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Class action: un contrappeso in mano ai consumatori
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Articolo di Domenico Murrone
15 novembre 2007 0:00
 
Il consumatore italiano ha rigorosamente in casa una bambola al piombo Mattel; ha ricevuto una bolletta Telecom da mille euro per aver partecipato ad uno pseudo quiz tv che utilizza gli 899; nel 2004 aveva acquistato biglietti aerei della Volare, il giorno prima della crisi della societa'. Naturalmente ha in portafoglio titoli Parmalat, Cirio, Fin.Part e i MyWay di Mps. In piu' il suo comune non paga, come impone la legge, la retta Rsa (residenza sanitaria assistenziale) al suo anziano genitore, e' straindebitato dopo aver acquistato strumenti finanziari derivati.
Il consumatore italiano si e' rivolto all'avvocato italiano che ha preventivato parcelle per 15 anni e un costo iniziale di 10mila euro. Il consumatore italiano decide di diventare consumatore americano. Li', gli hanno detto, c'e' la class action.


Se ne parla da anni, e a parole sono tutti d'accordo: introduciamo anche in Italia l'azione giurdiziaria collettiva, che comporterebbe una sola causa contro l'azienda responsabile di un danno. Accertato il torto dell'impresa, tutti i soggetti danneggiati sono risarciti. Come negli Stati Uniti. Al momento in Italia occorre che ogni danneggiato proceda singolarmente.
Qualche decennio fa era difficile e raro che una singola azienda, per quanto grossa e potente, potesse creare danni ad un gran numero di consumatori. La maggior parte delle transazioni riguardavano beni, la loro vendita avveniva su una rete commerciale e distributiva "pesante" fatta di tanti piccoli negozi. I centri commerciali erano pochissimi e anche i servizi essenziali, come energia e telefonia, erano gestiti tramite tante sedi locali. Le banche servivano solo come forzieri dei risparmi, che erano investiti in titoli di stato. Tutto era locale e se uno scandalo danneggiava una moltitudine di persone, i giornali ne parlavano per mesi.
Oggi e' diverso. La grande distribuzione spaccia da un unico punto vendita migliaia di prodotti; i servizi sono esplosi; per attivare un contratto basta avere un computer; una qualunque filiale bancaria puo' vendere prodotti finanziari complessi pensati all'altro capo del mondo. La facilita' per un'azienda di raggiungere milioni di consumatori ha moltiplicato i rischi. Nel giro di pochi mesi abbiamo letto di prodotti al piombo, quiz tv fasulli e truffaldini; compagnie aeree che chiudono da un giorno all'altro, vecchiette a cui sono rifilate da banche stimatissime prodotti derivati.

L'azione giudiziaria collettiva e' il necessario contrappeso in mano ai consumatori per bilanciare il potere delle aziende, non un mezzo per vendicarsi delle societa' cattive a seguito di uno scandalo come Parmalat. L'introduzione della class action avrebbe l'effetto di prevenire e aumentare il senso di responsabilita' delle societa': devono sapere che pagheranno i danni provocati da un grave errore e/o malafede.
Per essere efficace, pero', deve essere una vera class action, non uno scimmiottamento di una moda d'Oltreoceano. Purtroppo il Governo sta percorrendo la strada statalista della class action, esautorando il singolo consumatore dal potere di attivare un'azione collettiva. In pratica, senza l'intervento di un'associazione di consumatori riconosciuta e finanziata dallo Stato non ci sarebbe nessuna class action. E che succederebbe se l'azienda incriminata fosse Alitalia, Eni o Enel, di proprieta' dello Stato? Il cittadino dovrebbe rivolgersi a un'organizzazione che riceve soldi dal medesimo soggetto che gli ha creato dei danni. E che succederebbe se a danneggiare migliaia di cittadini fosse proprio un'associazione di consumatori? Vi immaginate una causa collettiva promossa, per esempio, da Federconsumatori contro Codacons?
Per dettagli: clicca qui
Occorre una class action che inneschi in circuito virtuoso: senso di resposabilita' delle aziende/fiducia dei consumatori nel mercato. E questo si puo' ottenere solo se la difesa dei diritti del cittadino e' affidata a se stesso.
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