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Le europee recluse per droga nel carcere speciale del Peru'
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Articolo di Redazione
3 settembre 2013 10:21
 
Hanno l'aria di uscire da un programma di Erasmus, ma la vita di queste giovani italiane, spagnole o olandesi e' ormai confinata in una prigione peruviana dove il loro futuro si e' compromesso per traffico di droga. Lo “stabilimento penitenziario modello” di Ancon II staglia i suoi fili spinati e torri di cemento nel mezzo delle dune di sabbia nella nebbia del deserto lungo la costa pacifica peruviana. Karen, 21 anni, olandese, divide la sua cella senza finestre con sette altre ragazze della sua stessa eta', passate brutalmente dalle luci delle citta' d'Europa al peggior confinamento. Lei aveva 18 anni quando e' stata arrestata all'aeroporto di Lima in partenza per Amsterdam. “Era il mio primo viaggio come 'mulo' e credevo sarebbe stato facile, anche perche' altri lo facevano senza problemi”, racconta. “Io trasportavo cinque chili di cocaina e la polizia me ne ha rubato la meta'”, dice all'agenzia stampa France Press (AFP). Seduta su uno dei letti a castello di una cella decorata con foto di indossatrici tagliate da giornali, Isabel, spagnola di 25 anni, ricorda una storia simile, divisa di recente con una britannica ed una irlandese, arrestate all'aeroporto di Lima per il possesso di 11 chili di cocaina. “Come quasi tutte qui, sono stata arrestata come 'mulo'", dice una madrilena dal viso infantile con diversi piercing, che sconta una pena di sei anni e otto mesi, una sentenza media per traffico illecito di droga. “Avevo due chili di cocaina in uno zaino col doppio fondo”, dice. “Penso di essere stata denunciata. Per ogni persona arrestata, ce ne sono cinque che passano senza problemi, qui funziona cosi'”. Il trasporto avrebbe dovuto fruttarle 10.000 euro. “Mi avevano assicurato che non mi sarebbe successo nulla, e che se la polizia mi avesse fermato, sarebbe stato sufficiente lasciar loro qualche dollaro e tutto avrebbe filato liscio, ma non e' stato proprio cosi'”.
Inaugurata da tre anni, la prigione si trova a circa 50 Km a nord di Lima ed e' la piu' moderna del Peru' e non soffre ancora degli endemici problemi di tutte le prigioni latinoamericane.
248 stranieri arrestati dal 2012
Dal 2012, 248 stranieri che trasportavano droga sono stati arrestati all'aeroporto internazionale di Lima. Una cinquantina di donne, essenzialmente giovani europee, sono detenute ad Ancon II, raggruppate in un padiglione speciale, ma che dividono le attivita' con le detenute peruviane. Paola, italiana di 25 anni, ricorda come sia stata la sua dipendenza alla cocaina a spingerla a viaggiare in Peru'. “Sono venuta per fare la festa”, dice ridendo. Arrestata da 17 mesi in un albergo, non ha ancora ricevuto una sentenza. “Spero che il tempo che passero' qui mi servira' almeno per smetterla con la droga. Ho provato diverse volte a seguire delle cure di disintossicazione in Italia, ma ci sono sempre ricascata”. Ma si lamenta che “c'e' un solo medico per tutta la prigione, e non riceviamo nessuna assistenza psicologica”. “Nessuno si occupa di noi da un punto di vista legale. Gli avvocati locali spariscono coi nostri soldi e lo li si rivede piu'”. Dennis Facoli, responsabile penitenziaria, spiega che “la prigione cerca di applicare un nuovo modello: lavorare o studiare”. E fa visitare i diversi padiglioni di coltivazioni, di parrucchiere, cucina e bigiotteria. Marisa Salvador, educatrice, precisa che le detenute possono vendere i prodotti del loro lavoro ai visitatori e guadagnare anche un po' di soldi che gli consentono di migliorare la vita quotidiana. “Tutte quelle che vogliono lavorare possono farlo, indipendentemente che siano criminali incallite o meno, non ci sono discriminazioni. Ci sono ragazze di 19 anni e delle sessantenni, incidenti o violenze sono rari”, assicura. Isabel e Paola sono responsabili della biblioteca del padiglione. “Ci sono molte criminali qui, e cio' che piu' interessa loro sono i romanzi polizieschi”, dicono ridendo. Le due giovani donne sono diventate inseparabili e fanno progetti comuni per quando usciranno di prigione, “puo' darsi in Australia”. “Io ho molti grandi sogni, ma la realta' e' molto piccola”, dice Paola, che lamenta “la mancanza di pasta e musica”. In otto per cella, con la toilette nella parte centrale, senza acqua calda e con delle notti gelide, esse vivono -come dicono- “come se fossero ai margini del mondo”. Quelle che sono cresciute con i computer portatili e Internet non possono comunicare con l'esterno se non grazie alla buona volonta' dei consolati o delle organizzazioni religiose. “Non mi sono abituata”, dice Isabel che come le altre non ha ricevuto visite da parte della sua famiglia, a piu' di 10.000 Km di distanza. “Io so che i miei genitori, i miei amici sono delusi; anche io sono delusa di me stessa”, dice confidandosi. “Mi sento come un cavallo ferito che ha bisogno di correre. Fare fotografie, leggere le mie mail, aprire il frigorifero alle 3 di mattina per bere una CocaCola ghiacciata, tutte cose che mi mancano”. Jessica, 26 anni, ha gia' scontato meta' della sua pena. Quando ricorda la Spagna e la figlia di 7 anni che non vede da 3 anni, i suoi occhi si riempiono di lacrime.

(reportage di Marie Sanz del 03/09/2013 per l'agenzia France Presse - AFP)
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