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 U.E. - U.E. - Unicef: in Italia straniero un bambino su dieci, meno che in altri Paesi ricchi
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23 ottobre 2009 11:26
 
I bambini delle famiglie di immigrati rappresentano una larga porzione della popolazione complessiva infantile in otto paesi ricchi: in Italia il 10 %; nel Regno Unito il 16 %; in Francia il 17 %; nei Paesi Bassi e negli Stati Uniti d'America il 22 %; in Germania il 26 %; in Australia il 33 % e in Svizzera il 39 %. Lo afferma il rapporto "Innocenti Insight" dell'Unicef che presenta lo studio sulla situazione dei bambini in famiglie di immigrati negli otto paesi citati, integrato da sette studi-paese.

Il rapporto presenta le statistiche sui bambini che vivono in famiglie immigrate o con almeno un genitore straniero, in otto paesi ricchi. Quando possibile, in base alla disponibilita' delle fonti, sono inclusi nello studio, i bambini delle famiglie dei rifugiati, dei richiedenti asilo e degli immigrati in situazioni irregolari. La considerzione centrale del rapporto, pubblicato oggi dall'Unicef Innocenti Research Centre a Firenze, e' che molti bambini e adolescenti immigrati, in otto paesi ricchi, si trovano in situazioni di svantaggio rispetto ai bambini e ai ragazzi autoctoni.

"Nonostante le differenze culturali, religiose, linguistiche ed etniche, i bambini, figli di immigrati, presentano spesso situazioni simili ai loro coetanei autoctoni, per quanto riguarda la composizione della famiglia e la condizione lavorativa dei genitori, ma spesso affrontano sfide educative ed economiche maggiori e tassi di poverta' piu' alti", afferma il professor Donald Hernandez, autore dello studio ed esperto di politiche sociali. "Promuovere l'integrazione e l'inclusione sociale apportera' benefici non soltanto ai bambini e ai genitori immigrati -dice David Parker, Vice Direttore dell'Unicef Innocenti Research Centre- ma anche i paesi in cui le famiglie di immigrati hanno scelto di vivere".
Lo studio specifico sull'Italia evidenzia che, secondo i dati del censimento 2001, i bambini (eta' compresa tra 0 e 17 anni) presenti sul territorio italiano, ma nati all'estero o con almeno uno dei genitori nati all'estero erano oltre 900mila (circa il 10 per cento del numero totale dei bambini). Di questi, oltre 500mila avevano almeno un genitore proveniente da un paese a medio o basso reddito. Complessivamente, i bambini rappresentavano il 23 per cento della popolazione immigrata.

Negli anni queste tendenze "si sono accentuate", sottolinea lo studio, e, in combinazione con le tendenze demografiche nella popolazione italiana, l'importanza numerica dei bambini in famiglie di migranti nella popolazione residente in Italia e' cresciuta. Nel 2006, circa 57mila nuovi nati in Italia avevano entrambi i genitori stranieri, oltre il 10 per cento delle nascite avvenute nel paese quell'anno. A questi si aggiungono i nati con un genitore italiano e uno di origine straniera, cosi' come i bambini che arrivano in Italia nei nuovi flussi migratori o come risultato delle ricomposizioni familiari.

In Italia, qunque, il numero di bambini che vivono in famiglie di immigrati e' cresciuto rapidamente, raddoppiando negli ultimi 5 anni e quadruplicando nell'ultimo decennio. I bambini di nazionalita' straniera erano poco piu' di 350mila nel 2003, ma oltre 660mila nel 2007. Una delle caratteristiche salienti della popolazione dei bambini di migranti e' il vasto ventaglio dei paesi di origine delle famiglie, uno dei piu' ampi d'Europa.
Contrariamente all'esperienza di altri paesi industrializzati, in Italia si registra una piu' bassa concentrazione per comunita' di origine delle famiglie: tra i bambini appartenenti a famiglie proventi da paesi a medio e basso reddito, le comunita' piu' consistenti nel 2001 erano quelle marocchine e albanesi, ciascuna rappresentando meno del 7 per cento del totale dei bambini in famiglie di migranti. Una situazione molto diversa rispetto a quella, ad esempio, della Francia, dove ampie quote di bambini appartengono a famiglie originarie da Algeria e Marocco, della Germania (Russia e Turchia) o dei Paesi Bassi (paesi della ex- Jugoslavia).

Le condizioni di vita e le caratteristiche socio-economiche dei bambini di famiglie immigrate in Italia sono tutt'altro che omogenee.
La provenienza da un paese ad alto reddito o da un paese a medio e basso reddito e' un importante fattore di differenziazione, cosi' come la regione del mondo di origine. La grande varieta' delle provenienze dei bambini rappresenta un'ulteriore sfida nel processo di inserimento e di integrazione, in particolare nel sistema scolastico.

In media, il 92 per cento dei bambini in famiglie migranti vive con entrambi i genitori. La stessa percentuale e' osservata per i bambini in famiglie native. Tuttavia, tra i bambini che vivono in famiglie migranti la situazione e' variegata: per alcuni gruppi (ad esempio per i figli di genitori provenienti dall'Eritrea, la Somalia, la Moldavia, l'Ecuador o il Peru') la percentuale di bambini che vive in famiglie in cui il padre e' assente si aggira o e' superiore al 15 per cento.
In Italia, come del resto in gran parte dei paesi industrializzati, il rischio di poverta' tende a crescere con l'aumentare del numero dei bambini presenti nella famiglia. Le dimensioni delle famiglie dei migranti tendono ad essere piu' elevate (e con un maggior numero di bambini) rispetto a quelle native. Il 22 per cento dei bambini di migranti (provenienti da paesi a medio e basso reddito) vivono in famiglie con due o piu' fratelli sotto i 18 anni di eta'. Per alcuni gruppi la percentuale cresce in modo importante (in Marocco ad esempio il 38 per cento dei bambini vive in famiglie con almeno due fratelli sotto i 18 anni di eta'). Per i bambini nativi la percentuale scende a circa il 15 per cento, mentre per i bambini in famiglie migranti provenienti dai paesi ricchi si attesa al 17 per cento.

Le condizioni abitative variano sensibilmente tra i vari gruppi di bambini migranti. Poco meno dei tre quinti dei bambini in famiglie di migranti vivono in abitazioni sovraffollate (con poco spazio a disposizione per i residenti).I tassi piu' elevati di questa forma di disagio abitativo si registrano per i bambini di famiglie provenienti dal Pakistan, Marocco, Senegal e l'ex Repubblica Yugoslava di Macedonia (oltre l'80 per cento); i tassi piu' bassi invece sono registrati per le famiglie originarie dalla Comunita' degli Stati Indipendenti (circa un terzo vive in condizioni abitative sovraffollate).

Una quota consistente di immigrati di seconda generazione e' proprietaria della casa in cui vive, anche se tali abitazioni tendono ad essere piu' piccole rispetto alla media della popolazione. Le percentuali di bambini immigrati che vivono in famiglie proprietarie della propria abitazione e', complessivamente, prossima al 50 per cento, contro il 66 per cento dei bambini in famiglie native. Le percentuali piu' basse (in media circa il 30 per cento) sono osservate per i bambini di famiglie provenienti dall'Africa e dall'Asia. Poco meno del 60 per cento dei bambini di famiglie provenienti dall'America latina e dai Caraibi e' proprietaria della propria abitazione.
Soltanto un quarto dei giovani di eta' compresa tra 18 e 24 anni che vive in famiglie immigrate e' impegnato in un corso di insegnamento (scuola o universita'). La quota degli immatricolati tra i nativi della stessa classe di eta' e' di circa il 40 per cento. Il percorso educativo, oltre ad essere fortemente inflenzato dalle condizioni socio-economiche della famiglie, determina le possibilita' e i settori di impiego. I giovani che vivono nelle famiglie immigrate sono piu' presenti nelle scuole professionali. I giovani immigrati tendono generalmente a trovarsi in una situazione di svantaggio sul mercato del lavoro. Anche i genitori provenienti da paesi di origine con flussi storici di immigrazione verso l'Italia, tendono ad avere posti di lavoro meno qualificati.

I tassi di attivita' economica tra le madri dei bambini migranti sono elevati, per molti paesi di provenienza sono piu' elevati rispetto alle madri dei bambini nativi. Tale indice riflette anche il gran numero di donne straniere che lavorano nell'ambito dell'assistenza e dei servizi domiciliari (madri dall'Africa centrale, Est Europa e Filippine). Spesso tali impieghi sono part-time.

Per altri paesi di provenienza, invece, (madri nord-africane, mediooreintali e dell'Asia del Sud) molto bassi. I tassi di impiego dei padri sono molto simili tra i vari gruppi di migranti e anche nel confronto con i bambini in famiglie di nativi. Su questioni riguardanti l'istruzione e la partecipazione al lavoro si riscontrano alcune differenze tra giovani padri e madri all'interno delle famiglie immigrate. Tali differenze sembrano rispecchiare quelle esistenti nei paesi di origine, ad esempio Senegal e Pakistan.
Nelle conclusioni dello specifico studio sull'Italia, curato da Letizia Mencarini (Universita' di Torino), Emiliana Baldoni (Universita' di Firenze) e Gianpiero Dalla Zuanna (Universita' di Padova)si sottolinea che "in Italia, come del resto in gran parte dei paesi industrializzati, le migrazioni sono protagoniste di importanti cambiamenti della societa'. Il numero dei bambini figli di migranti e' in crescita ed e' destinato ad aumentare ancora negli anni a venire in termini assoluti e come proporzione della popolazione di eta' 0-17. I bambini in famiglie migranti rappresentano una realta' importante, variegata, con molte potenzialita' (anche per le societa' di accoglienza) e allo stesso tempo poco conosciuta".

"Le origini delle famiglie dei bambini migranti in Italia e' molto variegata, in termini di paese e di ambiente culturale di provenienza. Questa caratteristica -si sottolinea nelle conclusioni dello studio- distingue l'Italia da molti altri paesi industrializzate, dove esiste una maggiore concentrazione di paesi di origine. Questa maggiore varieta' rappresenta una sfida importante per le politiche di inclusione, in particolare a partire dal mondo della scuola. Molte delle famiglie provenienti dall'Unione europea e del Nord America hanno come capi-famiglia cittadini italiani, che ritornano in Italia dopo un periodo come emigranti. Molti di questi bambini sono, di conseguenza, anche cittadini italiani".

"Il quadro e' differente per quanto riguarda le famiglie di immigrati provenienti da altri paesi d'origine. Molti dei bambini giunti in Italia dal 1996 sono arrivati dall'Africa occidentale e dall'Asia. Altre importanti aree di origine sono i Balcani e l'Europa orientale. Le sfide lanciate dall'immigrazione in Italia sono sostanziali. Tuttavia, poche ricerche e raccolte di dati sono state effettuate sulle condizioni di vita dei bambini in famiglie di migranti. Si sa poco sulla loro salute e sul loro grado di inclusione sociale. Gli scarsi dati disponibili sono stati raccolti principalmente attraverso piccoli studi realizzati a livello locale in pochi contesti. Le risposte politiche sembrano realizzate 'ad hoc', non sono ben coordinate e -si afferma infine nelle conclusioni dello studio- non riflettono una visione o un coordinamento d'insieme".
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