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CIECO = IMBECILLE? LETTERA APERTA ALL'ON.DILIBERTO
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Comunicato 
8 maggio 2007 0:00
 

Firenze, 8 Maggio 2007. Daniela De Nuzzo e Fabio Santini, collaboratori dell'Aduc, hanno inviato la seguente lettera all'on. Oliviero Diliberto.

Spett.le Onorevole
In un'intervista apparsa sul Corriere della Sera del 7 maggio 2007, Lei dice, parlando della attuale attivita' politica in termini di percentuali e di consensi, chiamandola "operazione", che quella dell'on. Angius e' del 3 per cento e che la sua vale il 15 per cento. E poi aggiunge:
- "E' lo spazio a sinistra del Pd, solo un cieco non lo capisce." -
Ora, posto che la mediazione giornalistica sia stata corretta, cosi' come la trascrizione per la stampa del giornale, noi non comprendiamo perche' politici di professione, sindacalisti e personaggi pubblici in genere, utilizzano continuamente i ciechi, come in questo caso, e in unione coi sordi, in generale, come indice di imbecillita', insensibilita', ignoranza, e chi piu' me ha, piu' ne metta. Anche se la Sua affermazione fosse stata: "anche un cieco lo capisce", come per usare un paradosso, presuppone chiaramente che per Lei, i ciechi sono degli individui che, per il solo fatto che al di la' del palmo del loro naso nulla vedono, nulla capiscono.
Ci permetta di farLe notare che questi modi di dire, sicuramente di effetto immediato, affossano l'intelligenza di chi li usa, perche' si basano sull'ignoranza della platea che li dovrebbe condividere, e li condividera' a pieno solo se ignoreranno il vero significato delle parole, e non sapranno nulla sull'evoluzione che, ad esempio, noi ciechi abbiamo avuto nell'ultimo secolo.
Sulle parole, poiche' essere cieco e' un dato di fatto e non una volonta' o un atteggiamento, sull'evoluzione perche' in un secolo siamo passati dal chiedere l'elemosina fuori dalle chiese, ad essere liberi professionisti, parlamentari, eccetera, ma soprattutto, da derelitti a persone giuridicamente riconosciute. Quindi, mentre noi cerchiamo col lavoro, con l'esempio personale e col dialogo con i cittadini e le istituzioni, di dare alla nozione di cieco il giusto significato oggettivo, legato alla persona e non ai pregiudizi, Lei fa leva su delle immagini stereotipate di pregiudizi sul nostro passato di derelitti, per fissare con esse il Suo pensiero nell'immaginazione dei lettori. Se poi, le conseguenze del Suo stile oratorio, come di molti politici, sono quelle di annullare anni e anni di lavoro socio-culturale... Chi se ne frega!.. Pur di accaparrare un po' di consenso.
A questo punto, dovremmo avanzare delle richieste, qualcosa da rivendicare. Ma non e' un vocabolo da cambiare o una norma da modificare. Bensi', un rispetto della persona, una liberazione culturale, un atteggiamento piu' civile da mettere in atto, che, sicuramente, Lei ha gia' effettuato per altre categorie di persone piu' numerose. Allora: Sono ancora validi i principi umani degli illuministi? Se si', chi Le scrive sono persone, con problemi anche seri, ma persone. Chi vive in Italia, oltre che ai doveri, deve anche osservare i diritti sanciti dalla Costituzione? Se si', chi Le scrive sono dei cittadini. Ovviamente, tutto questo vale in astratto. Nella realta', a cominciare dal linguaggio, le cose son diverse, come dimostra la Sua intervista.
Eppure, con questa lettera, vorremmo essere costruttivi e non lamentosi, vorremmo far sentire che i giornali li leggiamo, nonostante le difficolta' oggettive, che ci sentiamo cittadini a pieno titolo che vogliono partecipare alla vita pubblica del nostro Paese, che, in quanto disabili, proveniamo da esperienze di emarginazione sociale, e che metterle in comune porterebbe un contributo positivo alla collettivita'.

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L'on. Diliberto ha risposto il 9 maggio in questo modo:

Cari Fabio e Daniela,
avete ragione e mi scuso davvero.
Non capitera' piu'.
Un carissimo saluto.
Oliviero Diliberto
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