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 ITALIA - ITALIA - Italia. Indagine Eurispes: in 20 anni raddoppiata percentuale favorevole all'eutanasia
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26 gennaio 2007 0:00
 
Piu' che raddoppiata in 20 anni la percentuale degli italiani che dicono si' all'eutanasia. E' quanto emerge dal 'Rapporto Italia 2007' redatto dall'Eurispes e presentato oggi a Roma, da cui emerge un consenso generalizzato verso l'eutanasia, tanto che la maggioranza degli italiani, quasi 7 su dieci, ben il 68%, si dichiara favorevole a questa pratica. Coloro che si esprimono in maniera contraria rappresentano invece il 23,5% del totale, mentre e' interessante evidenziare che uno su dieci (8,5%) non ha saputo o non ha voluto fornire una risposta in proposito.
Il prevalere di un atteggiamento aperto nei confronti dell'eutanasia nel nostro Paese deve far riflettere, soprattutto se si considera che rispetto allo scorso anno la schiera dei favorevoli e' aumentata in maniera esponenziale, facendo registrare un incremento di ben 26 punti percentuali.
Confrontando questi risultati con quelli del sondaggio realizzato nel 1987 dall'Eurispes sempre su questo tema, la situazione si ribalta: in quell'anno, infatti, complessivamente il 40,8% era contrario all'eutanasia (in particolare, il 29,6% era contrario e l'11,2% la giudicava immorale), mentre soltanto il 24,5% era favorevole; il 18,3% si dichiarava favorevole solo in casi disperati (ovvero nel caso di una morte imminente e in condizioni molto dolorose).
Gli uomini sono favorevoli all'eutanasia in percentuale maggiore rispetto alle donne (70,4% a fronte del 65,7% del dato femminile). Allo stesso tempo, rileva ancora l'Eurispes, sono piu' numerosi gli uomini (24,2%) rispetto alle donne (22,9%) che esprimono un dissenso verso la pratica della 'buona morte'. Le donne invece fanno registrare un alto tasso di mancate risposte (11,4% vs 5,4%).

La piu' alta percentuale di contrari all'eutanasia e' rilevabile tra coloro che si sentono rappresentati dai partiti appartenenti all'area di centro (41,2%) e di destra o centrodestra (31,3%); quella dei favorevoli, invece, e' rappresentata da coloro che si dichiarano di sinistra e centrosinistra (78,1%).

Rispetto all'area geografica di appartenenza, piu' favorevoli all'eutanasia sono i cittadini residenti al Centro (con il 74,6%), seguiti da quelli del Nord (69,4%) e quindi del Sud e delle Isole (62,6%). I contrari mostrano percentuali simili nelle regioni settentrionali (25,6%) e in quelle meridionali (26,3%), mentre si riducono notevolmente in quelle centrali (14%).
Circa un italiano su quattro, il 26,3%, condivide l'ipotesi secondo cui, negli ospedali pubblici, pur essendo una pratica illegale, venga comunque praticata l'eutanasia per i casi irrisolvibili. Questa opinione e' maggiormente diffusa tra i residenti delle regioni del Centro Italia (32,6%). La pensa in maniera diversa complessivamente il 26,4% degli italiani secondo i quali nelle strutture sanitarie pubbliche non e' in alcun modo praticata l'eutanasia clandestina.

Tuttavia, si registra una percentuale molto alta di intervistati (42%) che preferisce o non si sente in grado di assumere una posizione definita. La quota piu' elevata di 'dubbiosi' risiede nelle regioni del Centro (46,6%) e del Sud (46%) del nostro Paese. Se si parla di strutture sanitarie private, a confronto di quelle pubbliche, si rafforza l'opinione degli intervistati secondo cui l'eutanasia viene applicata clandestinamente. Nello specifico la percentuale di chi risponde affermativamente e' pari al 30%, a fronte del 20,9% che non crede a questa eventualita'. Rimane invariata invece la percentuale di coloro che preferiscono non prendere posizione e si limitano a rispondere di non sapere se l'eutanasia venga esercitata o meno (42,9%) nelle strutture private.

L'esistenza del fenomeno dell'eutanasia praticata in maniera clandestina viene confermata da quanti affermano di essere a conoscenza di persone che vi hanno fatto ricorso: ben il 6% degli intervistati. Tuttavia, la stragrande maggioranza (87,4%) sostiene di non aver conoscenza di episodi in tal senso, mentre il 6,7% degli interpellati ha preferito non rispondere alla domanda. Le regioni centrali e settentrionali sono quelle in cui si registra la quota maggiore degli interpellati che sostengono di essere venuti a conoscenza di episodi di eutanasia clandestina praticata nella cerchia delle proprie conoscenze (rispettivamente l'8,3% al Centro e l'8,1% al Nord), mentre nel Meridione il dato si attesta al 2%.
Ma medici di famiglia o infermieri di fiducia sarebbero disposti ad aiutare in maniera riservata la famiglia che chiede l'eutanasia per un proprio congiunto? Risponde affermativamente a questa domanda un terzo circa degli intervistati (31,8%), mentre il 21,3% non crede a questa ipotesi. Rimane sempre elevato il numero di coloro che preferiscono astenersi dall'esprimere un giudizio (41%).

Ancora molta disinformazione per quanto riguarda l'accanimento terapeutico. Per verificare il livello di conoscenza sul tema, spiega l'Eurispes, e' stato chiesto agli intervistati di fornirne una definizione. Soltanto il 41% ha risposto in maniera corretta, ossia che l'accanimento terapeutico significa prestare cure che prolungano la vita di un paziente senza speranza di guarigione. Hanno risposto correttamente soprattutto gli abitanti del Centro (45,1%) e quelli del Sud Italia (43,4%). La percentuale di informati si attesta invece al 37,1% nel Nord, dove si registra tra l'altro il numero piu' elevato di mancate risposte (11%).

Il 32,2% degli italiani intende per accanimento terapeutico il tenere in vita artificialmente un individuo completamente ed irreversibilmente privo di coscienza. Infine il 15,4% crede che esercitare l'accanimento terapeutico vuol dire sottoporre un individuo a terapie che comportano sofferenza e menomazioni. Questa definizione e' stata espressa soprattutto dagli abitanti delle regioni settentrionali (il 20,6% contro l'11,4% degli abitanti del Centro e del Sud).
Per quanto riguarda il testamento biologico, rileva ancora l'Eurispes, la maggior parte degli italiani, il 66,2%, dichiara di averne sentito parlare, nell'ultimo anno, a fronte del 28,5% di quanti sostengono di non conoscere l'argomento. Gli elettori di sinistra e centrosinistra sono i piu' informati su questa tematica (73,6%), seguono quelli di centro (63,4%) e di destra e centrodestra (62,9%). Per quanto riguarda invece la ripartizione geografica, la percentuale piu' elevata di informati si registra nelle regioni centrali (77,2% a fronte del 66,9% del Sud e delle Isole e del 60,5% del Nord).

La stragrande maggioranza degli italiani ha ben chiaro che cosa si intenda per testamento biologico: l'84% ha risposto infatti correttamente alla domanda sulla definizione di testamento biologico, ovvero le disposizioni lasciate prima della morte da un individuo in merito ai trattamenti sanitari a cui accetta di essere sottoposto in caso di coma irreversibile o in caso di gravi patologie. Si registra, tuttavia, una percentuale (complessivamente pari al 12,5%) che confonde il testamento biologico con le disposizioni lasciate prima della morte in merito alla propria sepoltura o cremazione (5,3%) o con le decisioni prese dai congiunti in merito alla donazione degli organi di un defunto (7,2%).

Gli intervistati piu' informati in tema di testamento biologico, appartengono alle regioni centrali e meridionali. In particolare, la percentuale di chi ha risposto in maniera corretta e' pari al 91,5% nel Mezzogiorno ed al 90% nel Centro (contro il 73,5% del dato registrato al Nord). Nei confronti del recente disegno di legge sull'introduzione del testamento biologico, circa tre italiani su quattro, il 74,7%, esprimono un parere favorevole a fronte del 15% di coloro che si dichiarano in disaccordo. Sono le donne ad essere piu' propense ad affidare al testamento biologico un valore giuridico (il 75,7% contro il 73,7% del dato maschile).
A chi spetterebbe in ultimo la decisione di 'staccare la spina' in caso di interpretazione non univoca del testamento? Il 32,7% degli italiani sostiene che la decisione spetterebbe al coniuge, mentre il 27% alla persona nella quale si e' sempre riposta fiducia nel corso della vita. Soltanto il 13,7% del campione invece lascerebbe che a scegliere fosse un qualsiasi parente.
Una minore fiducia viene riposta invece nei confronti del Comitato etico dell'ospedale, indicato dall'11,9% degli interpellati, e ancor meno verso i magistrati (4,1%) o i medici della rianimazione (3,5%).

Nell'eventualita' in cui un paziente si trovi in condizione di coma irreversibile, il 36,4% degli italiani ritiene giusto rispettare le disposizioni precedentemente lasciate dallo stesso. Per il 25,1% dovrebbe essere invece data ai parenti la possibilita' di decidere se staccare o meno la spina, mentre il 23% lascerebbe questa scelta al coniuge del paziente.Soltanto il 5,5% degli intervistati affiderebbe la decisione alle leggi vigenti in Italia, mentre la preferenza per i medici viene indicata solo nel 2,8% dei casi.

I risultati del sondaggio indicano che, nei casi dei malati terminali, il fronte di opposizione alla interruzione delle cure perde ulteriormente consensi a favore del riconoscimento dell'autodeterminazione per il singolo sulle scelte inerenti alla propria vita. L'interruzione delle cure che mantengono in una condizione di vita biologica un paziente in coma irreversibile, infatti, rappresenta per circa la meta' degli intervistati (48,7%) una scelta accettabile se rispecchia la volonta' espressa dal paziente e per il 28,6% un atto di clemenza che risparmia inutili sofferenze. Il 17,5% del campione, invece, condanna l'interruzione delle cure considerando l'azione in contrasto con la tutela della vita umana (12,9%) quando non un vero e proprio omicidio (4,6%).
Le scelte indicate dal campione si differenziano anche in base al genere di appartenenza. Soprattutto le donne ritengono l'interruzione delle cure che tengono in vita un paziente in coma irreversibile un atto di clemenza che risparmia inutili sofferenze (il 30,1% contro il 27% del dato maschile). Gli uomini invece sono piu' propensi a ritenere l'interruzione della terapia una scelta accettabile solo se rispecchia la volonta' espressa precedentemente dal paziente (49,7% vs 47,8%).

Prendendo in considerazione l'area politica di appartenenza, si rileva che gli intervistati che si dichiarano di sinistra e di centrosinistra sono piu' propensi a rispettare, in caso di coma irreversibile, la volonta' precedentemente espressa dal paziente (53,3% a fronte del 48,3% degli intervistati di destra e del 39,7% di quelli dei partiti di centro).

Sempre nello schieramento di sinistra si registra la percentuale piu' alta di coloro i quali considerano l'interruzione delle terapie un atto di clemenza che risparmia inutili sofferenze (35,2%). Meno disponibili invece gli elettori dei partiti di centro che in misura maggiore giudicano l'interruzione delle cure una scelta non accettabile perche' essa contrasterebbe con la tutela della vita umana (24,4% a fronte del 5,5% di chi si posiziona a sinistra).
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