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Le necessarie liberalizzazioni e le resistenze: come il Governo ha fallito. Parte prima: i taxi
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Articolo di Domenico Murrone
1 dicembre 2007 0:00
 
Il fallimento delle alcune riforme che genericamente sono attribuite al ministro dello Sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, e' sotto gli occhi di tutti, a prescindere dalle intenzioni del ministro e del Governo. Ma perche' in Italia i taxi sono sempre pochi, la portabilita' dei mutui senza oneri e' un diritto solo sulla carta e le aziende telefoniche continuano imperterrite ad attivare servizi non richiesti e ad non attivare quelli richiesti nei tempi promessi? Faremo il punto sulla situazione in tre puntate della rubrica, iniziando dai taxi.

Per un pugno di licenze
Roma bloccata dai tassinari, il sindaco Walter Veltroni ritenta la "riformicchia" dei taxi romani e loro rendono difficile la vita a due milioni di residenti e alle migliaia di turisti. Tutto questo caos non servira' a nulla. Anche se a Roma aumentasse di 500 il numero delle licenze dei taxi, come propone Veltroni, nessuno avvertirebbe il cambiamento. Non e', purtroppo, un'affermazione massimalista di un infoiato, di uno avvolto dal fuoco liberalizzatore, e' mero realismo.
Che in Italia i taxi siamo pochi lo sanno tutti. Una ricerca della Banca d'Italia (pubblicata poco dopo l'approvazione della legge Bersani, agosto 2006) [1], fornisce un dettagliato quadro della situazione: i taxi in rapporto alla popolazione nelle due principali citta' italiane (Roma e Milano) sono meno della meta' di quelli di molte citta' europee, un quarto di quelli disponibili a Londra e un quinto rispetto a Barcellona.
Nell'insieme dei capoluoghi di provincia (oltre cento citta') nel 2004 risultavano 20.444 licenze di taxi, in media 4,5 ogni 10.000 abitanti. Per rendersi conto dell'enormita', basti pensare che la sola citta' di Madrid ha 12.000 taxi. Pochi taxi e pochissimi servizi alternativi: le auto in servizio di NCC (noleggio con conducente) nei capoluoghi di provincia italiani sono 4.312, mediamente 2,4 ogni 10.000 abitanti. A Londra a meta' degli anni novanta circolavano 40.000 minicab, un servizio analogo a quello dell'NCC italiano.
Non aggiungiamo altri dettagli a questa palese realta', piu' volte descritta [2]. Quello che importa e' tentare di capire il perche' del fallimento, rispetto all'obiettivo prefissato di aumentare l'offerta di taxi, traguardo raggiunto in altri Paesi.
Ci viene incontro nell'analisi sempre lo studio di Banca d'Italia.

In Olanda. Fra le riforme piu' recenti del settore, quella avviata nei Paesi Bassi nel 2000 ha centralizzato la regolamentazione dai Comuni, province e regioni al Ministero dei trasporti, con la finalita' di stabilire criteri uniformi per l'esercizio dell'attivita' a livello nazionale.
In parole povere il Governo centrale ha tolto i poteri agli enti locali e ha deciso. Sempre in Olanda e' stata resa obbligatoria l'installazione di un computer di bordo, in sostituzione del tassametro, che misura la tariffa e il tempo di guida del conducente e rilascia (come in altri Paesi, ad esempio in Svezia) una ricevuta al cliente che include la composizione del prezzo della corsa, il nome del tassista, l'impresa e il numero di registrazione del veicolo.
In Irlanda la liberalizzazione e' avvenuta nel 2000 a seguito di una decisione della Corte Suprema. L'eliminazione delle barriere amministrative all'entrata [3] ha determinato la triplicazione dei taxi in circolazione in due anni e una riduzione delle tariffe medie, senza deterioramenti significativi della qualita'.

Anche in altri Paesi ci sono resistenze e i cambiamenti non sono indolori. Si puo' anche sbagliare quando si apre un mercato, quando si rompe una corporazione, e' possibile. E' certo, pero', che se a Roma ci fossero 500 taxi in piu', non cambierebbe nulla. Come a nulla e' servito l'aumento del 10% dei taxi a Prato. Dopo riunioni e sperimentazioni varie, infatti, i pratesi passarono da 30 a 'ben' 33 taxi. Diverso sarebbe se per la capitale cominciassero a girare 15 mila taxi .

Lezioncina
Nel settore dei taxi la politica dei piccoli passi non ha pagato e non paghera'. Sono anni che si prova a migliorare il servizio con piccole iniezioni di licenze. Inutile. Per rompere la corporazione, in questo caso, serve una politica determinata. Gli esempi dall'estero non mancano: passaggio delle competenze al Governo ed eliminazione delle barriere all'entrata.

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