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Pizza e globalizzazione: anche la 'napoletana' imbocca la tutela burocratica
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Articolo di Domenico Murrone
31 gennaio 2008 0:00
 
Per vincere la sfida della globalizzazione l'Italia del buon cibo si affida sempre di piu' alla burocrazia. Dopo la sfilza di doc (per i vini), di dop (per formaggi e salumi), arriva anche l'S.T.G., la specialita' tradizionale garantita che 'proteggera'' la vera pizza napoletana dalle imitazioni.
Dopo un lungo travaglio e' stato redatto e presentato all'Ue (per l'approvazione definitiva) un disciplinare che racconta come e con cosa si fa la vera, originale 'napoletana'. Un regolamento minuzioso che descrive anche come il pizzaiolo deve versare il sale sul pomodoro "con movimento a spirale". Il tutto per ottenere il riconoscimento di S.T.G. (specialita' tradizionale garantita).
Affidare alla carta la tutela di una produzione tipica non e' il massimo. Dubitiamo che una pizzeria col bollino S.T.G. dara' al consumatore la certezza di mangiare una pizza come quella descritta nel disciplinare. Figurarsi! Ci hanno segnalato una pizzeria siciliana che si vantava (con tanto di bollino esposto) di preparare pizze a misura di celiaci. Il pizzaiolo 'certificato', invece, impastava pizze senza glutine in contemporanea con quelle 'normali', contaminando cosi' i prodotti riservati ai celiaci.
I soggetti promotori dell'iniziativa 'pizza napoletana S.T.G.' (che si sono aggirati dalle parti del ministero delle Politiche agricole- all'epoca del centro-destra e del centro-sinistra) sono espressione del solito intruglio di bassa politica, fatto di piccoli interessi di piccoli personaggi che sbandierano un fine 'alto' per ottenere visibilita' e soldi.
Obiettivi piccoli piccoli, di cui potremmo anche sorridere amaro. Ma dietro questa ennesima commedia si nasconde un modo di pensare burocratico, anche da parte degli 'uomini migliori': la strategia implicita e' la carta ci tutelera' dalla globalizzazione. Le associazioni agricole lo ribadiscono tutti i giorni, chiedendo tutela e marchi, marchi e tutela.
Le tradizioni reggono finche' producono soldi, con la vendita dei prodotti o dei servizi collegati, alimentando un circuito virtuoso (utili/investimenti/innovazione/utili). Purtroppo gli strateghi del settore riescono solo a immaginare tattiche difensive. Mai sentita un'associazione di agricoltori o di produttori stimolare la creazione di una catena di distribuzione di cibi e prodotti alimentari Made in Italy. Mentre noi della tradizione culinaria italiana ci riempiamo la bocca, a fare i soldi con panini, pizze e caffe' sono gli statunitensi. Che sanno bene che gli utili si producono se i prodotti, tipici o no, marchiati o no, si portano dove il consumatore li puo' acquistare.
La catena di pizzerie piu' diffusa al mondo e' Pizza Hut presente in oltre 100 Paesi (10.000 punti vendita, di cui 4.000 fuori dagli Usa). Sono piu' di 30.000 i ristoranti McDonald's in tutto il mondo, di cui solo 13.000 negli Stati Uniti. I caffe' Starbucks al di fuori degli Usa sono circa 4.000. Ecco il punto, noi abbiamo le tradizioni ... il saper fare ... "u sole" ... "o mare", gli altri fanno i soldi. Gli altri aprono i negozi per vendere prodotti -magari sono meno allettanti al palato- ma disponibili per il consumatore, noi impieghiamo risorse per ottenere centinaia di marchi di tutela, e scrivere nei disciplinari prescrizioni come questa:
a) pizza napoletana marinara: con un cucchiaio si depongono al centro del disco di pasta g 80 di pomodori pelati frantumati; con movimento a spirale il pomodoro viene sparso su tutta la superficie centrale; con un movimento a spirale si aggiunge del sale sulla superficie del pomodoro; allo stesso modo si sparge un pizzico di origano; si taglia uno spicchio di aglio; precedentemente privato della pellicola esterna, a fettine e lo si depone sul pomodoro; con una oliera a becco e con movimento spirale si distribuisce sulla superficie, partendo dal centro, 4-5 grammi di olio extra vergine di oliva.
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