnala anche per la giusta e corretta interpretazione attribuita alla corrispondenza dell'Intermediario con il Cliente a mezzo di emails dalle quali si evince in maniera palese tanto per deduzione quanto per logica ammissione (e a più riprese) il modus con cui l'attività di consulenza è stata portava avanti e che ha ritualmente comportato un attività di convincimento non superficiale e tesa a indirizzare la scelta verso il lamentato prodotto finanziario.

5) Investimento su suggerimento del consulente finanziario fuori sede
Con la decisione 7478/2024 di parziale accoglimento il Collegio torna sulla casistica dell'acquisto di quote di Fondi come li qualificano le parti (anche se si tratta in verità di Sicav) in regime di consulenza, con raccomandazione formulata dal consulente fuori sede (con relativa indicazione del diritto di recesso ai sensi dell’art. 30, comma 6, Tuf).
In questo caso l'Arbitro anzitutto rileva che il modulo di adesione risulta regolarmente firmato e l'Intermediario ha del resto prodotto un KIID valevole per il periodo interessato pertanto giustappunto si rammenta: "la dichiarazione sottoscritta dall’investitore di avvenuta consegna del KIID prima dell’investimento è idonea attestazione dell’adempimento degli obblighi informativi precontrattuali da parte dell’intermediario". 
La prestazione della consulenza tuttavia, come il report, recano data successiva a quella in cui l'investimento è stato sottoscritto. Inoltre da tutto ciò non si evince alcuna informazione sulle valutazioni effettuate, in termini di product governance, che avrebbero indotto la banca cedente a proporre il prodotto in questione rispetto ad altri, anche solo eventuali. 
Altresì posto che la proposta di investimento non è compatibile con il questionario Mifid e che peraltro appare del tutto inadeguata sotto il profilo più prudente e conservativo del capitale relativamente agli obiettivi del Cliente il Collegio ha cura di rilevare come emerga una criticità rilevante: "fatto che sia stato valutato come adeguato un investimento che di fatto concentrava l’intero capitale in portafoglio – peraltro trasferito con contestuale bonifico dalla banca cedente – su un unico prodotto di risparmio, ancorché caratterizzato da un livello di rischiosità indicato nel KIID pari a 3 (in una scala di valori da 1 a 7), ma non privo di rischio di perdita del capitale".
Valutati altresì gli scambi a distanza tramite messaggistica fra il Cliente e il suo consulente l'ACF conclude, in modo più condivisibile: "Gli accertati inadempimenti concernenti gli obblighi di condotta da parte del consulente in occasione della consulenza prestata fuori sede, che ha portato alla sottoscrizione dell’investimento oggetto di controversia, comportano, in conclusione, la responsabilità dell’Intermediario ai sensi dell’art. 31, comma 3 del Tuf." 
Considerazioni:
La lettura della corrispondenza a mezzo whatsapp tra il consulente finanziario e il proprio Cliente in quella parte che è stata riprodotta nella decisione è a dir poco deplorevole; si ha il sospetto che il consulente abbia adottato uno stile "da venditore" più piazzista che responsabile nei confronti del Cliente.
Corretta la scelta dell'Arbitro di valorizzare il fatto che queste prassi sono genericamente organizzate con mestizia per far sembrare che vi sia il rispetto delle regole ma poi esse vengono adeguate all'occorrenza del caso concreto con quella pessima capacità di convincimento dei venditori che punta più ad irretire il Cliente. Violando quasi tutti i crismi delle tutele come oggi concepiti.
Anche la difesa pare, in questo come non pochi altri casi che riguardano l'operato del consulente finanziario, essere poco credibile, più trincerata dietro alcuni orientamenti consolidati per fare appello a una sorta di negazione plausibile. Di fatto si ha la sensazione che siano difese improvvisate che cercano di tamponare dove possono le irritualità o le manchevolezze del dipendente. Sarebbe ora che fin dal reclamo, se ben formulato, l'Intermediario evitasse di difendersi in modo quasi scontato e all'opposto prendesse atto, visto che in molti casi i documenti a disposizione lo rendono possibile, del fatto che il Cliente è una vittima e come tale bisogna tutelar. In molti casi proprio dall'operato dei dipendenti venditori delle Banche. Forse questo sarebbe inoltre dovuto pure in ragione di quei dipendenti che, anch'essi consulenti, hanno comportamenti corretti e diligenti, cauti e onorevoli. Bisogna difendere quest'ultimi e non i primi. Ad ogni buon conto bisognerebbe difendersi in modo argomentato e organizzato: non come spesso pare si scelga di fare solo come forma di resistenza passiva.
 
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