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TOSSICODIPENDENZA: CONTINUARE A "CURARLA" IN CARCERE? L'ESEMPIO PRAGMATICO SPAGNOLO CHE SPEZZA GLI STECCATI IDEOLOGICI
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Comunicato 
24 agosto 2003 0:00
 

Firenze, 24 Agosto 2003. Spesso il tossicodipendente e' anche un delinquente, perche' per procurarsi la sostanza da cui dipende commette reati che lo portano in galera, dove -se 'e fortunato, visto l'andazzo e la non applicazione delle norme- riesce ad avere una cura di sostentamento metadonico, ma sempre in carcere. Cioe' e' un malato che viene tenuto nella sua condizione, insieme a persone sane, in un luogo che, per antonomasia, e' il contrario di quello che dovrebbe servire per qualunque terapia di una malattia grave come la tossicodipendenza. Non solo, ma in un luogo -il carcere- che, a parte i meritati dubbi che non pochi hanno sulla sua funzione riabilitativa umana, e' scuola di violenza e delinquenza per eccellenza. Cioe', il carcere e la pena prima di tutto, poi l'individuo con la sua salute.
E mentre in Italia in questi giorni cominciano ad uscire dal carcere i primi che beneficiano dell'Indultino, quindi solo relativamente al tempo di detenzione che rimane da scontare e senza provvedimenti che siano legati alle condizioni sanitarie dei singoli, nella vicina Spagna, e' di oggi una dichiarazione del ministro della Giustizia, José Maria Michavilla, in cui ha fatto sapere che lui stesso proporra' una riforma del Codice Penale per permettere a delinquenti tossicodipendenti che devono scontare condanne fino a sette anni di carcere, di sostituire la pena detentiva con la realizzazione di programmi di riabilitazione "efficaci, seguiti in maniera responsabile".
E' lo stesso ministro Michavilla che cosi' presenta il suo progetto che verra' depositato nella prossima sessione parlamentare: "in questo momento la nostra legge impedisce che chi commette un secondo reato possa sostituire la sua condanna con un piano di riabilitazione, e questo non ha alcun senso. Le riforme del Codice Penale non devono essere rivolte a far si' che ci siano piu' persone in carcere, ma a far si' che ci siano meno delitti e meno delinquenti". Il ministro ha spiegato che "l'unica opportunita' che offre il Codice Penale al tossicodipendente che commette abitualmente delitti e' di essere carne da prigione a vita e di stare in prigione, da cui esce e torna a commettere reati e torna dentro. Questo non ha senso per uno Stato democratico di Diritto".
Sono le parole di un ministro del Governo di centrodestra, quello stesso Governo, per esempio, che non ha fatto alcuna politica ostativa alle iniziative delle comunidad per l'apertura e la gestione (ormai da diverso tempo) delle "narcosalas", dove i tossicodipendenti, in ambiente sanitario garantito, vanno ad iniettarsi le loro sostanze.
Un approccio decisamente pragmatico ed anti-ideologico che stride con tutte le paventate iniziative che il nostro Governo ha messo sul piatto, lasciando a se stessi i tossicodipendenti delinquenti, e prestando attenzione solo alla riabilitazione psicologico-punizionista di alcune comunita' di recupero. E in stile -pragmatico e anti-ideologico- con la decisione dello stesso Governo di alcune settimane fa di consentire la ricerca sulle cellule staminali con l'uso degli embrioni sovrannumerari, mentre in Italia vige un divieto assoluto.
Un dimostrazione, infine, che anche in regime punizionista sulle droghe (come la Spagna e'), non e' necessario che coloro che ne sono vittime -i tossicodipendenti- debbano pagare con pene che li peggiorano nella loro condizione sanitaria, umana e civica.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
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