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Francia. Traffico di droghe: una disregolamentazione delle nostre società, una minaccia per le nostre democrazie
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Articolo di Redazione
1 maggio 2024 12:19
 
Dal novembre 2023 la stessa scena si ripete al Senato, davanti alla commissione d'inchiesta sul traffico di droga. Ogni settimana, un nuovo oratore utilizza un neologismo allarmante, una formula angosciante o un superlativo spaventoso per descrivere lo stato della minaccia. Magistrati, agenti di polizia, gendarmi, avvocati, sindaci... tutti concordano sulla constatazione: è iniziata una nuova era. L'esplosione dei sequestri di droga, la purezza delle sostanze, la corruzione degli agenti statali, la banalizzazione della violenza, la professionalizzazione dei gruppi criminali organizzati: tanti indicatori che puntano nella stessa direzione, quella della crescente influenza del narcotraffico.

La Francia è da tempo il paese leader in Europa per numero di consumatori di cannabis. Vede anche le cifre della cocaina salire alle stelle. A questi dati se ne aggiunge un altro, più recente: il nostro Paese è diventato un crocevia delle rotte della droga, al crocevia dei flussi di cannabis, che provengono dal Marocco e dalla Spagna, e di quelli di cocaina, che arrivano dall’America Latina attraverso i porti del nord, Anversa e Rotterdam in testa, ora seguita da Le Havre.

Per descrivere questo passaggio, Le Monde pubblica il progetto “Overdose”, dodici inchieste che documentano l'importazione di droga nel territorio, il modo in cui viene venduta, consumata e i danni sociali e sanitari che genera. Analizziamo la preoccupante evoluzione della composizione di cannabis, cocaina e droghe sintetiche. Approfondiamo la vita quotidiana di un territorio, la Guyana, e il suo sistema giudiziario, alle prese con la tratta. Raccontiamo la storia della guerra di corruzione condotta dai trafficanti contro le autorità e della lotta ostinata intrapresa in cambio dagli investigatori, registrando successi convincenti, ma che sembrano insignificanti rispetto alla portata del compito. Raccontiamo la storia dei morti e dei loro assassini, sempre più giovani.

Su questa realtà il dibattito si riduce spesso, in Francia, a due posizioni opposte. Il primo si concretizza nelle operazioni di “piazza pulita” del governo, che mescolano il peggio della repressione e il regno della comunicazione. L’idea che l’arrivo in pompa magna delle forze di sicurezza – e dei media – possa essere una soluzione a fenomeni così profondi e di lungo periodo è un’assurdità che dispererebbe chi ha familiarità con questo traffico. A cominciare dagli stessi agenti di polizia, costretti a risolvere le indagini su cui lavorano da mesi nella fretta di un'agenda ministeriale.

La seconda è quella intorno alla legalizzazione della cannabis che sarebbe la soluzione definitiva per sbloccare il sistema giudiziario e svuotare le carceri sovraffollate. La sperimentazione tedesca dirà se tale opzione debba essere esplorata, ma non dobbiamo aspettarci miracoli. Nessun paese che abbia intrapreso questa strada ha ancora risolto il problema del traffico di droga, nel quale la cocaina assume ogni giorno un ruolo sempre più importante. I gruppi criminali si adattano nonostante tutto, soprattutto perché la redditività tra il costo iniziale della materia prima e il prodotto venduto per strada è quasi senza pari.

La commissione d'inchiesta del Senato deve fornire elementi di risposta alla sfida posta da questo ecosistema internazionale. Eric Dupond-Moretti, ministro della Giustizia, ha appena annunciato la creazione di una procura nazionale dedicata alla lotta contro la criminalità organizzata e al progresso sullo status dei pentiti. Questa risposta giudiziaria è auspicabile ma insufficiente. Presta poca attenzione alla necessaria politica sociale rivolta ai consumatori, all’ambiziosa revisione della politica cittadina, o alla riflessione sul sistema carcerario, da cui oggi viene organizzata parte del traffico.

È tempo di considerare il traffico di droga per quello che è: un mercato ultraliberale le cui caratteristiche sono una produzione massiccia e globale, una feroce concorrenza sui prezzi, un frenetico rinnovamento dei prodotti e un marketing culturale di formidabile efficacia. Affonda le sue radici nel capitalismo più selvaggio, prosperando sulla riduzione in schiavitù di una forza lavoro proveniente principalmente dai quartieri popolari per arricchire pochi baroni che vivono in esilio dorato a Dubai o altrove. La sua ambizione è la stessa, ovunque si stabilisca, è: competere con lo Stato di diritto. Il suo sradicamento può oggi sembrare irraggiungibile, ma la limitazione di tutti i mali che genera, dall’insicurezza dei nostri concittadini allo sconvolgimento della nostra società, richiede una consapevolezza generale e la mobilitazione di tutti i nostri mezzi democratici.

(editoriale del quotidiano le Monde del 30/04/2024)

 
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