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 ITALIA - ITALIA - Italia. Fini: chi stacca la spina a Welby e' un assassino
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7 dicembre 2006 0:00
 
C'e' chi la ritiene pura eutanasia, chi semplice accanimento terapeutico. E' ormai al centro di uno scontro durissimo che va avanti da giorni nel mondo della politica e nell'opinione pubblica. E spacca trasversalmente le coalizioni, gli schieramenti politici e le coscienze individuali della gente comune. Il caso di Piero Welby, da drammatica vicenda umana di uomo sottoposto a sofferenze indicibili, e' stato ormai consacrato a simbolo di lotta politica. Lotta che, oggi piu' che mai, non tiene piu' conto delle appartenenze politiche e scavalca le divisioni tra maggioranza e opposizione. Mentre pero' continuano, durissimi, gli scambi di accuse reciproche, che mettono soprattutto sotto torchio i cattolici dell'Unione, custodi di quei valori della vita che "sembrano"- a dire della Cdl- piu' vacillare nel centro-sinistra, ecco che arriva un dato politico nuovo. Si sono svegliati i laici dell'opposizione che, con una lettera al 'Corriere della Sera', si dicono solidali con le richieste di Welby. Ma oggi arriva, sferzante, la presa di posizione di Gianfranco Fini, leader di An: "Chi lo aiuta a morire- dice- e' un assassino". E scatena la polemica nel suo schieramento.

COMMENTI

"Sono completamente in disaccordo con le parole di Gianfranco Fini espresse a proposito della drammatica vicenda di Piergiorgio Welby. Staccare la spina ad un uomo cosciente che può esprimere il suo pensiero non può essere definito in alcun modo né omicidio né eutanasia", dichiara il senatore dell'Ulivo Ignazio Marino, presidente della commissione Sanità di Palazzo Madama. "Chiedendo di staccare il respiratore che lo tiene in vita, Piergiorgio Welby vuole semplicemente che gli venga riconosciuto il diritto a rinunciare a una tecnologia che non ritiene più adeguata per se stesso. Questo accade anche in altri casi, ad esempio quando una persona rinuncia alla dialisi e va incontro alla morte perché non ritiene più che essere legato a quel macchinario, a quella tecnologia, sia accettabile per la sua vita", precisa Marino. "Qualsiasi persona capace di esprimere il suo pensiero può rifiutarsi di essere sottoposta ad un trattamento o una cura. E nessuno può obbligarla a farlo. Questo rientra nell'ambito delle regole del consenso informato. Anche la Chiesa Cattolica si è espressa in questo senso.
Il Catechismo infatti recita: "L'interruzione di procedure mediche straordinarie o sproporzionate ai risultati attesi può essere legittima...non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente se ne ha le competenze...". "Credo sinceramente - conclude Marino - che su questioni tanto delicate, sulle quali ancora c'è molta confusione, sia necessario ponderare e valutare con attenzione ogni giudizio e sarebbe meglio limitare le dichiarazioni quando non si conosce in modo approfondito l'argomento, proprio per non contribuire a creare ulteriore disorientamento nell'opinione pubblica".

La pastora Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese (Unione delle chiese valdesi e metodiste), chiede di ascoltare il grido di Welby accogliendo la sua richiesta di poter morire.
'Piergiorgio Welby - ha dichiarato oggi Bonafede - e' un uomo che, con grande dignita' e coraggio, ha chiesto di staccare la spina delle macchine che lo mantengono in vita.
Nonostante un intervento del Presidente della Repubblica, ad oggi non vi e' stato nessun significativo riscontro parlamentare.
Noi valdesi, in quanto cristiani evangelici, crediamo fermamente che la vita sia un dono prezioso di Dio. Ma la vita non e' pura funzione biologica. L'accanimento terapeutico, ancor di piu' quando in contrasto con la volonta' del malato, viola la sua dignita' e aggrava le sofferenze fisiche e psicologiche. Esaltando la capacita' tecnica, celebra l'onnipotenza umana che nulla ha a che fare con l'amore e la compassione di Dio per le sue creature. E l'amore non impone sofferenza ne' costringe ad una artificiosa sopravvivenza.
Per questo chiediamo che il grido di dolore di Welby sia ascoltato e il Parlamento approvi al piu' presto una legge sul testamento biologico'.
Bonafede avrebbe voluto dire queste poche parole in un dibattito televisivo del servizio pubblico, 'ma evidentemente - rileva - esiste una preclusione nei confronti di alcune comunita' di fede il cui pensiero, sulle questioni etiche, viene sistematicamente ignorato e censurato'.

'Stimo Gianfranco Fini ma sul caso Welby, e piu' in generale in un materia cosi' delicata, bisogna abbandonare posizioni ideologiche per confrontarsi con le istanze del mondo scientifico'. Lo afferma Chiara Moroni, deputata di Forza Italia e componente della commissione Affari Sociali della Camera.
'La politica e' chiamata a legiferare per colmare un vuoto legislativo. Libera scelta dell'individuo, divieto di accanimento terapeutico e introduzioni di efficaci terapie antidolore - conclude Moroni - devono essere al centro del dibattito'.

'Credo che occorrano al piu' presto due cose: una legge per il testamento biologico e una legge contro l'accanimento terapeutico che fissi dei parametri oggettivi cosi' che, tenendo conto anche di quello che stabilisce il testamento, in determinate situazioni si agisca senza che il politico di turno alzi la voce per guadagnare una stelletta in piu' nei rapporti con il Vaticano'. Cosi' il capogruppo dell'Idv alla Camera Massimo Donadi interviene nel dibattito sul 'caso Welby'.
Commentando le parole del leader di An Gianfranco Fini che sulla questione ha definito 'assassini' chiunque pensasse a staccare la spina, Donadi aggiunge: ' Le sue parole sono demagogiche. E' come se una buona parte della Cdl con il 'novello delfino'abbiamo ormai assunto posizioni conservatrici in materia di diritti civili'

"Le dichiarazioni rilasciate sul caso Welby da Gianfranco Fini dimostrano quanto grande (e in fondo, comprensibile) sia il rischio di affrontare il problemi posti dal caso Welby con riflessi ideologici automatici a astratti, che non guardano con realismo e misura alle situazioni di fatto". Lo dice Benedetto Della Vedova, presidente dei Riformatori liberali e deputato di Forza Italia. "Il caso Welby va secondo me rubricato - in modo paradigmatico - nel problema piu' generale del consenso informato e della possibilita', che il nostro ordinamento in linea di principio riconosce, di rifiutare trattamenti che il paziente ritenga di non potere e non volere piu' sopportare, in questo modo anticipando il momento di una morte comunque prossima e irreversibilmente iscritta nell'evoluzione della malattia. Welby non e' un aspirante suicida, ma un paziente terminale che intende revocare il consenso ad un trattamento sanitario che ritiene puramente afflittivo. Questa e' l'analisi del documento pubblicato quest'oggi dal Corriere della Sera e sottoscritto da un gruppo di deputati di Forza Italia, fra cui gli ex Ministri Antonio Martino e Stefania Prestigiacomo (che per un mero errore di trascrizione non risulta nell'elenco dei firmatari). Nel documento, si legge infatti con grande chiarezza: "L'eutanasia di Stato (quale quella "coattiva" che in alcuni ordinamenti europei ha preso pericolosamente piede) e la "terapia di Stato" (quale quella che burocraticamente viene inflitta a pazienti che non sono materialmente in grado di sottrarsene) sono due facce della stessa medaglia e poggiano entrambe sul medesimo fondamento: cioe' sull'idea che la liberta' di scelta.

'In questo momento rispetto alla salute dei cittadini credo che lo Stato debba porsi come priorita' di indirizzo la salvaguardia della vita, facendo attenzione alla ricerca ed agli investimenti dedicati a questo settore'. Cosi' Erminia Mazzoni, vice segretario dell'Udc interviene nel dibattito sul tema dell'eutanasia.
Mazzoni evita di entrare nel dibattito sul caso specifico di Piergiorgio Welby ma osserva come su questo tipo di tematiche debba esserci 'un confronto adeguato in Parlamento' anche se aggiunge: 'Eviterei di discutere ora visto che il clima politico non e' dei migliori'.

'Se secondo Fini chi vuole venire incontro alle esigenze di chi soffre e' un assassino, allora anche la maggioranza degli italiani lo e', visto il risultato del sondaggio Ipr Marketing, pubblicato da Repubblica.it, secondo il quale il 64 per cento della popolazione pensa che la richiesta di Piergiorgio Welby debba essere accettata'. E' la replica del capogruppo dei Verdi in Commissione Affari sociali-Sanita' della Camera, Tommaso Pellegrino, alle parole del leader di An.
'Proprio ieri - ha ricordato il deputato - come Verdi abbiamo presentato un'apposita proposta di legge sul testamento biologico, perch, riteniamo che la politica non dovra' rimanere miope: occorre colmare un vuoto legislativo su testamento biologico e consenso informato contro l'accanimento terapeutico'. Il provvedimento presentato, inoltre, istituisce un comitato etico e assegna valore giuridico al testamento biologico, che rimane vincolante per i medici in caso di perdita successiva delle capacita' naturali del paziente.
 
'Le parole di Fini sono una ripetizione di quello che noi andiamo dicendo da tempo e cioe' che staccare la spina e' un omicidio perseguibile. Sono felice che anche il lui si convinto. Trovo incomprensibile che si scateni un dibattito intorno ad una cosa che porta ad un omicidio'. Cosi' il capogruppo dell'Udc Luca Volonte' commenta le parole del leader di An sul caso Welby.

 'Il Codice Rocco del 1930, in piena era fascista, punisce fino a 15 anni di carcere l'omicidio di persona consenziente. La costituzione italiana vieta l'imposizione di un trattamento sanitario, mentre il codice deontologico obbliga il medico ad evitare sofferenze al paziente. Di tutta evidenza, Gianfranco Fini ha scelto di dare animo e voce al Codice Rocco (e al contesto clerico-fascista nel quale il codice nacque) e di far prevalere il Codice Rocco sulla Costituzione'. Cosi' Marco Cappato segretario dell'Associazione Luca Coscioni, al quindicesimo giorno di sciopero della fame, commenta le parole di Fini su Piergiorgio Welby.
'Le Istituzioni italiane - prosegue - hanno scelto il silenzio. Noi radicali non possiamo che confermare al nostro Co-Presidente la volonta' di obbedire alla Costituzione e al rispetto della dignita' umana, anche disobbedendo alla legge della tortura di stato e del codice fascista'.

'Non si puo' ritenere omicida chi chiede rispetto per la dignita' delle persone, nella vita cosi' come nella morte'. Cosi' Ivana Bartoletti, responsabile nazionale Diritti civili dei Ds risponde alle affermazioni di Fini sul tema dell'eutanasia.
'La volonta' di un uomo -prosegue la Bartoletti- che chiede alla politica umanita', solidarieta' e saggezza non puo' essere oggetto dei si' e dei no, degli evviva e degli abbasso. E' una tortura che chi ama la vita e la dignita' delle persone, anche nella morte non puo' accettare. Mi auguro che, cosi' come in Europa c'e' su questo terreno una cornice legislativa condivisa tra appartenenze, fedi e convinzioni, anche in Italia si superino gli steccati delle posizioni precostituite. La vera leva di un approccio condiviso tra tanti e tante, a partire dal testamento biologico, non puo' che essere la persona, la sua responsabilita' anche nelle fasi terminali della vita'.

'Penso che quando si parla di vita umana le polemiche siano ingiustificate. Welby ha il diritto di chiedere l'interruzione della sua sofferenza e Fini farebbe meglio a rimangiarsi le sue parole. Quello che noi chiediamo e' che diventi legale una pratica che oggi viene fatta illegalmente'. Cosi' Gennaro Migliore capogruppo del Prc alla Camera interviene nel dibattito in merito al caso Welby.
Per Migliore, sulla questione eutanasia, 'il mondo politico deve dare una risposta senza pero' far prevalere l'esigenza della rappresentanza politica'.

'Vedo un tratto di disumanita' nelle parole di Fini. Non vi e' dubbio che la vita e' sacra ma questo e' un caso diverso. Ci troviamo di fronte ad una persona che soffre, dove la scienza non puo' fare nulla'. Cosi' Angelo Bonelli capogruppo dei Verdi alla Camera commenta le parole del leader di An sul caso Welby.
'Ci troviamo di fronte - sottolinea ancora - ad un caso di accanimento sfacciato, ad una tortura. Bisogna riflettere perche' su un tema come questo non vanno introdotti elementi politici'.

Il caso di Piergiorgio Welby 'non puo' non provocare comprensione e compassione, ma non vi sono gli estremi per fare quello che lui chiede': lo ha ribadito oggi a Mestre il ministro della famiglia Rosy Bindi.
'Nella nostra legislazione non e' regolamentata l'eutanasia - ha sottolineato il ministro - e per quanto mi riguarda non dovrebbe mai esservi inserita'.

'Da un punto di vista generale siamo per la difesa della vita e riteniamo opportuno che venga fatta una legge che regoli i casi'. Cosi' Roberto Cota, deputato della Lega, interviene del dibattito sul caso Welby.
'Io penso - aggiunge - che ci sia pero' da distinguere due aspetti e cioe' l'accanimento terapeutico che e' altro rispetto alla difesa della vita. Sono convinto che una persona sia libera di non curarsi, ma non abbia la liberta' di uccidersi, o meglio puo' farlo tanto poi non e' perseguibile, pero' non possono farlo altri'.

Sull' eutanasia 'Fini si sbaglia' perche' 'noi tutti quanti insieme, e lo dico ascoltando il dolore, dovremmo stare fuori dai giochi della politica, del politicismo piu' bieco, fuori dalla logica delle ideologie e fare un passo indietro ascoltando la sofferenza della gente'. Lo ha detto il segretario di Rifondazione comunista, Franco Giordano, rispondendo, a margine di una manifestazione di partito a Catanzaro, ad una domanda sulle dichiarazioni del presidente di An a proposito del caso Welby.
'Quando Piergiorgio Welby dice 'questa non e' vita' - ha aggiunto Giordano - forse noi dovremmo mettere da parte le nostre convinzioni ideologiche o il tentativo di costruire consenso su di esse per guardare al dolore e alla sofferenza. Se cosi' facessimo ci accorgeremmo che in questi casi l' eutanasia e' solo un gesto di umanita''.

'Quando la dignita' umana non c'e' piu', come nel caso in cui si viva tragicamente e dolorosamente una vita 'artificiale' con attrezzature esterne, la liberta' di decidere il destino di se stessi diventa un diritto inalienabile': lo afferma Roberto Bevilacqua vice segretario nazionale del Movimento Sociale-Fiamma Tricolore, a proposito del caso Welby.
Il Movimento Sociale Fiamma Tricolore esprime 'solidarieta' a quest'uomo coraggioso e determinato, ritenendo che tali forme di accanimento terapeutico non servano altro che a prolungare inutili e disumane sofferenze'. 'Il Movimento - prosegue Bevilacqua - e' sempre stato in favore del diritto alla vita, quindi tanto contro l'aborto quanto contro la pena di morte, nel rispetto della dignita' umana. Quando quest'ultima non c'e' piu', come nel caso in cui si viva tragicamente e dolorosamente una vita 'artificiale' con attrezzature esterne, la liberta' di decidere il destino di se stessi diventa un diritto inalienabile. La Fiamma Tricolore rileva l'ipocrisia di chi si trincera dietro falsi e strumentali moralismi, come fa il Ministro della Salute, Livia Turco, che ha deciso di rendere visita a Welby, benche' contraria alla decisione di quest'ultimo. La Fiamma Tricolore auspica, infine, che abbiano termine le vergognose speculazioni politico-mediatiche su questa delicata e dolorosa vicenda, qualsiasi sia il suo esito e si augura che il Palazzo si occupi finalmente di varare un'apposita legislazione che regolamenti la materia'.

"Fini, lungi dall'ideologia, dice le cose come stanno e le chiama con il loro nome". Lo dichiara l'onorevole Riccardo Pedrizzi, presidente nazionale della Consulta etico-religiosa di An, responsabile nazionale per le politiche della famiglia e membro dell'esecutivo politico nazionale del partito, commentando le affermazioni del presidente di An, Gianfranco Fini, sul caso Welby. "E' un campo, questo - dice Pedrizzi - in cui non c'è nessun vuoto legislativo. Basta andare a vedere gli articoli 579 ("Omicidio del consenziente") e 580 ("Istigazione o aiuto al suicidio") del codice penale, che intervengono in maniera precisa, chiara e inequivocabile su casi come quello riguardante l'esponente radicale". Il dirigente di An rileva come "nel nostro ordinamento non esista in alcun luogo normativo un diritto alla morte. La principale obiezione alla legalizzazione delle forme di eutanasia, dunque, è costituita proprio dalla insussistenza giuridica di tale diritto. Si pensi che la Costituzione italiana afferma esclusivamente il diritto alla vita e non interviene sulla disponibilità o meno di tale diritto.
Nemmeno l'articolo 32, quello sul diritto alla salute - sottolinea Pedrizzi - sancisce l'esistenza di un ipotetico diritto a lasciarsi morire: non esime dall'effettuare interventi salvavita, atti giuridicamente dovuti, da parte di chi riveste una posizione di garanzia, né attribuisce al malato facoltà tali da permettergli, attraverso l'esercizio del diritto di rifiutare trattamenti sanitari non imposti dalla legge, di essere arbitro della propria vita. Su questa scia - continua l'esponente di An - il codice penale sanziona appunto l'uccisione del malato, accogliendo, altresì, il principio di natura civilistica dell'assoluta intangibilità della vita umana. E così anche il codice deontologico del medico: vieta nettamente l'eutanasia (attiva, passiva od omissiva che dir si voglia) e il suicidio assistito, cioè di assecondare le richieste di morte che gli provengano dal paziente e dai suoi familiari". "Una norma che autorizzasse l'eutanasia, quindi - conclude Pedrizzi - sarebbe incostituzionale, giuridicamente contraria al nostro ordinamento e negatrice del giuramento d'Ippocrate e del codice deontologico della professione medica".

ALTRI COMMENTI

"I criteri di qualità della vita, astrattamente e rigidamente stabiliti, finiscono per fare dell'eutanasia una forma di pulizia sociale che spazza via i deboli, i poveri, gli incapaci, quelli troppo costosi da curare, quelli che sono un peso per la collettività": è il commento al caso Welby che 'Avvenire' formula nell'inserto settimanale 'E' vita'.
"Il miraggio dell'autodeterminazione - scrive il quotidiano dei vescovi in un articolo intitolato 'Welby, la tentazione della pulizia sociale' - naufraga nella banalità dei conti pubblici che non tornano, nel mito bugiardo della qualità della vita, nell'ambigua invocazione alla compassione per le sofferenze dell'altro". "Nel passaggio tra la vita e la morte tutto è ombra, e le valutazioni devono misurarsi con l'unicità di ogni situazione personale", scrive Eugenia Roccella. Nello stesso inserto settimanale, 'Avvenire' dedica al tema altri due articoli: 'L'emozione del caso (Welby, ndr.) è pessima consigliera' e 'Testamento biologico: eutanasia tra le righe'.
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